La Russia e i suoi Army games. “Carri armati che sparano, ma non uccidono”

Il “militarpatriottismo” di Mosca degli ultimi 10 anni. Viaggio tra le kermesse tanto care al Cremlino (seconda parte) (Immagine tratta da kremlin.ru)

(di Francesca Lazzarin, dottore di ricerca in slavistica, traduttrice e interprete)


8 giugno 2022 
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 13:05


La propaganda del “militarpatriottismo” non si limita alla conservazione della memoria del 1941-45: meno note a livello internazionale, ma molto popolari già da una decina d’anni in Russia, sono due kermesse di ampie dimensioni che si svolgono a cadenza annuale, i Giochi internazionali delle forze armate “Army Games” (dal 2013) e il Forum dell’industria militare “Armija” (dal 2015).


Si tengono tradizionalmente in quello che da circa dieci anni a questa parte è diventato un vero e proprio tempio del “militarpatriottismo”, ovvero il Parco Patriot, situato a Kubinka, in provincia di Mosca. Nato ufficialmente nel 2016 sulla base del già esistente museo dei carri armati e del poligono militare di Alabino, il parco ha una denominazione completa esplicita: “Parco militarpatriottico delle Forze armate della Federazione Russa”. Oggi occupa un’area estesissima, comprensiva di poligoni di tiro, strutture sportive, zone espositive, centri fieristici, con l’inusuale aggiunta di un’enorme chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, la “Cattedrale della Resurrezione di Cristo”. All’interno di questo edificio religioso, eclettico connubio tra la sinuosa architettura di marca bizantina tipica delle chiese russe e il profilo severo dei massicci grattacieli d’epoca staliniana, si svolgono solenni liturgie in onore delle Forze armate; proprio qui, nel febbraio 2022, il patriarca Kirill ha, di fatto, dato la propria benedizione all’“operazione speciale” in Ucraina.


Ancora prima che il parco Patriot acquisisse questa nuova forma, però, a Kubinka si svolgevano dal 2013 gli “Army games”: inizialmente erano limitati alla competizione tra carri armati (“Tank biathlon”) di alcuni paesi della CSI. Una eventuale partecipazione dei paesi NATO è stata ovviamente bloccata sul nascere dall’annessione della Crimea e dalle conseguenti sanzioni; in compenso, negli anni si sono unite squadre da svariati paesi di Africa, Medio Oriente ed America Latina, e anche la Cina, che a una delle ultime edizioni ha persino ospitato alcuni dei giochi sul suo territorio.


Dal “Tank biathlon” alla “Coppa del mare”, da “Cielo pulito” (contraerea) a “Percorso sicuro” (genieri) per arrivare ad “Amico fedele” (destinato alle unità cinofile) e “Cucina da campo”: negli anni la lista delle gare in programma, a metà strada tra esercitazioni militari e sfide sportive, non ha fatto che ampliarsi con competizioni piuttosto bizzare, perlomeno per un osservatore non addetto ai lavori. Lo scopo dell’iniziativa non è solo rafforzare i rapporti bilaterali in campo tecnico e militare con una serie di paesi “amici”, ma anche mostrare in modo spettacolare, dal momento che le gare sono aperte al pubblico e vengono trasmesse in televisione, la potenza e l’efficacia delle armi (russe in primis). Ad alcune gare degli “Army games”, in particolare al “Tank biathlon” che ne ha costituito il primo curioso embrione nel 2013, sono presenti anche famiglie con bambini e scolaresche: le armi vengono mostrate in azione, e con proiettili veri, anche se si tratta di un gioco, come ricordano agli spettatori i colori sgargianti dei veicoli e le manifestazioni collaterali (ad esempio, l’esibizione di alcune ballerine classiche tra i carri armati). Insomma, tutto contribuisce all’affermazione dell’ideologia militarpatriottica.


Rilevanza ancora maggiore ha il forum “Armija”, che dal 2015 si tiene presso il gigantesco centro fiere del Parco Patriot ed ospita gli stand espositivi delle maggiori industrie russe della difesa (le “galline dalle uova d’oro”, di cui ha parlato l’ex vicepremier e attuale direttore dell’agenzia spaziale russa Dmitrij Rogozin). Infatti, se i primi giorni di svolgimento del forum sono riservati a VIP ed ospiti (anche stranieri e di alto rango), gli ultimi sono aperti alla cittadinanza, che può vedere nuovi prototipi di lanciafiamme o robot artificieri, ma anche fare selfie con un mitra in mano sullo sfondo di un blindato. Non manca nemmeno la possibilità di gustare il rancio tipo dei soldati russi nel self service appositamente allestito per i visitatori, o acquistare abbigliamento o gadget in stile military a prezzi scontati nei punti vendita della catena “Voentorg” (che è peraltro presente in diversi quartieri di Mosca). Per comprenderne l’importanza, basta dare un rapido sguardo ai video promozionali della scorsa edizione di “Armija”: all’inaugurazione ha partecipato lo stesso Vladimir Putin, tenendo un discorso sugli strumenti all’avanguardia in dotazione delle forze armate della Federazione. Sia agli “Army games” che al forum “Armija” non mancano mai stand con informazioni sul servizio militare di leva. Non c’è infatti occasione migliore per promuovere progetti allettanti per il diciottenne russo medio che proviene da una situazione disagiata.


Al successo della kermesse contribuiscono non solo l’aspetto visivo, la scenografia monumentale, ma anche quello uditivo: dagli altoparlanti sparsi per il parco, infatti, risuonano canzoni a tema bellico, dai classici sempreverdi incentrati sulla Grande guerra patriottica, con il loro gusto retrò, a pezzi più recenti già divenuti canonici e spesso scelti nei karaoke russi durante le bevute in compagnia, o addirittura ai matrimoni: ad esempio l’inno dei paracadutisti russi “Golubye berety” (“Berretti blu”, degli anni ’70) o “Oficery” (“Ufficiali”, 1993) del cantautore Oleg Gazmanov.


Al di là della componente giocosa e quasi kitsch, alle iniziative in questione non sono mai mancati, ovviamente, i riferimenti all’applicazione pratica delle Forze armate russe in alcuni veri teatri di guerra recenti, con la conseguente esaltazione dei loro successi. Inutile ricordare vezzeggiativi come “vežlivye ljudi” (“persone gentili”) e “zelenye čelovečki” (“omini verdi”), coniati appositamente per i militari russi attivi durante l’annessione della Crimea: da un lato eroi avvolti da un’aura di mito ed esempio da seguire per le generazioni future, dall’altro oggetto di un culto naif e quasi infantile, come dimostrano i tanti gadget a loro dedicati. Anche la campagna russa in Siria, iniziata nell’autunno 2015 su esplicita richiesta di Bashar al-Assad e presentata – nella migliore delle tradizioni – come l’aiuto fraterno a un paese alleato e il tentativo di difesa della Russia dalla minaccia del terrorismo, ha costituito per la propaganda e per i fautori dell’educazione militarpatriottica una formidabile patente di legittimità dell’impiego delle forze armate e dei mezzi a loro disposizione. D’altronde, la tanto decantata sconfitta dello Stato islamico per mano russa, seguita dallo spettacolare concerto tra le rovine di Palmira sotto la direzione di una delle stelle della politica culturale del Cremlino – l’immancabile Valerij Gergiev – ha permesso comodamente di sorvolare sui massacri della popolazione civile ad Aleppo e dintorni.


In che misura le iniziative legate all’“educazione militarpatriottica” hanno trovato un riscontro presso i loro destinatari e le famiglie di questi ultimi? È chiaro che l’abitante medio delle grandi città russe, laureato, cosmopolita e benestante, guarda con molto disappunto a tutto ciò. D’altro canto, è indubbio che numerosi adolescenti siano del tutto indifferenti alle iniziative patriottiche promosse a scuola, preferendo di gran lunga i social, le stories, le challenges e tutto ciò con cui passano il tempo i loro coetanei nel resto del mondo. Ciononostante, la grande affluenza di pubblico non addetto ai lavori, mostra senz’altro come il militarismo sia accolto con entusiasmo da una buona fetta della popolazione russa. A maggior ragione se la violenza insita in questo militarismo viene costantemente mascherata dall’idea che la Russia non è un aggressore, ma un difensore del proprio immenso territorio. Per usare una metafora molto cara a Vladimir Putin, l’orso russo protegge le profondità della propria tajga, e mostra i denti solo se lo si provoca e si cerca di metterlo in catene.


Come se non bastasse, diverse celebrità dentro e fuori dalla Russia si prestano spesso e volentieri a dare il proprio contributo alle kermesse “militarpatriottiche”, dando loro ulteriore smalto: ricordiamo, a titolo d’esempio, la stella dell’hip-hop russo Timati, che nel 2019 si è cimentato come stilista disegnando per il suo brand Black Star un’intera collezione di abiti in stile military. O, se vogliamo parlare di artisti stranieri, il regista Emir Kusturica, che negli ultimi anni ha assunto posizioni dichiaratamente filocremliniane, si è recato assiduamente in Russia e ora dovrebbe collaborare come regista ad alcune messinscene del Teatro delle Forze Armate Russe a Mosca. Proprio Kusturica, durante l’esibizione in occasione della cerimonia conclusiva degli “Army games 2018”, ha aperto il suo concerto riservando al “caro amico” Sergej Šojgu delle entusiaste parole di lode per aver “creato un’olimpiade dove i carri armati sparano, ma non uccidono”.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

PEOPLE FIRST. Campagna internazionale per la liberazione dei prigionieri detenuti in seguito all’invasione russa dell’Ucraina.

Il presidente statunitense Donald Trump si prepara ad avviare una qualche forma di negoziato per la pace in Ucraina. Pertanto una coalizione di enti per la tutela dei diritti umani guidata da due delle associazioni che hanno ricevuto il Nobel per la pace nel 2022, Centro per le libertà civili (Ucraina) e Memorial (Russia), ha deciso di lanciare la campagna People First. L’appello è semplice: le persone prima di tutto. La priorità assoluta di qualsiasi accordo ottenuto al termine dei negoziati deve essere la liberazione di tutti i prigionieri detenuti in seguito alla guerra russa di aggressione contro l’Ucraina. Vale a dire: – Le migliaia di civili ucraini detenuti dallo Stato russo.– Le migliaia di prigionieri di guerra ucraini e russi detenuti da ambedue gli schieramenti.– Gli almeno 20.000 bambini deportati illegalmente in Russia.– Le centinaia di prigionieri politici russi incarcerati per avere protestato contro la guerra. Chiediamo: – Come da norme del diritto internazionale, la liberazione immediata e incondizionata e il conseguente rimpatrio di tutti i civili ucraini catturati e detenuti illegalmente dalle forze russe, compresi quelli condannati dai tribunali russi. A chi proviene da aree controllate dalla Russia deve essere concessa la possibilità, se tale è il desiderio, di trasferirsi nei territori sotto il controllo del governo ucraino.– Il rimpatrio in Ucraina di tutti i bambini deportati illegalmente.– Che si compia ogni possibile sforzo per il pronto rimpatrio dei prigionieri di guerra attraverso scambi o altri mezzi. Le Convenzioni di Ginevra già impongono il rimpatrio immediato al termine delle ostilità, ma è necessario agire d’anticipo.– Il rilascio di tutti i prigionieri politici russi (già condannati e incarcerati o in stato di detenzione preventiva a seguito di dichiarazioni o azioni antibelliche) senza restrizioni di sorta sulla loro libertà di movimento, compresa la possibilità di espatrio, se questo è il loro desiderio.– L’istituzione di un organismo internazionale indipendente che coordini i processi suddetti e ne monitori la conformità al diritto umanitario internazionale con resoconti regolari e trasparenti sui progressi compiuti e aggiornamenti costanti sul rilascio dei prigionieri e il rispetto degli standard umanitari.– La garanzia da parte russa di un accesso immediato e completo per le agenzie dell’ONU e per il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) a tutti i prigionieri e ai bambini illegalmente deportati. Oleksandra Matviyčuk, avvocata e attivista per i diritti umani, presidente del Centro per le libertà civili:“In questi anni di guerra ho avuto modo di parlare con molti sopravvissuti alla prigionia russa. Mi hanno raccontato di percosse, torture con scosse elettriche, stupri, unghie strappate, ginocchia frantumate (violenze subite in prima persona o di cui sono stati testimoni). Mi hanno detto di essere stati privati del cibo e del sonno, e che ai moribondi veniva negata qualunque assistenza medica. Il rilascio di tutti i civili ucraini detenuti illegalmente e lo scambio di tutti i prigionieri di guerra deve essere una priorità assoluta, rischiando come rischiano di non vedere la fine del conflitto”. Oleg Orlov, ex prigioniero politico ed ex copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial:“Il terribile flagello della guerra ha già colpito decine di milioni di persone. Spesso si tratta di perdite irrecuperabili, e penso in primo luogo alle vite che la guerra ha strappato. Proprio per questo, è essenziale trovare un rimedio laddove è possibile. Ciò significa, innanzitutto, restituire la libertà a chi è incarcerato a causa della guerra. Gli esseri umani e la loro libertà devono essere la priorità di qualsiasi negoziato”. Per maggiori informazioni e contatti è possibile rivolgersi a info at people1st.online.

Leggi

Brescia, 10 febbraio 2025. La poesia bielorussa di protesta.

ci sentivamo liberi solo nei bagni pubblicidove per dieci rubli nessuno chiedeva cosa ci stessimo facendoeravamo contrari al caldo d’estate, contrari alla neve d’invernoquando venne fuori che eravamo la nostra linguae ci strapparono la lingua, cominciammo a parlare con gli occhie quando ci cavarono gli occhi cominciammo a parlare con le maniquando ci mozzarono le mani parlavamo con le dita dei piediquando ci crivellarono le gambe, facevamo un cenno con la testa per il “sì”e scuotevamo la testa per il “no”… e quando mangiarono vive le nostre testeci infilammo indietro nel grembo delle nostre madri dormienticome in un rifugio antiaereoper nascere un’altra volta. (dalla poesia Lingua bielorussa di Valzhyna Mort) Lunedì 10 febbraio alle 18:00 nella libreria dell’Università Cattolica di Brescia (via Trieste 17/D) si tiene la presentazione della raccolta di poesie Il mondo è finito e noi invece no. Antologia di poesia bielorussa del XXI secolo, curata da Alessandro Achilli, Giulia De Florio, Maya Halavanava, Massimo Maurizio, Dmitrij Strocev per le edizioni WriteUp. Intervengono Giulia De Florio, professoressa di lingua e traduzione russa all’università di Parma e presidente di Memorial Italia, e Maya Halavanava, lettrice di lingua russa nelle università di Padova e Milano, in dialogo con la poetessa Franca Grisoni. L’iniziativa è promossa dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, dall’ordine degli avvocati di Brescia e Memorial Italia con la collaborazione dell’Università Cattolica di Brescia.

Leggi

Brescia, 7 febbraio 2025. L’avvocatura in Bielorussia.

In occasione della Giornata internazionale dell’avvocato in pericolo, venerdì 7 febbraio alle 17:oo nel complesso San Cristo in via Piamarta 9 a Brescia si tiene l’incontro L’avvocatura in Bielorussia. Intervengono Riccardo Redaelli, professore di storia e istituzioni dell’Asia e di geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano, e Sviatlana Halauneva, avvocata bielorussa per Human Rights Center Vjasna in Belarus. Lettura di poesie a cura di Giuseppina Turra. L’iniziativa è promossa da Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, Ordine degli avvocati di Brescia e Memorial Italia con la collaborazione del comune di Brescia. I partecipanti riceveranno in dono il volume Bielorussia viva tra dittatura e resistenza (1994-2024), a cura di Giulia De Florio, presidente di Memorial Italia.

Leggi