Il perché del Nobel a Memorial

Da quando è stato etichettato “agente straniero” dalla legge russa nel 2016, le aggressioni, anche da parte di gruppi di nazionalisti coperti dalla polizia, si sono intensificate, fino alla chiusura sia del Centro per i diritti umani di Memorial, sia di Memorial Internazionale, tra il dicembre del 2021 e la primavera di quest’anno.

(di Niccolò Pianciola, storico, professore dell’Università di Padova e membro del consiglio direttivo di Memorial Italia)


12 dicembre 2022 
ore 08:08


A margine della prima “Memorial Lecture”, tenutasi a Bruxelles il 6 dicembre 2022, Memorial Italia ha raccolto i commenti di diversi membri di Memorial sul Premio Nobel vinto.

Martedì scorso a Bruxelles, nell’edificio del Parlamento Europeo, si è tenuta la prima “Memorial Lecture” organizzata dalle associazioni di Memorial nell’Unione Europea, a partire da un’iniziativa di Memorial Italia. La prima lezione è stata tenuta dalla storica Irina Ščerbakova, tra i fondatori di Memorial in Unione Sovietica negli anni Ottanta, in una sala del parlamento gremita da un centinaio di persone, con molte altre che hanno seguito l’evento su internet in diretta streaming. L’evento è stato reso possibile dalla collaborazione tra Memorial e l’europarlamentare Bernard Guetta, vicepresidente della Sottocommissione per i diritti dell’uomo del Parlamento. Guetta, che negli anni ottanta era corrispondente dall’Urss del quotidiano parigino Le Monde, ha ricordato gli straordinari giorni dell’apertura della sfera pubblica sovietica, quando nel novembre 1988 a Mosca ex-internati dei Gulag si incontravano e riconoscevano a vicenda dopo anni, davanti al “muro della memoria” coperto da fotografie e informazioni sulle innumerevoli vittime del terrore di stato sotto Stalin, eretto in una Casa della cultura della città grazie agli attivisti di Memorial (che in quel momento non era ancora un’organizzazione ufficialmente riconosciuta dallo stato sovietico).


All’evento di Bruxelles ha partecipato anche Elena Žemkova, direttrice esecutiva di Memorial, che ha ribadito che la rete dell’associazione, trasferendo nell’Unione Europea molte delle sue attività dopo lo scioglimento forzato dell’associazione in Russia e il sequestro dei suoi locali, continuerà la sua opera di divulgazione storica e di difesa dei diritti umani.


Del resto, la connessione tra Russia e resto d’Europa era presente fin dall’inizio nell’operato di Memorial. L’idea alla base dell’organizzazione della Memorial Lecture in un luogo simbolo dell’unità europea è proprio che il lavoro fatto da Memorial negli ultimi trent’anni è stato fondamentale per la memoria storica non solo della Russia, ma dell’intera Europa. I regimi di matrice stalinista hanno dominato mezza Europa per gran parte della seconda metà del XX secolo. La loro eredità influenza ancora le società e le politiche dei Paesi dell’Unione europea, sia a ovest che a est, anche se in modi diversi. In breve, l’eredità dei regimi comunisti è uno dei fattori più importanti delle memorie divise dell’Europa.


L’annuale Memorial Lecture ospiterà scrittori, studiosi e attivisti di fama e si concentrerà sui temi più rilevanti dell’attività di Memorial: la difesa dei diritti umani, la memoria storica delle dittature e delle violenze di massa, la libertà della ricerca storica. Con il loro stesso nome, le “Memorial Lecture” rendono omaggio al lavoro svolto dagli attivisti, storici, e difensori dei diritti umani di Memorial negli ultimi trent’anni. Questo evento annuale è anche un modo per la più democratica tra le istituzioni dell’Unione Europea di dimostrare ancora una volta il suo sostegno alle società civili post-sovietiche. Allo stesso tempo, l’iniziativa mira a contribuire a colmare le distanze tra le memorie divise tra Europa orientale e occidentale.


Per tutte queste ragioni, è stato importante che la prima conferenza sia stata tenuta da uno dei fondatori di Memorial e che sia stata dedicata alla storia di Memorial stesso. Naturalmente, nessuno poteva prevedere che quest’anno Memorial avrebbe finalmente vinto il Premio Nobel – insieme alla ONG ucraina Centro per le libertà civili, e al dissidente e prigioniero politico bielorusso Ales Bjaljatski – e che questo evento sarebbe stato quasi simultaneo alla cerimonia di Oslo, cui Ščerbakova e Žemkova presenzieranno oggi.


Nella sua lezione, che verrà pubblicata integralmente in traduzione italiana sul sito di Memorial Italia, Irina Ščerbakova ha ripercorso i quasi trentacinque anni di attività di Memorial fin dalla sua fondazione. Ha tratteggiato il ruolo sociale e politico svolto dall’associazione in Russia nel periodo della democratizzazione del sistema sovietico, del suo crollo, e nei turbolenti anni iniziali di vita della Federazione Russa, fino all’involuzione autoritaria sotto Putin. Ha infine fatto un quadro dell’uso della Storia da parte dell’attuale regime, e della sua politica nei confronti della società civile e nella repressione delle libertà di parola, di associazione, di stampa, e di ricerca negli ultimi anni. Da quando Memorial Internazionale è stato etichettato “agente straniero” dalla legge russa nel 2016, le aggressioni, anche da parte di gruppi di nazionalisti coperti dalla polizia, si sono intensificate, fino alla chiusura sia del Centro per i diritti umani di Memorial, sia di Memorial Internazionale, tra il dicembre del 2021 e la primavera di quest’anno.


Irina Ščerbakova si è formata come studiosa di letteratura, specialista di letteratura tedesca e traduttrice. Dagli anni Settanta iniziò a seguire la sua vera passione, lo studio della storia del regime che ancora dominava la società in cui era nata e cresciuta. Alla fine di quel decennio, divenne una ricercatrice clandestina che portava avanti ricerche di storia orale tra gli ex-detenuti del Gulag, un tema che era vietato studiare sotto Brežnev e i suoi successori. Fu poi, alla fine degli anni Ottanta, una delle fondatrici di Memorial, e da allora il suo lavoro di storica e divulgatrice non si è più interrotto. Ščerbakova ha lavorato negli archivi dell’ex KGB e ha insegnato storia orale all’Università statale russa di scienze umane (RGGU) per molti anni. Ha pubblicato numerosi libri sullo stalinismo, sul Gulag e sulla memoria culturale e la politica della memoria in Russia. Nel corso degli anni ha continuato a collaborare con Memorial, in particolare con il concorso per studenti “L’individuo nella storia: Russia, XX secolo”, che si è svolto dal 1999 fino al gennaio di quest’anno e che ha avuto anche progetti paralleli in altri Paesi europei. I suoi libri sono pubblicati in russo e in altre lingue europee, soprattutto in tedesco. Quest’anno, il suo libro di memorie apparso in tedesco nel 2017 è stato tradotto in francese grazie alle edizioni dell’Accademia reale del Belgio e pubblicato con un titolo la cui traduzione italiana è Suoni e colori del tempo: una famiglia nel secolo sovietico. Nel corso degli anni, Ščerbakova ha avuto un ruolo importante nelle relazioni culturali tra Russia e Germania, alle quali ha dedicato buona parte della sua vita, come dimostra il recentissimo Premio Marion Dönhoff, consegnatole dal Cancelliere Olaf Scholz in persona pochi giorni fa ad Amburgo. Irina Ščerbakova ha lasciato la Russia una settimana dopo l’aggressione contro l’Ucraina iniziata il 24 febbraio di quest’anno.


Opinioni dei membri di Memorial sul Premio Nobel vinto


Konstantin Morozov, storico, esperto di storia politica del Novecento


È un premio molto importante che Memorial si meritava da tempo. La solidarietà dimostrata dalla comunità democratica europea ci offre un sostegno reale e ci lascia sperare per il meglio. A stupirmi, in realtà, è che molte persone mi chiedano che cosa faremo con i soldi del premio. Non è quello il punto! Il Nobel è prima di tutto un simbolo, un gesto autentico di sostegno e solidarietà, la miglior luce in mezzo a tante brutture, a questo orrore e a questa tristezza. A questo buio assoluto, direi. Diciamo che il giorno della notizia il morale è tornato alto.



Elena Zhemkova, direttore esecutivo di Memorial internazionale


Penso che la prima cosa da sottolineare, la più importante, sia che questo premio è stato conferito a persone della società civile ucraina, bielorussa e russa. È un segnale molto forte che il Comitato per il Nobel ha voluto dare a noi e al mondo intero: la responsabilità maggiore in questa situazione è proprio della società civile, ed è tutti insieme che si può fare qualcosa. È un grande onore essere tutti e tre lì, dalla stessa parte. Per noi è, ovviamente, molto importante che i 35 anni di lavoro di Memorial siano stati apprezzati. Sebbene la nomina sia per la sezione di Memorial che si occupa dei diritti umani, è chiaro che, in realtà, a ricevere il Nobel è tutta Memorial, tutti i suoi attivisti che, nei diversi paesi, lavorano sodo, mostrando la propria solidarietà sia all’Ucraina, sia a coloro che sono rimaste in Russia o che sono stati costretti a lasciare il paese. Questo riconoscimento è un grande onore e un dono importante, per noi.


Irina Ščerbakova, storica, membro del direttivo di Memorial Internazionale


Per dire qualcosa di fuori dal seminato, vorrei condividere con voi le mie primissime reazioni alla notizia. La prima è stata di spavento. Stavo parlando al telefono (o forse era Zoom?) in quella che doveva essere una semplice intervista, quando di colpo si è accesa la notizia, sul video: Memorial ha vinto il premio Nobel. In che senso? mi sono detta. Davvero non riuscivo a crederci! Poi il telefono ha iniziato a squillare all’impazzata e tutto si è tradotto in una sensazione strana, pesante, in una sorta di Danse Macabre alla russa, fra Nobel, prigioni e processi in corso o a venire. Il Nobel è ovviamente un traguardo ma, dal mio punto di vista, dal retrogusto amaro. E amaro sarebbe stato anche se ci fosse stato attribuito due anni fa. E vorrei aggiungere un’ulteriore considerazione. Gli aspetti pratici da considerare, sarò schietta, sono molteplici. È molto difficile capire chiaramente cosa creare e come, qui, perché non è chiaro cosa e come fare in questo momento in Europa. In Russia sapevamo bene a quale pubblico ci stavamo rivolgendo, qui ancora non del tutto. Il Nobel, tuttavia, è ovviamente un grande sostegno: non dovremo più spiegare cos’è Memorial, è questo a mio avviso è importantissimo.


Stefania Kulaeva, ADC Memorial, Belgio


Secondo me, il conferimento del Nobel a Memorial da un lato ne riconosce i meriti e premia un’attività meritoria portata avanti da anni, anzi da decenni; dall’altro è una sorta di sfida, è un riconoscimento di un tale livello che bisognerà dimostrarsene all’altezza. In altri termini tutti noi di Memorial, ovunque ci troviamo, a qualunque delle sue sezioni apparteniamo, dovremo sempre tenere presente che Memorial, nel suo complesso e in tutte le sue incarnazioni, è stato ritenuto degno di questo premio. È dunque a questo standard altissimo che dovremo adeguarci anche nella nostra attività quotidiana.


Irina Galkova, storica, direttrice del museo di Memorial Internazionale


Onestamente, questo premio rappresenta una grande responsabilità. È questa, secondo me, la cosa più importante. Quanto al resto, certamente, sullo sfondo di pessime notizie, questa del Nobel è stata di grande sostegno. Ricevere un premio per la pace, con la guerra sullo sfondo, ti toglie il diritto morale di accettarlo come qualcosa di dovuto. È in primis una grande, grandissima responsabilità, che non può che crescere dato quello che sta succedendo, dato che la guerra continua.  Un piccolo aneddoto. In una recente visita a Jurij Dmitriev, in carcere, il suo avvocato gli ha detto che era la prima volta che parlava con un Premio Nobel, e lì per lì Dmitriev non si capacitava della notizia…


Natasha Kolyagina, Memorial Internazionale


Credo che per Memorial il premio Nobel rappresenti una grande responsabilità, una sfida. In questo momento, infatti, i russi stanno affrontando questioni sociali importanti, dalle quali dipenderà la loro stessa esistenza, che abbiano lasciato il paese o siano invece rimasti. Lo stesso vale per storici e storiche intente a documentare questa catastrofe che è la guerra. Ricevere il Nobel adesso significa avere i riflettori puntati addosso: è un po’ come se dovessimo avere risposte pronte, anche quando non ne abbiamo. È una situazione complessa, di grande responsabilità, ma anche piacevole, nonostante rallenti molto il nostro lavoro. Di colpo, ci siamo trovati ad affrontare questioni diverse da quelle di cui ci occupiamo di solito. Memorial si è sempre dedicata alla conservazione della memoria storica e all’analisi delle repressioni sotto Stalin, mentre adesso è necessario rispondere a domande che vengono poste dagli eventi attuali e ci costringono a tenere conto tanto del contesto odierno quanto di quello storico. È una posizione delicata, ma ne siamo onorati e spero sapremo esserne all’altezza. Certo, non avrei mai voluto che la guerra scoppiasse e preferirei che fossimo a Mosca, lontani dalla ribalta. Forse così non avremmo suscitato tutto questo interesse e avremmo potuto continuare il nostro solito lavoro, nei nostri uffici, senza interventi al Parlamento europeo, senza l’attenzione della stampa di tutto il mondo. Purtroppo, però, la situazione è questa e non credo sia un caso che Memorial sia stata insignita del Nobel proprio quest’anno. Concludendo, ritengo sia una sfida immensa e mi auguro che insieme, anche con le colleghe e i colleghi italiani, avremo la forza, il coraggio e l’onestà per affrontarla. 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

“Perché piange, Ninočka?”. Una storia sovietica.

Pur essendo l’amante di Lavrentij Berija, Nina Gnevkovskaja venne incarcerata. Eppure il peggio iniziò quando fu rilasciata. Presentiamo la traduzione in italiano dell’articolo Что вы плачете, Ниночка?, pubblicato da Cholod, piattaforma on line indipendente russa, e dedicato alla figura di Nina Gnevkovskaja.

Leggi

Torino, 16 maggio 2025. Memorial Italia al Salone internazionale del libro. “La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956” di Anna Szyszko-Grzywacz.

In occasione del Salone internazionale del libro di Torino venerdì 16 maggio alle 18:00 presso l’Auditorium Polo del ‘900 (via del Carmine 14) Memorial Italia in collaborazione con Comunità polacca di Torino, Consolato generale di Polonia in Milano, Consolato di Polonia in Torino, Fondazione di studi storici Gaetano Salvemini, Università di Torino, Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università di Torino presenta il volume La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz, ultima pubblicazione della collana Narrare la memoria curata da Memorial Italia per Edizioni Guerini. La presentazione prevede i saluti istituzionali di Ulrico Leiss de Leimburg, console onorario di Polonia in Torino, e Caterina Simiand, direttrice della Fondazione Salvemini, l’introduzione di Victoria Musiolek-Romano della Fondazione Salvemini e gli interventi di Krystyna Jaworska dell’università di Torino, Luca Bernardini dell’università di Milano e curatore del volume, e Barbara Grzywacz, figlia dell’autrice. Per maggiori informazioni: Presentazione e lettura del volume “La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956” di Anna Szyszko-Grzywacz | Salone Internazionale del Libro di Torino. Una testimonianza al femminile sull’universo del Gulag e sugli orrori del totalitarismo sovietico. Arrestata nel 1945 a ventidue anni per la sua attività nell’AK (Armia Krajowa), l’organizzazione militare clandestina polacca, Anna Szyszko-Grzywacz viene internata nel lager di Vorkuta, nell’Estremo Nord della Siberia, dove trascorre undici anni. Nella ricostruzione dell’esperienza concentrazionaria, attraverso una descrizione vivida ed empatica delle dinamiche interpersonali tra le recluse e della drammatica quotidianità da loro vissuta, narra con semplicità e immediatezza la realtà estrema e disumanizzante del Gulag. Una realtà dove dominano brutalità e sopraffazione e dove la sopravvivenza per le donne, esposte di continuo alla minaccia della violenza maschile, è particolarmente difficile. Nell’orrore quotidiano raccontato da Anna Szyszko-Grzywacz trovano però spazio anche storie di amicizia e solidarietà femminile, istanti di spensieratezza ed emozioni condivise in una narrazione in cui alla paura e alla dolorosa consapevolezza della detenzione si alternano le aspettative e gli slanci di una giovane donna che non rinuncia a sperare, malgrado tutto, nel futuro. Anna Szyszko-Grzywacz nasce il 10 marzo 1923 nella parte orientale della Polonia, nella regione di Vilna (Vilnius). Entra nella resistenza nel settembre 1939 come staffetta di collegamento. Nel giugno 1941 subisce il primo arresto da parte dell’NKVD e viene rinchiusa nella prigione di Stara Wilejka. Nel luglio 1944 prende parte all’operazione “Burza” a Vilna come infermiera da campo. Dopo la presa di Vilna da parte dei sovietici i membri dell’AK, che rifiutano di arruolarsi nell’Armata Rossa, vengono arrestati e internati a Kaluga. Rilasciata, Anna Szyszko cambia identità, diventando Anna Norska, e si unisce a un’unità partigiana della foresta come tiratrice a cavallo in un gruppo di ricognizione. Arrestata dai servizi segreti sovietici nel febbraio 1945, viene reclusa dapprima a Vilna nel carcere di Łukiszki, e poi a Mosca alla Lubjanka e a Butyrka. In seguito alla condanna del tribunale militare a venti anni di lavori forzati, trascorre undici anni nei lager di Vorkuta. Fa ritorno in patria il 24 novembre 1956 e nel 1957 sposa Bernard Grzywacz, come lei membro della Resistenza polacca ed ex internato a Vorkuta, con cui aveva intrattenuto per anni all’interno del lager una corrispondenza clandestina. Muore a Varsavia il 2 agosto 2023, all’età di cento anni.

Leggi

Forlì, 16 maggio 2025. La russofonia in divenire: identità, cultura, storia attraverso la lente di Kyiv.

Venerdì 16 maggio dalle 13:00 alle 15:00 si svolge a Forlì presso il campus dell’università di Bologna (aula 1.4, padiglione Morgagni, via Della Torre 5) il seminario La russofonia in divenire: identità, cultura, storia attraverso la lente di Kyiv. Intervengono i nostri Elena Kostioukovitch, Marco Puleri e Sara Polidoro. La lingua e la cultura russa sono tra le principali protagoniste (e vittime) della drammatica guerra che ha avuto inizio in Ucraina nel 2014. La difesa della lingua e della cultura russa rivendicata dalle autorità russe, il genocidio dei russofoni nel Donbas denunciato dai gruppi separatisti nell’Ucraina orientale, l’identificazione della lingua e della cultura russa quale lingua del nemico a difesa dell’integrità territoriale ucraina: narrazioni, queste, strumentalizzate nel discorso politico per inquadrare il ruolo e lo status delle prassi culturali in una vera e propria narrazione bellica. Marco Puleri (Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali) e Sara Polidoro (Dipartimento di Interpretazione e Traduzione) discuteranno delle diverse sfaccettature della lingua e cultura russa in Ucraina con Elena Kostioukovitch, scrittrice ucraina di lingua russa, saggista e traduttrice residente in Italia, nota in particolare per avere tradotto le principali opere di Umberto Eco in russo e creato un ponte tra le culture italiana e russa. Nel suo libro Kyiv. Una fortezza sopra l’abisso (2025) Kostioukovitch ripercorre la storia moderna dell’Ucraina attraverso la lente della storia della sua famiglia e della sua città natale, Kyiv. Nel corso del dibattito si parlerà di come si sono sviluppate storicamente la lingua e la cultura russe in Ucraina, di cosa significa oggi parlare e praticare il russo nella vita quotidiana e dell’atteggiamento degli ucraini nei confronti dell’eredità della lingua e della cultura russa durante la guerra. L’evento si tiene in italiano con interpretazione simultanea in inglese. Per maggiori informazioni: Russophonia in-the-making: Identity, Culture, History through the lenses of Kyiv — East european and eurasian studies – Laurea Magistrale – Forlì.

Leggi