Comunicato di Memorial a proposito della dichiarazione della procura

La procura di Mosca ha inviato una “raccomandazione scritta” secondo la quale Memorial ha un mese per eliminare le “violazioni della legge federale".

Secondo la procura, il Centro per la difesa dei diritti umani “Memorial” è un agente straniero

30 aprile 2013. Il Centro per la difesa dei diritti umani “Memorial” ha ricevuto dalla procura di Mosca una “raccomandazione scritta” secondo la quale il Centro ha a disposizione un mese di tempo per eliminare le “violazioni della legge federale”, che sarebbero emerse durante l’ispezione compiuta nell’organizzazione. “Memorial” dovrebbe cioè registrarsi come “agente straniero”.
La procura indica per qualche ragione gli scopi fondanti dell’organizzazione: rendere di dominio pubblico le informazioni sulle violazioni dei diritti e delle libertà, rivelare la verità riguardo ai delitti dei regimi totalitari e ai metodi terroristici di amministrazione della società, studiare le violazioni di massa dei diritti dell’uomo, contribuire alla difesa delle persone soggette a persecuzioni per motivi politici o a repressioni illegali, etc. Non si capisce in quale, fra questi scopi fondanti, la procura abbia ravvisato delle “violazioni”. Particolare attenzione da parte di coloro che hanno condotto l’ispezione è stata data soprattutto ai programmi che si occupano di monitorare le detenzioni amministrative per motivi politici e le repressioni penali. La frase “la legislazione russa non prevede alcun reato compiuto per ragioni politiche” sembra proprio nascere dal profondo del cuore della procura. Se non è prescritto, allora non esiste!

Nella “raccomandazione” si parla soprattutto del progetto “OVD-info”. Creato nel dicembre 2011 da un gruppo di giornalisti, questo progetto si è occupato di monitorare gli arresti politici durante le manifestazioni pubbliche. Centinaia di media russi si basano per le loro pubblicazioni sulle notizie di “OVD-info”. Le analisi condotte dal progetto sono stati alla base delle sezioni sulla libertà di riunione in Russia all’interno delle relazioni di Amnesty International, Human Rights Watch, il Gruppo Helsinki di Mosca, l’associazione AGORA e altre. Nata come associazione informale di cittadini, dal 1 febbraio 2013 “OVD-info” collabora con l’Associazione “Memorial” nella realizzazione di un progetto di monitoraggio degli arresti nelle regioni russe. “OVD-info” ha da sempre sottolineato la sua apoliticità, non ha mai partecipato a iniziative di protesta né le ha organizzate. L’affermazione della procura, secondo cui l’attività di “OVD-info” all’interno dell’Associazione “Memorial” sarebbe legata alla “organizzazione di manifestazione pubbliche e di altri tipi di attività politica” non corrisponde al vero.
Altrettanto infondate sono anche le altre “prove” di un’ipotetica “attività politica”, contenute nella “raccomandazione” della procura. L’Associazione “Memorial” non ha intenzione di riconoscersi come “agente straniero” e, dopo attento esame, farà ricorso contro la “raccomandazione” della procura.

Già in precedenza le procure avevano rivolto un pubblico ammonimento a due associazioni regionali di “Memorial”: l’organizzazione storico-educativa e di difesa dei diritti “Memorial” di Rjazan’ e la Commissione di difesa dei diritti “Memorial” della Repubblica dei Komi.
Nell’ammonimento al primo di questi enti la procura fa presente che, secondo lo statuto, gli scopi fondanti dell’organizzazione sono “l’affermazione dei diritti dell’individuo nella prassi di Stato e nella vita pubblica mediante l’influenza nei confronti della coscienza sociale per la realizzazione in Russia di uno Stato democratico di diritto e di una società civile sviluppata”. Per realizzare tali scopi l’associazione può “organizzare proteste, assemblee, marce, dimostrazioni ecc… nei modi previsti dalla legge”.

Il viceprocuratore della Repubblica dei Komi ha segnalato alla Commissione in difesa dei diritti “Memorial” che, in base al loro statuto, tra gli obiettivi figurano: la partecipazione alla messa a punto di disegni di legge e alla presa di decisioni degli organi di potere; la formulazione di proposte e raccomandazioni per gli organi di potere in materia di difesa dei diritti e di libertà dei cittadini, di lotta alla corruzione e agli abusi di potere amministrativo.
La procura ha inoltre indicato che “nel 2011-2012 i membri dell’organizzazione hanno partecipato a iniziative pubbliche e politiche, alcune delle quali a scopo di protesta, con l’obiettivo di influenzare le decisioni prese a questo proposito dagli organi di Stato”.
Ciò ha permesso alla procura di sostenere che negli statuti di queste organizzazioni sarebbe “di fatto dichiarata la possibilità di partecipare all’attività politica”. Poiché entrambe le associazioni ricevono finanziamenti dall’estero e non sono registrate nell’“elenco delle organizzazioni non governative che svolgono la funzione di agente straniero” le procure regionali hanno messo in guardia tali associazioni sull’inammissibilità di violazione della legge. È però praticamente impossibile capire dai testi degli “ammonimenti” che cosa esigano concretamente gli organi delle procure da queste associazioni no profit.

 

versione originale in lingua russa

 

 

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

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La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. Qualche compagno, per fortuna, mi dà una mano come può. Grazie infinite per il vostro tempo e per aver letto la mia richiesta.” Janina Akulova, condannata a nove anni di colonia penale a regime ordinario e a una multa di 700.000 rubli, chiede aiuto per un’altra detenuta: “C’è una ragazza qui che ha urgente bisogno d’aiuto, non ha letteralmente nulla. Noi cerchiamo di tenere duro, ma lei è messa davvero male. Dico sul serio: non ha niente di niente, neppure l’essenziale per lavarsi. Le abbiamo dato quello che potevamo, ma… potete ben capire.” Per continuare a spedire pacchi, servono attualmente 3.320 euro. Assistenza legale Non possiamo divulgare l’identità dei prigionieri ucraini che difendiamo legalmente: metteremo a rischio loro e i loro avvocati. Attualmente sono decine gli uomini e le donne – già condannati o in attesa di giudizio – che dipendono dal nostro aiuto. 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Il 23 maggio 2025 presso il tribunale militare di guarnigione di Rjazan’ il pubblico ministero Boris Motorin ha chiesto per Ruslan Sidiki una condanna a trent’anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki, 36 anni e doppia cittadinanza, russa e italiana, abbiamo già avuto modo di parlare. Dopo di lui ha preso la parola Igor’ Popovskij, l’avvocato di Sidiki. Il difensore ha spiegato nel dettaglio perché la versione dell’accusa non corrisponde ai fatti e, perciò, a verità. Nei casi in esame la definizione giuridica delle azioni del suo assistito non può rientrare negli articoli riguardanti il “terrorismo”. Quanto da lui compiuto può far capo, piuttosto, alla categoria “sabotaggio”. In due punti, a sostenere le accuse di terrorismo sono le invenzioni degli inquirenti e le deposizioni estorte sotto tortura. L’avvocato Popovskij ha infine ricordato che, in base alla Convenzione di Ginevra e a quanto da essa affermato “in data 12 agosto 1949 sul trattamento dei prigionieri di guerra”, Ruslan Sidiki andrebbe considerato come tale. L’anarchico Ruslan Sidiki è stato alla fine condannato a 29 anni di carcere. Si tratta della pena più severa mai inflitta per azioni contro infrastrutture militari e, in genere, per azioni che non hanno causato vittime. È l’ennesimo atto intimidatorio contro i dissidenti. Riportiamo in italiano il testo dell’ultima dichiarazione pronunciata da Ruslan Sidiki prima della lettura della sentenza. Mi rincresce che le mie azioni abbiano messo in pericolo Bogatyrëv*, Tarabuchin** e Unšakov***. Non erano loro il mio obiettivo e sono lieto che la loro salute non abbia subito danni gravi. Il mio obiettivo erano i mezzi militari russi e gli anelli della logistica militare per il trasporto di mezzi e carburante. Era il modo che avevo scelto per ostacolare le operazioni militari contro l’Ucraina. Naturalmente la notizia di un’esplosione e il clamore suscitato possono spaventare le persone. Lo stesso vale per i missili che sorvolano le case e per le prime operazioni militari: anche loro hanno lo scopo di intimidire la popolazione del Paese contro cui tali azioni sono dirette. Come ho già ampiamente ripetuto, non era mia intenzione intimidire nessuno. Ho scelto io gli obiettivi: ho attaccato la base aerea militare con l’intento di distruggerne i velivoli. Ho fatto saltare il treno per mettere fuori uso la linea ferroviaria su cui avevo individuato un discreto movimento di mezzi militari. Vorrei che fosse chiaro che ho studiato attentamente il movimento dei treni sulla linea che ho fatto saltare per assicurarmi che non ci fossero treni passeggeri. Per maggiore sicurezza, ho controllato visivamente il tutto prima dell’esplosione. Se non mi importasse della vita altrui, avrei potuto far deragliare il treno senza un mio intervento diretto. Non ho avuto nulla a che fare con chi ha tentato di fabbricare, poi, un nuovo ordigno esplosivo per far deragliare un altro treno. L’esplosione dell’11 novembre 2023 aveva già suscitato molto clamore ed ero perfettamente consapevole che le misure di sicurezza sarebbero state rafforzate. Inoltre, avevo già la morte di mia nonna a cui pensare. Con la popolazione russa ho rapporti neutrali. Dal 2014 ho con loro alcune divergenze su certi fatti, ma non è, per me, un motivo sufficiente per odiare qualcuno. L’impossibilità di influenzare pacificamente le azioni di chi ci governa, così come il tribunale che attende coloro che non condividono la politica dello Stato inducono alcuni a lasciare il Paese e altri a restare e a passare all’azione. Indipendentemente dalla gravità del reato, l’uso della tortura durante gli interrogatori è inaccettabile in qualunque caso, se diciamo di vivere in uno Stato di diritto. Torturare con scariche elettriche e picchiare una persona legata sono atti riprovevoli in massimo grado, la cui responsabilità ricade non solo su chi ha applicato metodi in questione, ma anche su chi è consapevole che essi vengono usati, non li contrasta e, anzi, è complice nel tenerli nascosti. Concludo recitandovi un frammento di una poesia di Nestor Machno: Che ci seppelliscano anche subito: ciò che davvero siamo non diverrà Oblio, risorgerà al momento dovuto e vincerà. Ne sono certo, io. * Aleksandr Ivanovič Bogatyrëv, camionista presso la Avargard s.r.l.. Il 23/07/2023 trasportava erba falciata da un campo vicino al villaggio di Tjuševo, regione di Rjazan’. Uscendo su una strada sterrata vicino al campo, centrò con una ruota un drone esplosivo. Che scoppiò. Bogatyrëv non rimase ferito. ** Sergej Aleksandrovič Tarabuchin, assistente macchinista dello stesso treno. A seguito dello scoppio del finestrino, ha riportato graffi al viso e a un braccio. *** Dmitrij Nikolaevič Unšakov, macchinista del treno merci n. 2018, che l’11 novembre 2023 era ripartito dalla stazione di Rybnaja. Si trovava nella cabina di guida al momento dell’esplosione sui binari. A seguito dell’esplosione ha riportato escoriazioni alla mano.

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