"Fermare il virus della paura"

Parla Lidia Yusupova, l'avvocato che difende il popolo ceceno contro l'esercito e i servizi segreti russi


Nata a Grozny, Cecenia, avvocato dei diritti umani in Russia, rischia la vita per difendere i ceceni e altre popolazioni del Caucaso contro l’esercito e i servizi segreti russi. Lavora braccio a braccio con Memorial, l’ONG russa a cui è andato il premio Sacharov 2009 per la libertà d’espressione del Parlamento, e ieri era a Bruxelles per presentare un documentario su Anna Politovskaya, la giornalista uccisa nel 2006. Intervista alla candidata al premio Nobel per la pace Lidia Yusupova.

Di mestiere avvocato, Lidia fa ormai anche il lavoro di una giornalista: non solo cerca e raccoglie testimonianze delle vittime di abusi, omicidi e sparizioni nel Nord del Caucaso, ma non perde occasione per parlarne, denunciare, gridare contro una tragedia che sembra senza fine. La sua tesi è che la “sindrome cecena” si sta diffondendo in tutto il Caucaso: il terrore di Stato provoca la contro-reazione inevitabile della popolazione, alimentando la spirale di violenza. Ma lei, secondo la BBC “la donna più coraggiosa d’Europa”, crede che non è troppo tardi perché l’UE faccia pressione su Mosca per una soluzione.

La recente esplosione nel metro a Mosca e la conseguente paura, sono i sintomi di quale malattia?

Le esplosioni sono solo la continuazione di quello che si vedeva 5-7 anni fa, l’unica differenza è che sono nuovi gruppi armati. La situazione è più calma solo in apparenza. In realtà, le azioni del regime in Caucaso provocano una contro-reazione.

Memorial esiste perché avete l’impressione che la Russia faccia fatica a fare i conti con il suo passato, dai tempi di Stalin alle guerre cecene. Perché?

E’ una malattia genetica, un virus. Fin dai tempi di Lenin, Stalin e i bolscevichi, la nazione ha una mentalità da gregge – esser parte della massa, non avere un’opinione propria, non essere se stessi. Solo poche persone in Russia possono permettersi di essere se stesse. La maggioranza vive nel modo che le torna comodo, se le dicono “il bianco è nero”, lei ripete. Anche se non sono tutti così ovviamente.

E la paura, non è causata dai ‘terroristi’ del Caucaso. E’ la paura dei politici di perdere il loro potere, è il clima di paura in cui vive tutta la popolazione russa. E’ un virus, scientemente diffuso dal regime, per far sì che gli istinti più bassi dell’essere umano emergano il più veloce possibile. Puoi avere il controllo totale sulle masse, grazie alla paura.

Le ultime bombe cambieranno l’atteggiamento della Russia nei confronti del passato?

No, no. Sapete cosa avrei fatto io il giorno degli attentati, se fossi stata russa? Avrei annunciato disobbedienza civile. Se lo Stato dice che gli attacchi erano prevedibili, perché non ti ha protetto? Se non lo erano, perché crea i precedenti che ti mettono a rischio di saltare in aria? Sono rimasta colpita dall’intervista di una ragazza che diceva: “Perché ci fate saltare in aria? Non siamo noi i responsabili dei vostri mali”.

I vostri mali…Ma io avrei voluto dire a questa ragazza: “Mi dispiace per le persone che hanno perso la vita. nell’attentato Ma mi dispiace anche per tutti quelli che vengono rapiti, uccisi, bombardati quotidianamente. Le milizie che lo fanno, sono pagate con le tue tasse”.

E poi questa chiusura mentale…”Noi non vi facciamo niente!”. Ma proprio questo è il problema, che tu non fai niente! E invece dovresti chiedere al tuo governo di fermare una guerra che non serve a niente. Ma questa gente non capisce nemmeno che il conflitto nel Caucaso provoca una contro-reazione e che loro stessi sono vittime di questa politica.

Le organizzazioni dei diritti umani l’hanno definita una delle donne più coraggiose d’Europa, per la sua battaglia per il popolo ceceno. Qual è la cosa più orribile nel suo lavoro, e cosa le dà speranza?

Non sapevo della definizione….(ride). Partiamo dalla speranza. A parte la fede (in Dio, nel destino, ecc.), bisogna credere in se stessi e nella propria forza. Io lo faccio per me stessa, perché non voglio accomodarmi alla situazione, al modo in cui io e gli altri veniamo trattati. Penso che devi avere rispetto di te stesso come essere umano e fare sì che gli altri ti considerino tale.

E sulle cose orribili: non ci sono situazioni disperate o senza via d’uscita. Bisogna lottare, non tirarsi indietro. Non devi mai lasciare la paura impossessarsi di te e paralizzarti, e devi avere fiducia in quello che fai. Ovviamente, siamo esseri umani, ci sono momenti in cui non si può evitare. Ma io cerco di cacciarli via.

http://www.europarl.europa.eu

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La mia Russia. Storie da un Paese perduto. di Elena Kostjučenko. A cura di Claudia Zonghetti. Traduzioni di Maria Castorani, Martina Mecco, Riccardo Mini, Giulia Sorrentino, Francesca Stefanelli (Einuadi Editore, 2023). «Dalla migliore reporter russa gli incandescenti reportage che hanno contribuito a far chiudere la Novaja Gazeta». «La più importante giornalista d’inchiesta russa apre uno squarcio su un mondo al limite dell’inimmaginabile. Dall’ascesa di Putin alla guerra in Ucraina, un ritratto agghiacciante e umanissimo del Paese vero e della sua gente, vicino e lontano da Mosca e dal Cremlino». Il 28 marzo 2022, sei mesi dopo che era stato assegnato il Nobel per la pace al suo direttore Dmitrij Muratov, la Novaja Gazeta fu costretta a sospendere le pubblicazioni. Due pezzi in particolare avevano irritato le autorità russe: lunghi reportage dalle città assediate di Mykolaïv e Cherson, scritti dalla trentaquattrenne Elena Kostjučenko. Già da tempo nel mirino dei servizi russi e arrestata varie volte, Kostjučenko racconta da anni il degrado e la desolazione morale del proprio Paese. La mia Russia è un libro incendiario e straziante in cui ai reportage scritti tra il 2008 e il 2022 si alternano riflessioni che scavano nel torbido di quanto sta accadendo oggi. Tredici storie che compongono un eccezionale ritratto della Russia negli ultimi dieci anni. “Per tutta la carriera ho raccontato come la Russia ha sistematicamente tradito i propri cittadini. Eppure la Russia è il Paese che amo. Vorrei che questo libro uscisse il prima possibile, anche se so che probabilmente non mi sarà consentito pubblicare altro per lungo tempo, forse per sempre”. La televisione come religione nazionale; l’ospedale dismesso e le centinaia di bambini e ragazzi abbandonati dalle famiglie che lo hanno scelto come casa; la strada, le prostitute e i loro clienti; la persecuzione delle minoranze; i disastri ambientali sottaciuti; una giornata in un comando di polizia; gli istituti psichiatrici e gli orrori che nascondono; il coraggio delle donne russe; e naturalmente l’Ucraina. Storie intime e apocalittiche di violenza, repressione, miseria filtrate dallo sguardo unico, partecipe e lucido di una giornalista sul campo.

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