Kerenskij e il culto del capo del popolo

Niccolò Pianciola intervista lo storico Marco Buttino sulla ricerca di Boris Kolonickij su Aleksandr Fëdorovič Kerenskij.

(Conversazione fra Niccolò Pianciola e Marco Buttino, professore di Storia dell’Oriente europeo presso l’Università di Torino e membro del consiglio direttivo di Memorial Italia)


26 agosto 2022 
Aggiornato 05 ottobre 2022 alle 15:22


Kerenskij
Aleksandr Fëdorovič Kerenskij (1881-1970)


Qual è la questione centrale del libro di Boris Kolonickij, «Compagno Kerenskij». 1917: la rivoluzione contro lo zar e la nascita del culto del vožd, capo del popolo, pubblicato dall’editore Viella nella collana “I libri di Memorial” (2020)? È un’altra storia della rivoluzione del 1917?


Boris Kolonickij non propone una nuova storia del 1917, ma rivolge la sua attenzione a una sola questione fondamentale: la creazione dell’immagine del leader carismatico. Il personaggio in questione è Aleksandr Fëdorovič Kerenskij, che fu la figura di maggior spicco in Russia nel 1917, nei mesi che vanno dal crollo dello zarismo alla rivoluzione d’Ottobre. Migliaia di libri sono stati dedicati agli eventi di questo periodo, al dibattito e alla lotta politica, e anche ai principali protagonisti della rivoluzione d’Ottobre, soprattutto a Lenin. Boris Kolonickij si occupa di chi guidò il tentativo di rivoluzione democratica che fu sconfitto dagli avvenimenti e dai bolscevichi guidati da Lenin.



Quali sono le fonti che Kolonickij ha usato? Le sue fonti differenziano questo libro da altri studi sulla rivoluzione?


Il suo approccio implica una scelta di fonti molto ampia che include aspetti spesso trascurati dagli storici. Nell’introduzione del libro, Kolonickij spiega che “lo studio delle dicerie non è meno importante della ricostruzione degli eventi reali”. Si immerge nella politica, ossia nei discorsi, nelle dichiarazioni, negli ordini, nelle assemblee, attratto da come le parole creano una rappresentazione dei fatti e dei loro protagonisti. Le parole provengono da direzioni diverse, esprimono esigenze contrastanti, ma in qualche modo configurano una narrazione del cambiamento aperto dalla rivoluzione del Febbraio 1917 e costruiscono l’immagine del suo leader. Siamo in una situazione di guerra e di rivoluzione: milioni di persone si mobilitano, si incontrano, si ribellano, combattono e molti muoiono. Gli umori di folle e le dichiarazioni di attori politici di vario peso, che si collocano nel sonoro della rivoluzione, hanno nell’insieme una forza reale che incide sul corso degli avvenimenti anche se i discorsi di ognuno sono in genere irrilevanti. Il leader è però indispensabile: dirige l’orchestra e riceve applausi commossi e entusiasti. I suoi discorsi si impongono su quelli degli altri, indicano una direzione da seguire, sono delle decisioni. Poi i fatti muteranno e la costruzione fantastica nel giro di poco svanirà, la guida osannata si trasformerà allora in un traditore odiato. Nelle pagine di questo libro gli avvenimenti restano sullo sfondo, perché i riflettori sono puntati sul leader.


Ci puoi dire qualcosa sulla figura al centro del libro, Aleksandr Kerenskij, e il suo ruolo durante la rivoluzione?


Kerenskij è avvocato e diventa deputato della Duma nel 1912. E’ di orientamenti socialisti e aderisce al gruppo dei trudoviki. Diventa un uomo politico di primo piano dopo il crollo dello zarismo, quando entra nel Governo provvisorio. Nella sua prima composizione il Governo è dominato da forze liberali e monarchiche, il partito dei Cadetti, che è di questo orientamento, ha la metà dei ministri. Kerenskij nel governo rappresenta invece le tendenze socialiste che nel paese stanno acquistando sempre più forza. Diventa così l’uomo in grado di gestire un equilibrio e una continua negoziazione tra le due istituzioni rilevanti della Russia: il Governo provvisorio e il Soviet di Pietrogrado. Nell’aprile 1917 ottiene l’incarico di ministro della giustizia nel Governo provvisorio, a maggio assume un ruolo più importante, quello di ministro della guerra, e a luglio diventa primo ministro. Nel paese, e soprattutto nella capitale, dal Febbraio si vive in uno stato di continua agitazione: da una parte vi è l’euforia per le speranze di libertà e democrazia e, dall’altra, vi sono i soldati mandati al fronte e le famiglie impoverite. Il nuovo potere si presenta nelle piazze, le bandiere sono rosse e si canta la Marsigliese, ma presto iniziano le agitazioni e le proteste, anzitutto quelle dei soldati. Kolonickij vede nel personaggio Kerenskij uno specchio del paese. I nuovi “cittadini” si uniscono attorno all’immagine del leader, se ne entusiasmano, lo considerano come un salvatore, lo santificano. Il libro ci porta così ad entrare nei panni del leader: non soltanto a sentirlo parlare e scontrarsi con altri, ma anche a scoprire i suoi modi di parlare, di muoversi, di atteggiarsi, di vestirsi. Diventa significativo il suo senso di teatralità nelle occasioni pubbliche. Kerenskij è piccolo, esprime una fragilità che sta anche fuori di lui nell’incombere della grande tragedia della guerra, ma la sua voce è forte e la sua retorica è in grado di convincere e mobilitare tutti. L’attenzione alla rappresentazione fisica di Kerenskij è seguita dall’autore anche nell’apparato iconografico del libro. Guardate le foto! sono una parte importante del testo.


Qual è, nel testo, il rapporto tra l’attenzione alla figura di Kerenskij e la costruzione della sua figura pubblica, e la storia politica della rivoluzione? Come la prima ci permette di capire la seconda?


Kolonickij ci guida seguendo un filo di discorso differente da quello del dettaglio degli avvenimenti politici. Ovviamente però tra gli avvenimenti e le sorti del leader c’è un rapporto stretto. Seguendo Kerenskij passerete attraverso gli avvenimenti dei mesi in cui si gioca il futuro della Russia. La presenza assidua e ovunque di Kerenskij e i suoi discorsi infuocati segnano sempre di più la sua ansia e impotenza di fronte al corso diverso che stanno prendendo gli avvenimenti. La gloria di Kerenskij è legata all’offensiva sul fronte, ma questa si rivela uno sfacelo. La situazione politica nell’estate si radicalizza con un tentativo di colpo di stato conservatore, condotto dal generale Kornilov. Kerenskij tenta di mediare di fronte alla lacerazione del paese e alla radicalizzazione politica, arriva a reintrodurre la pena di morte per arginare l’insubordinazione dei soldati. E’ quanto chiede Kornilov, ma per i soldati e i loro soviet è un tradimento. Le folle che acclamavano Kerenskij lo abbandonano. Il leader perde credibilità e la raffigurazione del salvatore della Russia si trasforma in caricatura. Lo svanire di Kerenskij lascia un vuoto, perché alla sua autorità non vi è alternativa dopo l’estate del 1917. La sua figura copriva il caos che era nel paese e l’assenza della democrazia che avrebbe dovuto nascere con la Costituente. L’emergere nell’autunno della protesta contro il governo e il profilarsi dell’insurrezione stanno fuori del campo di osservazione di questo libro. La rivoluzione oramai non aveva nulla a che fare con le speranze e con il ruolo attivo di Kerenskij.



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Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. 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A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. 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