Bollettino della Russia che resiste 11-23 marzo 2024

Notizie e fotografie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

 

“I voti” contro la guerra e contro Putin

Ecco le fotografie di alcune delle numerosissime schede elettorali con scritte contro la guerra con cui gli elettori hanno espresso il loro dissenso alle “elezioni” presidenziali del 15-17 marzo in Russia:

Ecco la traduzione delle scritte: “Smobilitazione”, “Per un mondo giusto”. Sopra al nome di Putin: “La Russia sarà libera, ammazzeremo i terroristi anche al cesso (nota espressione usata da Putin per commentare la seconda guerra cecena); No alla guerra”, “No alla guerra. Pace a tutti. Assassino (accanto al nome di Putin)”, “Da 753 giorni la Russia conduce una guerra di aggressione contro un Paese vicino. Fino ad ora non ci siamo resi conto delle nostre responsabilità. Criminale di guerra – all’Aia (accanto al nome di Putin)”, “No alla guerra. Putin è un assassino. No al fascismo”, “NO ALLA GUERRA”, “No alla guerra!!!!”,No a Putin!!!”, “Naval’nyj Aleksej Anatol’evič. No alla guerra”;  “Naval’nyj è il mio presidente. No alla guerra”.

“Fanculo a tutti voi e fanculo alla guerra”: un uomo di Sterlitamak è stato arrestato per aver scritto queste parole sulla sua scheda elettorale. In seguito, dopo aver ricevuto una diffida, è stato rilasciato. “Ho usato un pennarello indelebile, quindi la scritta traspariva all’esterno e la scheda elettorale mi è stata portata via”, ha detto il giovane.

  • Il 18 marzo una ragazza di Jalta, che non ha voluto rivelare la sua identità, è stata arrestata per aver scritto con pennarello blu e giallo sulla scheda elettorale: “Occupanti, via!”, “Stiamo aspettando le forze armate ucraine” e “All’inferno!”. Alla giovane, che nega l’accaduto, è stato fatto un verbale per “diffamazione dell’esercito russo”.
  • “No alla guerra, pace all’Ucraina”: un diciottenne di Sebastopoli è stato arrestato a causa di questa scritta trovata sulla sua scheda elettorale. La scritta è stata scoperta quando il ragazzo aveva già abbandonato il seggio, dove è stato inviato un gruppo investigativo-operativo guidato dal vice capo del Dipartimento degli Interni per la tutela dell’ordine pubblico. A quel punto l’abitazione del giovane è stata perquisita dai collaboratori del Centro “Ė” (Dipartimento per la lotta all’estremismo).
  • Il 17 marzo a Vladikavkaz una diciannovenne di nome Amina è stata fermata in un seggio elettorale a causa della sua scheda elettorale rovinata. Secondo quanto riferito, la ragazza aveva scritto sulla scheda “Ladro. No alla guerra” prima di inserirla nell’urna. La giovane ha denunciato un poliziotto per averla trascinata fuori dalla cabina per il braccio facendole male.
  • A Mosca El’mira Jakupova è stata arrestata per aver scritto “No alla guerra” su una scheda elettorale. La donna, a cui era stato sequestrato il telefono, è stata poi rilasciata con un verbale per “diffamazione dell’esercito russo”.

Il “Mezzogiorno contro Putin”

Di seguito pubblichiamo alcune fotografie delle code ai seggi elettorali in diverse città russe alle ore 12.00 del 17 marzo 2024 per l’azione di protesta “Mezzogiorno contro Putin”, organizzata da Maksim Reznik, ex deputato del consiglio comunale di San Pietroburgo, e sostenuta da molti politici e attivisti dell’opposizione, tra cui il leader dell’opposizione assassinato Aleksej Naval’nyj. L’idea alla base di questa iniziativa è che “tutti coloro che sono contro Putin devono andare ai loro seggi elettorali esattamente a mezzogiorno. Si possono prendere le schede elettorali come ricordo. Si può scrivere qualsiasi frase sulla scheda elettorale. Si può votare per qualsiasi altro cosiddetto candidato.” Inoltre, gli organizzatori dell’azione di protesta hanno scritto: “Dobbiamo mostrare finalmente al mondo intero che non siamo stati noi, ma lui ad avere iniziato questa guerra, e noi non lo votiamo!”.

Provvedimenti amministrativi e procedimenti penali

  • Una donna di Mosca è stata multata a seguito di una denuncia per una viola del pensiero gialla e blu cucita sulla sua borsa: il fiore è stato considerato una forma di diffamazione dell’esercito perché secondo le forze dell’ordine “riproduceva la combinazione di colori della bandiera ucraina” ed era “uno strumento di propaganda visiva, un atteggiamento negativo nei confronti dell’operazione militare speciale in corso”. La donna ha poi raccontato: “Nel gennaio 2024, un passeggero della metropolitana mi aveva denunciato e, dopo essere stata individuata dalle telecamere di riconoscimento facciale, ero stata arrestata”.
  • Aleksej A., un ventiquattrenne di Mosca, è stato multato per 30 mila rubli (circa 300 euro, pari a 1,5 volte il salario minimo) e trattenuto per 15 giorni per aver scritto sull’asfalto alcuni slogan contro la guerra con gessetti blu e gialli e per aver disegnato la bandiera dell’Ucraina. È stato dichiarato colpevole di “diffamazione dell’esercito russo” e di teppismo perché, a detta delle autorità, dopo l’arresto avrebbe usato un linguaggio scurrile.
  • L’8 marzo a Soči Marija Tichonina è stata multata per 40 mila rubli (circa 400 euro, pari a 2,5 volte il salario minimo) per aver mostrato la scritta “Fanculo la guerra” sullo schermo del suo telefono durante il “Festival mondiale della Gioventù” (tenutosi in Russia dal 29 febbraio al 7 marzo). La ragazza è stata dichiarata colpevole di “diffamazione dell’esercito russo”.
  • Il 16 febbraio il Ministero degli Interni ha revocato per la prima volta la cittadinanza a un cittadino russo condannato per “diffusione di fake news sull’esercito”. Nell’aprile 2023, Aleksandr Somrjakov, trentasettenne originario della Moldavia, era stato condannato a sei anni di detenzione in una colonia penale per alcuni post su Mariupol’ e su Buča che, secondo il tribunale, l’uomo avrebbe scritto per ottenere dei like.
  • Aleksandra Čirjat’eva di San Pietroburgo è stata trattenuta per 8 giorni e multata per 40 mila rubli (circa 400 euro, pari a 2,5 volte il salario minimo) per aver scritto “No alla guerra” sulla sua scheda elettorale. Il tribunale ha stabilito che la donna ha diffamato l’esercito russo e danneggiato un bene di proprietà statale.
  • Julija Tiščenko della regione di Tula è stata condannata a quattro anni di reclusione in una colonia penale per aver pubblicato un post in cui esortava a donare dei fondi alle forze armate ucraine. La ragazza è stata dichiarata colpevole di “istigazione via Internet ad attività volte a minare l’integrità territoriale russa”.
  • Suf’jan Šamuratov di Sinferopoli è stato multato per duemila rubli (circa 200 euro) per aver salvato sulla sua pagina di “VKontakte” la canzone dal titolo “Gloria all’Ucraina”.
  • Marija Alekseeva di Podol’sk, fermata a causa di una scritta contro la guerra sulla sua scheda elettorale, è stata multata per 30 mila rubli (circa 300 euro, pari a due volte il salario minimo) e le è stato fatto un verbale per diffamazione dell’esercito.
  • A Balakovo, l’osservatore elettorale Damir Chisjametdinov è stato trattenuto durante le “elezioni” e gli sono stati fatti due verbali per diffamazione dell’esercito, il primo dei quali è stato redatto a seguito della delazione di una giornalista della testata “ProBalakovo”, che non ha apprezzato la frase “Putin getta la gente sotto i carri armati per 250.000 al mese” pronunciata dall’uomo al seggio elettorale il 16 marzo. Il secondo verbale è stato redatto a causa di una fotografia risalente al febbraio 2022 trovata sulla sua pagina di “Vkontakte” dalla polizia.
  • Andrej Tarasov, segretario della sezione del Partito Comunista della Federazione Russa a Kostroma, è stato arrestato per aver pubblicato un post con l’invito a presentarsi alle urne corredato dalla fotografia di una scheda elettorale con il nome di Vladimir Putin cancellato. All’uomo, che è stato obbligato a cancellare il post, è stato fatto un verbale per diffamazione dell’esercito.
  • “Il vostro presidente ha iniziato una guerra criminale”: un uomo del Territorio di Krasnodar  è stato multato per 50 mila rubli (circa 500 euro, pari a 2,6 volte il salario minimo) e accusato di diffamazione dell’esercito per aver gridato questa frase in un seggio elettorale. La notizia è stata riferita al canale OVD-Info dalla figlia.
  • Georgij Avangard, residente nella città di Ščёkino, nella regione di Tula, è stato arrestato per alcuni commenti contro la guerra. Secondo quanto raccontato dall’uomo a OVD-Info, un vicino, su richiesta della polizia, gli ha bussato alla porta e, quando Georgij ha aperto, nell’appartamento hanno fatto irruzione alcuni agenti che gli hanno intimato di seguirli alla stazione di polizia. Il ragazzo è stato portato al dipartimento del Ministero degli Interni della regione di Ščёkino, dove è stato interrogato riguardo alla sua attività su internet. Avangard, a cui è stato chiesto di sbloccare il telefono, si è rifiutato di farlo, nonostante le minacce di un collaboratore del Centro “Ė” (Dipartimento per la lotta all’estremismo). Il ragazzo è stato poi rilasciato dopo che gli è stato fatto un verbale per diffamazione dell’esercito.
  • Nikolaj Cymbaljuk del Territorio dell’Altaj è stato arrestato e messo in custodia cautelare per aver  esortato a devolvere dei fondi alle forze armate ucraine. É stato un suo conoscente a riferirlo al canale OVD-info e il giornale online “Bankfax” della regione dell’Altaj ha riportato la notizia rimandando al servizio stampa dell’FSB. Stando alle accuse, l’uomo avrebbe “creato di proposito un canale sui social e lo avrebbe riempito di contenuti anti-russi”, consigliando anche di ” fornire assistenza a organizzazioni terroristiche filo-ucraine le cui attività sono vietate in Russia”. “Bankfax” ha pubblicato il video dell’arresto dell’uomo riportando gli screenshot dei post in cui Cymbaljuk invitava a donare e acquistare attrezzature militari per le forze armate ucraine condannando l’invasione russa.
  • Il tribunale di Sterlitamak ha dichiarato Evgenij Šepelev colpevole di diffusione di “fake news” sull’esercito russo e lo ha condannato a cinque mesi di lavori socialmente utili con una trattenuta del 5% del suo stipendio a favore dello Stato. Ajdar Chyzyrov, avvocato che ha rappresentato gli interessi dell’imputato, lo ha riferito al canale OVD-info, aggiungendo che l’accusa aveva chiesto di condannare l’uomo a un anno di lavori socialmente utili, a causa di un post sui crimini dell’esercito russo a Izjum pubblicato, secondo gli inquirenti, nel settembre 2022 sulla sua pagina di “VKontakte”.
  • Vsevolod Korolëv, documentarista di San Pietroburgo, è stato condannato a tre anni di reclusione in una colonia penale. L’uomo è finito sotto processo per diffusione di “fake news” sull’esercito a causa di alcuni contenuti pubblicati sul social network “VKontakte” riguardo ai crimini di guerra dei soldati russi in Ucraina.

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

Memorial Political Prisoners Support aiuta da tempo in modo autonomo i cittadini ucraini detenuti nelle carceri delle Federazione Russa per ragioni di carattere politico. Al momento la situazione è ulteriormente peggiorata e per questo motivo l’associazione desidera chiedere sostegno anche attraverso la rete dei Memorial europei, promuovendo una campagna di raccolta fondi. Le donazioni saranno destinate alla copertura delle spese legali e alla fornitura di aiuti umanitari. I prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa hanno bisogno di assistenza legale, hanno bisogno di aiuti umanitari, ma soprattutto hanno bisogno di non essere dimenticati. Per maggiori informazioni e per contribuire –> Urgent appeal: help Ukrainian prisoners in Russia – Поддержка политзаключённых. Мемориал. Appello urgente: raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nella Federazione Russa. La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. Qualche compagno, per fortuna, mi dà una mano come può. Grazie infinite per il vostro tempo e per aver letto la mia richiesta.” Janina Akulova, condannata a nove anni di colonia penale a regime ordinario e a una multa di 700.000 rubli, chiede aiuto per un’altra detenuta: “C’è una ragazza qui che ha urgente bisogno d’aiuto, non ha letteralmente nulla. Noi cerchiamo di tenere duro, ma lei è messa davvero male. Dico sul serio: non ha niente di niente, neppure l’essenziale per lavarsi. Le abbiamo dato quello che potevamo, ma… potete ben capire.” Per continuare a spedire pacchi, servono attualmente 3.320 euro. Assistenza legale Non possiamo divulgare l’identità dei prigionieri ucraini che difendiamo legalmente: metteremo a rischio loro e i loro avvocati. Attualmente sono decine gli uomini e le donne – già condannati o in attesa di giudizio – che dipendono dal nostro aiuto. Quello che gli ucraini sono costretti a subire nelle carceri russe è sconvolgente anche per chi credeva di conoscere bene la brutalità del sistema. Condizioni inumane, torture, violenza oltre ogni limite. Benché, in assenza di un processo equo, un avvocato non possa garantire la liberazione di un innocente, il suo lavoro resta fondamentale. L’avvocato tutela i diritti del detenuto, richiama l’attenzione pubblica sul caso e, spesso, è l’unico interlocutore libero con cui il prigioniero possa comunicare direttamente, l’unico tramite per mantenere un legame con i familiari. Da mesi finanziamo gli avvocati che seguono decine di prigionieri ucraini. Molti casi durano da più di sei mesi e non accennano a finire. Per garantire assistenza legale ai prigionieri politici ucraini servono 31.300 euro. Totale della raccolta: 38.000 euro.Il 10% della somma sarà destinato a coprire le commissioni dei sistemi di pagamento e le perdite dovute alla conversione in rubli. Ogni donazione è importante! La cifra si può raggiungere solo se sono in tanti a contribuire, anche con un piccolo gesto. Al momento, per poter fare la differenza, abbiamo un enorme bisogno non solo di donazioni, ma anche di aiuto nella condivisione. Se 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna, potremmo farcela. 5 giugno 2025

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Ruslan Sidiki condannato a 29 anni di reclusione.

Il 23 maggio 2025 presso il tribunale militare di guarnigione di Rjazan’ il pubblico ministero Boris Motorin ha chiesto per Ruslan Sidiki una condanna a trent’anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki, 36 anni e doppia cittadinanza, russa e italiana, abbiamo già avuto modo di parlare. Dopo di lui ha preso la parola Igor’ Popovskij, l’avvocato di Sidiki. Il difensore ha spiegato nel dettaglio perché la versione dell’accusa non corrisponde ai fatti e, perciò, a verità. Nei casi in esame la definizione giuridica delle azioni del suo assistito non può rientrare negli articoli riguardanti il “terrorismo”. Quanto da lui compiuto può far capo, piuttosto, alla categoria “sabotaggio”. In due punti, a sostenere le accuse di terrorismo sono le invenzioni degli inquirenti e le deposizioni estorte sotto tortura. L’avvocato Popovskij ha infine ricordato che, in base alla Convenzione di Ginevra e a quanto da essa affermato “in data 12 agosto 1949 sul trattamento dei prigionieri di guerra”, Ruslan Sidiki andrebbe considerato come tale. L’anarchico Ruslan Sidiki è stato alla fine condannato a 29 anni di carcere. Si tratta della pena più severa mai inflitta per azioni contro infrastrutture militari e, in genere, per azioni che non hanno causato vittime. È l’ennesimo atto intimidatorio contro i dissidenti. Riportiamo in italiano il testo dell’ultima dichiarazione pronunciata da Ruslan Sidiki prima della lettura della sentenza. Mi rincresce che le mie azioni abbiano messo in pericolo Bogatyrëv*, Tarabuchin** e Unšakov***. Non erano loro il mio obiettivo e sono lieto che la loro salute non abbia subito danni gravi. Il mio obiettivo erano i mezzi militari russi e gli anelli della logistica militare per il trasporto di mezzi e carburante. Era il modo che avevo scelto per ostacolare le operazioni militari contro l’Ucraina. Naturalmente la notizia di un’esplosione e il clamore suscitato possono spaventare le persone. Lo stesso vale per i missili che sorvolano le case e per le prime operazioni militari: anche loro hanno lo scopo di intimidire la popolazione del Paese contro cui tali azioni sono dirette. Come ho già ampiamente ripetuto, non era mia intenzione intimidire nessuno. Ho scelto io gli obiettivi: ho attaccato la base aerea militare con l’intento di distruggerne i velivoli. Ho fatto saltare il treno per mettere fuori uso la linea ferroviaria su cui avevo individuato un discreto movimento di mezzi militari. Vorrei che fosse chiaro che ho studiato attentamente il movimento dei treni sulla linea che ho fatto saltare per assicurarmi che non ci fossero treni passeggeri. Per maggiore sicurezza, ho controllato visivamente il tutto prima dell’esplosione. Se non mi importasse della vita altrui, avrei potuto far deragliare il treno senza un mio intervento diretto. Non ho avuto nulla a che fare con chi ha tentato di fabbricare, poi, un nuovo ordigno esplosivo per far deragliare un altro treno. L’esplosione dell’11 novembre 2023 aveva già suscitato molto clamore ed ero perfettamente consapevole che le misure di sicurezza sarebbero state rafforzate. Inoltre, avevo già la morte di mia nonna a cui pensare. Con la popolazione russa ho rapporti neutrali. Dal 2014 ho con loro alcune divergenze su certi fatti, ma non è, per me, un motivo sufficiente per odiare qualcuno. L’impossibilità di influenzare pacificamente le azioni di chi ci governa, così come il tribunale che attende coloro che non condividono la politica dello Stato inducono alcuni a lasciare il Paese e altri a restare e a passare all’azione. Indipendentemente dalla gravità del reato, l’uso della tortura durante gli interrogatori è inaccettabile in qualunque caso, se diciamo di vivere in uno Stato di diritto. Torturare con scariche elettriche e picchiare una persona legata sono atti riprovevoli in massimo grado, la cui responsabilità ricade non solo su chi ha applicato metodi in questione, ma anche su chi è consapevole che essi vengono usati, non li contrasta e, anzi, è complice nel tenerli nascosti. Concludo recitandovi un frammento di una poesia di Nestor Machno: Che ci seppelliscano anche subito: ciò che davvero siamo non diverrà Oblio, risorgerà al momento dovuto e vincerà. Ne sono certo, io. * Aleksandr Ivanovič Bogatyrëv, camionista presso la Avargard s.r.l.. Il 23/07/2023 trasportava erba falciata da un campo vicino al villaggio di Tjuševo, regione di Rjazan’. Uscendo su una strada sterrata vicino al campo, centrò con una ruota un drone esplosivo. Che scoppiò. Bogatyrëv non rimase ferito. ** Sergej Aleksandrovič Tarabuchin, assistente macchinista dello stesso treno. A seguito dello scoppio del finestrino, ha riportato graffi al viso e a un braccio. *** Dmitrij Nikolaevič Unšakov, macchinista del treno merci n. 2018, che l’11 novembre 2023 era ripartito dalla stazione di Rybnaja. Si trovava nella cabina di guida al momento dell’esplosione sui binari. A seguito dell’esplosione ha riportato escoriazioni alla mano.

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Milano, 8 giugno 2025. “I confini dell’impero di Putin” con Oleg Orlov.

Grazie a Radio Popolare siamo onorati e felici di ospitare a Milano Oleg Orlov, cofondatore di Memorial ed ex copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial. In copertina: Oleg Orlov durante la lettura della sentenza presso il tribunale distrettuale Golovinskij di Mosca. Foto: Svetlana Vidanova / Novaja Gazeta. In occasione della festa di Radio Popolare All you need is love che si svolge a Milano nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini (via Ippocrate 47) domenica 8 giugno alle 15:30 Oleg Orlov parteciperà all’incontro I confini dell’impero di Putin con Anna Zafesova, giornalista e scrittrice, autrice del recente volume Russia. L’impero che non sa morire, e Lia Quartapelle, vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Modera Michele Migone di Radio Popolare. Oleg Orlov è stato scarcerato dal centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’ nella regione di Samara il 1 agosto 2024 nel contesto di un ampio scambio di prigionieri politici tra Russia e Occidente. Il 27 febbraio 2024 Oleg Orlov, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial e membro della neoricostituita Associazione Internazionale Memorial, era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione in colonia penale a regime ordinario in base all’articolo del codice penale della Federazione Russa che punisce il “vilipendio reiterato delle forze armate”. Orlov è diventato un obiettivo della repressione dopo la pubblicazione dell’articolo Volevano il fascismo in Russia e l’hanno ottenuto. Ricordiamo che nel 2014 l’allora Centro per i diritti diritti umani Memorial e poi nel 2016 Memorial International erano stati dichiarati agenti stranieri e che nel 2021 entrambe le associazioni sono state chiuse in via definitiva con sentenza della Corte suprema della Federazione Russa secondo la quale Memorial avrebbe “diffuso un’immagine falsa dell’Urss come Stato terrorista”. Chi è Oleg Petrovič Orlov? Carattere schivo ma deciso, Oleg Petrovič Orlov è una delle anime del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, nonché membro del Movimento democratico unitario Solidarnost’. Nato a Mosca nel 1953 e biologo di formazione, tra la fine degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta, mentre lavora all’Istituto di fisiologia vegetale dell’Accademia delle scienze, stampa e diffonde volantini con appelli contro la guerra in Afghanistan e riflessioni sulla situazione polacca e sul sindacato Solidarność. Nel 1988 entra formalmente nel gruppo di iniziativa della nascente associazione Memorial di cui diventa di fatto uno dei fondatori. Continua a leggere. “Ci sono momenti in cui è impossibile tacere”Il documentario Ritorno alle repressioni. Oleg Orlov, pubblicato il 22 aprile 2023, fa parte del progetto Priznaki žizni (Segni di vita) di Radio Free Europe / Radio Liberty. In una lunga intervista, a più di trent’anni di distanza dalla fondazione di Memorial, Orlov ammette che le speranze di allora non si sono concretizzate. La Russia è tornata a una situazione di illibertà ancora più grave di quella della sua gioventù, vissuta negli ultimi anni dell’Urss di Brežnev. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il giro di vite del Cremlino all’interno della Federazione Russa è stato violento. In base ai nuovi articoli di legge sulle fake news e sul vilipendio delle forze armate, le pene detentive per diffusione di informazioni indipendenti sulla guerra sono diventate abnormi. Orlov ritiene che le ragioni del ritorno della Russia a una situazione di illibertà siano il militarismo e il mito dell’impero, l’idea che lo stato sia più importante della vita e dei diritti dei cittadini.

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