“Guardiamo in faccia la catastrofe: il nostro mondo ci sta sfuggendo di mano”

Non è vero che gli abitanti dell’Europa occidentale sono indifferenti; è vero che non capiscono le proporzioni del terrore in Belarus’ e della guerra in Ucraina. Hanno bisogno di essere presi per mano e guidati in mezzo agli eventi.

(di Dima Strocev, poeta bielorusso; traduzione di Giulia De Florio )


06 marzo 2023 
alle 07:48


Dima Strocev è una delle voci più note della poesia bielorussa contemporanea in lingua russa. Dagli anni Novanta pubblica raccolte in volume e poesie su riviste. I suoi “reportage poetici” sono tradotti in oltre dieci lingue. Nel 2021 in Italia, per la casa editrice Valigie Rosse, è uscita la sua raccolta Terra Sorella, Premio Ciampi/Valigie Rosse 2020. Il 21 ottobre 2020 Strocev è stato catturato dalle forze dell’ordine e condannato a 10 giorni di reclusione nelle prigioni di Akres’cina e Žodzina per aver partecipato alle manifestazioni che hanno incendiato per mesi la Belarus’ a seguito dei brogli elettorali di agosto 2020. Attualmente non vive in Belarus’. Il testo che qui presentiamo è stato tradotto da Giulia De Florio. “Sono convinto che se i bielorussi avessero ricevuto adeguato sostegno nel 2020, dalla Belarus’ non sarebbe partita l’aggressione su Kyiv nel 2022. Oggi la società civile del mio paese è distrutta. Centinaia di organizzazioni governative e non sono state vietate, chiuse o dichiarate estremiste: sindacati, media, case editrici, circoli. Tutto quello che il regime non può controllare direttamente. Decine di migliaia di cittadini hanno subìto fermi e reclusioni. Ogni giorno si susseguono arresti e processi farsa, circa 1.500 prigionieri politici sono attualmente rinchiusi in carcere. Io, come migliaia di connazionali, ho dovuto lasciare il paese per sfuggire alla persecuzione da parte delle autorità”.


Dmitrij Strocev durante un'esibizione.
Dmitri Strocev durante un’esibizione nel 2016
(foto di Malkin Serge, CC 4.0, https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/)


Lo shock che molti hanno subito il 24 febbraio 2022, io l’avevo provato per la prima volta l’8 agosto 2008. All’epoca le truppe della Federazione russa erano entrate in Georgia. Sopra un monastero nel paesino di Nikozi, dove avevo soggiornato due settimane prima dell’invasione, e che si trova a 800 metri da Tskhinvali, la capitale dell’Ossezia del sud dalla parte georgiana, erano state sganciate 40 bombe aeree. Decine di villaggi georgiani vennero distrutti, le case degli abitanti bruciate o spianate dai bulldozer. Gruppi di sciacalli armati giravano per le strade, picchiavano a morte gli anziani rimasti in casa, caricavano sulle macchine la loro roba e la portavano via (proprio come a Buča e Irpin’ nel 2022). Le truppe russe poi lasciarono la Georgia, ma dopo che i confini erano stati spostati di decine di chilometri: intere aree georgiane, come Akhalgori, erano state occupate.


Alla vigilia del 24 febbraio molti dubitavano che la Federazione Russa potesse spingersi fino a invadere militarmente il territorio di uno stato indipendente. Dubbi simili, purtroppo, non mi hanno mai sfiorato. Avevo bene in mente che poco prima dell’aggressione in Georgia 2000 carri armati si erano ammassati in Ossezia del Nord, mentre i territori georgiani precedentemente occupati si riempivano di truppe e mezzi militari. Esattamente come in Ucraina nel 2022 queste manovre avvenivano alla luce del sole, anzi, in modo plateale.

È mia convinzione che dalla metà degli anni 2000 il governo della Federazione Russa stia portando avanti un ambizioso progetto geopolitico di ricostruzione di un impero che abbia i confini dell’ex Unione Sovietica. Già nel 2006 Putin in un intervento parlò del ruolo senza pari di Stalin, unificatore delle terre russe. All’epoca sembrò fuori luogo, oggi le autorità russe inaugurano in ogni dove monumenti al Generalissimo e ad altri comandanti sovietici. Si discute la possibilità di ritornare al vecchio nome di Volgograd: Stalingrado.


2008: aggressione in Georgia. 2014: annessione della Crimea ucraina e occupazione dei territori occidentali dell’Ucraina. 2020: repressione della società civile in Belarus’ e trasformazione del Paese in una piazza d’armi per l’attacco a Kyiv dal confine bielorusso. 2022: invasione su larga scala dell’Ucraina.


Qual è la vera sorpresa del 2022? L’imprevedibile volontà degli ucraini di difendere il proprio Paese.”

La comunità mondiale era pronta a riconoscere la sconfitta dell’Ucraina (Kyiv sarebbe caduta in tre giorni) e ad accettare la conquista della Federazione russa e la sua espansione territoriale. Ci sarebbero state limitate sanzioni nei confronti della Russia, ma si sarebbero mantenuti i contatti diplomatici e commerciali con il Paese aggressore. Il North Stream avrebbe continuato a funzionare, l’Europa si sarebbe rifornita di tutto il gas russo necessario. Bisogna pensare all’inverno, dopotutto.


Dalla fine degli anni Duemila ho ripreso molti contatti con l’Ucraina. Per circa dieci anni ho partecipato alle attività dell’Istituto di Teologia di Kyiv che si svolgevano ogni estate a Lišnja, a 40 chilometri a ovest di Kyiv (non lontano da Makarov e Borodnjaki). Nuove amicizie sono nate a Charkiv, Kyiv, Odessa, Cherson e Leopoli. Ho viaggiato a Slov’’jans’k e Svjatohirs’k quando erano già state occupate. Agli incontri dell’Istituto prestavamo grande attenzione al tema della guerra scatenata dalla Federazione Russa in Ucraina nel 2014. Vedevo gli intellettuali ucraini prendere posizione, vedevo crescere la volontà della società civile ucraina di opporsi all’aggressione, vedevo le persone costruire rapporti orizzontali ed essere pronte ad assumersi la responsabilità del proprio Paese.


Tutto questo si è messo in moto con una forza impressionante il 24 febbraio. L’esercito ucraino aveva già otto anni di esperienza di guerra, ma gli armamenti erano imparagonabili a quelli del paese aggressore. A Kyiv, in tutta l’Ucraina, in pochissimo tempo c’è stata una impressionante mobilitazione volontaria di tutta la società. Gli ucraini si sono convertiti al contesto bellico, stravolgendo la propria esistenza per supportare l’esercito e organizzare truppe di difesa del territorio, per aiutare la popolazione civile e difendere le proprie città. Fin dai primi giorni dell’invasione ero in una chat su Telegram creata dagli ucraini, e leggevo di persone benestanti e uomini d’affari che convertivano le proprie attività, trasformavano i magazzini in centri di raccolta di aiuti umanitari e per l’esercito. Gli amici ucraini dicevano di aver scommesso già da un pezzo sulla solidarietà orizzontale, non fidandosi del potere corrotto e burocratizzato.


Kyiv non è caduta né in tre giorni né mai. Le truppe dell’aggressore sono state respinte ben lontano dalla capitale e da Charkiv, dopo è stata liberata anche Cherson. È stata la sola volontà degli ucraini di difendere il proprio Paese a far cambiare idea ai leader dei paesi occidentali, a demolire l’impalcatura di compromessi con la Federazione russa e a costringerli ad agire.


Nel 2020, da agosto a dicembre, per oltre quattro mesi i bielorussi sono scesi in piazza per protestare in massa in tutto il Paese. Si organizzavano marce che radunavano centinaia di migliaia di persone a Minsk e decine di migliaia in altre città, si tenevano manifestazioni spontanee nei cortili, tra gli inquilini del quartiere. Erano gesti di disubbidienza, la risposta ai brogli elettorali delle elezioni del 9 agosto 2020, alla violenza inaudita – con tanto di pestaggi e uccisioni – da parte delle forze dell’ordine comandate da un potere illegittimo.


All’epoca mi trovavo anch’io a Minsk e partecipavo alle proteste. Il 21 ottobre sono stato catturato dai servizi speciali nel cortile di un condominio privato e trascinato con un sacchetto in testa nella sede centrale del KGB bielorusso. Mi hanno condannato a 13 giorni di detenzione che ho scontato nelle prigioni di Akrescyna e Žodzina.


Avendo preso parte in prima persona alla sollevazione popolare della Belarus’ ho potuto osservare la dinamica emotiva delle persone in mezzo alle quali mi trovavo.”


Bisogna sottolineare, prima di tutto, che nel 2020 la maggioranza dei bielorussi ha fatto una scelta europea, in favore di un futuro democratico per il proprio Paese. Hanno perso ogni fiducia in Lukašėnka. Molti, peraltro, speravano che il governo russo avrebbe smesso di appoggiare il dittatore bielorusso e avrebbe preso le parti della società civile della Belarus’ che aveva mostrato chiaramente da che parte stava.


Dopo l’invasione dell’esercito russo in Ucraina il 24 febbraio 2022 divenne chiaro che quelle speranze erano infondate. Già nel 2020 la leadership russa aveva stabilito che ruolo avesse la Belarus’ nel suo progetto geopolitico. Si stava pianificando un attacco in Ucraina a partire dal territorio del mio paese. Per fare ciò il potere bielorusso doveva essere completamente sottomesso a quello russo e la società civile bielorussa annientata in quanto d’intralcio alla realizzazione dei piani militari.


Per questa ragione a soffocare le proteste bielorusse, oltre alle formazioni militari locali, sono intervenuti reparti di forze russe (tutti gli agenti erano privi di segni di riconoscimento), inclusi quelli ceceni.


Il mondo intero ha seguito gli eventi bielorussi del 2020, la copertura mediatica è stata ampia. Molte persone in Europa e nel mondo hanno sentito parlare per la prima volta della Belarus’, ne hanno scoperto l’esistenza e la diversità rispetto alla Federazione russa. I bielorussi però non hanno ricevuto tutto l’aiuto necessario. Le sanzioni al regime di Lukašėnka sono state imposte in dosi “omeopatiche”, l’Ucraina e i paesi europei avevano mantenuto i contatti commerciali con il potere illegittimo della Belarus’. La comunità internazionale tollerava lo stato di cose nel mio Paese.


Sono convinto che se i bielorussi avessero ricevuto adeguato sostegno nel 2020, dalla Belarus’ non sarebbe partita l’aggressione su Kyiv nel 2022.”


Oggi la società civile del mio paese è distrutta. Centinaia di organizzazioni governative e non sono state vietate, chiuse o dichiarate estremiste: sindacati, media, case editrici, circoli. Tutto quello che il regime non può controllare direttamente. Decine di migliaia di cittadini hanno subìto fermi e reclusioni. Ogni giorno si susseguono arresti e processi farsa, circa 1.500 prigionieri politici sono attualmente rinchiusi in carcere. Io, come migliaia di connazionali, ho dovuto lasciare il paese per sfuggire alla persecuzione da parte delle autorità.


Il 4 marzo 2022 sono andato via, in Lettonia, passando dalla Russia. A Riga ho visto l’incredibile solidarietà degli europei nei confronti degli ucraini: gente comune si era messa subito all’opera – raccogliendo aiuti umanitari, accogliendo i profughi ucraini – e molto prima che i vertici europei prendessero decisioni in merito al sostegno all’Ucraina. E devo dire che i migranti bielorussi, quelli che dopo il 2020 erano stati costretti ad abbandonare il paese, sono stati tra i primi ad aspettare gli ucraini nei punti di accoglienza, nelle stazioni europee. L’esperienza di migrazione vissuta sulla propria pelle aveva permesso di capire i bisogni degli altri.


Oggi una cinquantina di paesi si sono coalizzati per sostenere l’Ucraina nella lotta contro l’aggressore russo. Le discussioni sulla necessità di fornire gli armamenti all’Ucraina si sono spente. Ai militari ucraini si insegna il funzionamento e l’utilizzo della migliore tecnologia bellica. Non c’è più alcun dubbio che la Federazione russa non avrà la meglio sull’Ucraina. Si va rafforzando la convinzione che l’Ucraina vincerà e si riprenderà i suoi territori. Eppure, per quanto l’umore sia ottimista, non riesco a togliermi dalla testa un’amara constatazione: quel folle di Putin ha comunque raggiunto il suo scopo. Sfruttando la frammentazione e l’incoerenza della comunità mondiale e la reazione inadeguata dell’Europa e del mondo di fronte alle azioni aggressive della Federazione russa, a partire dall’attacco in Georgia del 2008, il governo russo ha sconvolto nel corso di quindici anni la propria società, ha convinta i russi che sono unici e inimitabili e possono fare quello che vogliono. Putin è riuscito ad arcaicizzare la coscienza sociale, a far esaltare milioni di persone per la guerra, rendendola il momento culminante di tutta la vita della società russa. A condividere quest’euforia oggi sono tanto i russi comuni quanto i rappresentanti delle élite nazionali, gli studiosi e le figure di spicco della cultura.


Secondo il filosofo americano di origine francese René Girard, le guerre del XXI secolo non hanno obiettivi politici, la loro spinta propulsiva è lo scontro in sé e per sé. Le autorità russe gettano legna umana nel fuoco della guerra ucraina e costringono l’Ucraina e la comunità mondiale a rispondere allo stesso modo.


Da quando ho lasciato la Belarus’ sono sempre in viaggio. Ho letto poesie e parlato di Belarus’ e Ucraina in oltre dieci paesi europei. Durante questo girovagare la mia opinione sugli europei è completamente cambiata. Se prima pensavo che più le persone si trovano lontane dalla guerra più restano indifferenti alla catastrofe che sta avvenendo in Europa orientale, ora ho cambiato idea. Non è vero che gli abitanti dell’Europa occidentale sono indifferenti; è vero, invece, che non capiscono le proporzioni del terrore in Belarus’ e della guerra in Ucraina. Hanno bisogno di essere presi per mano e guidati in mezzo agli eventi.


È impossibile tradurre in parole un’esperienza apocalittica, men che meno si augura a qualcuno di doverla vivere, un’esperienza del genere.


Ma oggi è essenziale guardare in faccia la catastrofe. Il nostro mondo ci sta sfuggendo di mano. Stringiamoci insieme e agiamo.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

18 luglio 2025. Stop alla propaganda russa in EU: appelli alle istituzioni.

Stop alla propaganda russa in EU: premi Nobel, artisti e cittadini scrivono a Ursula von der Leyen, Memorial Italia chiede ai presidenti di Camera e Senato di istituire una commissione speciale. Oggi, 18 luglio 2025, Memorial Italia ha consegnato due lettere per chiedere alle istituzioni europee e italiane di adoperarsi per interrompere il dilagare della propaganda russa in Europa. La prima lettera, indirizzata a Ursula von der Leyen e a Vincenzo De Luca, chiede non solo la cancellazione del concerto del 27 luglio a Caserta diretto da Valery Gergiev, ma anche l’istituzione di un’inchiesta sull’utilizzo di fondi pubblici per eventi legati alla propaganda russa nel territorio dell’Unione Europea e la promozione di un fondo culturale dedicato agli artisti che si oppongono al regime putiniano. La petizione è stata sottoscritta da più di 700 persone in poco meno di un giorno: tra i firmatari illustri figurano Oleksandra Matviichuk (direttrice del Centro per le Libertà Civili di Kiev, Premio Nobel per la pace 2022), Oleg Orlov, Svetlana Gannushkina e Irina Scerbakova di Memorial (Premio Nobel per la pace 2022), gli scrittori Herta Müller (Premio Nobel per la letteratura 2009), Jonathan Littell (Prix Goncourt 2006) e Mikhail Shishkin (Russian Booker Prize 2000), il coreografo Alexei Ratmansky (New York City Ballet, Dutch National Ballet), la storica Anna Foa (Premio Strega saggistica 2025), i direttori d’orchestra Michail Agrest e Nazar Kozhukhar, il regista d’opera Eugene Lavrenchuk, i violinisti Misha Nodelman e Michel Gershwin, la vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, i deputati Lia Quartapelle, Benedetto Della Vedova e Federica Onori, gli scienziati Eugene Koonin e Igor Aizenberg, la regista Helga Landauer, il collezionista d’arte Marat Gelman, gli studiosi Mikhail Epstein, Nicolas Werth, Andrea Graziosi, Lara Lempert e Gian Piero Piretto, il biologo Eugene Koonin e il matematico e informatico Igor Aizenberg. Numerose anche le firme delle associazioni dedicate alla difesa dei diritti umani: Ivar Dale (Norwegian Helsinki Committee), Eleonora Mongelli (Federazione Italiana Diritti Umani), Leonid Sudalenko (Vjasna, Belarus, l’associazione del Premio Nobel per la pace 2022 Ales’ Bialiatski, ora in carcere in Belarus). Tra i tanti firmatari ucraini, anche il pittore Matvii Vaisberg, l’attivista per i diritti umani Evgenij Zacharov e Mikhailo Savva del gruppo per i diritti umani Sova. To the President of the European Commission Mrs. Ursula von der LeyenTo the President of Campania Mr. Vincenzo De LucaOpen Letter to contrast Valery Gergiev’s performance in Caserta We, the undersigned, write to express our deepest concern over the scheduled performance of Valery Gergiev — a public and official supporter of Vladimir Putin — at the Un’estate da Re festival in Caserta, Italy, on the 27th of July 2025.This concert, subsidized by public funds, marks Gergiev’s symbolic return to Europe’s cultural arena. It is not a neutral act. It is a political gesture — one that risks legitimizing the regime he represents and the violence it continues to unleash.Our request has nothing censorious in itself. We are not asking to silence art, but to remove visibility from a figure who is openly conniving and complicit with a political line that Europe, on the other hand, abhors and contrasts.Gergiev has consistently aligned himself with the Kremlin. He is not only an artist — he is a visible agent of cultural propaganda for a regime internationally accused of war crimes.After the invasion of Ukraine in 2022, major cultural institutions across Europe and North America have severed ties with him. His removal from the Munich Philharmonic, the Rotterdam Philharmonic Orchestra and other leading stages was not censorship — it was a moral stand against war propaganda cloaked in cultural prestige. Because of Gergiev’s stance on Mr. Putin and his politics, personal sanctions against him were recently adopted by Canada.This return on a prestigious stage in the heart of Europe, thanks to the support of public institutions, signals a dangerous shift. It normalizes an effective weapon in hybrid war: cultural propaganda. As widely documented, the Russian regime makes extensive use of such events internally to justify its aggression against Ukraine and its war against Western values. On the other hand, such events have a detrimental effect on the European Union, as they discredit the same countries and institutions that have been engaged for years in a longstanding fight against the threat posed by the Russian regime on European values, culture, and security.Art is never apolitical in times of war. Cultural spaces are not neutral zones; they shape public memory, values, and legitimacy. Hosting Gergiev while war crimes continue — while Ukrainian cities are bombed and civilians are killed and deported — turns theaters into platforms for whitewashing brutality. For all of the above reasons, we call for: • The cancellation of the 27th of July 2025 event in Caserta. • A transparent investigation by the European Commission into the use of public funds, including EU funding, for cultural events featuring Valery Gergiev or other active supporters of the Russian regime. • The launch of initiatives by the European Commission aimed at promoting a culture of peace through art, as a response to the use of culture as a propaganda tool by the Russian regime. La seconda lettera è stata consegnata ai presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. Memorial Italia, a fronte delle ormai numerose occasioni in cui la propaganda russa ha avuto la possibilità di trovare spazio in Italia (oltre al caso Gergiev, si nominano le proiezioni dei documentari prodotti da Russia Today, sottoposta a sanzioni UE e altri casi), richiede la creazione di un apposito organismo di controllo parlamentare per contrastare il dilagare della propaganda russa in Italia, anche alla luce dell’uso strumentale che il regime putiniano fa della propaganda sul fronte interno. Alla c.a. del Presidente del Senato della Repubblica On. Ignazio La Russa e del Presidente della Camera dei Deputati On. Lorenzo FontanaMisure urgenti contro la propaganda russa e la guerra ibrida del Cremlino in relazione all’aggressione dell’Ucraina Egregi Presidenti,la nostra associazione, Memorial Italia, è espressione nel nostro paese della ONG russa Memorial, impegnata dai

Leggi

15 luglio 2025. Sedici anni dalla morte di Natal’ja Estemirova.

Il 15 luglio 2009 è stata uccisa Natal’ja Estemirova, attivista per i diritti umani e giornalista. Le circostanze della sua morte non sono ancora state chiarite. Estemirova era direttrice della sezione cecena del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, si è occupata di crimini di guerra, torture e rapimenti di civili durante la Seconda guerra cecena. Per celebrare la memoria della nostra collega Natal’ja Estemirova, MOST Summer School di Memorial Italia (2-6 settembre 2025) sarà ospite di Alloro Fest, festival organizzato dal Giardino dei Giusti di Palermo. Il Giardino dei Giusti di Palermo è stato inaugurato il 25 febbraio 2008 in via Alloro, nel centro storico della città e nei pressi del vecchio quartiere ebraico della Moschita. Grazie alla collaborazione con Gariwo il 4 settembre verrà posata nel Giardino una maiolica in ricordo dell’impegno di Natal’ja per i diritti umani, la libertà di informazione e la memoria degli oppressi. La cerimonia avrà luogo alle 17:00 alla presenza delle autorità cittadine e di tutta la cittadinanza. Natal’ja Estemirova nasce il 28 febbraio 1958 nella città di Kamyšlov nella regione di Sverdlovsk in una famiglia di origine ceceno-russa. Si laurea in storia all’università di Groznyj e lavora come insegnante. Dopo la Prima guerra cecena si occupa di giornalismo, difesa dei diritti umani, assistenza agli ex prigionieri dei “centri di filtraggio” in Cecenia. Nell’autunno del 1999 Estemirova inizia a collaborare con il Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, lavora nella sede del Centro Memorial aperta a Groznyj, indaga su rapimenti e uccisioni di civili in Cecenia. Nel 2001 si avvicina alla giornalista Anna Politkovskaja e all’avvocato Stanislav Markelov. Dopo l’assassinio di Anna Politkovskaja inizia a scrivere per Novaja gazeta sotto pseudonimo. Estemirova documenta i crimini di guerra commessi dalle forze armate della Federazione Russa in Cecenia, i “rastrellamenti”, le esecuzioni sommarie di civili e gli attacchi indiscriminati sui centri abitati. Grazie al suo lavoro il mondo può vedere le immagini della cittadina di Novye Aldy, nei pressi di Groznyj, distrutta dalle forze armate della Federazione Russa, e può ascoltare le testimonianze degli abitanti. Il 5 febbraio 2000 le forze armate della Federazione Russa uccidono almeno 56 persone (secondo le informazioni del Centro Memorial) nel corso di un “rastrellamento” a Novye Aldy: anziani, donne e bambini. Tra le vittime non c’è nessun combattente. Si tratta di uno degli episodi più sanguinosi della Seconda guerra cecena. A venticinque anni dalla tragedia i colpevoli non sono ancora stati trovati né sono state individuate le responsabilità. Nel 2009 Estemirova torna a Novye Aldy per parlare con gli abitanti. Nell’occasione viene girato Aldy. Bez sroka davnosti (Aldy. Non c’è prescrizione), documentario del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, che uscirà dopo la morte di Natal’ja. Grazie alle inchieste di Estemirova si apprende anche del bombardamento sul paese di Rigach, avvenuto l’8 aprile 2004, nel corso del quale muoiono una donna e i suoi cinque bambini. Le forze armate della Federazione Russa negano i fatti. Estemirova fotografa le conseguenze del bombardamento, le case distrutte, i frammenti della bomba con la marcatura. Di propria iniziativa gli abitanti aprono la tomba per permetterle di fotografare e riprendere i cadaveri. Si apre un procedimento penale, ma il processo non viene istituito. Estemirova fa parte della Commissione di ispezione carceraria, per un mese presiede il Consiglio pubblico di Groznyj, ma il presidente ceceno Ramzan Kadyrov la “dispensa” dall’incarico. Due volte, dopo avere avuto una “conversazione” con il presidente ceceno che la minaccia personalmente, Natal’ja lascia per alcuni mesi la Russia, ma poi fa ritorno in Cecenia. La mattina del 15 luglio 2009 ignoti rapiscono Natal’ja Estemirova nei pressi della sua abitazione a Groznyj. Lo stesso giorno il suo cadavere viene ritrovato intorno alle tre di pomeriggio in Inguscezia, nella località di Gazi-Jurt. Il corpo di Natal’ja riporta ferite da arma da fuoco al torace e alla testa. Il funerale di Natal’ja Estemirova si tiene a Groznyj il giorno successivo. Partecipano centinaia di persone. I mandanti, gli organizzatori e gli esecutori dell’omicidio non sono ancora stati individuati. La versione ufficiale dell’istruttoria, grossolanamente prefabbricata, parla di “vendetta dei combattenti”. Natal’ja Estemirova sul ruolo dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani in situazioni di guerra: “Capisci che la forza è impari: la forza sta dalla parte dei cannoni e un giornalista ha solo l’arma della parola. E vedi che le persone hanno priorità differenti. I giornali e le persone istruite dicono che stiamo con i separatisti, con i combattenti, ma per gli abitanti dei villaggi di montagna la cosa importante è non essere ammazzati. Lo devo dire, sono una pacifista assoluta, sono contro la guerra in ogni forma, senza alcuna riserva. Sono contro l’avere un’arma in casa: di sicuro sparerà e di certo non salverà nessuno. Da noi il pacifismo non è popolare. E non lo è nemmeno la difesa dei diritti umani. Ma questo non significa che la situazione sia disperata. Lo ripeto, più di una volta nella mia esperienza ho visto che proprio la parola è stata più che efficace, soprattutto quando si sono unite le voci di giornalisti di provenienza diversa, di paesi diversi”.  

Leggi

8 luglio 2025. Perquisizioni e arresti per Revol’t Centr a Syktyvkar.

Ultimo aggiornamento al 10 luglio 2025. Come riferisce la testata indipendente 7×7 Gorizontal’naja Rossija, già il 10 luglio il tribunale di Syktyvkar ha rilasciato Dar’ja Černyšova, direttrice di Revol’t Centr, cui è stato tuttavia vietato di accedere alla sede di Revol’t Centr, comunicare con i testimoni del caso e con i collaboratori di Revol’t Centr e 7×7 Gorizontal’naja Rossija. Le è stato inoltre vietato l’utilizzo di Internet e telefono. * * * Ieri, martedì 8 luglio 2025, a Syktyvkar, capoluogo della Repubblica dei Komi nella Russia europea nordoccidentale, le forze dell’ordine hanno perquisito i collaboratori e i locali di Revol’t Centr, spazio culturale indipendente dedicato a Revol’t Pimenov, matematico e dissidente, tra i fondatori di Memorial Komi e del movimento Memorial stesso, scomparso nel 1990. È stata perquisita anche l’abitazione di Igor’ Sažin (nella foto), come Pimenov tra i fondatori di Memorial Komi. Sažin è stato prelevato e quindi interrogato in qualità di testimone. Inoltre, nel corso della mattina, attivisti, difensori dei diritti umani e giornalisti sono stati perquisiti e interrogati a Petrozavodsk, Kaliningrad, Novgorod, Irkutsk e Joškar-Ola: alcune di queste perquisizioni sembrano essere collegate a quella svolta presso Revol’t Centr. Così si è espresso Memorial Komi: Nella mattina dell’8 luglio 2025 le forze dell’ordine hanno effettuato perquisizioni ingiustificate nei confronti dei collaboratori dello spazio culturale indipendente Revol’t Centr a Syktyvkar. Non esiste alcuna spiegazione di carattere pubblico circa le motivazioni di queste perquisizioni. Riteniamo illecite tali azioni. Revol’t Centr è uno spazio culturale che ospita fiere del libro, conferenze di storia, mostre fotografiche e molto altro. Per tutti noi Revol’t Centr promuove i valori della libertà, della creatività e dell’amore per la nostra città! Condividiamo le parole di solidarietà, sostegno e gratitudine di Memorial: per noi Revol’t Centr è simbolo di libertà e intraprendenza nella terra del Gulag, simbolo di memoria e superamento delle difficoltà, ma anche simbolo di una natura fatta di erica, muschio e licheni. Come riportato dalla testata giornalistica indipendente Vot Tak, in seguito alle perquisizioni è stata arrestata Dar’ja Černyšova, direttrice di Revol’t Centr, accusata di avere violato le norme previste in quanto agente straniera. In realtà Černyšova non è mai stata iscritta nel cosiddetto registro degli agenti stranieri, ma nel 2023 è stato iscritto nel registro il portale d’informazione indipendente 7×7 Gorizontal’naja Rossija con il quale Černyšova ha collaborato fino al 2022. Contestualmente è stato avviato un procedimento per tradimento della patria nei confronti di Pavel Andreev. Andreev, oltre a essere uno dei creatori di 7×7 Gorizontal’naja Rossija e di Revol’t Centr, è anche uno degli attivisti di spicco di Memorial, essendo stato membro del consiglio direttivo di Memorial Internazionale fino alla sua chiusura imposta dal governo russo nel 2022. Il nostro collega al momento non si trova nella Federazione Russa.

Leggi