Una mappa per Kaliningrad

Un viaggio sulle tracce riaffioranti di una storia familiare intima e potente

Una mappa per Kaliningrad. La città bifronte di Valentina Parisi

prefazione di Francesco M. Cataluccio

Mentre il nome di Königsberg ci ricorda la patria di Kant e Hannah Arendt, Kaliningrad è un toponimo astruso e opaco. Le due K coincidono topograficamente ma non sono la stessa città: se l’antica Königsberg non fosse stata rasa al suolo dai bombardamenti alleati dell’agosto 1944 e poi dall’artiglieria dell’Armata rossa, l’attuale Kaliningrad, eretta sulle macerie della città prussiana, non esisterebbe affatto. Enigmatica come una delle città invisibili di Italo Calvino, questa exclave russa situata in riva al Mar Baltico cela storie dimenticate, come quella dei tanti prigionieri di guerra (anche italiani) che qui sono stati internati fino all’aprile 1945.

La protagonista, nipote di uno di loro, raggiunge Kaliningrad, dove ormai il gigantesco edificio abbandonato della Casa dei Soviet si è trasformato in un ritrovo notturno di freak. Sa che non ritroverà la vecchia Königsberg, né la cantina in cui è stato liberato suo nonno, né tanto meno il lager di Stablack: nell’Europa orientale le vecchie aree di concentramento sono tornate a essere semplici campi vuoti o fagocitate dal turismo di massa. La narratrice attraversa Kaliningrad seguendo una vecchia mappa di Königsberg. A guidarla nella città bifronte saranno soprattutto i racconti familiari ai quali non si può non credere, sebbene appurarne la veridicità sembri ormai impossibile. Si imbatterà in una variopinta girandola di personaggi, nello stratificarsi continuo di identità e culture che sembrano non riuscire a convivere e invece sono ormai inestricabili e, ovviamente, in una miriade di ricordi, aneddoti e racconti curiosi, come quello dell’ippopotamo Hans, sopravvissuto alla distruzione dello zoo di Königsberg grazie a massicce dosi di vodka. Attraversando frontiere geografiche e temporali che ci guidano fin nel cuore di uno spazio nevralgico del Novecento, il racconto di Valentina Parisi ci trascina in un viaggio sulle tracce riaffioranti di una storia familiare intima e potente.

Valentina Parisi vive a Milano, dove è nata nel 1976. Slavista e traduttrice dal russo, dal polacco e dal tedesco, ha pubblicato Il lettore eccedente (Il Mulino, 2014), saggio sull’editoria clandestina sovietica, e Guida alla Mosca ribelle (Voland, 2017). Collabora con il Manifesto e Alfabeta2.

 

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Restituzione dei nomi / Возвращение имён 2024

La Restituzione dei nomi è un evento annuale dedicato al ricordo delle persone deportate, arrestate e uccise dal regime sovietico. Dal 2007 in Russia e nel mondo ci si riunisce per leggere ad alta voce i nomi delle vittime dello Stato sovietico. È possibile organizzare la Restituzione dei nomi ovunque nel mondo, così come è stato per Memorial Italia nel 2023 e nel 2022. In Italia per il 2024 sono previsti tre incontri commemorativi: a Bari (24 ottobre), Torino (26 ottobre) e Milano (27 ottobre). Nel 2024, come negli ultimi anni, a Mosca la manifestazione non è stata approvata per Covid-19. Minaccia fittizia, utilizzata dal governo per ostacolare qualsiasi tipo di espressione pubblica che intenda esprimere solidarietà civile o posizioni contrarie a quelle di regime. Martedì 29 ottobre, a partire dalle 12:00 (ora di Mosca), l’ormai consueto collegamento on line tuttavia permetterà di seguire in diretta la lettura dei nomi in più di 80 città del mondo. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito October29, disponibile in russo e in inglese. La Restituzione dei nomi è il cuore delle iniziative organizzate da Memorial. La manifestazione è dedicata al ricordo delle vittime del Terrore di Stato in Unione Sovietica. Il 29 ottobre di ogni anno, in Russia e nel mondo, soci, volontari, attivisti di Memorial e chiunque desideri unirsi si raccolgono per leggere ad alta voce i nomi delle persone che hanno perso la vita per mano delle autorità sovietiche. La Restituzione dei nomi si è svolta per la prima volta a Mosca nel 2007 in una data e in luogo simbolici: alla vigilia del 30 ottobre, Giornata del prigioniero politico, istituita nel 1974 da Kronid Ljubarskij e Aleksej Murženko detenuti nel campo di lavoro Dubravlag, e Giornata della memoria delle vittime delle repressioni politiche, istituita nel 1991, e accanto alla Pietra delle Solovki, monumento alle vittime delle repressioni politiche collocato di fronte alla Lubjanka, sede dei servizi segreti, prima sovietici e ora russi. Come sottolinea Memorial, la ricorrenza del 29 ottobre non è solo una commemorazione, ma un’occasione per riflettere sul legame tra passato e presente. Un’occasione per incontrarsi, parlarsi e farsi domande. A cosa si pensa in fila, mentre si aspetta di leggere i nomi di milioni di persone scomparse? Perché è così importante ricordare il nome di chi è stato ucciso? Cosa significa “noi”, cosa spinge le persone a incontrarsi in questa occasione? “Noi” significa tutti coloro per i quali le repressioni in Unione Sovietica sono state una tragedia personale e familiare. Tutti coloro che oggi nella Federazione Russa comprendono il legame tra i crimini del passato e quelli del presente. Che vivono in Russia o all’estero, liberi o in carcere. In Russia, come ogni anno, Memorial invita a organizzare la Restituzione dei nomi nei pressi di luoghi commemorativi dedicati al ricordo delle vittime dei crimini dello stato sovietico. L’incontro può essere di grandi dimensioni, ma può anche coinvolgere un piccolo gruppo di persone che condividono i valori della libertà e del rispetto per la vita umana.

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