Solženicyn

Comunicazione di Memorial Internazionale in occasione della morte dello scrittore Aleksandr Solženicyn.

Comunicazione di Memorial Internazionale in occasione della morte dello scrittore Aleksandr Solženicyn.

Aleksandr Solženicyn è morto

solzhenicynAbbiamo avuto la sorte invidiabile e non facile di essere contemporanei di Aleksandr Solženicyn. Il grande talento letterario, la varietà di forme in cui questo dono si realizzava, l’unicità della sua biografia e dell’opera – tutti questi elementi fanno di Solženicyn una delle figure più luminose della cultura russa e mondiale del XX secolo.

Di solito la grandezza della personalità e del talento di un artista o di un pensatore non vengono  immediatamente riconosciuti, a volte ciò avviene soltanto dopo decenni. Solo adesso cominciamo a capire di essere stati contemporanei e conterranei di Varlam Šalamov e Vasilij Grossman. Con Solženicyn è stato diverso:  quella mattina di novembre del 1962 in cui i lettori russi aprirono per la prima volta l’undicesimo fascicolo di “Novyj mir”, tutti capirono che era cominciata una nuova fase nella letteratura russa.

Nel 1967, nella  sua lettera al Congresso degli scrittori sovietici, il pubblico scoprì un Solženicyn nuovo: brillante pubblicista politico, intransigente militante per le libertà civili,  in particolare per la libertà di pensiero e di parola. I difensori dei diritti umani consideravano Solženicyn uno di loro; per diversi anni, sia in Russia sia nel mondo,  fu visto come il dissidente numero uno. Ma Solženicyn non era soltanto un  dissidente: sapeva conciliare in sé la lotta politica contro il regime e il sogno di porre fine alla contrapposizione, durata due secoli, tra il potere e la società, il sogno della Grande Riconciliazione tra il potere russo e l’intelligencija.

A partire dalla metà degli anni Settanta, con la sua Lettera ai leader dell’Unione Sovietica, con diversi saggi pubblicati nella raccolta Da sotto i massi, con gli articoli scritti in esilio, Solženicyn si è dimostrato un pensatore politico originale e forte. La sua severa critica dei meccanismi della democrazia contemporanea, della secolarizzazione della società occidentale e dei fondamenti della moderna civiltà europea gli hanno procurato la reputazione di “antioccidentalista” e perfino di nazionalista. Ma Solženicyn,  come il suo predecessore Dostoevskij, non si lascia inquadrare in queste definizioni. La sua ricerca di una “via originale” per la Russia è stata solo un tentativo  sincero di unire quelli che egli considerava i valori nazionali russi alla cultura cristiana dell’Europa, una continuazione delle ricerche spirituali svolte dai filosofi religiosi russi nel periodo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Né noi, né nessun altro può avere la pretesa di valutare oggi l’importanza dell’eredità intellettuale lasciata da Solženicyn  pensatore. Delle concezioni storiosofiche, della filosofia politica e della pubblicistica di Solženicyn si discuterà ancora per molti decenni. O forse  queste dispute, come quelle attorno alle personalità di Dostoevskij e Tolstoj, dureranno per sempre, almeno finché esisterà  l’intelligencija russa stessa come fenomeno socio-culturale. Tuttavia, indipendentemente dall’atteggiamento dei contemporanei e dei posteri nei confronti delle posizioni socio-politiche di Aleksandr Isaevič, l’incredibile energia, l’ardente convinzione  e il talento letterario con i quali Solženicyn ha formulato e difeso le sue opinioni, bastano a fare della sua pubblicistica un fenomeno culturale di rilievo.

Per noi, per l’Associazione internazionale “Memorial”, il suo Arcipelago GULag ha un significato immenso. In quest’opera, che egli stesso definisce “esperimento di ricerca letteraria”, Solženicyn è riuscito a unire i due elementi, fino ad allora separati, della memoria del  terrore  di stato: l’esperienza personale diretta dei testimoni e delle vittime della più grande tragedia nazionale del secolo, e il tentativo di interpretare criticamente i fatti storici, sia  già conosciuti, sia scoperti di recente. Il risultato principale di questo lavoro  è non tanto una nuova conoscenza del terrore, quanto l’acquisizione di una comprensione storica globale. In realtà, Arcipelago GULag è un tentativo  titanico di creare una nuova coscienza storica nazionale, alternativa rispetto alla versione ufficiale della storia sovietica, menzognera e piena di reticenze e falsificazioni.

Per molti anni, fino agli ultimi anni della “perestrojka”, Arcipelago GULag è stato uno dei testi  più richiesti e più perseguitati del Samizdat. Veniva confiscato durante le perquisizioni, chi ne era in possesso o lo aveva letto poteva essere  licenziato dal lavoro ed espulso dall’università, per la sua stampa e la sua diffusione si era arrestati e processati. Ma, nonostante ciò, copie delle edizioni pubblicate all’estero arrivavano clandestinamente in URSS, dove il libro veniva riprodotto, stampato e dattiloscritto in centinaia di copie.

Anche in Occidente Arcipelago GULag suscitò un’enorme impressione come testimonianza inconfutabile del prezzo e dei risultati dell’esperimento comunista. L’abbreviazione burocratica di “Direzione Generale dei Lager” divenne una metafora, e il termine “Gulag” entrò in tutti i dizionari del mondo come uno dei modi per designare il concetto di “catastrofe umanitaria di origine politica e di scala nazionale o globale”.

Con Arcipelago GULag la comprensione della storia nazionale del XX secolo entra in una nuova fase. La necessità di lavorare con il passato in nome del futuro è diventata evidente per molti. Le nuove ricerche storiche indipendenti degli anni Settanta, il vasto movimento civile della fine degli anni Ottanta, il lavoro di Memorial iniziato negli anni Novanta e proseguito fino a oggi: tutto ciò è partito dal grande “esperimento di ricerca letteraria” realizzato da Aleksandr Solženicyn.

Ora molti  cominceranno a parlare di una “fine dell’epoca di Solženicyn”. Noi non siamo  d’accordo nella maniera più categorica. “L’epoca di Solženicyn”, l’epoca della rinascita della memoria storica, non finisce con la sua morte.

Associazione “Memorial”, Mosca, 4 agosto 2008

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“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza. L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!). In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo. Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico. Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.” Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”). In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno. La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre. La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.” “Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire. Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella. Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso. 25 ottobre 2024

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Martedì 22 ottobre alle 18.00, presso l’Università degli Studi di Cagliari, Campus Aresu (aula 6), nell’ambito del ciclo di seminari Ucraina, Belarus, Russia: lottare e resistere per i diritti nell’Europa post-sovietica dedicato al tema della resistenza al regime di Putin e del suo alleato Lukašenka si svolge il seminario Belarus, poesia e diritti umani. Nell’occasione sarà presentato il volume Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo curato da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitry Strotsev per WriteUp Books. Intervengono Dmitry Strotsev (Pubblicare poesia bielorussa in emigrazione), Julia Cimafiejeva (Scrivere poesia bielorussa all’estero) e la nostra Giulia De Florio (Tradurre poesia bielorussa in Italia). Modera Alessandro Achilli. È possibile seguire l’incontro in diretta Zoom, utilizzando il link https://monash.zoom.us/j/81314970717?pwd=gAd5RXcOX6w2BE18DHkmfxO6xTDyRG.1.

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