Una storia russa | Ludmila Ulitskaya

La storia di tre compagni di scuola che si incontrano a Mosca negli anni cinquanta

Una storia russa di Ludmila Ulitskaya

Traduzione di Emanuela Guercetti
Bompiani, 2016

“Con Putin la mia Russia torna al passato più buio” l’intervista di Anna Zafesova alla scrittrice Lyudmila Ulitskaya.
“La Stampa” 17/01/2016 p.21

Una storia russa: il titolo italiano del nuovo romanzo di Liudmila Ulitskaya, appena pubblicato da Bompiani, è calzante. È una storia, anzi, tante storie private di amori, tradimenti, prigioni, figli, addii e sogni, tasselli della storia della Russia del ’900. È un romanzo a chiave, con personaggi veri e verosimili, ma in filigrana appare inevitabilmente l’attualità. È un romanzo di crescita, in parte autobiografico: Ulitskaya, classe 1943, ha avuto due nonni nel Gulag, ha vissuto il dissenso sovietico, e resta una «dissidente». È stata tra i pochi a protestare contro la guerra in Ucraina, ha pubblicato libri sulla tolleranza accusati di «propaganda omosessuale», ha avviato un carteggio con Mikhail Khodorkovsky mentre era in carcere, è scesa in piazza, ha firmato ieri un appello per le dimissioni del leader ceceno Ramzan Kadyrov dopo che ha minacciato un deputato. Ed è un romanzo sulla letteratura russa, denso di citazioni e allusioni, che racconta come i libri abbiano cambiato gli individui e la società, con i personaggi che rischiano il carcere per diffondere il samizdat. Una delle ultime notizie dalla Russia è il rogo, in una biblioteca del Nord, di libri di logica, cultura e filosofia editi dalla Fondazione Soros.

Il «Paese che leggeva più di ogni altro al mondo» ora brucia i libri?
«È un ennesimo sintomo dell’ennesima catastrofe russa, che dura ormai da quasi 100 anni. Per uno studioso il nostro Paese è avvincente, ma è estremamente scomodo da abitare. Forse è proprio al misto di genialità e assurdità che dobbiamo una grande letteratura, una cultura affascinante, il genio scientifico. Il tratto principale del potere russo (sia zarista sia sovietico e postsovietico) è l’ostile diffidenza verso la cultura. Majakovsky si è suicidato, o forse è stato ucciso, Mandelstam è stato fatto marcire in un campo di prigionia, Shostakovich è stato perseguitato, Pasternak cacciato dall’Unione scrittori, Brodsky mandato in esilio. L’intellighenzia dà fastidio. Presto quelli troppo intelligenti, capaci di criticare e di analizzare, di educare e creare, lasceranno questo Paese».
L’intellighenzia si è spaccata sull’Ucraina, come ai tempi sovietici. La storia si ripete?
«La spaccatura dell’intellighenzia russa è nata con lei. “Occidentalisti” e “slavofili”, la stessa linea che la divide oggi, tra chi applaude l’annessione della Crimea e chi la considera un crimine politico. Esiste il mito della “misteriosa anima russa”. Il rifiuto dell’approccio razionale e scientifico ha portato all’idea di una “via speciale”, distinta dalla civiltà europea. Tutto il mondo pensa che dagli errori si impara, ma se gli errori – politici, economici e, ancora più drammatico, morali – vengono invece ritenuti un tratto unico e interessante, il risultato è il degrado».
Chi sono i vecchi e nuovi dissidenti oggi?
«Il movimento di contestazione degli Anni 60-70 è finito nel 1991, e non vedo alcuna parentela. La vecchia guardia mantiene il suo stile, ormai arcaico. La nuova contestazione ha raggiunto l’apice nel 2011, è stata sconfitta e non si è ancora ripresa. Sono rimasti pochi leader inflessibili, come Alexey Navalny, ma è probabile che anche loro finiranno dentro. Penso che questo potere crollerà per motivi economici, per nessun’altra ragione. Non resta che pregare perché avvenga senza uno spargimento di sangue».
I dissidenti sognavano l’evoluzione della «prima generazione non frustata». Oggi però la libertà sembra tra le ultime ispirazioni dei russi.
«Il filosofo Nikolay Berdiaev diceva che “la libertà è difficile, la schiavitù è più facile”. L’evoluzione non è lineare. La scimmia si è messa a camminare eretta per avere le mani libere, una scelta costata alla nostra specie problemi con l’apparato locomotorio e un parto doloroso. La libertà è legata alla responsabilità. Il regime sovietico ha perseguitato per generazioni chiunque fosse capace di un punto di vista divergente, di un’iniziativa. Una selezione artificiale di umani sottomessi, “comodi”. Per vedere nascere nell’Homo sovieticus il bisogno di libertà bisognerà attendere a lungo. I giovani di oggi, almeno quelli più istruiti, mi piacciono tantissimo, sono migliori di noi, più liberi. Se sostituiranno alla guida del Paese gli uomini dell’ex Kgb, avremo un futuro».
Il suo romanzo s’inizia con la morte di Stalin e i destini dei protagonisti vengono devastati dallo stalinismo. Eppure Stalin resta in cima alle preferenze dei russi.
«Ci sono tante cause: sindrome post-traumatica, ricerca di figura paterna, ma anche la propaganda e la nostalgia per la giovinezza nell’Urss. E poi, la pazienza e la docilità di un popolo che ha paura del potere e tende a deificarne i protagonisti, l’abitudine secolare alla povertà, la mancanza di dignità di chi è stato schiavo a lungo. La rivoluzione socialista è accaduta prima di quella borghese, i russi non hanno avuto il tempo di sentirsi cittadini responsabili della propria vita. Una canzone sovietica diceva ”Lenin è sempre vivo, è in me e in te”. Sostituite Lenin con Putin, il senso non cambia. La Russia ha scelto una strada esclusiva, con i mostri della storia russa a illuminarla».
Svetlana Aleksievich ha detto che Putin ha dato voce al popolo, e che ad ascoltarla l’intellighenzia della perestroika rimase atterrita. Condivide?
«Trovo questo personaggio assai poco interessante, piuttosto rozzo, senza troppe complicazioni, ma con grandi doti di politico allevato nei laboratori del Kgb. Ogni polizia segreta è un’organizzazione efferata, con strumenti potenti – celle di tortura, il colpo alla nuca, le vasche di acido – che non portano mai in un posto buono. Anni fa il grande 1984 di George Orwell fu letto come una rivelazione. Sotto la guida del signor Putin non si finisce però nel futuro, ma nel passato, in un nuovo Medioevo».
Il tema dell’antisemitismo è un altro richiamo all’attualità. La propaganda spesso fa l’equazione «ebreo-liberale-nemico», mentre l’essere russi è sinonimo di conformità politica.
«Non percepisco un aumento dell’antisemitismo. Semmai in Francia, a giudicare dalla massiccia emigrazione di ebrei. L’antisemitismo è una sottospecie della xenofobia, facilmente manipolabile. Le classi più basse smisero di odiare gli ebrei per iniziare a odiare i caucasici, ora il sentimento della folla è stato dirottato sugli ucraini. È un rischioso esperimento sociale, con risultati imprevedibili ma inevitabilmente catastrofici. Gli ebrei resteranno nella lista dei nemici immaginari, ma oggi non sono loro a guidarla: ci sono l’America, l’Isis, l’Ucraina, male che vada gli omosessuali».
Come vede la Russia e l’Ucraina tra 5-10 anni?
«Ci vorrà più di una generazione. Da entrambi i lati di questa nuova frontiera resta chi tenta di conservare il legame culturale tra i due popoli. È l’unica cosa che oggi si possa fare».

 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (1994-2024) e La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024).

Sono disponibili in libreria due nuovi volumi curati dai nostri soci. Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (1994-2024), a cura della nostra presidente Giulia De Florio con prefazione del nostro Marcello Flores, contiene in traduzione italiana trenta manifesti di Arthur Vakarov, artista dissidente bielorusso costretto all’esilio per sfuggire a un’ingiusta detenzione, e scritti di Marcello Flores, Francesco Brusa, Giulia De Florio, Filippo Perrini. La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024), a cura dei nostri Simoni Attilio Bellezza e Marco Puleri e di Oleksiy Bondarenko e Matteo Zola, affronta il tema del conflitto russo-ucraino e contiene contiene saggi di Alessandro Ajres, Alberto Basciani, Simone A. Bellezza, Oleksiy Bondarenko, Giulia De Florio, Marta Havryshko, Iuliia Lashchuk, Francesco Magno, Marianna Napolitano, Marco Puleri, Viktoriya Sereda, Matteo Zola.

Leggi

La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024).

La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024). A cura di Simone A. Bellezza, Oleksiy Bondarenko, Marco Puleri, Matteo Zola (Editrice Morcelliana, 2025). Dal marzo 2014, quando i soldati russi invasero la Crimea e, poco più tardi, le ragioni orientali del Donbas, all’aggressione iniziata il 24 febbraio 2022, l’Ucraina si è trovata a dover combattere una guerra per difendere la propria indipendenza. Il confronto bellico ha profondamente influenzato e trasformato la società, la cultura e la politica ucraine. Dodici studiose e studiosi italiani e ucraini raccontano questa evoluzione in diversi ambiti, dalla violenza al fronte alla lotta dei movimenti femministi e LGBTQIA+, dalle migrazioni alle appartenenze religiose, dalle dinamiche del potere politico e culturale alle relazioni internazionali. Un tentativo unico di interpretare la guerra nel medio-lungo periodo per provare a comprendere quale sarà il futuro dell’Ucraina. Il volume contiene saggi di Alessandro Ajres, Alberto Basciani, Simone A. Bellezza, Oleksiy Bondarenko, Giulia De Florio, Marta Havryshko, Iuliia Lashchuk, Francesco Magno, Marianna Napolitano, Marco Puleri, Viktoriya Sereda, Matteo Zola.

Leggi

Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (1994-2024)

Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (1994-2024). A cura di Giulia De Florio con prefazione di Marcello Flores (Editrice Morcelliana, 2025). Arthur Vakarov è riconosciuto come uno dei designer più influenti della Belarus e ha conquistato diversi premi internazionali nel campo del design. Il progetto 30 anni di dittatura in 30 manifesti è stato esposto a Vilnius, Varsavia, Danzica, Stoccolma e Tallinn. Nel 2024 ricorreva il trentennale dall’insediamento di Aljaksandr Lukašenka (più noto in Italia come Aleksandr Lukašenko) nella carica di presidente della Bielorussia. Da quel luglio del 1994 l’ex repubblica sovietica ha conosciuto una costante e drammatica discesa agli inferi non solo in ambito economico e produttivo, ma anche sul piano dei diritti civili e dell’identità culturale. La dittatura di Lukašenka ha, infatti, modellato il paese sull’esempio dell’ingombrante alleato russo, tanto da adottarne cultura e lingua. Non mancarono proteste, soffocate nel sangue, animate da intellettuali, scrittori, artisti che rivendicarono con orgoglio l’identità bielorussa controbattendo con coraggio al despota russofilo. Tra queste figure di dissidenti spicca Arthur Vakarov, costretto all’esilio per sfuggire a un’ingiusta detenzione. Tramite le creazioni per il progetto 30 anni di dittatura in 30 manifesti, e la sua arte acuta, cruda, dissacrante, il designer ha stigmatizzato le atrocità della dittatura di Lukašenka. Tutt’altro che commiserazione della patria, è un inno alla vita evocata nell’ultimo dei suoi manifesti: La fine è più vicina di quanto ti immagini. Il volume contiene i trenta manifesti di Arthur Vakarov per la prima volta pubblicati in Italia e scritti di Marcello Flores, Francesco Brusa, Giulia De Florio, Filippo Perrini.

Leggi