Storia, memoria, diritti. In ricordo di Arsenij Roginskij 

Nella tragedia che si svolge sotto i nostri occhi il passato viene clamorosamente riscritto, le voci dissenzienti vengono represse e perseguitate, la verità viene stravolta, l’invasione dell’Ucraina viene presentata dai media russi come una “missione umanitaria”. Fino a quando?

20 giugno 2022 
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 13:07

(di Carlo Ginzburg, storico e socio onorario di Memorial Italia)


Partecipare alla celebrazione dell’anniversario della nascita di Arsenij Roginskij è per me un grande onore. Ringrazio per questo invito Memorial International (un’istituzione oggi soppressa) e Memorial Italia.



Comincerò da un ricordo personale. Nel novembre 2003 mi trovavo a Mosca per fare una conferenza. A un certo punto ricevetti una telefonata dall’associazione Memorial che m’invitava a una discussione pubblica. Ne fui lusingato e sorpreso. Sapevo qualcosa dell’attività di Memorial, in quel momento impegnata, tra l’altro, nella difesa dei diritti umani in Cecenia; non capivo perché si rivolgessero a me. Mi dissero qualcosa su quello che sarebbe stato il tema della discussione; accettai immediatamente. In quell’occasione conobbi Arsenij Roginskij.


Di quella discussione serbo un ricordo incancellabile. A sollecitarla era stata, a mia insaputa, la versione inglese di un saggio intitolato L’inquisitore come antropologo in cui riflettevo sulle ricerche che conducevo da decenni sui processi condotti dall’Inquisizione nel ‘500 e ‘600 contro streghe ed eretici. Ero partito da un’identificazione emotiva con le vittime su cui però si era innestato, dopo molto tempo, un sentimento, che mi aveva profondamente turbato, di contiguità intellettuale con gli inquisitori. In qualche caso le domande che mi ponevo non erano diverse da quelle che gli inquisitori si ponevano; in qualche caso le loro risposte condizionavano le mie. Ma soprattutto era stato per me decisivo lo scarto tra le aspettative degli inquisitori e le risposte degli imputati – uomini e donne accusati di stregoneria – che avevo riscontrato in una serie di processi. Contro ogni aspettativa, quei processi inquisitoriali si configuravano come documenti dialogici: un’idea che avevo tratto dallo splendido libro di Michail Bachtin su Dostoevskij.


L’invito che avevo ricevuto da Memorial partiva da una domanda nata dal mio saggio: sarebbe possibile applicare questa lettura dei processi inquisitoriali ai processi politici condotti in Unione Sovietica nell’era di Stalin? Quest’analogia ipotetica mi colse completamente di sorpresa: le domande che mi vennero rivolte nel corso di quella discussione, prima di tutti da Arsenij Roginskij, mi hanno accompagnato nel corso di questi anni. Sono domande ricchissime di implicazioni; le risposte che ho cercato di elaborare sono senza dubbio inadeguate. Ma vorrei condividerne una parte con chi mi ascolta oggi, in omaggio alla memoria di Arsenij Roginskij, alla sua intelligenza, alla sua integrità morale, al suo coraggio.


L’analogia tra i processi di stregoneria e i processi politici condotti in Unione Sovietica negli anni ’30 era stata formulata in un opuscolo intitolato The Witchcraft Trial in Moscow, pubblicato a Londra nel 1936. Il suo autore, Friedrich Adler, era allora segretario dell’Internazionale operaia e socialista fondata nel 1923. Ne citerò un brano:


“La rivoluzione russa, che ha fatto sforzi straordinari per lottare contro la superstizione, è tornata sotto Stalin ai metodi dei processi di stregoneria condotti a scopi politici. Lo ha sottolineato un opuscolo pubblicato cinque anni fa dal segretariato dell’Internazionale operaia e socialista, che purtroppo è diventato di nuovo attuale: ‘Un elemento caratteristico dei processi condotti da Nikolaj Vasil’evič Krylenko [a partire dal 1928] è l’assenza di documenti e di prove materiali. Tutto viene provato unicamente da confessioni volontarie e da auto-accuse di ‘imputati pentiti’: mai da documenti… Questi processi si basano soltanto su ‘confessioni sincere’ che, grazie a una stupefacente ‘armonia prestabilita’ corrispondono sempre esattamente all’ultima linea politica indicata dal Politburo del Partito Comunista’”.


Come si sarà capito, la prospettiva di ricerca proposta da Memorial nel corso della nostra discussione del 2003 sviluppava la polemica analogia avanzata nel 1936 da Friedrich Adler in una direzione completamente diversa. Diversa, e per me del tutto inaspettata, benché il punto di partenza fosse costituito dalle mie ricerche. Avevo mostrato che nei processi dell’Inquisizione, nonostante l’uso di interrogatori suggestivi e della tortura, esistevano casi caratterizzati da uno scarto tra aspettative dei giudici e risposte degli imputati. L’ipotesi avanzata da Memorial era che fosse possibile rintracciare qualcosa del genere nei documenti legati ai processi politici dell’era di Stalin ­– documenti che apparentemente riflettevano soltanto le aspettative e i preconcetti dei giudici.


Non so se qualche ricercatrice o ricercatore abbia cercato di verificare questa ipotesi. Qui vorrei connetterla ad alcune considerazioni di carattere generale. Nel corso delle mie ricerche sono arrivato a una conclusione che mi ha colto di sorpresa, anche se forse a molti sembrerà ovvia: un documento (qualunque genere di documento) contiene inevitabilmente elementi che sfuggono a chi l’ha prodotto. Interpreto in questo senso il passo, così spesso citato, tratto delle Tesi sulla storia di Walter Benjamin: “Bisogna leggere la storia in contropelo”. Come ho sostenuto in un saggio intitolato “Rivelazioni involontarie”, bisogna imparare a leggere la documentazione storica tra le righe, contro le intenzioni di chi l’ha prodotta.


Fin qui ho parlato della ricerca storica, della storiografia, di quella che in latino si chiama historia rerum gestarum. Ma queste considerazioni vanno estese anche al processo storico, alle res gestae. Non solo i testi ma le azioni, a cominciare dalle azioni politiche, contengono elementi che sfuggono a chi ne è l’autore: si tratta delle “conseguenze non previste” (unintended consequences) su cui ha riflettuto il sociologo americano Robert Merton. Conseguenze di breve e di lungo periodo, che incombono sul presente che ci opprime: penso alla tragedia che si sta svolgendo in questi giorni sotto i nostri occhi.


Ma qual è il rapporto tra la storia (nel duplice significato di ricerca storica e di processo storico) e la memoria? Questa domanda, in una riflessione dedicata al fondatore di Memorial, è inevitabile. La mia risposta terrà conto della straordinaria riflessione autobiografica che Arsenij Roginskij consegnò al documentario di Ljudmila Gordon intitolato Il diritto alla memoria (2018) [disponibile coi sottotitoli in italiano nel canale YouTube di Memorial Italia – N.d.R.]. Ma per valutare l’originalità del contributo di Roginskij sarà opportuno fare un passo indietro.


Partirò dalla discussione che s’intrecciò nel 1925 tra due grandi studiosi, Marc Bloch e Maurice Halbwachs, allora entrambi professori (rispettivamente, di storia e di sociologia) all’Università di Strasburgo. Nel suo libro Les cadres sociaux de la mémoire (Gli schemi sociali della memoria) Maurice Halbwachs aveva analizzato i rapporti tra memoria individuale e memoria collettiva. In una recensione apparsa sulla Revue de synthèse Bloch osservò che “la memoria collettiva, così come la memoria individuale, non conserva esattamente il passato: lo ritrova e lo ricostruisce di continuo, partendo dal presente”. E citò il caso del diritto consuetudinario francese, che nel corso del Medioevo conobbe trasformazioni profonde, benché si richiamasse a consuetudini (coutumes) trasmesse dalla tradizione come se fossero qualcosa di immobile (M. Bloch, «Mémoire collective, tradition et coutume. À propos d’un livre récent», Revue de synthèse historique, tome XL, décembre 1925, pp. 73-83). A questa plasticità della cosiddetta memoria collettiva Bloch dedicò opere fondamentali, da I re taumaturghi (1924) – la storia, diremmo oggi, di una fake news – a I caratteri originali della storia rurale francese (1931), che mostra quali trasformazioni economiche e sociali si nascondessero dietro la pretesa fissità del diritto consuetudinario medievale. Da Bloch abbiamo imparato da un lato, che la memoria, anche quando distorce la realtà, lascia tracce documentarie di cui gli storici non possono fare a meno; dall’altro, che la realtà che gli storici cercano di ricostruire include anche la memoria e le sue elaborazioni – vere, false o immaginarie. Dunque, memoria e storia sono due fenomeni ben distinti, anche se intrecciati. Questa contiguità è sottolineata dal fatto che entrambe, come sottolineò Bloch, partono dal presente: e però l’inevitabile anacronismo delle domande che gli storici pongono al passato può, e deve, essere corretto nel corso della ricerca, attraverso l’analisi dei documenti. È possibile esigere dalla memoria una correzione del genere? A mio parere, no – a meno che questa correzione non avvenga attraverso documenti e prove, cioè inoltrandosi sul terreno che è proprio della storia.


Mi sono soffermato sul rapporto tra memoria e storia per chiarire le implicazioni della scelta fatta in direzione della memoria da uno storico di professione come Arsenij Roginskij, allievo di un eminente filologo come Jurij Lotman. Per una serie di motivi, biografici e non, Roginskij si era proposto di studiare le vittime del Terrore (uso le sue parole). Ma alla consapevolezza, raggiunta precocemente e dolorosamente, che i documenti ufficiali mentono, si aggiungeva l’inaccessibilità degli archivi del Terrore. Di qui la decisione di raccogliere, per quanto era possibile, testimonianze orali, e archivi familiari. Certo, la storia orale si è sviluppata anche in paesi in cui l’accesso agli archivi non poneva alcuna difficoltà. In questo modo il racconto, debitamente sollecitato, di esperienze individuali non altrimenti documentate, ha aperto agli studi storici una dimensione vietata a chi indaga un passato più lontano. E tuttavia, quando si parla di “esperienze individuali” bisogna distinguere tra dimensione soggettiva e dati di fatto. La memoria include entrambi: ma mentre la dimensione soggettiva è documento di se stessa, e in quanto tale non può essere né dimostrata né falsificata, i dati di fatto implicano un riscontro che è (anche se non sempre) possibile. Ora, è proprio la ricerca del riscontro fattuale che è al centro dell’attività di Memorial: l’ha sottolineato con grande energia Arsenij Roginskij, verso la fine del già ricordato documentario Il diritto alla memoria di Ljudmila Gordon. Data la mia ignoranza della lingua russa, ho ripreso alcune sue affermazioni dai sottotitoli in lingua inglese e francese.


Nell’ideologia di Memorial, ha detto Arsenij Roginskij, il tema della memoria e quello dei diritti umani sono collegati da un punto di vista storico. Il presente e gli uomini di oggi sono considerati da un punto di vista retrospettivo e storico, perché le violazioni dei diritti umani sono legate al passato sovietico. Il lavoro degli specialisti di diritti umani e quello degli storici è simile, perché gli uni e gli altri si basano sulla ricerca, e cercano fatti.


Fin qui, Arsenij Roginskij. Questa dimensione fattuale mi balzò agli occhi quando, dopo la discussione pubblica nella sede di Memorial a cui ero stato invitato nel 2003, Roginskij mi fece visitare l’archivio in essa conservato. Nomi, nomi, nomi – e oggetti, e frammenti di lettere fortunosamente recuperati: testimonianze, prove tangibili, corpora delicti del Terrore di stato. (Il padre di Arsenij Roginskij, morto in carcere nel 1951 in circostanze non chiare, venne riabilitato ufficialmente quattro anni dopo per “assenza del corpus delicti”).


Oggi sono portato a vedere in questa idea di memoria orientata verso il reperimento delle prove una rielaborazione della tradizione antiquaria che si sviluppò in Europa tra ‘500 e ‘700. In un saggio fondamentale Arnaldo Momigliano sostenne che la storia nel senso moderno del termine nacque dalla convergenza tra una tradizione antiquaria imperniata sulle prove e l’”histoire philosophique” alla Voltaire. Se non erro, a questa radice illuministica si richiamava implicitamente Arsenij Roginskij, quando sottolineava che al centro dell’ideologia di Memorial c’è una convergenza tra la storia e la difesa dei diritti umani.


Nel 2014 proposi che venisse assegnato a Memorial il premio internazionale “Vittorio Foa”. Arsenij Roginskij venne a Formia a ritirare il premio e pronunciò un discorso che impressionò tutti. Ne cito un brano:



“La storia, che è una delle attività principali di Memorial, si è trasformata da tempo in Russia in una questione politica. L’intera propaganda attuale si basa sulla storia, o meglio su una manipolazione della storia per cui ogni cosa accaduta in Russia è magnifica, mentre noi spieghiamo che sì, ci sono cose di cui dobbiamo essere fieri, ma anche altre di cui dobbiamo vergognarci e ne parliamo continuamente”.


Alla fine del documentario Il diritto alla memoria Arsenij Roginskij sottolineò che questa manipolazione della storia è al servizio della sacralizzazione dello stato russo. Sacralizzazione dello stato pre-rivoluzionario, sacralizzazione dello stato staliniano, sacralizzazione dello stato degli ultimi quindici anni: al centro di questa serie persistente di stereotipi c’è l’idea che lo stato è tutto e l’individuo niente. Queste parole, pronunciate da Arsenij Roginskij non molti anni fa, hanno conservato tutta la loro forza. Nella tragedia che si svolge sotto i nostri occhi il passato viene clamorosamente riscritto, le voci dissenzienti vengono represse e perseguitate, la verità viene stravolta, l’invasione dell’Ucraina viene presentata dai media russi come una “missione umanitaria”. Fino a quando?


(30 marzo 2022)

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Giugno 2025. People First in Italia: l’appello della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022.

Al termine di una quattro giorni di incontri istituzionali e pubblici Memorial Italia esprime soddisfazione e gratitudine nei confronti dei numerosi interlocutori con i quali ha avuto modo di confrontarsi tra l’8 e l’11 giugno 2025 come parte della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022 in Italia, costituita da Oleg Orlov (Memorial, Russia), Oleksandra Romantsova (Center for Civil Liberties, Ucraina) e Leonid Sudalenka (Viasna. Human Rights in Belarus, Belarus), accompagnati da Giulia De Florio e Andrea Gullotta, presidente e vicepresidente di Memorial Italia. La delegazione ha presentato la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, il cui obiettivo è richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Nel marzo del 2022 Della Vedova, all’epoca sottosegretario agli Esteri, aveva avuto modo di parlare telefonicamente con Oleg Orlov nel corso delle perquisizioni condotte nella sede di Memorial a Mosca, esprimendo solidarietà a nome del governo italiano. Nell’occasione si è intrattenuto con la delegazione per approfondire le questioni legate al sostegno italiano e internazionale agli attivisti dei tre paesi. Nel pomeriggio Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno animato l’incontro Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali. A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. Nella mattinata dell’11 giugno la delegazione ha partecipato all’udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e nel pomeriggio ha tenuto un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica, intrattenendosi al termine con alcuni senatori, tra i quali Cinzia Pellegrino (FDI) e Filippo Sensi (PD), per approfondire le questioni emerse nel corso dell’audizione. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato agli incontri e tutti i giornalisti che hanno voluto dare spazio e risonanza all’iniziativa. Corriere della Sera (Irene Soave): Il Nobel dissidente Oleg Orlov: «L’Ucraina è stata disponibile, Mosca mente anche sui detenuti. Un dialogo però è possibile» | Corriere.it. Il Giornale (Angelo Allegri): ll premio Nobel Orlov: “Cedere adesso a Putin aiuta solo gli estremisti del regime russo” – il Giornale. Tg1 (Enrico Bona): Il dissidente Oleg Orlov: “Migliaia di civili ucraini detenuti in Russia in condizioni spaventose”. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Orlov. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Romantsova. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Sudalenka. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov sullo scambio mediato da Biden. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su negoziati prigionieri. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su diaspora. Gr1, Rai Radio1, ore 08:00 (Carla Frogheri): Intervista a Oleg Orlov sulla campagna “People First” (dal minuto 10.30). Rai Radio1 (Carla Frogheri): Radio anch’io | Proteste pro-migranti negli USA. Il conflitto in Ucraina | Rai Radio 1 | RaiPlay Sound (dal minuto 34.50). L’Avvenire (Raffaella Chiodo Karpinsky): Orlov: «Il bavaglio a Memorial non riesce a zittirci dall’estero». Adnkronos (Simona Poidomani): “In Russia torture sistematiche su dissidenti e ucraini”, la denuncia di Oleg Orlov. Radio Radicale (Francesco De Leo): Intervista a Oleg Petrovic Orlov, biologo, politico e attivista russo, impegnato nei movimenti per i diritti umani post-sovietici in Russia, tra i fondatori e co-presidente del consiglio direttivo del Memorial Human Rights Center, associazione premiata ne (12.06.2025). Il Manifesto (Sabato Angieri): «Putin è imperialista, ma i russi vogliono la fine della guerra» | il manifesto. Vita (Alexander Bayanov): Il Nobel per la pace Orlov: «Sono tanti i russi che non vogliono la guerra, ma non possono dirlo» – Vita.it. L’Europeista (Marco Setaccioli): “In Russia regime fascista, ma la gente ormai vuole solo pace”, intervista al Premio Nobel Oleg Orlov – L’Europeista.

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#2 | Modalità e strumenti della propaganda russa.

Continuiamo a segnalare materiali che analizzano e aiutano a comprendere meglio le modalità e gli strumenti utilizzati dalla propaganda russa per seminare incertezza, disinformazione e caos anche ben oltre i confini nazionali. Con il protrarsi della guerra i meccanismi con cui si cerca di infiltrare narrazioni propagandistiche e “alternative” sull’invasione dell’Ucraina continuano a funzionare. Sono vari gli strumenti che ne facilitano l’insediamento e la diffusione. Riteniamo dunque importante segnalare documentari, ricerche e articoli che analizzano le narrazioni propagandistiche russe e i tentativi di penetrare il sostrato dell’informazione globale e, in molti casi, italiana. Il sito di LA7 mette a disposizione il documentario di Francesca Mannocchi Lirica ucraina. Dopo mesi in cui questioni economiche e geopolitiche sono state i principali temi del dibattito pubblico, il documentario rimette al centro le principali vittime dell’aggressione russa: la popolazione civile e le città ucraine. Le immagini mostrano testimonianze di chi è costretto a vivere quotidianamente la guerra in prima persona e la distruzione provocata da più di tre anni di bombardamenti sul territorio ucraino: RivediLa7, Lirica Ucraina, francesca Mannocchi. L’Istituto Gino Germani pubblica la ricerca Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane, condotta da Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey. Lo studio è basato su quattro case study con l’obiettivo di discutere i principali fattori storico-politici e culturali che hanno reso la società italiana più permeabile all’influenza della narrazioni strategiche filo-Cremlino e sulla base dei ventotto manuali scolastici analizzati individua le principali narrazioni filorusse: Il paper integrale di Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey su “Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane” – Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Matteo Pugliese per Affari Internazionali si concentra sulle operazioni clandestine condotte dal regime russo evidenziando in particolare quelle svolte sul territorio italiano: La campagna di sabotaggi russi in Europa interessa anche l’Italia – Affarinternazionali.

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