Prolusione di Liudmila Ulitskaya al Salone di Torino

Prolusione pronunciata da Liudmila Ulitskaya all'inaugurazione del Salone Internazionale del libro di Torino

La lettura, come il sesso, esige due partner: l’autore e il lettore. Questi partner sono assolutamente necessari l’uno all’altro. Ogni volta che prendiamo in mano un libro ci prepariamo a nuove emozioni, dolci o talvolta dolorose, e quando non le troviamo mettiamo da parte, delusi, il testo.

La storia della lettura ha conosciuto tempi cattivi, e tempi buoni: ci sono stati anche periodi in cui i due partner sessuali, come in Orwell, erano minacciati dalla pena di morte. Ray Bradbury non ha inventato niente: Fahrenheit 451 non è una parabola, ma la prassi.

Voglio raccontarvi di un periodo particolare nella vita del nostro paese, quando fiorì lo stupefacente fenomeno del samizdat. L’inizio di tale fenomeno non può essere collocato esattamente, ma in compenso la sua fine è ben nota. Il tempo del samizdat è finito insieme al potere sovietico.

L’indice dei libri proibiti negli anni del potere sovietico era lunghissimo. E la proibizione talvolta non riguardava solo la pubblicazione, ma anche il possesso. Io non ho mai tenuto in mano quell’elenco, in quanto era custodito nelle viscere del KGB. La cosa più probabile è che vi figurassero libri di contenuto antisovietico (cioè politici), libri religiosi e testi letterari che non corrispondevano all’ideologia dominante e onnipervasiva. Tuttavia l’intuito dei cerberi del KGB spesso non li ingannava: durante le perquisizioni nelle case, alcuni libri particolarmente incomprensibili o in lingue straniere venivano sequestrati «per ogni evenienza». A un mio conoscente durante una perquisizione sequestrarono Figmund Freud in tedesco, e già che c’erano anche alcuni libri del sacro Marx.

Gli anni della mia giovinezza e della mia formazione, come persona e come lettore, hanno coinciso con il samizdat.

Posso elencare approssimativamente i libri confezionati dai miei amici e contemporanei, che formavano le mie letture negli anni ’60, ’70 e ’80. Questi libri erano ribattuti a macchina su carta sottile o addirittura su carta velina, rifotografati, spesso rimpiccioliti, perfino ricopiati a mano.

In casa avevo una Bibbia e un Nuovo Testamento pubblicati prima della rivoluzione, eredità della nonna, ma una volta ho visto un Vangelo trascritto a mano. Comprarlo era impossibile. Il primo Vangelo che ho regalato a un’amica, l’avevo comprato da un funzionario della dogana. A casa costui aveva uno scaffale con alcune decine di Vangeli in decorose edizioni belghe (casa editrice «Vita con Dio», se non mi sbaglio), che lui sequestrava ai missionari in arrivo, e poi diffondeva personalmente, ma in cambio di grosse somme. L’opera dei missionari, in tal modo, era compiuta, anche se in modo non pianificato.

Dunque, che cosa era proibito? Un enorme strato della poesia russa: da Nikolaj Gumilëv, fucilato, da Anna Achmatova, caduta in disgrazia, da Osip Mandel’štam, morto in lager, fino a Boris Pasternak e Iosif Brodskij. E così la prosa di Solženicyn, Šalamov, Evgenija Ginzburg, Venedikt Erofeev. Innumerevoli articoli politici di autori russi, e anche i libri di Milovan Djilas, Avtorchanov, le opere di Orwell, che ci colpirono fino al profondo dell’anima, i lavori di Rudolf Steiner in mostruose traduzioni casalinghe, i mistici Gurdjieff, Uspenskij… Anche la prima traduzione di Simone Weil fu fatta in samizdat. In samizdat apparve anche Chesterton.

I traduttori, naturalmente, lavoravano gratis, e anche chi batteva a macchina lo faceva per passione.

Alcuni anni fa a Berlino ho visto un’intera mostra di samizdat sovietico e dell’Europa dell’Est; un fenomeno prima inaudito: la lettura ispirata da motivazioni politiche.

Secondo un articolo del Codice penale il possesso e la diffusione di questi e di molti altri libri era punito con il carcere fino a 7 anni. E davvero ci furono persone che scontarono queste condanne. Io non faccio parte di quegli eroi e martiri della lettura, ma a suo tempo la repressione colpì anche me: nel 1970 io e i miei amici fummo licenziati dal lavoro per aver copiato a macchina un romanzo, piuttosto innocente e per giunta di mediocre valore letterario.

Accanto al samizdat, nella Russia sovietica esisteva anche il «tamizdat» (da «tam», «laggiù»): i libri in lingua russa pubblicati da case editrici straniere. Li portavano attraverso la frontiera i nostri amici, diplomatici occidentali, semplici conoscenti stranieri, che rischiavano seccature alla dogana sovietica, i nostri musicisti, che a volte potevano recarsi all’estero in tournée, studiosi inviati a congressi internazionali. Il mio primo esemplare del Dottor Živago, dello scandaloso premio nobel Boris Pasternak (due piccoli volumi editi dalla «Société d’Edition et d’Impression Mondiale» nel 1959), lo ricevetti da un’amica che aveva sposato un italiano. In fondo dovevamo l’uscita di quel romanzo all’editore italiano Giangiacomo Feltrinelli. Il primo libro di Nabokov, allora sconosciuto in Russia, il romanzo Il dono nell’edizione «Ardis», capitò nelle mie mani grazie a uno studente canadese che nel 1964 studiava all’Università di Mosca e in seguito fu espulso perché sospettato di spionaggio. Qui è opportuno ricordare con riconoscenza i coniugi Carl e Ellendea Proffer, grazie ai quali abbiamo conosciuto molti scrittori russi che non potevano essere pubblicati in epoca sovietica.

Ognuno di quei libri passava per migliaia di mani, si logorava in cartelle altrui, e Il dottor Živago non è mai più tornato da me, perdutosi chissà dove nelle sue peregrinazioni. Il dono invece, molto strapazzato, sta ancora sul mio scaffale.

Grazie, Ardis, grazie, Feltrinelli.

Senza il lettore non esiste lo scrittore. Lo scrittore, da parte sua, non esiste senza gli editori, senza tutta quella macchina culturale che è indispensabile per l’uscita di un libro. Una persona che scrive tutto quel che le salta in testa si trasforma in uno scrittore grazie agli sforzi di tutta una cerchia di professionisti, dai primi «lettori-recensori» fino ai venditori di libri e, naturalmente, grazie all’attenzione dei lettori.

Ma su questa strada sorge un’enorme tentazione: lo scrittore, come l’editore, ha bisogno del successo. Forse lo scrittore, ncor più del successo commerciale, brama l’amore dei lettori, vuole piacere al maggior numero di persone, e per questo motivo si semplifica, si autocensura. La letteratura di massa di bassa qualità spesso non è affatto prodotta da persone mediocri, ma da professionisti di talento, che nella loro aspirazione a compiacere il lettore si abbassano al livello del pubblico meno esigente. E comincia un processo di scadimento reciproco: il gusto poco esigente del lettore genera testi sempre meno ricchi di contenuto. E così via all’infinito. Lasciamo da parte la componente commerciale di questo processo.

Oggi stiamo assistendo a un processo intensissimo e senza precedenti: la cultura tradizionale viene soppiantata dalle tecnologie. Naturalmente di per sé le tecnologie rappresentano anch’esse un prodotto della cultura. Ma vorremmo tanto che i nostri sforzi congiunti riuscissero a preservare quella componente umanistica della cultura che tutti noi qui presenti serviamo ‒ senza grande speranza di successo. Io non sono nemica del progresso, nella mia borsa da viaggio c’è un i-pad, che contiene un’intera meravigliosa biblioteca. Questa piccola macchina imita perfino il gesto di sfogliare le pagine.

Ma qui oggi si sono radunate persone che provano un godimento sensuale per il contatto del dito con la pagina, per l’odore dell’inchiostro tipografico, persone per le quali l’anatomia del libro ‒ la sua copertina, il dorso, il taglio delle pagine, le dimensioni dei margini e la scelta dei caratteri ‒ hanno non meno importanza del suo contenuto. Io saluto questa razza di persone, e del resto io stessa – per formazione, età, abitudini, ‒ appartengo a questa stessa razza.

Gioiamo oggi dei libri veri, che ancora ci circondano. 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Ucraina. Assedio alla democrazia. Alle radici della guerra.

Ucraina. Assedio alla democrazia. Alle radici della guerra. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Marcello Flores (Corriere della Sera, 2022). «Come studiosi della storia e della cultura della Russia, dell’Ucraina e dell’Unione Sovietica, riteniamo che il nostro compito, in questo drammatico momento, sia quello di aiutare a comprendere le cause di questa vera e propria guerra di conquista, per fondare la cronaca nella storia e capire le dinamiche del presente alla luce di un passato che spesso si ignora o si dimentica» Dal momento in cui l’esercito di Vladimir Putin ha iniziato la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina si sono formulati frequenti giudizi che hanno contribuito a rendere più difficile capire le radici del conflitto. Si sono diffusi luoghi comuni, prodotti dal pregiudizio o dalla scarsa conoscenza dei fatti. Questo libro, frutto del lavoro collettivo di studiosi attivi da anni sul terreno della violazione dei diritti umani, della manipolazione della storia, della cancellazione della memoria nella Russia postsovietica, intende fare luce su alcune “idee sbagliate”, con il supporto di una serie di approfondimenti sulla storia di Russia e Ucraina dal 1991 a oggi. Come si è costruita la nazione ucraina nell’ambito di quanto è successo nelle repubbliche ex sovietiche, qual è la sua funzione rispetto al progetto di Putin, cosa si intende per “promessa infranta” quando si parla del ruolo della Nato: capire chi sono gli attori in gioco e qual è il loro ruolo in questa sanguinosa partita significa orientarsi con più sicurezza nel mare contraddittorio dell’opinione pubblica. Come pure andare a fondo nella “guerra di memoria” in atto da anni nella Russia putiniana vuol dire intendere meglio il senso delle esternazioni del suo presidente, a partire dall’uso della parola “genocidio”. Idee e motivi di propaganda penetrati profondamente in patria tramite la repressione del dissenso e la diffusione con ogni mezzo di una narrazione della storia selettiva e funzionale a un disegno autocratico e neoimperiale, di cui l’associazione Memorial fa da tempo le spese e che l’attacco all’Ucraina ha messo sotto gli occhi attoniti del mondo intero, interrogandoci tutti. Contributi di Simone Attilio Bellezza, Alexis Berelowitch, Marco Buttino, Riccardo Mario Cucciolla, Gabriele Della Morte, Carolina de Stefano, Marcello Flores, Francesca Gori, Andrea Gullotta, Niccolò Pianciola.

Leggi

Guerra globale. Il conflitto russo-ucraino e l’ordine internazionale.

Guerra globale. Il conflitto russo-ucraino e l’ordine internazionale. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Alessandro Catalano, Marcello Flores, Niccolò Pianciola (Corriere della Sera, 2023). «Gran parte del mondo è stata costretta, di fronte al ritorno della guerra in Europa, a ripensare le mappe mentali con cui si guardano le reti globali di relazioni politiche ed economiche e si cerca di indovinarne il futuro, oggi ben più incerto di quanto si ritenesse fino all’invasione russa dell’Ucraina» La guerra che si combatte da quasi un anno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina minaccia non solo di protrarsi nel tempo, ma anche di dilatarsi nello spazio: è dunque legittimo chiedersi quanto questo evento abbia modificato non solo la geopolitica europea, ma anche le mappe mentali con cui il mondo intero interpreta questo spartiacque. Le sue ripercussioni, a partire dai problemi più evidenti (l’aumento del costo degli idrocarburi, i milioni di profughi dall’Ucraina, la minore offerta di grano sui mercati mondiali) fino alle minacce che potrebbero colpire in modo drammatico alcuni paesi, hanno ormai coinvolto vaste aree del pianeta. I singoli Stati hanno avuto reazioni a tutto ciò inevitabilmente diverse, non solo per ragioni di prossimità geografica, ma anche per le lenti con cui la guerra è stata interpretata, a loro volta influenzate dalle singole esperienze storiche. Se, com’è naturale, è stato particolarmente visibile un coinvolgimento più pronunciato nella parte centro-orientale dell’Europa, dove l’invasione ha riattivato la memoria di avvenimenti analoghi della storia del Novecento, anche in altri paesi, persino nel lontanissimo Sudamerica, intravediamo fenomeni che sono in diretta connessione con la guerra in corso. Questo libro cerca di tratteggiare una nuova geografia mondiale il cui epicentro sta nella frattura tra Mosca e Kyïv: i contributi, affidati a studiosi italiani e internazionali di vasta e radicata esperienza nell’analisi storica, politica ed economica delle vicende di ciascun paese, costituiscono un indispensabile, e fino a oggi unico, strumento per gettare uno sguardo complessivo sulla nuova configurazione mondiale e sulle sue prospettive. Perché è evidente, anche alla considerazione più superficiale, che la guerra in Ucraina segna un punto da cui è difficile tornare indietro. Contributi di Giuseppe Acconcia, Alessandro Catalano, Filippo Costa Buranelli, Riccardo Mario Cucciolla, Mario Del Pero, Gianluca Falanga, Matteo Fumagalli, Bartłomiej Gajos, Armand Gosu, Andrea Griffante, Aurelio Insisa, Ali Aydin Karamustafa, Massimo Longo Adorno, Niccolò Pianciola, Marc Saint-Upéry, Ilaria Maria Sala, Alfredo Sasso, Antonella Scott, Paolo Sorbello, Pablo Stefanoni.

Leggi

Russia. Anatomia di un regime. Dentro la guerra di Putin.

Russia. Anatomia di un regime. Dentro la guerra di Putin. A cura di Memorial Italia con il coordinamento di Marcello Flores (Corriere della Sera, 2022). «Uno Stato che, al suo interno, viola platealmente e in modo sistematico i diritti umani, diventa per forza di cose una minaccia anche per la pace e per la sicurezza internazionali» La deriva violenta della Russia, culminata nell’aggressione militare nei confronti dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 e documentata da tempo sul fronte delle repressioni interne (di cui anche l’associazione Memorial ha fatto le spese), impone una riflessione sempre più urgente su cosa abbia portato il paese a passare dalle speranze democratiche successive al crollo dell’URSS all’odierna autocrazia. Questo volume a più voci, in cui intervengono nel dibattito studiosi italiani e russi che conoscono profondamente la realtà del regime, i metodi, le tecniche di manipolazione del consenso, le curvature ideologiche, il linguaggio politico, affronta la questione da diversi punti di vista, da quello storico a quello culturale e letterario (con implicazioni non solo per la Russia, ma anche per l’Ucraina e i paesi dell’Europa orientale), a quello geopolitico, fino ad arrivare all’attualità, alle proteste e alle forme di dissidenza che continuano eroicamente a esistere per combattere il Moloch putiniano, sempre più assetato di vittime. Nello stallo del conflitto in Ucraina rimane fondamentale il desiderio di comprendere. Non perché non succeda ancora, come scrive Andrea Gullotta nella sua introduzione, richiamandosi ad Anne Applebaum, ma perché “accadrà di nuovo”. Lo testimoniano drammaticamente il protrarsi di una situazione di guerra alle porte dell’Europa, e l’inasprirsi delle persecuzioni, in Russia, contro chi ha cercato e cerca, a rischio della propria vita, di opporsi allo stato di cose e alle terribili conseguenze che può avere su tutti noi. Contributi di Alexis Berelowitch, Marco Buttino, Alessandro Catalano, Aleksandr Čerkasov, Giulia De Florio, Elena Dundovich, Marcello Flores, Giovanni Gozzini, Andrea Gullotta, Inna Karmanova, Massimo Maurizio, Marusja Papageno, Niccolò Pianciola, Marco Puleri.

Leggi