Bollettino della Russia che resiste, 19-25 marzo 2023

Notizie e fotografie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

Le notizie riportate in questo Digest sono state raccolte е tradotte da volontari di Memorial

Picchetti e proteste in strada

A San Pietroburgo ci sono stati alcuni picchetti contro la guerra davanti al monumento a Černyševskij e in Piazza Moskovskaja. Gli attivisti si sono presentati con cartelli che dicevano “Pace, non guerra”.

A Mosca, il 19 marzo la polizia ha interrotto la presentazione dei fumetti di Saša Skočilenko presso la sede di “Otkrytoe prostranstvo” (Spazio aperto, progetto di tutela dei diritti umani). Un’ora e mezzo dopo l’inizio, nella sala sono entrati otto poliziotti che hanno sottoposto a fermo i presenti e li hanno fatti sdraiare a faccia in giù sul pavimento, cercando di costringerli a cantare canzoni patriottiche. I volontari del centro hanno riferito che le persone fermate sono state picchiate nel cellulare della polizia.

L’artista Saša Skočilenko si trova in custodia cautelare per “fake news” dalla primavera del 2022. Il tribunale ha nuovamente prorogato la sua detenzione fino al 10 luglio. La custodia cautelare ha avuto gravi ripercussioni sulla salute di Saša.

A Kazan’, un attivista ha tenuto da solo un picchetto in via Bauman (strada pedonale nel centro della città) con un cartello che diceva “Basta agitare le acque, fa star male il nostro topo (la prima parte della frase è un’espressione spesso usata da Putin, che è evidentemente il “topo” della seconda parte)”. L’attivista è stato portato alla stazione di polizia dove è stato interrogato, e poi rilasciato senza verbale.

Una manifestazione su cinque in Russia è contro la guerra; quelle a sostegno della guerra e del governo sono 4,5 volte meno di quelle contro. Quasi la metà delle manifestazioni sono picchetti individuali, e solo una su 5 coinvolge più di 10 persone. La maggior parte delle azioni contro la guerra avvengono per iniziativa dal basso dei cittadini, mentre quelle a sostegno del governo sono di solito organizzate da politici e dal Movimento di Liberazione Nazionale. Sono i risultati di una indagine condotta da “Važnye istorii” sulla base dei dati trapelati dal Roskomnadzor (il servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media). La regione in cui si registrano più proteste è quella di Chabarovsk, San Pietroburgo è al secondo posto, mentre al terzo, a pari merito, Mosca e la Baschiria. La statistica, tuttavia, non include tutte le azioni di protesta in Russia, molte delle quali, comunica la Resistenza Femminista contro la guerra, sono passate inosservate al Roskomnadzor.

Incendi di commissariati militari

Nella città di Svobodnyj (regione dell’Amur) il commissariato militare ha preso fuoco per la seconda volta. Le testate locali non citano le cause, ma nella regione vige il divieto non ufficiale dell’FSB di parlare di incendi dolosi contro la guerra. Già nel settembre 2022 avevano tentato di incendiare il commissariato.

Lo studente di 20 anni Vladislav Šitikov è stato fermato in quanto sospettato di aver dato fuoco a un commissariato militare nella regione di Leningrado. Secondo gli inquirenti, il ragazzo ha lanciato “una Molotov” contro una finestra dell’edificio nella notte del 26 febbraio. Contro Šitikov è stato avviato un processo ai sensi dell’articolo 167 del Codice Penale, rischia fino a 5 anni di reclusione.

Il 15 marzo Kirill Butylin, il primo imputato in Russia per l’incendio di un commissariato militare, è stato condannato a 13 anni di carcere a regime severo.

Oleg Važdaev, anch’egli imputato in un processo per l’incendio di un commissariato militare, ha subito torture con scosse elettriche, pestaggi e un tentativo di soffocamento da parte delle forze dell’ordine, che cercavano di costringerlo a confessare di essere stato finanziato dall’Ucraina. In conseguenza di ciò, secondo le parole dell’avvocato, si è incriminato da solo.

Važdaev era accusato inizialmente di distruzione intenzionale di beni immobili, ed è stato poi accusato di atti terroristici.

Graffiti, volantini, la città parla

A Ufa degli ignoti hanno scritto “NO ALLA GUERRA” sul muro di una casa di via “50 let SSSR”.

A Volgograd nel quartiere di via Angarskaja è apparso un graffito che cita l’Urlo di Munch e raffigura un commissario militare con la convocazione in mano e una recluta terrorizzata.

Di fronte all’edificio del commissariato militare centrale a Komsomol’sk sull’Amur è comparsa  la scritta “Perché?”.

A Nojabr’sk (Circondario autonomo Jamalo-Nenec) a una fermata dell’autobus è stato appeso lo striscione “NO ALLA GUERRA”. Su una pagina pubblica di “Vkontakte” i cittadini condividono fotografie anche di altri adesivi e striscioni contro la guerra.

Su un edificio di Volžskij, città della regione di Volgograd, è comparsa la scritta “No alla guerra”.       L’edificio ospita la sede distrettuale dell’ispettorato fiscale, un ufficio postale e un centro  polifunzionale di servizi per i cittadini.

Le banconote e le monete contro la guerra sono ancora dei mezzi per opporsi al conflitto: come ricorda la Resistenza femminista contro la guerra, anche le banconote che presentano scritte devono essere accettate per legge. Ecco cosa scrivono su banconote e monete gli iscritti al canale Telegram del gruppo: “#200 La guerra di Putin è morte e miseria”, “Tutti i soldi sono finiti nella guerra”, “I prezzi salgono a causa della guerra”, “Questa è una banconota contro la guerra. Ora dovrete ricordare che la Russia ha scatenato una guerra fratricida di aggressione  e che Putin ci sta rubando il futuro.”

Il canale Telegram “Vidimyj protest” (protesta visibile) ha compiuto un anno. Un anno fa il movimento giovanile “Vesna” (Primavera) ha lanciato un progetto per organizzare manifestazioni contro la guerra e ha creato un canale Telegram, dove chiunque può inviare fotografie. In un anno di proteste, i cittadini di più di 220 città e di altre località hanno inviato al bot del canale 30.000 fotografie di manifestazioni contro la guerra. “Vesna” ha creato una guida su come organizzare manifestazioni pubbliche con consigli per la sicurezza.

La repressione

Il 21 marzo a Mosca sono state perquisite le case dei membri di Memorial ed è stato devastato l’ufficio dell’organizzazione in via Karetnyj Rjad. Le perquisizioni sono state condotte in relazione all’accusa di riabilitazione del nazismo (c. “b”, p. 2, art. 354.1 del Codice penale). Dopo le perquisizioni i membri di Memorial sono stati portati al Comitato investigativo e interrogati. A molti di loro sono stati confiscati supporti elettronici, documenti e oggetti con il simbolo di Memorial. A fine giornata è stato reso noto che è stato avviato un procedimento penale contro Oleg Orlov, collaboratore di Memorial, con l’accusa di ripetuta diffamazione dell’esercito russo (p.1 art. 280.3 del Codice penale).

Il tribunale distrettuale Basmannyj di Mosca ha disposto l’arresto in contumacia del blogger e politico Maksim Kac per “fake news sull’esercito russo” (art. 207.3 del Codice penale).

Il tribunale di Arcangelo ha disposto l’arresto in contumacia di Olesja Krivcova, che si trova in Lituania. La giovane rischia fino a 10 anni e mezzo di reclusione per aver pubblicato una story sull’esplosione del ponte di Crimea e per aver ricondiviso un post che criticava i partecipanti di una manifestazione tenutasi ad Arcangelo in sostegno all’annessione alla Russia delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk, Zaporižžja e Cherson. Il 15 marzo si è appreso che Krivcova era riuscita a scappare dagli arresti domiciliari e a lasciare la Russia.

Artem Konstantinov, uno studente di Murmansk contrario alla guerra, è scomparso dopo che le forze dell’ordine lo hanno minacciato. Di recente si è scoperto che non ha contatti con i familiari e gli amici da più di due mesi. Nell’ottobre 2022 lo studente aveva raccontato al giornale online “7×7’’ di essersi collegato insieme a un amico ucraino ad alcune conferenze su Zoom e di averle interrotte facendo sentire un messaggio di Vladimir Zelenskij. Le forze dell’ordine avevano minacciato di mandarlo sotto processo per separatismo, estremismo e diffamazione anche per i video contro la guerra che aveva pubblicato sul suo canale Youtube.

Un uomo a Iževsk è stato condannato dal tribunale al pagamento di una multa da 30 mila rubli (363 euro, 2 volte il salario minimo) per aver versato della vernice rossa su uno striscione raffigurante  il simbolo “Z’’ appeso nel centro della città. L’uomo aveva lanciato un barattolo di vernice sullo striscione il 24 febbraio, anniversario della guerra.

Le forze dell’ordine hanno fermato un uomo di Jaroslavl’ con l’accusa di istigazione al terrorismo (c. 2, art. 205.2 del Codice penale) a causa di alcuni commenti su Vkontakte. In un video pubblicato su un canale Telegram si vede l’uomo che, fermato dalle forze dell’ordine, ammette di aver scritto dei commenti contenenti “incitazioni a rovesciare il Presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovič Putin e contro l’operazione militare speciale”. Egli inoltre “confessa” di aver definito “fascisti” i soldati russi. Il destino dell’uomo al momento è ignoto.

Un insegnante di Kursk sarà processato per diffamazione dell’esercito su denuncia di un alunno, che ha registrato le dichiarazioni dell’insegnante contro la guerra. La registrazione è stata consegnata in tribunale dal padre dell’alunno. Il procedimento (articolo 20.3.3 del KoAP,  Codice dei Reati Amministrativi della Federazione Russa) sarà preso in esame dal tribunale distrettuale di Kursk il 30 marzo.

In Jacuzia il presidente della sede locale del partito “Jabloko” Anatolij Nogovicyn è stato multato per un video in cui esortava i cittadini russi a non prendere parte alla guerra in Ucraina. La Corte lo ha dichiarato colpevole di ripetuta diffamazione dell’esercito russo. Al politico è stato inoltre vietato di lasciare il paese.

Il tribunale minorile ha multato un adolescente dell’Altaj per aver deposto dei fiori nell’anniversario dell’inizio della guerra.

Il 17enne Artёm Sacharov aveva deposto i fiori in piazza dei Sovet a Barnaul, insieme a tre amiche. È stato giudicato colpevole ai sensi dell’articolo 20.2 del KoAP, e multato per 20.000 rubli (pari a 241 euro, poco più del salario minimo).

La giornalista di Barnaul Marija Ponomarenko, condannata per “fake news sull’esercito russo”, è stata picchiata mentre era in custodia cautelare e tenuta per tre giorni in un ospedale psichiatrico. A febbraio il tribunale aveva condannato la giornalista a sei anni di reclusione in una colonia penale per aver pubblicato un post sul Teatro drammatico di Mariupol’.

L’istituto di fisica e tecnologia di Mosca ha annullato l’incontro con il premio Nobel Dmitrij Muratov. Secondo il rettore, non è stato possibile “garantire l’assenza di riferimenti politici nei discorsi degli intervenuti”.

A Pietroburgo la polizia ha fatto irruzione di notte in casa di due attivisti, madre e figlio. La polizia ha riferito di aver individuato il figlio grazie alle telecamere di sorveglianza che lo ritraevano mentre affiggeva volantini contro la guerra. Intorno alla mezzanotte del 24 marzo, madre e figlio sono stati portati alla stazione di polizia del distretto di ​​Kronštadt di Pietroburgo. Sono stati rilasciati verso le 3 del mattino con un verbale ai sensi dell’articolo 20.3.3 del KoAP, Codice dei Reati Amministrativi.

Ėl’vira Vichareva, politica moscovita, è stata avvelenata con metalli pesanti, riferisce SOTA. Secondo Vichareva, i primi sintomi di avvelenamento sono comparsi tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, e si sono poi ripetuti a inizio febbraio. Ha sofferto di forti dolori addominali, aumento della frequenza cardiaca e intorpidimento degli arti, successivamente sono iniziate le convulsioni, gli svenimenti e l’alopecia. Ėl’vira Vichareva gestisce un canale Youtube, dove invita politici di opposizione che si esprimono contro la guerra.

Il giorno successivo alle perquisizioni alla sede di “Memorial” a Mosca, ha preso fuoco l’edificio dove è ospitata la sezione di “Memorial” di Ekaterinburg. RusNews scrive che l’incendio si è propagato da una Porsche che ha preso fuoco vicino al palazzo. Una parte dei locali dell’edificio appartiene alla Fondazione El’cin, dove “Memorial” di Ekaterinburg aveva recentemente iniziato a trasferirsi dopo lo sfratto dalla sede municipale.

A causa della posizione contro la guerra del gruppo rap di Omsk “GROT”, le loro esibizioni vengono annullate in blocco e i loro concerti vengono interrotti. Dal 2014 il gruppo si dichiara contro la guerra in Ucraina. I “GROT” sono in Russia e hanno recentemente pubblicato diversi brani contro la guerra.

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

Memorial Political Prisoners Support aiuta da tempo in modo autonomo i cittadini ucraini detenuti nelle carceri delle Federazione Russa per ragioni di carattere politico. Al momento la situazione è ulteriormente peggiorata e per questo motivo l’associazione desidera chiedere sostegno anche attraverso la rete dei Memorial europei, promuovendo una campagna di raccolta fondi. Le donazioni saranno destinate alla copertura delle spese legali e alla fornitura di aiuti umanitari. I prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa hanno bisogno di assistenza legale, hanno bisogno di aiuti umanitari, ma soprattutto hanno bisogno di non essere dimenticati. Per maggiori informazioni e per contribuire –> Urgent appeal: help Ukrainian prisoners in Russia – Поддержка политзаключённых. Мемориал. Appello urgente: raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nella Federazione Russa. La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. Qualche compagno, per fortuna, mi dà una mano come può. Grazie infinite per il vostro tempo e per aver letto la mia richiesta.” Janina Akulova, condannata a nove anni di colonia penale a regime ordinario e a una multa di 700.000 rubli, chiede aiuto per un’altra detenuta: “C’è una ragazza qui che ha urgente bisogno d’aiuto, non ha letteralmente nulla. Noi cerchiamo di tenere duro, ma lei è messa davvero male. Dico sul serio: non ha niente di niente, neppure l’essenziale per lavarsi. Le abbiamo dato quello che potevamo, ma… potete ben capire.” Per continuare a spedire pacchi, servono attualmente 3.320 euro. Assistenza legale Non possiamo divulgare l’identità dei prigionieri ucraini che difendiamo legalmente: metteremo a rischio loro e i loro avvocati. Attualmente sono decine gli uomini e le donne – già condannati o in attesa di giudizio – che dipendono dal nostro aiuto. Quello che gli ucraini sono costretti a subire nelle carceri russe è sconvolgente anche per chi credeva di conoscere bene la brutalità del sistema. Condizioni inumane, torture, violenza oltre ogni limite. Benché, in assenza di un processo equo, un avvocato non possa garantire la liberazione di un innocente, il suo lavoro resta fondamentale. L’avvocato tutela i diritti del detenuto, richiama l’attenzione pubblica sul caso e, spesso, è l’unico interlocutore libero con cui il prigioniero possa comunicare direttamente, l’unico tramite per mantenere un legame con i familiari. Da mesi finanziamo gli avvocati che seguono decine di prigionieri ucraini. Molti casi durano da più di sei mesi e non accennano a finire. Per garantire assistenza legale ai prigionieri politici ucraini servono 31.300 euro. Totale della raccolta: 38.000 euro.Il 10% della somma sarà destinato a coprire le commissioni dei sistemi di pagamento e le perdite dovute alla conversione in rubli. Ogni donazione è importante! La cifra si può raggiungere solo se sono in tanti a contribuire, anche con un piccolo gesto. Al momento, per poter fare la differenza, abbiamo un enorme bisogno non solo di donazioni, ma anche di aiuto nella condivisione. Se 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna, potremmo farcela. 5 giugno 2025

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Ruslan Sidiki condannato a 29 anni di reclusione.

Il 23 maggio 2025 presso il tribunale militare di guarnigione di Rjazan’ il pubblico ministero Boris Motorin ha chiesto per Ruslan Sidiki una condanna a trent’anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki, 36 anni e doppia cittadinanza, russa e italiana, abbiamo già avuto modo di parlare. Dopo di lui ha preso la parola Igor’ Popovskij, l’avvocato di Sidiki. Il difensore ha spiegato nel dettaglio perché la versione dell’accusa non corrisponde ai fatti e, perciò, a verità. Nei casi in esame la definizione giuridica delle azioni del suo assistito non può rientrare negli articoli riguardanti il “terrorismo”. Quanto da lui compiuto può far capo, piuttosto, alla categoria “sabotaggio”. In due punti, a sostenere le accuse di terrorismo sono le invenzioni degli inquirenti e le deposizioni estorte sotto tortura. L’avvocato Popovskij ha infine ricordato che, in base alla Convenzione di Ginevra e a quanto da essa affermato “in data 12 agosto 1949 sul trattamento dei prigionieri di guerra”, Ruslan Sidiki andrebbe considerato come tale. L’anarchico Ruslan Sidiki è stato alla fine condannato a 29 anni di carcere. Si tratta della pena più severa mai inflitta per azioni contro infrastrutture militari e, in genere, per azioni che non hanno causato vittime. È l’ennesimo atto intimidatorio contro i dissidenti. Riportiamo in italiano il testo dell’ultima dichiarazione pronunciata da Ruslan Sidiki prima della lettura della sentenza. Mi rincresce che le mie azioni abbiano messo in pericolo Bogatyrëv*, Tarabuchin** e Unšakov***. Non erano loro il mio obiettivo e sono lieto che la loro salute non abbia subito danni gravi. Il mio obiettivo erano i mezzi militari russi e gli anelli della logistica militare per il trasporto di mezzi e carburante. Era il modo che avevo scelto per ostacolare le operazioni militari contro l’Ucraina. Naturalmente la notizia di un’esplosione e il clamore suscitato possono spaventare le persone. Lo stesso vale per i missili che sorvolano le case e per le prime operazioni militari: anche loro hanno lo scopo di intimidire la popolazione del Paese contro cui tali azioni sono dirette. Come ho già ampiamente ripetuto, non era mia intenzione intimidire nessuno. Ho scelto io gli obiettivi: ho attaccato la base aerea militare con l’intento di distruggerne i velivoli. Ho fatto saltare il treno per mettere fuori uso la linea ferroviaria su cui avevo individuato un discreto movimento di mezzi militari. Vorrei che fosse chiaro che ho studiato attentamente il movimento dei treni sulla linea che ho fatto saltare per assicurarmi che non ci fossero treni passeggeri. Per maggiore sicurezza, ho controllato visivamente il tutto prima dell’esplosione. Se non mi importasse della vita altrui, avrei potuto far deragliare il treno senza un mio intervento diretto. Non ho avuto nulla a che fare con chi ha tentato di fabbricare, poi, un nuovo ordigno esplosivo per far deragliare un altro treno. L’esplosione dell’11 novembre 2023 aveva già suscitato molto clamore ed ero perfettamente consapevole che le misure di sicurezza sarebbero state rafforzate. Inoltre, avevo già la morte di mia nonna a cui pensare. Con la popolazione russa ho rapporti neutrali. Dal 2014 ho con loro alcune divergenze su certi fatti, ma non è, per me, un motivo sufficiente per odiare qualcuno. L’impossibilità di influenzare pacificamente le azioni di chi ci governa, così come il tribunale che attende coloro che non condividono la politica dello Stato inducono alcuni a lasciare il Paese e altri a restare e a passare all’azione. Indipendentemente dalla gravità del reato, l’uso della tortura durante gli interrogatori è inaccettabile in qualunque caso, se diciamo di vivere in uno Stato di diritto. Torturare con scariche elettriche e picchiare una persona legata sono atti riprovevoli in massimo grado, la cui responsabilità ricade non solo su chi ha applicato metodi in questione, ma anche su chi è consapevole che essi vengono usati, non li contrasta e, anzi, è complice nel tenerli nascosti. Concludo recitandovi un frammento di una poesia di Nestor Machno: Che ci seppelliscano anche subito: ciò che davvero siamo non diverrà Oblio, risorgerà al momento dovuto e vincerà. Ne sono certo, io. * Aleksandr Ivanovič Bogatyrëv, camionista presso la Avargard s.r.l.. Il 23/07/2023 trasportava erba falciata da un campo vicino al villaggio di Tjuševo, regione di Rjazan’. Uscendo su una strada sterrata vicino al campo, centrò con una ruota un drone esplosivo. Che scoppiò. Bogatyrëv non rimase ferito. ** Sergej Aleksandrovič Tarabuchin, assistente macchinista dello stesso treno. A seguito dello scoppio del finestrino, ha riportato graffi al viso e a un braccio. *** Dmitrij Nikolaevič Unšakov, macchinista del treno merci n. 2018, che l’11 novembre 2023 era ripartito dalla stazione di Rybnaja. Si trovava nella cabina di guida al momento dell’esplosione sui binari. A seguito dell’esplosione ha riportato escoriazioni alla mano.

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Milano, 8 giugno 2025. “I confini dell’impero di Putin” con Oleg Orlov.

Grazie a Radio Popolare siamo onorati e felici di ospitare a Milano Oleg Orlov, cofondatore di Memorial ed ex copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial. In copertina: Oleg Orlov durante la lettura della sentenza presso il tribunale distrettuale Golovinskij di Mosca. Foto: Svetlana Vidanova / Novaja Gazeta. In occasione della festa di Radio Popolare All you need is love che si svolge a Milano nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini (via Ippocrate 47) domenica 8 giugno alle 15:30 Oleg Orlov parteciperà all’incontro I confini dell’impero di Putin con Anna Zafesova, giornalista e scrittrice, autrice del recente volume Russia. L’impero che non sa morire, e Lia Quartapelle, vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Modera Michele Migone di Radio Popolare. Oleg Orlov è stato scarcerato dal centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’ nella regione di Samara il 1 agosto 2024 nel contesto di un ampio scambio di prigionieri politici tra Russia e Occidente. Il 27 febbraio 2024 Oleg Orlov, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial e membro della neoricostituita Associazione Internazionale Memorial, era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione in colonia penale a regime ordinario in base all’articolo del codice penale della Federazione Russa che punisce il “vilipendio reiterato delle forze armate”. Orlov è diventato un obiettivo della repressione dopo la pubblicazione dell’articolo Volevano il fascismo in Russia e l’hanno ottenuto. Ricordiamo che nel 2014 l’allora Centro per i diritti diritti umani Memorial e poi nel 2016 Memorial International erano stati dichiarati agenti stranieri e che nel 2021 entrambe le associazioni sono state chiuse in via definitiva con sentenza della Corte suprema della Federazione Russa secondo la quale Memorial avrebbe “diffuso un’immagine falsa dell’Urss come Stato terrorista”. Chi è Oleg Petrovič Orlov? Carattere schivo ma deciso, Oleg Petrovič Orlov è una delle anime del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, nonché membro del Movimento democratico unitario Solidarnost’. Nato a Mosca nel 1953 e biologo di formazione, tra la fine degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta, mentre lavora all’Istituto di fisiologia vegetale dell’Accademia delle scienze, stampa e diffonde volantini con appelli contro la guerra in Afghanistan e riflessioni sulla situazione polacca e sul sindacato Solidarność. Nel 1988 entra formalmente nel gruppo di iniziativa della nascente associazione Memorial di cui diventa di fatto uno dei fondatori. Continua a leggere. “Ci sono momenti in cui è impossibile tacere”Il documentario Ritorno alle repressioni. Oleg Orlov, pubblicato il 22 aprile 2023, fa parte del progetto Priznaki žizni (Segni di vita) di Radio Free Europe / Radio Liberty. In una lunga intervista, a più di trent’anni di distanza dalla fondazione di Memorial, Orlov ammette che le speranze di allora non si sono concretizzate. La Russia è tornata a una situazione di illibertà ancora più grave di quella della sua gioventù, vissuta negli ultimi anni dell’Urss di Brežnev. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il giro di vite del Cremlino all’interno della Federazione Russa è stato violento. In base ai nuovi articoli di legge sulle fake news e sul vilipendio delle forze armate, le pene detentive per diffusione di informazioni indipendenti sulla guerra sono diventate abnormi. Orlov ritiene che le ragioni del ritorno della Russia a una situazione di illibertà siano il militarismo e il mito dell’impero, l’idea che lo stato sia più importante della vita e dei diritti dei cittadini.

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