Uccisi nella regione orientale di Doneck l’attivista di Memorial Andrej Mironov e il fotografo Andrea Rocchelli

Un ricordo di Andrej Mironov di Svetlana Gannuškina e un ricordo di Andrea Rocchelli di Lucia Sgueglia

Andrej Mironov e Andrea Rocchelli
Andrej Mironov e Andrea Rocchelli

Un ricordo di Andrej Mironov di Svetlana Gannuškina

È morto Andrej Mironov

Svetlana Gannuškina, 25/05/2014

Andrej Mironov
Andrej Mironov al Centro Sacharov. Foto di Dm. Borko

Svetlana Gannuškina: Stamattina abbiamo sentito che nell’area di Slavjansk, ad Andreevka, sono stati uccisi il giornalista italiano Andrea Rocchelli e il suo traduttore Andrej Mironov. Quella che ieri sera era solo una supposizione oggi è diventata una tragica realtà.

Andrej Mironov, nostro collega e amico, conosceva alcune lingue europee, compreso l’italiano. Faceva spesso da traduttore per giornalisti, politici e membri delle organizzazioni per i diritti umani. Era straordinariamente portato per le lingue e amava molto l’italiano. Quando mi invitarono a parlare a Torino, mi consigliò seriamente, due settimane prima della partenza: “Sveta, provi a parlare in italiano, è una lingua bellissima e molto semplice, vedrà che ci riuscirà”.

Ma Andrej Mironov, attivista per i diritti umani ed ex detenuto politico, non è stato mai e in nessun luogo solo un traduttore. Nel 1985 venne arrestato per aver diffuso opere del samizdat, nel 1986 fu condannato dal Tribunale Supremo dell’Udmurtia per “propaganda e agitazione antisovietica” (art. 70 del codice penale della R.S.F.S.R.) a quattro anni di lager e tre di confino, ma nel febbraio del 1987, con l’inizio della perestrojka annunciata da Gorbačev, fu rimesso in libertà insieme ad altri detenuti politici.

Fu del tutto naturale per Andrej Mironov entrare a far parte di “Memorial” già dalla sua fondazione nel 1988 e poi partecipare alla costituzione del Centro di diritti umani “Memorial”. Andrej non era un collaboratore del Centro, nel senso che non lavorava in nessuno dei suoi programmi. Era piuttosto un attivista per i diritti umani solitario, che in ogni periodo della vita aveva un suo programma personale.

Andrej ha attraversato molti punti caldi, da solo o con un gruppo di colleghi. Dal 1994 è stato più volte e per lungo tempo in Cecenia al centro degli scontri più accesi. Pur essendo una persona solitaria e indifesa, Andrej si impegnava con tutte le sue forze per far sì che venissero difesi coloro che, secondo lui, ne avevano bisogno: trovava i fondi per sostenere le famiglie delle vittime e le portava da noi per trovare un aiuto.

La sua conoscenza delle lingue e della situazione del paese hanno fatto sì che all’interno delle strutture internazionali venisse dato molto ascolto alla sua opinione di esperto.

Nel 2008 a Parigi ad Andrej Mironov e Aleksej Makarov è stato conferito il “Prix Pierre Simon étique et société”, che viene assegnato ogni anno sotto il patrocinio del Ministero della Sanità francese a singole persone e opere che rappresentano una parte del lavoro comune e delle riflessioni sull’etica.

Quest’anno Andrej ha compiuto 60 anni.

È stato ucciso un uomo dall’anima limpida e cristallina, del tutto disinteressato, con un senso della giustizia illimitato e senza compromessi, di una straordinaria bontà e fede nel bene.

E il dolore si unisce a un senso di rabbia e di colpa. Come abbiamo potuto permettere questa guerra fratricida?

Fonte: http://hro.org/node/19489

 

Un ricordo di Andrea Rocchelli   di Lucia Sgueglia

“Andy Rocchelli sembrava un reporter umile, la razza migliore”

Il ritratto del fotoreporter italiano ucciso nella regione orientale di Donetsk

Il tesserino di Andy RocchelliLo avevo incontrato a Mosca, quando era un fotografo giovane ma promettente, Andy, tre o quattro anni fa in un caffè alternativo del centro, amato dai giovani bohèmien della capitale russa. Voleva andare in Cecenia, era affascinato dalla Russia e in particolare dal Caucaso del Nord, la zona più calda del paese di Putin. Un paese che all’epoca ancora conosceva poco ma che aveva una gran voglia di esplorare.

Mi aveva chiesto di accompagnarlo, ci eravamo visti e sentiti altre volte al telefono. Poi ci è andato da solo, Andy, tra Grozny e Makhachkala e ha cominciato a entrare nel ventre profondo della Russia. Nel frattempo si era fatto le ossa: Libia, Afghanistan, Algeria, scenari di guerre e non, anche in Italia, usando colore e bianco e nero. Magro, alto e curioso, sembrava un reporter umile, la razza migliore, non di quelli che cercano adrenalina, ma che sanno riconoscere il valore dell’esperienza dei senior.

Poi era a finito a Maidan, come tantissimi suoi colleghi di tutto il mondo, intrappolato in quella che nata come una pacifica rivolta civile contro oligarchi, corruzione e vecchio regime, era diventato un funerale collettivo nel cuore di Kiev. Solo l’inizio della tragedia Ucraina: “Tre mesi di proteste sfociati – nelle parole da lui stesso scelte per presentare le foto – in un epilogo sanguinoso”.

Sulla home page del sito di Cesura-Lab, il suo collettivo militante di fotografi fondato nel 2008 da Alex Majoli, giusto al centro c’è un link al suo lavoro recente nell’Est Ucraina, dal titolo “Sloviansk ongoing”. Didascalia: “Rocchelli è basato nell’assedio di Sloviansk, nella regione del Donbass orientale. Sta producendo storie diverse e mantenendo le tracce dei suoi movimenti con aggiornamenti quotidiani”, si legge. Quell’assedio che era già diventato quasi un meme per il mondo, un simbolo della lotta senza quartiere tra l’ala più dura, e più armata, dei separatisti, e le forze militari di Kiev. Il cuore della ribellione da spezzare, o glorificare. Meta di moltissimi giornalisti e fotografi, alcuni in cerca di avventura, altri molto esperti; con giubbotto antiproiettili o senza, alcuni scortati dalla security privata delle proprie (grosse) testar occidentali. Nell’ultimo link di Andy da Slaviansk si vedono foto di uomini in maschera e kalashnikov, mentre sparano o a riposo, contadini che piangono e case distrutte, bambini nascosti in una cantina buia, tremanti, stipati in mezzo a barattoli di conserve di frutta, civili feriti, trincee.

Ad accompagnarlo c’era Andrey Mironov, per me un amico carissimo di vecchia data: non era solo un interprete, ma uno che in guerra c’è stato abbastanza, troppo: Cecenia dagli anni 90 a oggi, ad aiutare nel lavoro decine e decine di giornalisti occidentali, parlava benissimo italiano e più volte era stato ospite del nostro paese. Ex prigioniero del GuLag e dissidente storico, vicino alla celebre ong Memorial, Andrey in guerra non sarebbe più dovuto tornare.

Fonte: “La Stampa”

 

Andreï Mironov (19542014), militant des droits de l’homme, mort à l’Est de l’Ukraine. “Le Monde” PDF

 

Tanja Lokshina,  Human Rights Watch http://hro.org/node/19513

Gli amici ricordano Andrej Mironov,  video a cura di Radio Svoboda: http://hro.org/node/19551

Sophia Kishkovsky sul “The NYTimes”: Andrei N. Mironov, Soviet-Era Political Prisoner and Activist, Dies at 60.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Pisa, 8-29 novembre 2024. Mostra “GULag: storia e immagini dei lager di Stalin”.

Il 9 novembre 1989 viene abbattuto il Muro di Berlino e nel 2005 il parlamento italiano istituisce il Giorno della Libertà nella ricorrenza di quella data, “simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo”. Per l’occasione, l’assessorato alla Cultura del Comune di Pisa porta a Pisa la mostra GULag: storia e immagini dei lager di Stalin. La mostra, a cura di Memorial Italia, documenta la storia del sistema concentrazionario sovietico illustrata attraverso il materiale documentario e fotografico proveniente dagli archivi sovietici e descrive alcune delle principali “isole” di quello che dopo Aleksandr Solženicyn è ormai conosciuto come “arcipelago Gulag”: le isole Solovki, il cantiere del canale Mar Bianco-Mar Baltico (Belomorkanal), quello della ferrovia Bajkal-Amur, la zona mineraria di Vorkuta e la Kolyma, sterminata zona di lager e miniere d’oro e di stagno nell’estremo nordest dell’Unione Sovietica, dal clima rigidissimo, resa tristemente famosa dai racconti di Varlam Šalamov. Il materiale fotografico, “ufficiale”, scattato per documentare quella che per la propaganda sovietica era una grande opera di rieducazione attraverso il lavoro, mostra gli edifici in cui erano alloggiati i detenuti, la loro vita quotidiana e il loro lavoro. Alcuni pannelli sono dedicati a particolari aspetti della vita dei lager, come l’attività delle sezioni culturali e artistiche, la propaganda, il lavoro delle donne, mentre altri illustrano importanti momenti della storia sovietica come i grandi processi o la collettivizzazione. Non mancano una carta del sistema del GULag e dei grafici con i dati statistici. Una parte della mostra è dedicata alle storie di alcuni di quegli italiani che finirono schiacciati dalla macchina repressiva staliniana: soprattutto antifascisti che erano emigrati in Unione Sovietica negli anni Venti e Trenta per sfuggire alle persecuzioni politiche e per contribuire all’edificazione di una società più giusta. Durante il grande terrore del 1937-38 furono arrestati, condannati per spionaggio, sabotaggio o attività controrivoluzionaria: alcuni furono fucilati, altri scontarono lunghe pene nei lager. La mostra è allestita negli spazi della Biblioteca Comunale SMS Biblio a Pisa (via San Michele degli Scalzi 178) ed è visitabile da venerdì 8 novembre 2024, quando verrà inaugurata, alle ore 17:00, da un incontro pubblico cui partecipano Elena Dundovich (docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Pisa e socia di Memorial Italia), Ettore Cinnella (storico dell’Università di Pisa) e Marco Respinti (direttore del periodico online Bitter Winter). Introdotto dall’assessore alla cultura Filippo Bedini e moderato da Andrea Bartelloni, l’incontro, intitolato Muri di ieri e muri di oggi: dal gulag ai laogai, descriverà il percorso che dalla rievocazione del totalitarismo dell’Unione Sovietica giunge fino all’attualità dei campi di rieducazione ideologica nella Repubblica Popolare Cinese. La mostra resterà a Pisa fino al 28 novembre.

Leggi

La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz.

La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz con curatela di Luca Bernardini (Guerini e Associati, 2024). Una testimonianza al femminile sull’universo del Gulag e sugli orrori del totalitarismo sovietico. Arrestata nel 1945 a ventidue anni per la sua attività nell’AK (Armia Krajowa), l’organizzazione militare clandestina polacca, Anna Szyszko-Grzywacz viene internata nel lager di Vorkuta, nell’Estremo Nord della Siberia, dove trascorre undici anni. Nella ricostruzione dell’esperienza concentrazionaria, attraverso una descrizione vivida ed empatica delle dinamiche interpersonali tra le recluse e della drammatica quotidianità da loro vissuta, narra con semplicità e immediatezza la realtà estrema e disumanizzante del Gulag. Una realtà dove dominano brutalità e sopraffazione e dove la sopravvivenza per le donne, esposte di continuo alla minaccia della violenza maschile, è particolarmente difficile. Nell’orrore quotidiano raccontato da Anna Szyszko-Grzywacz trovano però spazio anche storie di amicizia e solidarietà femminile, istanti di spensieratezza ed emozioni condivise in una narrazione in cui alla paura e alla dolorosa consapevolezza della detenzione si alternano le aspettative e gli slanci di una giovane donna che non rinuncia a sperare, malgrado tutto, nel futuro. Anna Szyszko-Grzywacz nasce il 10 marzo 1923 nella parte orientale della Polonia, nella regione di Vilna (Vilnius). Entra nella resistenza nel settembre 1939 come staffetta di collegamento. Nel giugno 1941 subisce il primo arresto da parte dell’NKVD e viene rinchiusa nella prigione di Stara Wilejka. Nel luglio 1944 prende parte all’operazione “Burza” a Vilna come infermiera da campo. Dopo la presa di Vilna da parte dei sovietici i membri dell’AK, che rifiutano di arruolarsi nell’Armata Rossa, vengono arrestati e internati a Kaluga. Rilasciata, Anna Szyszko cambia identità, diventando Anna Norska, e si unisce a un’unità partigiana della foresta come tiratrice a cavallo in un gruppo di ricognizione. Arrestata dai servizi segreti sovietici nel febbraio 1945, viene reclusa dapprima a Vilna nel carcere di Łukiszki, e poi a Mosca alla Lubjanka e a Butyrka. In seguito alla condanna del tribunale militare a venti anni di lavori forzati, trascorre undici anni nei lager di Vorkuta. Fa ritorno in patria il 24 novembre 1956 e nel 1957 sposa Bernard Grzywacz, come lei membro della Resistenza polacca ed ex internato a Vorkuta, con cui aveva intrattenuto per anni all’interno del lager una corrispondenza clandestina. Muore a Varsavia il 2 agosto 2023, all’età di cento anni. Recensioni “La mia vita nel Gulag” in “Archivio storico”.

Leggi

Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione.

Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione. A cura di Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola (Viella Editrice, 2024). Il volume esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov. In copertina: Il 10 aprile 2022, Oleg Orlov, ex co-presidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, viene arrestato sulla Piazza Rossa a Mosca per avere manifestato la sua opposizione all’invasione dell’Ucraina con un cartello con la scritta “La nostra indisponibilità a conoscere la verità e il nostro silenzio ci rendono complici dei crimini” (foto di Denis Galicyn per SOTA Project).

Leggi