Bollettino della Russia che resiste, 19-25 marzo 2023

Notizie e fotografie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

Le notizie riportate in questo Digest sono state raccolte е tradotte da volontari di Memorial

Picchetti e proteste in strada

A San Pietroburgo ci sono stati alcuni picchetti contro la guerra davanti al monumento a Černyševskij e in Piazza Moskovskaja. Gli attivisti si sono presentati con cartelli che dicevano “Pace, non guerra”.

A Mosca, il 19 marzo la polizia ha interrotto la presentazione dei fumetti di Saša Skočilenko presso la sede di “Otkrytoe prostranstvo” (Spazio aperto, progetto di tutela dei diritti umani). Un’ora e mezzo dopo l’inizio, nella sala sono entrati otto poliziotti che hanno sottoposto a fermo i presenti e li hanno fatti sdraiare a faccia in giù sul pavimento, cercando di costringerli a cantare canzoni patriottiche. I volontari del centro hanno riferito che le persone fermate sono state picchiate nel cellulare della polizia.

L’artista Saša Skočilenko si trova in custodia cautelare per “fake news” dalla primavera del 2022. Il tribunale ha nuovamente prorogato la sua detenzione fino al 10 luglio. La custodia cautelare ha avuto gravi ripercussioni sulla salute di Saša.

A Kazan’, un attivista ha tenuto da solo un picchetto in via Bauman (strada pedonale nel centro della città) con un cartello che diceva “Basta agitare le acque, fa star male il nostro topo (la prima parte della frase è un’espressione spesso usata da Putin, che è evidentemente il “topo” della seconda parte)”. L’attivista è stato portato alla stazione di polizia dove è stato interrogato, e poi rilasciato senza verbale.

Una manifestazione su cinque in Russia è contro la guerra; quelle a sostegno della guerra e del governo sono 4,5 volte meno di quelle contro. Quasi la metà delle manifestazioni sono picchetti individuali, e solo una su 5 coinvolge più di 10 persone. La maggior parte delle azioni contro la guerra avvengono per iniziativa dal basso dei cittadini, mentre quelle a sostegno del governo sono di solito organizzate da politici e dal Movimento di Liberazione Nazionale. Sono i risultati di una indagine condotta da “Važnye istorii” sulla base dei dati trapelati dal Roskomnadzor (il servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media). La regione in cui si registrano più proteste è quella di Chabarovsk, San Pietroburgo è al secondo posto, mentre al terzo, a pari merito, Mosca e la Baschiria. La statistica, tuttavia, non include tutte le azioni di protesta in Russia, molte delle quali, comunica la Resistenza Femminista contro la guerra, sono passate inosservate al Roskomnadzor.

Incendi di commissariati militari

Nella città di Svobodnyj (regione dell’Amur) il commissariato militare ha preso fuoco per la seconda volta. Le testate locali non citano le cause, ma nella regione vige il divieto non ufficiale dell’FSB di parlare di incendi dolosi contro la guerra. Già nel settembre 2022 avevano tentato di incendiare il commissariato.

Lo studente di 20 anni Vladislav Šitikov è stato fermato in quanto sospettato di aver dato fuoco a un commissariato militare nella regione di Leningrado. Secondo gli inquirenti, il ragazzo ha lanciato “una Molotov” contro una finestra dell’edificio nella notte del 26 febbraio. Contro Šitikov è stato avviato un processo ai sensi dell’articolo 167 del Codice Penale, rischia fino a 5 anni di reclusione.

Il 15 marzo Kirill Butylin, il primo imputato in Russia per l’incendio di un commissariato militare, è stato condannato a 13 anni di carcere a regime severo.

Oleg Važdaev, anch’egli imputato in un processo per l’incendio di un commissariato militare, ha subito torture con scosse elettriche, pestaggi e un tentativo di soffocamento da parte delle forze dell’ordine, che cercavano di costringerlo a confessare di essere stato finanziato dall’Ucraina. In conseguenza di ciò, secondo le parole dell’avvocato, si è incriminato da solo.

Važdaev era accusato inizialmente di distruzione intenzionale di beni immobili, ed è stato poi accusato di atti terroristici.

Graffiti, volantini, la città parla

A Ufa degli ignoti hanno scritto “NO ALLA GUERRA” sul muro di una casa di via “50 let SSSR”.

A Volgograd nel quartiere di via Angarskaja è apparso un graffito che cita l’Urlo di Munch e raffigura un commissario militare con la convocazione in mano e una recluta terrorizzata.

Di fronte all’edificio del commissariato militare centrale a Komsomol’sk sull’Amur è comparsa  la scritta “Perché?”.

A Nojabr’sk (Circondario autonomo Jamalo-Nenec) a una fermata dell’autobus è stato appeso lo striscione “NO ALLA GUERRA”. Su una pagina pubblica di “Vkontakte” i cittadini condividono fotografie anche di altri adesivi e striscioni contro la guerra.

Su un edificio di Volžskij, città della regione di Volgograd, è comparsa la scritta “No alla guerra”.       L’edificio ospita la sede distrettuale dell’ispettorato fiscale, un ufficio postale e un centro  polifunzionale di servizi per i cittadini.

Le banconote e le monete contro la guerra sono ancora dei mezzi per opporsi al conflitto: come ricorda la Resistenza femminista contro la guerra, anche le banconote che presentano scritte devono essere accettate per legge. Ecco cosa scrivono su banconote e monete gli iscritti al canale Telegram del gruppo: “#200 La guerra di Putin è morte e miseria”, “Tutti i soldi sono finiti nella guerra”, “I prezzi salgono a causa della guerra”, “Questa è una banconota contro la guerra. Ora dovrete ricordare che la Russia ha scatenato una guerra fratricida di aggressione  e che Putin ci sta rubando il futuro.”

Il canale Telegram “Vidimyj protest” (protesta visibile) ha compiuto un anno. Un anno fa il movimento giovanile “Vesna” (Primavera) ha lanciato un progetto per organizzare manifestazioni contro la guerra e ha creato un canale Telegram, dove chiunque può inviare fotografie. In un anno di proteste, i cittadini di più di 220 città e di altre località hanno inviato al bot del canale 30.000 fotografie di manifestazioni contro la guerra. “Vesna” ha creato una guida su come organizzare manifestazioni pubbliche con consigli per la sicurezza.

La repressione

Il 21 marzo a Mosca sono state perquisite le case dei membri di Memorial ed è stato devastato l’ufficio dell’organizzazione in via Karetnyj Rjad. Le perquisizioni sono state condotte in relazione all’accusa di riabilitazione del nazismo (c. “b”, p. 2, art. 354.1 del Codice penale). Dopo le perquisizioni i membri di Memorial sono stati portati al Comitato investigativo e interrogati. A molti di loro sono stati confiscati supporti elettronici, documenti e oggetti con il simbolo di Memorial. A fine giornata è stato reso noto che è stato avviato un procedimento penale contro Oleg Orlov, collaboratore di Memorial, con l’accusa di ripetuta diffamazione dell’esercito russo (p.1 art. 280.3 del Codice penale).

Il tribunale distrettuale Basmannyj di Mosca ha disposto l’arresto in contumacia del blogger e politico Maksim Kac per “fake news sull’esercito russo” (art. 207.3 del Codice penale).

Il tribunale di Arcangelo ha disposto l’arresto in contumacia di Olesja Krivcova, che si trova in Lituania. La giovane rischia fino a 10 anni e mezzo di reclusione per aver pubblicato una story sull’esplosione del ponte di Crimea e per aver ricondiviso un post che criticava i partecipanti di una manifestazione tenutasi ad Arcangelo in sostegno all’annessione alla Russia delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk, Zaporižžja e Cherson. Il 15 marzo si è appreso che Krivcova era riuscita a scappare dagli arresti domiciliari e a lasciare la Russia.

Artem Konstantinov, uno studente di Murmansk contrario alla guerra, è scomparso dopo che le forze dell’ordine lo hanno minacciato. Di recente si è scoperto che non ha contatti con i familiari e gli amici da più di due mesi. Nell’ottobre 2022 lo studente aveva raccontato al giornale online “7×7’’ di essersi collegato insieme a un amico ucraino ad alcune conferenze su Zoom e di averle interrotte facendo sentire un messaggio di Vladimir Zelenskij. Le forze dell’ordine avevano minacciato di mandarlo sotto processo per separatismo, estremismo e diffamazione anche per i video contro la guerra che aveva pubblicato sul suo canale Youtube.

Un uomo a Iževsk è stato condannato dal tribunale al pagamento di una multa da 30 mila rubli (363 euro, 2 volte il salario minimo) per aver versato della vernice rossa su uno striscione raffigurante  il simbolo “Z’’ appeso nel centro della città. L’uomo aveva lanciato un barattolo di vernice sullo striscione il 24 febbraio, anniversario della guerra.

Le forze dell’ordine hanno fermato un uomo di Jaroslavl’ con l’accusa di istigazione al terrorismo (c. 2, art. 205.2 del Codice penale) a causa di alcuni commenti su Vkontakte. In un video pubblicato su un canale Telegram si vede l’uomo che, fermato dalle forze dell’ordine, ammette di aver scritto dei commenti contenenti “incitazioni a rovesciare il Presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovič Putin e contro l’operazione militare speciale”. Egli inoltre “confessa” di aver definito “fascisti” i soldati russi. Il destino dell’uomo al momento è ignoto.

Un insegnante di Kursk sarà processato per diffamazione dell’esercito su denuncia di un alunno, che ha registrato le dichiarazioni dell’insegnante contro la guerra. La registrazione è stata consegnata in tribunale dal padre dell’alunno. Il procedimento (articolo 20.3.3 del KoAP,  Codice dei Reati Amministrativi della Federazione Russa) sarà preso in esame dal tribunale distrettuale di Kursk il 30 marzo.

In Jacuzia il presidente della sede locale del partito “Jabloko” Anatolij Nogovicyn è stato multato per un video in cui esortava i cittadini russi a non prendere parte alla guerra in Ucraina. La Corte lo ha dichiarato colpevole di ripetuta diffamazione dell’esercito russo. Al politico è stato inoltre vietato di lasciare il paese.

Il tribunale minorile ha multato un adolescente dell’Altaj per aver deposto dei fiori nell’anniversario dell’inizio della guerra.

Il 17enne Artёm Sacharov aveva deposto i fiori in piazza dei Sovet a Barnaul, insieme a tre amiche. È stato giudicato colpevole ai sensi dell’articolo 20.2 del KoAP, e multato per 20.000 rubli (pari a 241 euro, poco più del salario minimo).

La giornalista di Barnaul Marija Ponomarenko, condannata per “fake news sull’esercito russo”, è stata picchiata mentre era in custodia cautelare e tenuta per tre giorni in un ospedale psichiatrico. A febbraio il tribunale aveva condannato la giornalista a sei anni di reclusione in una colonia penale per aver pubblicato un post sul Teatro drammatico di Mariupol’.

L’istituto di fisica e tecnologia di Mosca ha annullato l’incontro con il premio Nobel Dmitrij Muratov. Secondo il rettore, non è stato possibile “garantire l’assenza di riferimenti politici nei discorsi degli intervenuti”.

A Pietroburgo la polizia ha fatto irruzione di notte in casa di due attivisti, madre e figlio. La polizia ha riferito di aver individuato il figlio grazie alle telecamere di sorveglianza che lo ritraevano mentre affiggeva volantini contro la guerra. Intorno alla mezzanotte del 24 marzo, madre e figlio sono stati portati alla stazione di polizia del distretto di ​​Kronštadt di Pietroburgo. Sono stati rilasciati verso le 3 del mattino con un verbale ai sensi dell’articolo 20.3.3 del KoAP, Codice dei Reati Amministrativi.

Ėl’vira Vichareva, politica moscovita, è stata avvelenata con metalli pesanti, riferisce SOTA. Secondo Vichareva, i primi sintomi di avvelenamento sono comparsi tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, e si sono poi ripetuti a inizio febbraio. Ha sofferto di forti dolori addominali, aumento della frequenza cardiaca e intorpidimento degli arti, successivamente sono iniziate le convulsioni, gli svenimenti e l’alopecia. Ėl’vira Vichareva gestisce un canale Youtube, dove invita politici di opposizione che si esprimono contro la guerra.

Il giorno successivo alle perquisizioni alla sede di “Memorial” a Mosca, ha preso fuoco l’edificio dove è ospitata la sezione di “Memorial” di Ekaterinburg. RusNews scrive che l’incendio si è propagato da una Porsche che ha preso fuoco vicino al palazzo. Una parte dei locali dell’edificio appartiene alla Fondazione El’cin, dove “Memorial” di Ekaterinburg aveva recentemente iniziato a trasferirsi dopo lo sfratto dalla sede municipale.

A causa della posizione contro la guerra del gruppo rap di Omsk “GROT”, le loro esibizioni vengono annullate in blocco e i loro concerti vengono interrotti. Dal 2014 il gruppo si dichiara contro la guerra in Ucraina. I “GROT” sono in Russia e hanno recentemente pubblicato diversi brani contro la guerra.

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Trenta anni prima: un progetto del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial.

Per provare a capire come e perché la Russia postsovietica si sia trasformata in una dittatura il Centro per la difesa dei diritti umani Memorial promuove il progetto Trenta anni prima. In Russia la dittatura è eterna? Come hanno fatto a distruggere la libertà di parola in Russia? Perché la Russia non è diventata una democrazia? Come è possibile che Vladimir Putin sia ancora al potere? Il 24 febbraio 2022 la Federazione Russa ha avviato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina e l’eco di numerose domande ha ripreso a risuonare. È possibile trovare una risposta? Il Centro per la difesa dei diritti umani Memorial pensa di sì. Nel 2023 il Centro ha compiuto trent’anni. La data è convenzionale: Memorial ha iniziato molto prima a difendere i diritti umani. Il punto di riferimento è l’aprile del 1993, quando fu adottato lo statuto dell’associazione. Ricordiamo che nell’aprile del 2022 con sentenza della Corte Suprema della Federazione Russa le autorità hanno “liquidato” ovvero soppresso il Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, così come avvenuto per Memorial Internazionale. Gli attivisti hanno tuttavia trovato un nuovo formato per l’associazione e sono riusciti a portare avanti il lavoro di cui si occupano da oltre trent’anni. La Russia postsovietica ha dunque quasi la stessa età del Centro Memorial. Sotto lo sguardo e con la partecipazione degli attivisti la Russia è cambiata: la dittatura sovietica è diventata una giovane democrazia e si è poi trasformata in una nuova dittatura. I collaboratori di Memorial sono stati non solo testimoni, ma anche attori degli eventi storici più determinanti della Russia contemporanea. L’attualità per loro è stata storia, una storia che hanno voluto descrivere e documentare. E adesso hanno molto da raccontare. È questo lo spirito che anima il progetto Trenta anni prima. Con la collaborazione di media indipendenti, difensori dei diritti umani, esperti e rappresentanti della società civile i collaboratori del Centro Memorial intendono affrontare le numerose e importanti questioni che riguardano la Russia postsovietica. Tentano di comprendere che cosa abbia condotto all’attuale regime. Cercano di spiegare come sia stato possibile distruggere le libertà dei cittadini russi, come sia potuto accadere che quegli stessi cittadini abbiano rinunciato alle proprie libertà e come sia stato perseguito chi ha tentato di difenderle. Ottobre 1993: come è iniziata la “piccola guerra civile” a Mosca? Siamo nel 1993 quando a Mosca si parla di “piccola guerra civile”. Per molti osservatori i fatti del 3-4 ottobre 1993 segnano il momento dell’autodistruzione di una nascente democrazia nella Russia post-sovietica e della sua trasformazione in uno stato autoritario. Il conflitto tra il presidente Boris El’cin e il Soviet Supremo, iniziato il 21 settembre, raggiunge il culmine nella prima settimana di ottobre, provocando proteste, scontri, attacchi agli uffici del sindaco di Mosca e al centro televisivo di Ostankino e alla fine l’assalto della Casa Bianca russa da parte dell’esercito. Il Centro Memorial ha chiesto ad Aleksandr Čerkasov, membro del consiglio direttivo dell’associazione, di parlare degli avvenimenti dell’ottobre 1993. A Mosca nell’autunno del 1993, tra il 21 settembre e il 4 ottobre, le vittime sono 158, i feriti 423, più di venti persone risultano disperse. La successiva “riforma costituzionale a tappe” attribuisce al presidente Boris El’cin poteri estremamente ampi. Gli accadimenti del 1993 costituiscono il prologo della prima guerra cecena e delle guerre successive. Quanto accade oggi in Ucraina fa parte della stessa catena di eventi. Dal federalismo a uno stato unitario autoritario? Negli anni Novanta la maggior parte delle repubbliche etniche sceglie di continuare a far parte della Federazione Russa, avendo ottenuto dal Cremlino la promessa di poter godere di sovranità ed economia indipendente e della possibilità di crescere senza doversi guardare le spalle dal governo federale. A trent’anni di distanza comprendiamo che quegli accordi hanno avuto vita breve: le repubbliche sono state integrate nella cosiddetta verticale del potere e private di poteri reali, diventando solo simbolicamente differenti dalle altre regioni della Federazione Russa. Nell’ambito del progetto Trenta anni prima la testata giornalistica indipendente russa Vërstka ripercorre le vicende che hanno condotto la Federazione Russa, intenzionata a diventare una federazione democratica, a trasformarsi in uno stato unitario autoritario. Darja Kučerenko ha parlato con attivisti, giornalisti, linguisti, storici e politologi provenienti da Baškortostan, Čuvašija, Burjatija. Prendendo spunto dall’esempio offerto da queste repubbliche, si analizza come il federalismo proposto negli anni Novanta abbia subito graduali restrizioni. Da sinistra a destra durante un incontro in Tatarstan nel giugno del 2000: Murtaza Rachimov, presidente della repubblica del Baškortostan; Mintimer Šajmiev, presidente della repubblica del Tatarstan; Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa; Farid Muchametšin, presidente del parlamento della repubblica del Tatarstan; Kamil Ischakov, sindaco della città di Kazan’. Perché la Russia non rispetta i diritti umani nei conflitti armati? La prima pubblicazione del progetto Trenta anni prima è dedicata ai crimini di guerra che negli ultimi trent’anni l’esercito della Federazione Russa ha commesso e continua a commettere in Cecenia, Siria e Ucraina. Il report Trent’anni di crimini di guerra della Russia è disponibile on line in russo, inglese, francese e arabo. Negli ultimi trent’anni Memorial è stata attiva in numerose zone di guerra, documentando le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra commessi dall’esercito della Federazione Russa. Attualmente l’esercito della Federazione Russa commette crimini atroci in Ucraina. I nomi delle città ucraine in cui i militari russi hanno torturato e ucciso, “filtrato” e stuprato sono noti a tutti. Di numerosi altri crimini non si ha ancora notizia, ma solo perché la guerra non è finita. I collaboratori del Centro Memorial tuttavia conoscono bene le guerre cui la Russia ha preso parte negli ultimi trent’anni. Prima di Mariupol’ ci sono state le rovine di Aleppo e di Groznyj. Le stragi impunite di civili ceceni a Samaški e Novye Aldy hanno condotto all’incubo di Buča. I “campi di filtraggio” sperimentati dai cittadini di Mariupol’ sono gli eredi del “sistema di filtraggio” utilizzato in Cecenia. Perché l’invasione su vasta scala dell’Ucraina è stata definita dalle autorità “operazione militare speciale”? Non è la prima volta che le autorità della Federazione Russa nascondono la

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