Premio Luchetta a Memorial Internazionale, un segnale che la battaglia per i diritti civili è più viva che mai

La ONG continua il suo lavoro, in Russia e nelle varie sedi in Europa, testimoniando con forza e coraggio la presenza e l’urgenza dell’impegno civile. La premiazione il 4 giugno a Trieste.

(di Giulia De Florio, ricercatrice presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, membro del consiglio direttivo di Memorial Italia)

27 maggio 2022 
Aggiornato 04 ottobre 2022 alle 09:17

La ONG continua il suo lavoro, in Russia e nelle varie sedi in Europa, testimoniando con forza e coraggio la presenza e l’urgenza dell’impegno civile. La premiazione il 4 giugno a Trieste.

Il prestigioso Premio Speciale Luchetta di Trieste, annualmente conferito dalla Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin alle personalità che si sono distinte nella valorizzazione degli ideali che l’hanno generata e guidano la sua attività, è stato conferito quest’anno a Memorial Internazionale.

La storica ONG russa, fondata alla fine degli anni Ottanta e ufficialmente chiusa dalle autorità russe il 28 febbraio 2022, continua le sue attività in condizioni estremamente difficili, senza poter assicurare ai propri membri il sostegno economico e organizzativo alla base della multiforme attività delle varie sedi e associazioni legate a questo nome.

Come spiega Daniela Luchetta, presidente della Fondazione, “la nostra scelta ha riconosciuto il ruolo centrale di una Ong che in Russia difende da 33 anni i valori della democrazia, della pace e della pluralità dell’informazione, pagando un prezzo altissimo”. In una Russia sempre più isolata, censoria e autoritaria, che in pochi mesi ha allontanato tutte le istituzioni preposte alla vigilanza e al controllo del funzionamento dei processi democratici all’interno del paese, prosegue la presidente, “Memorial continua ad operare nel cuore della società civile russa, con rischi altissimi per la libertà e l’incolumità di ogni attivista”, ma testimoniando con forza e coraggio la presenza e l’urgenza dell’impegno civile.

Come ha ricordato Sergej Bondarenko, storico, membro di Memorial Internazionale, intervenuto di recente al Festival Vicino/Lontano Premio Terzani in collaborazione con l’Associazione Friuli Storia, “formalmente hanno chiuso Memorial, ma il nostro lavoro finirà quando noi decideremo di smettere di farlo. E non ne abbiamo alcuna intenzione”.

Non si tratta di retorica altisonante, ma della lucida consapevolezza del ruolo fondamentale che svolge, con il proprio contributo, ciascun membro dello sfaccettato e composito panorama di attivismo e azione civile riunito attorno a Memorial Internazionale e al Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, anch’esso oggetto di persecuzione da parte del governo russo e costretto a chiudere i battenti nel marzo di quest’anno.

Sullo sfondo della devastante guerra scatenata dal Cremlino contro l’Ucraina il contributo degli attivisti e della società civile contraria alle decisioni del governo si staglia con forza sorprendente; a questo deve guardare l’Europa, con tutte le sue istituzioni, governative e non, offrendo in maniera concreta e coordinata il proprio supporto alle persone che rischiano ogni giorno la vita per non far cadere un intero paese nel buio della repressione e della violenza di regime.

Il premio speciale Luchetta, così come il premio Theodor Heuss assegnato a gennaio a Memorial Internazionale con cerimonia avvenuta a Stoccarda lo scorso 7 maggio, diventano perciò i segnali tangibili di un’attenzione fondamentale che ci auguriamo si trasformi presto anche in una serie di pratiche di aiuto e supporto logistico per i membri di tutte le ONG nel mirino delle autorità russe.

In quell’occasione Irina Ščerbakova, membro di Memorial Internazionale ed esperta di storia orale, ricordava che “Memorial è sempre stata e rimane un’organizzazione internazionale, perché la memoria del terrore di massa appartiene a tutti noi. E il lavoro di Memorial continua: sia in Russia, dove le attività vanno avanti in condizioni difficili, sia nelle associazioni Memorial in Germania, Italia, Repubblica Ceca, Francia e altri paesi”. Come ha sottolineato Elena Žemkova, direttore esecutivo di Memorial Internazionale, alla notizia del premio ricevuto, “ora è tempo di parlare tutti insieme di Memorial, in Italia e nel mondo. Ci fa molto piacere che il nostro lavoro comune sia visibile alle persone e da esse condiviso”. È perciò chiaro che soltanto gli sforzi congiunti di Memorial Internazionale e delle varie sedi in Europa possono assicurare oggi quel dialogo sulla comune identità storica e sulla imprescindibile tutela dei diritti civili che sono sempre state ostacolate dal governo russo e da tre mesi a questa parte sono in grave pericolo.

Fin dalla sua fondazione Memorial Internazionale ha condotto battaglie di studio, informazione e divulgazione del passato sovietico, offrendo gli strumenti critici e interpretativi per comprendere anche la situazione presente. Il patrimonio archivistico e documentale raccolto nei decenni è una ricchezza unica nel suo genere per la società russa e per ogni Stato che si fa garante dei più fondamentali diritti dell’uomo.

È anche significativo che il premio sia stato istituito dalla Onlus triestina Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin, nata all’indomani dei tragici fatti di Mostar e Mogadiscio per accogliere e curare i bambini vittime delle atrocità del conflitto balcanico. L’infanzia è da sempre al centro della missione della fondazione, e il contributo di Memorial anche nel campo dell’educazione e dell’istruzione delle giovani generazioni non può essere sottovalutato. Basti pensare alla fitta rete di giovani volontari e volontarie che da decenni portano avanti le più disparate attività dell’ONG, dall’installazione delle pietre di inciampo delle vittime del terrore staliniano al recupero dei reperti e degli artefatti rintracciati nelle zone dei lager sovietici per la ricostruzione della storia del Gulag fino ad arrivare al concorso Lezioni di storia, premio di saggistica storica che coinvolgeva annualmente decine di migliaia di scolari di tutta la Federazione Russa impegnati a ritrovare nelle proprie esperienze famigliari e personali le tracce della storia del paese per imparare a riflettere sul passato in maniera corretta e consapevole.

Il Premio Speciale Luchetta sarà consegnato a Trieste, sabato 4 giugno (h.18.30 al Teatro Miela). Verrà ritirato da Štefan Čok, socio e rappresentante di Memorial Italia presso il EU-Russia Civil Society Forum. Per l’occasione è previsto l’intervento straordinario, in video collegamento live dalla Russia, di Irina Flige, direttrice della sede di Memorial Internazionale di San Pietroburgo, studiosa di fama internazionale e fra gli scopritori della fossa comune di Sandormoch, in Carelia, dove furono uccise e gettate migliaia di vittime del Grande Terrore staliniano. Il ritrovamento di Sandormoch e l’inaugurazione di un memoriale alle vittime sono il motivo reale alla base della condanna dello storico Jurij Dmitriev, responsabile di Memorial a Petrozavodsk, amico e collaboratore di Irina Flige, attualmente incarcerato in una colonia penale in Mordovia con una pena di quindici anni arrivata dopo una persecuzione giudiziaria durata cinque anni7.

Il premio Luchetta è il segno concreto che la battaglia di tutte queste persone non può e non deve restare invano.

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

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La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. 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Quello che gli ucraini sono costretti a subire nelle carceri russe è sconvolgente anche per chi credeva di conoscere bene la brutalità del sistema. Condizioni inumane, torture, violenza oltre ogni limite. Benché, in assenza di un processo equo, un avvocato non possa garantire la liberazione di un innocente, il suo lavoro resta fondamentale. L’avvocato tutela i diritti del detenuto, richiama l’attenzione pubblica sul caso e, spesso, è l’unico interlocutore libero con cui il prigioniero possa comunicare direttamente, l’unico tramite per mantenere un legame con i familiari. Da mesi finanziamo gli avvocati che seguono decine di prigionieri ucraini. Molti casi durano da più di sei mesi e non accennano a finire. Per garantire assistenza legale ai prigionieri politici ucraini servono 31.300 euro. Totale della raccolta: 38.000 euro.Il 10% della somma sarà destinato a coprire le commissioni dei sistemi di pagamento e le perdite dovute alla conversione in rubli. Ogni donazione è importante! 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