Memoria e crimini di guerra

Nel corso della Seconda guerra mondiale, sulla base delle decisioni assunte a Mosca nell’ottobre 1943, gli Alleati avevano creato una Commissione Investigativa delle Nazioni Unite per i Crimini di guerra (United Nation Commission for the Investigation of War Crimes) alla quale dovevano rivolgersi i governi per chiedere l’estradizione di militari sotto accusa. La Commissione, facendo uso di proprie liste, decideva se accettare o meno la richiesta. Non c’era, dunque, possibilità di un contatto diretto tra paesi. In alcuni casi la Commissione rifiutò l’estradizione per la generalità delle accuse presentate o la mancanza di testimonianze attendibili. In altri, perché i nomi erano scritti in modo errato. Alcuni italiani furono processati in Jugoslavia, in Unione Sovietica e in Grecia, ma la questione scomparve dalle priorità intorno al 1950. Perché? Non certo per un’imposizione alleata. La Grecia, che fino al 1949 fu teatro di una guerra civile, aveva aperte importanti questioni territoriali con i suoi vicini: Bulgaria, Jugoslavia e Albania. Continuare a insistere con l’Italia per ottenere l’estradizione di presunti criminali, significava rischiare di rimanere isolata nei Balcani, con una Turchia storicamente non amica. Aveva bisogno di Roma. La quale, da parte sua, il 6 maggio 1946 istituì una Commissione allo scopo di indagare sul comportamento degli organi militari e civili nei territori occupati. Alla fine delle sue indagini, questa respinse molte delle accuse, in particolare quelle jugoslave, soprattutto per il loro carattere generico. Tornando alle “Fosse Ardeatine”, si può senza dubbio stigmatizzare il comportamento di uno Stato che agisce in modo opportunista, ma va sottolineato che la ricerca storica non deve attendere un avallo politico o giudiziario per sentirsi legittimata. Già durante la guerra gli alleati erano bene informati dei crimini tedeschi commessi in Italia dopo l’8 settembre 1943. Un documento inglese del 1944 conservato presso l’archivio del ministero degli Esteri di Atene riporta 149 eccidi perpetrati dai tedeschi nella penisola: i luoghi sono in ordine alfabetico: accanto ad ognuno è indicata la data, la descrizione dell’azione e il numero dei morti. Era, dunque, possibile studiare i fascicoli riguardanti i crimini tedeschi commessi in Italia e conservati nel cosiddetto “armadio della vergogna”, ben prima che nel 1994 il procuratore militare Antonio Intelisano lo ritrovasse nello scantinato del tribunale in cui era stato “dimenticato”. Non era difficile reperire in archivio notizie su quegli eccidi. Bastava cercare, come dimostra Felix Bohr.

Marco Clementi

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Brescia. Focus sulla Belarus.

A febbraio la Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura di Brescia, in collaborazione con Memorial Italia, ha scelto di dedicare attenzione all’attuale situazione della Repubblica di Bielorussia (Belarus) con un ciclo di iniziative e incontri. Venerdì 7 febbraio, in occasione della Giornata internazionale dell’avvocato in pericolo, alle 17:00 nel complesso San Cristo (via Piamarta 9) si tiene l’incontro L’avvocatura in Bielorussia. Intervengono Riccardo Redaelli, professore di storia e istituzioni dell’Asia e di geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano, e Sviatlana Halauneva, avvocata bielorussa per Human Rights Center Vjasna in Belarus. Lettura di poesie a cura di Giuseppina Turra. Lunedì 10 febbraio alle 18:00 nella libreria dell’Università Cattolica (via Trieste 17/D) si tiene la presentazione dell’antologia di poesia bielorussa del XXI secolo Il mondo è finito e noi invece no. Intervengono le curatrici del volume: Giulia De Florio, professoressa di lingua e traduzione russa all’università di Parma e presidente di Memorial Italia, e Maya Halavanava, lettrice di lingua russa nelle università di Padova e di Milano, in dialogo con la poetessa Franca Grisoni. Sabato 22 febbraio alle 17:30 al MO.CA (Palazzo Martinengo Colleoni, via Moretto 78) si tiene l’inaugurazione della mostra Bielorussia: 30 anni di regime in 30 manifesti del grafico bielorusso Arthur Vakarov. Presentano la mostra Federico Manzoni, vicesindaco del comune di Brescia; Giovanni Rocchi, presidente dell’ordine degli avvocati di Brescia; Filippo Perrini, presidente dellla Cooperativa cattolico-demoratica di Cultura di Brescia; Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei; Giulia De Florio, presidente di Memorial Italia; Yulica Yukhno della Ambasciata libera della Belarus. Interviene Arthur Vakarov, grafico, autore dei manifesti esposti.

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Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (1994-2024) e La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024).

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La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024). A cura di Simone A. Bellezza, Oleksiy Bondarenko, Marco Puleri, Matteo Zola (Editrice Morcelliana, 2025). Dal marzo 2014, quando i soldati russi invasero la Crimea e, poco più tardi, le ragioni orientali del Donbas, all’aggressione iniziata il 24 febbraio 2022, l’Ucraina si è trovata a dover combattere una guerra per difendere la propria indipendenza. Il confronto bellico ha profondamente influenzato e trasformato la società, la cultura e la politica ucraine. Dodici studiose e studiosi italiani e ucraini raccontano questa evoluzione in diversi ambiti, dalla violenza al fronte alla lotta dei movimenti femministi e LGBTQIA+, dalle migrazioni alle appartenenze religiose, dalle dinamiche del potere politico e culturale alle relazioni internazionali. Un tentativo unico di interpretare la guerra nel medio-lungo periodo per provare a comprendere quale sarà il futuro dell’Ucraina. Il volume contiene saggi di Alessandro Ajres, Alberto Basciani, Simone A. Bellezza, Oleksiy Bondarenko, Giulia De Florio, Marta Havryshko, Iuliia Lashchuk, Francesco Magno, Marianna Napolitano, Marco Puleri, Viktoriya Sereda, Matteo Zola.

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