La diplomazia culturale di Putin. Nadiia Koval: “La cultura russa come strumento di influenza e dominio”

Intervista alla sociologa dell'Ukrainian Institute sul ruolo dell’agenzia Russotrudničestvo e delle fondazioni Russkij Mir e Gorčakov prima e dopo l'invasione russa in Ucraina, molto attive, anche in occidente, nella promozione di una particolare immagine della Russia e nei progetti di russificazione.

(Foto di A.Savin, CC BY-SA 3.0, Link)


(di Simone Bellezza, storico, docente presso l’Università del Piemonte Orientale, Memorial Italia)


10 gennaio 2024 
alle 10:40


Il 13 novembre scorso la casa editrice tedesca ibidem Verlag ha pubblicato un volume intitolato Russian Cultural Diplomacy under Putin. Russotrudnichestvo, the “RusskyMir” Foundation, and the Gorchakov Fund in 2007-2022, curato dai ricercatori ucraini Nadiia KovalDenys Tereshchenko e contenente contributi di molti studiosi di diversi paesi. Il volume è il frutto di una ricerca pluriennale, in parte finanziata anche dallo Ukrainian Institute, l’ente per la promozione della cultura ucraina nel mondo, che aveva già pubblicato un breve report lo scorso anno. Lo studio ha preso in esame tre organizzazioni russe, l’agenzia Russotrudničestvo e le fondazioni Russkij Mir e Gorčakov, che nell’ultimo quindicennio sono state molto attive, anche in occidente, nella promozione di una particolare immagine della Russia e della cultura russa. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare la curatrice, Nadiia Koval, una sociologa che dirige il Dipartimento della ricerca dello Ukrainian Institute.



Mura del Cremlino di Mosca
Le mura del Cremlino di Mosca
(foto di: By Dominik SzulcOwn work, CC BY 4.0, Link)


Cosa sono le fondazioni Russkij Mir e Gorčakov?


La Fondazione Russkij Mir (“Mondo russo”) è stata creata nel 2007 come la prima “nuova” istituzione di soft power della politica estera russa dell’era Putin. Il nome della fondazione riflette la sua base ideologica e l’obiettivo strategico della sua attività. L’ideologia vaga e francamente espansionistica del “mondo russo” parte dal presupposto che, a seguito di quella che secondo Putin è stata la più grande catastrofe del XX secolo, il crollo dell’Unione Sovietica, milioni e milioni di russi (definiti dalla lingua, dalla cultura, dalla religione, dall’origine, dall’autodeterminazione o da una combinazione di questi fattori vaghi) sono rimasti fuori dai confini della Federazione Russa. In questa logica, la “vera” Russia è molto più grande di quella attualmente visibile sulle mappe e queste due Russie devono quindi essere riunite in qualche modo. La Russia persegue una politica di graduale reintegrazione delle ex repubbliche dell’Unione Sovietica in una nuova unione regionale attraverso un’ampia varietà di strumenti: pressione politica diretta, accordi sulle “regole di condotta” nella politica internazionale, ricatti economici o energetici. In questo schema, la fondazione Russkij Mir è chiamata principalmente a lavorare per invertire la tendenza negativa del declino graduale ma inesorabile dell’uso e dello studio della lingua russa in generale nel mondo e, più specificatamente, negli stati un tempo dipendenti da Mosca. Pertanto, il suo compito principale è diffondere e rafforzare la presenza della lingua e della cultura russa e di un approccio russocentrico alla storia della regione, soprattutto nelle istituzioni educative e scientifiche dei paesi stranieri. La Fondazione intitolata a Gorčakov, invece, è stata fondata nel 2011 ed è probabilmente l’organizzazione di soft power più semplice della Federazione Russa, poiché lavora per diffondere direttamente il punto di vista russo nell’ambito dei sistemi di sicurezza europeo e mondiale. Sostanzialmente si tratta di diffondere l’idea di un ordine mondiale multipolare, in cui la Russia, in quanto uno di questi poli di potere, “avrebbe diritto” alla propria zona di influenza (i cui confini sono approssimativamente determinati dal “mondo russo”), così come pure un “diritto di veto” quando si discutono questioni internazionali fondamentali. La fondazione lavora principalmente con politici, diplomatici e (giovani) esperti nei più diversi paesi del mondo.


Chi comanda e finanzia le fondazioni Russkij Mir e Gorčakov?


Entrambe le fondazioni non sono formalmente agenzie governative, ciononostante sono interamente controllate dalla presidenza e dal governo della Federazione Russa e sono finanziate in maniera determinante dal bilancio statale russo. La fondazione Russkij Mir, ad esempio, è finanziata al 97% dalla Federazione Russa, è nata su iniziativa di due ministeri russi, mentre il direttore, i suoi vice e i dirigenti dei vari dipartimenti sono nominati personalmente dal presidente Putin. L’elenco dei partner del Russkij Mir è così ampio da poterlo considerare un nucleo o, come dice Marlène Laruelle [sociologa e storica francese, professoressa e direttrice dello Institute for European, Russian and Eurasian Studies (Ieres) della George Washington University], in una struttura ombrello per numerose altre fondazioni per l’allargamento dell’influenza culturale russa all’estero. Dal giorno della sua fondazione, il politico russo Vjačeslav Nikonov, deputato della Duma e nipote del famigerato commissario del popolo agli affari esteri dell’Urss Vjačeslav Molotov, è sempre stato responsabile del Russkij Mir. La fondazione Gorčakov è guidata da un ex diplomatico poco conosciuto, ma le sue attività sono gestite dal Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa e dal vertice dell’Amministrazione presidenziale della Federazione Russa. In altre parole, nessuno cerca nemmeno di nascondere la natura puramente statale di queste istituzioni, che sono saldamente radicate nella verticale del governo russo. E questa spettrale illusione di non statualità è necessaria per compensare le carenze della principale istituzione di soft power della Federazione Russa, l’agenzia statale Russotrodničestvo del Ministero degli Affari Esteri. Rispetto alle altre due, essa è avvantaggiata da una forte storia istituzionale e da un’ampia rete di uffici di rappresentanza in quasi 100 paesi. Questi uffici di rappresentanza operano presso le ambasciate e sono protetti dallo status diplomatico, fatto che ha permesso alla maggioranza assoluta di essi di rimanere nei paesi europei anche dopo che Rossotrudničestvo era stata colpita dalle sanzioni dell’Ue nel luglio 2022. Questa sicurezza è però bilanciata da notevoli limitazioni nelle attività: In particolare, la dipendenza organizzativa dall’ambasciata, l’impossibilità di finanziare direttamente partner locali o lo sviluppo di reti di influenza al di fuori delle capitali degli stati. Per questo motivo sono necessarie le succitate “fondazioni non statali”, che possono aggirare questi ostacoli, penetrando più in profondità nel paese straniero e lavorare in modo autonomo e diretto con i partner che si preferiscono.


In quali paesi operano le fondazioni Russkij Mir e Gorčakov? Chi controlla queste organizzazioni e le loro attività?


La mappa delle attività della fondazione Russkij Mir riflette sia le sue caratteristiche organizzative sia le basi ideologiche sui cui è fondata. Grazie alla libertà organizzativa a cui ho accennato prima, la sua rete è piuttosto ampia.


A marzo 2022 la fondazione Russkij Mir comprendeva 104 centri in 52 paesi e ulteriori 128 uffici in 57 paesi. I centri sono delle realtà istituzionalizzate che lavorano all’interno delle università, spesso dove si insegnano la lingua e la cultura russe, e partecipano attivamente all’organizzazione della vita accademica in senso lato.


Gli uffici vengono aperti attraverso una convenzione con enti pubblici locali, come scuole o biblioteche, e forniscono costantemente materiali e assistenza. V’è anche il concetto di “organizzazioni amiche”, ovvero associazioni locali che si interessano alla lingua o alla cultura russa e che quindi mantengono legami con la Fondazione, anche se non è possibile considerarle come uffici di rappresentanza, e tuttavia possibile integrarle nella rete di relazioni gestita dal Russkij Mir. Dal punto di vista geografico possiamo dire che gli uffici di rappresentanza istituzionale vengono aperti nei paesi che fanno parte di determinate aree di interesse secondo l’ideologia del “mondo russo”: si tratta principalmente di gruppi come le ex repubbliche sovietiche, compresi i paesi baltici, i paesi dell’ex Patto di Varsavia, i paesi in cui è maggioritario il cristianesimo ortodosso, ma anche paesi politicamente importanti dell’Europa occidentale [in Italia ne sono stati aperti quattro: all’Università degli Studi di Milano, all’Università di Pisa, all’Università di Napoli “l’Orientale” e presso l’Associazione “Conoscere l’Eurasia” di Verona, presieduta dal banchiere Antonio Fallico, ndr], la Cina e la Turchia. La facilità con cui sono state aperte queste sedi, tuttavia, è stata bilanciata della facilità con cui sono state chiuse: ad aprile 2023, non meno di 23 centri, soprattutto nei paesi occidentali, sono stati costretti a chiudere a causa delle sanzioni in relazione all’aggressione contro l’Ucraina. La Fondazione Gorčakov non ha molti uffici di rappresentanza e praticamente non è al centro di una rete internazionale. Attualmente funzionano solo due dei suoi uffici di rappresentanza, in Bielorussia e in Georgia, e il lavorio nel mondo politico georgiano si è intensificato negli ultimi anni, non solo per quanto riguarda questa fondazione, ma anche considerando l’intera diplomazia culturale e generalmente politica russa. Nel 2013 c’è stato un tentativo di aprire un ufficio di rappresentanza in Ucraina, ma è stato rapidamente chiuso dai servizi speciali ucraini. E così la fondazione lavora attirando giovani specialisti dall’estero verso programmi di studio in Russia oppure offre loro borse di studio per condurre ricerche su temi russi, e organizza “tavole rotonde” di esperti su importanti aree o questioni di politica estera. La “tavola rotonda” più influente creata dalla Fondazione prima dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina erano i cosiddetti “Potsdam Meetings”, degli incontri con le élite politiche e diplomatiche della Germania.


Le attività del Russkij Mir hanno avuto qualche influenza sul conflitto in Ucraina?


In quanto organizzazione pienamente integrata nella verticale del governo russo, la fondazione Russkij Mir e il suo leader Vjačeslav Nikonov sostengono pienamente e incondizionatamente l’aggressione russa in Ucraina.


Una parte significativa delle notizie sul sito web della fondazione sono le quotidiane “Notizie sull’operazione speciale”, oltre a numerose notizie che criticano le azioni dell’Ucraina e dei suoi alleati nel campo della cultura, oppure sui successi della russificazione nei territori occupati. Quest’ultimo tema è proprio quello più vicino alle aree di interesse delle attività della fondazione e quindi anche quello più promosso e comunicato. Si tratta, per esempio, della conversione forzata delle scuole ucraine ai programmi di studio russi, dell’acquisto di libri di testo ideologicamente verificati e di libri russi al posto di quelli ucraini per le biblioteche, della promozione del cambio di cittadinanza, ecc.


La cultura russa viene quindi utilizzata come strumento di influenza o addirittura dominio della Federazione Russa? Quali sono le ragioni dell’embargo sulla cultura russa richiesto dagli ucraini?


Provo a dare una risposta breve. Sì, la cultura russa viene utilizzata come strumento di influenza e dominio a diversi livelli ed esplicitamente. Per accorgersene basta dare una lettura ad alcuni documenti fondamentali della politica estera della Federazione Russa, come quello intitolato “La concezione della cooperazione umanitaria internazionale della Federazione Russa” del settembre 2022 o il più recente “Concezione della politica estera” del marzo 2023, che teorizzano esplicitamente questo uso della cultura russa come strumento per raggiungere gli obiettivi di politica estera. Il libro che abbiamo curato descrive in modo assai particolareggiato, attraverso l’analisi delle attività di queste istituzioni, proprio la tradizionale strumentalizzazione dell’insegnamento della cultura e della lingua russe per raggiungere gli obiettivi militari e di politica estera del regime, primo fra i quali è la riorganizzazione dello spazio post-sovietico in una nuova entità politica, che in un futuro immaginario diventi la base di una più forte posizione della Russia nel mondo multipolare. Inoltre, ci sono anche altri importanti fattori problematici. Il primo è la contraddizione fra l’idea di cultura come potenziale fattore pacificatore e apolitico, che è molto diffusa nelle società occidentali, e l’utilizzo della cultura a fini di assimilazione culturale che gli ucraini stanno sperimentando in questa guerra e che è del tutto simile all’uso delle armi per la conquista e la distruzione fisica. La base ideologica dell’ultima ondata di aggressione è stato l’articolo di Putin “Sull’unità storica di russi e ucraini” del luglio 2021 sul sito della presidenza della Federazione russa, che postula l’idea in realtà non nuova che esista una “unica nazione”, che è stata divisa artificialmente da confini creati da politici criminali a Kyiv.


La russificazione attraverso la politica storica e linguistica, attraverso i media e le pratiche commemorative, attraverso la creazione di uno spazio culturale unico sono i pilastri della politica culturale russa nei paesi che cerca di annettere, soprattutto nelle regioni già occupate militarmente.


La seconda questione non è tanto la strumentalizzazione della cultura per scopi politici, ma la messa a punto di meccanismi di dominio e sottomissione degli altri nel corpo stesso della cultura russa, nella percezione del suo valore e status rispetto ad altre culture. È stato questo fattore a lanciare il dibattito sulla possibilità o addirittura necessità di decolonizzare gli studi accademici sulla Russia nei paesi occidentali e non solo, sulla necessità di smettere di guardare all’Ucraina e agli altri paesi post-sovietici o dell’Europa orientale attraverso il prisma russo come se la Russia fosse l’unico paese con una legittima tradizione storica. Si tratta, da una parte, di dare voce a questi altri paesi e, dall’altra, di stimolare la riflessione e – possibilmente – l’autoriflessione sugli elementi coloniali della cultura russa.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

8 luglio 2025. Perquisizioni e arresti per Revol’t Centr a Syktyvkar.

Ieri, martedì 8 luglio 2025, a Syktyvkar, capoluogo della Repubblica dei Komi nella Russia europea nordoccidentale, le forze dell’ordine hanno perquisito i collaboratori e i locali di Revol’t Centr, spazio culturale indipendente dedicato a Revol’t Pimenov, matematico e dissidente, tra i fondatori di Memorial Komi e del movimento Memorial stesso, scomparso nel 1990. È stata perquisita anche l’abitazione di Igor’ Sažin (nella foto), come Pimenov tra i fondatori di Memorial Komi. Sažin è stato prelevato e quindi interrogato in qualità di testimone. Inoltre, nel corso della mattina, attivisti, difensori dei diritti umani e giornalisti sono stati perquisiti e interrogati a Petrozavodsk, Kaliningrad, Novgorod, Irkutsk e Joškar-Ola: alcune di queste perquisizioni sembrano essere collegate a quella svolta presso Revol’t Centr. Così si è espresso Memorial Komi: Nella mattina dell’8 luglio 2025 le forze dell’ordine hanno effettuato perquisizioni ingiustificate nei confronti dei collaboratori dello spazio culturale indipendente Revol’t Centr a Syktyvkar. Non esiste alcuna spiegazione di carattere pubblico circa le motivazioni di queste perquisizioni. Riteniamo illecite tali azioni. Revol’t Centr è uno spazio culturale che ospita fiere del libro, conferenze di storia, mostre fotografiche e molto altro. Per tutti noi Revol’t Centr promuove i valori della libertà, della creatività e dell’amore per la nostra città! Condividiamo le parole di solidarietà, sostegno e gratitudine di Memorial: per noi Revol’t Centr è simbolo di libertà e intraprendenza nella terra del Gulag, simbolo di memoria e superamento delle difficoltà, ma anche simbolo di una natura fatta di erica, muschio e licheni. Come riportato dalla testata giornalistica indipendente Vot Tak, in seguito alle perquisizioni è stata arrestata Dar’ja Černyšova, direttrice di Revol’t Centr, accusata di avere violato le norme previste in quanto agente straniera. In realtà Černyšova non è mai stata iscritta nel cosiddetto registro degli agenti stranieri, ma nel 2023 è stato iscritto nel registro il portale d’informazione indipendente 7×7 Gorizontal’naja Rossija con il quale Černyšova ha collaborato fino al 2022. Contestualmente è stato avviato un procedimento per tradimento della patria nei confronti di Pavel Andreev. Andreev, oltre a essere uno dei creatori di 7×7 Gorizontal’naja Rossija e di Revol’t Centr, è anche uno degli attivisti di spicco di Memorial, essendo stato membro del consiglio direttivo di Memorial Internazionale fino alla sua chiusura imposta dal governo russo nel 2022. Il nostro collega al momento non si trova nella Federazione Russa.

Leggi

Roma, 9 luglio 2025. Ukraine and Italy. Why does Crimea unite us?

A Roma mercoledì 9 luglio alle 15:00 presso Europa Experience David Sassoli FIDU Federazione Italiana Diritti Umani, come Memorial Italia partner della campagna People First, Human Rights Centre ZMINA, IPHR International Partnership for Human Rights e Europa Radicale con il sostegno di Crimea Platform Office presentano l’incontro Ukraine and Italy. Why does Crimea unite us? Mercoledì 9 luglio la sede romana di Europa Experience (piazza Venezia 6c) ospita l’incontro Ukraine and Italy. Why does Crimea unite us? per discutere della attuale situazione della Crimea con particolare riferimento alle gravi violazioni dei diritti umani in corso nei territori occupati dalla Federazione Russa. L’incontro prevede anche la proiezione di un documentario sulla storia dei tatari di Crimea. L’iniziativa si svolge nell’ambito della quarta Ukraine Recovery Conference. La partecipazione è libera previa registrazione all’indirizzo https://forms.gle/8vZpUYHfdF2ZYdKi6.

Leggi

2 luglio 2025. Risposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale all’interrogazione della deputata Lia Quartapelle in merito al caso di Ruslan Sidiki.

Il 2 luglio 2025 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha risposto all’interrogazione presentata il 20 dicembre 2024 dalla deputata del Partito Democratico Lia Quartapelle a proposito del trentaseienne prigioniero politico Ruslan Sidiki, doppia cittadinanza, russa e italiana, attualmente condannato nella Federazione Russa a ventinove anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki abbiamo già avuto modo di parlare. Interrogazione della deputata Lia Quartapelle Ruslan Sidiki, 36 anni, è un cittadino con doppia cittadinanza italiana e russa;il signor Sidiki ha rivendicato la responsabilità per le esplosioni avvenute nella base aerea militare di Djagilevo il 20 luglio 2023, e per un sabotaggio alla linea ferroviaria nella regione di Rjazan’, che ha causato il deragliamento di un treno merci, alcuni mesi dopo. Non sono stati riportati decessi e l’obiettivo dichiarato da Sidiki era quello di danneggiare infrastrutture militari;il signor Sidiki è detenuto in carcere dal 1 dicembre 2023. Il 27 novembre 2024 il tribunale di Mosca ha prorogato la sua detenzione cautelare di ulteriori tre mesi, portandola a un totale di 15 mesi. Viene accusato di compiere un atto terroristico, ma Ruslan lo nega ritenendolo soltanto un atto di sabotaggio;secondo una testimonianza raccolta dal media indipendente russo Mediazona, dopo l’arresto il signor Sidiki sarebbe stato sottoposto a reiterate torture fisiche e psicologiche, tra cui percosse, scosse elettriche tramite dispositivi come telefoni da campo e taser, minacce di mutilazioni genitali e stupro, nonché pressioni psicologiche, al fine di estorcergli confessioni e informazioni. Le torture sarebbero avvenute in più fasi: durante l’interrogatorio iniziale, nei trasferimenti e nei giorni successivi all’arresto;l’avvocato del signor Sidiki ha presentato mesi fa una denuncia per torture al presidente del comitato investigativo russo, senza ricevere alcuna risposta ufficiale. Si ritiene che le torture siano cessate grazie alla tutela dell’avvocato, il quale, tuttavia, opera grazie a raccolte fondi volontarie che potrebbero terminare, mettendo a rischio la difesa legale del signor Sidiki;le autorità russe impediscono alle istituzioni italiane di visitare e assistere il signor Sidiki, in quanto risulta entrato in Russia con il passaporto russo e quindi considerato esclusivamente cittadino russo –:quali iniziative siano state adottate, o si intenda adottare, per garantire che il signor Ruslan Sidiki, cittadino italiano, riceva un processo equo, venendo tutelato da violazioni dei diritti umani durante la detenzione;se il Governo abbia chiesto chiarimenti alle autorità russe in merito alle accuse di tortura denunciate dal signor Sidiki e quali risposte siano state ottenute. Risposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale segue sin dal principio il caso del signor Ruslan Sidiki, doppio cittadino italo-russo, benché non sia mai pervenuta alcuna comunicazione ufficiale dalle Autorità russe in merito al suo arresto.Il signor Sidiki fu fermato presso l’aeroporto di Vnukovo, a Mosca, a fine novembre 2023 in quanto sospettato di aver fatto esplodere l’11 novembre 2023 un treno merci nella regione di Rjazan’, circa 200 chilometri a sud della capitale. Il Consolato generale a Mosca, appresa la notizia da fonti stampa russe nella mattinata del 1 dicembre 2023, si attivò prontamente per le opportune verifiche sul caso.Il signor Sidiki risulta residente a Rjazan’ a seguito del trasferimento, nel 2008, dal comune di Siracusa. È in possesso di un passaporto italiano dal 2012 e rinnovato, da ultimo, nel 2022.Da fonti stampa russe si è appreso che il signor Sidiki si sarebbe dichiarato colpevole durante l’interrogatorio e sarebbero stati aperti a suo carico due procedimenti penali per terrorismo e acquisizione illegale e trasferimento di esplosivi. Gli sarebbero stati imputati il concorso in un attacco con droni all’aeroporto militare di Djagilevo il 20 luglio 2023 e il deragliamento a mezzo esplosivi di un convoglio ferroviario l’11 novembre dello stesso anno.Nel corso delle azioni investigative, al signor Sidiki sarebbero stati sequestrati componenti per la fabbricazione di esplosivi e ordigni esplosivi, mezzi di comunicazione e supporti elettronici contenenti foto e video delle azioni commesse.L’11 dicembre 2023 sono state riformulate le accuse a carico del connazionale. Il signor Sidiki è stato accusato di aver commesso nell’interesse dell’Ucraina i reati, tra gli altri, di possesso, trasporto e vendita illegale di esplosivi, e preparazione di attività terroristica.Il Consolato Generale a Mosca ha in più occasioni sollecitato il Ministero degli esteri russo per ottenere aggiornamenti sul caso, ricevendo solo risposte interlocutorie, e ha formalizzato da tempo una richiesta di visita consolare.L’acquisizione di informazioni risulta particolarmente difficile a causa della doppia cittadinanza del signor Sidiki. Il Governo russo è infatti molto restio nel consentire alle autorità diplomatico-consolari straniere di agire a tutela di doppi cittadini che abbiano anche la cittadinanza russa.Nel caso di specie, la situazione è resa ulteriormente complessa dal fatto che il signor Sidiki ha acquisito la cittadinanza italiana a seguito di quella russa, che invece possiede dalla nascita.Tutto questo avviene, peraltro, nel quadro di relazioni con la Federazione russa gravemente pregiudicate a seguito della ingiustificata aggressione dell’Ucraina.Il Consolato Generale a Mosca si è mantenuto in contatto costante con il legale del connazionale.Il 3 ottobre 2024 l’avvocato ha ricevuto l’autorizzazione – negata due volte in precedenza – ad effettuare una visita al suo assistito nel centro di custodia cautelare di Mosca n. 5.Il 15 aprile 2025 il legale ha informato il Consolato che il signor Sidiki è stato portato a Rjazan’ e che i seguiti del processo si sarebbero tenuti presso il Tribunale Militare di Rjazan’, luogo di nascita del connazionale e di presunto compimento dell’attentato.Il 23 maggio 2025 si è tenuta a Rjazan’ l’udienza dibattimentale del processo al connazionale Ruslan Sidiki, cui hanno partecipato in qualità di osservatori rappresentanti del Consolato Generale a Mosca, in seguito alla quale è stata pronunciata sentenza di condanna a ventinove anni di reclusione in primo grado.Da quanto appreso dal legale del connazionale, il signor Sidiki sarebbe intenzionato a fare ricorso e a richiedere di essere inserito in un programma di scambio di prigionieri.Il Consolato Generale a Mosca continuerà a sollecitare un riscontro dalle autorità russe circa la richiesta di visita consolare e a seguire il caso con attenzione, in stretto raccordo con la Farnesina. Illustrazione in copertina di Marija Tolstova /

Leggi