Bollettino della Russia che resiste, 1-7 aprile 2024

Notizie e fotografie raccolte e riportate da volontari di Memorial.

Processo a Skobov

“Gloria e libertà all’Ucraina! Morte all’assassino Putin! Non mi alzerò di fronte a questo giudice. Manco totalmente di rispetto a questo tribunale, poiché non è a servizio della legge, ma della dittatura nazista di Putin”: ecco le frasi pronunciate dall’oppositore sessantaseienne Aleksandr Skobov, arrestato a San Pietroburgo il due aprile, prima che il tribunale emetesse la sentenza definitiva.

L’uomo è stato accusato di pubblica apologia del terrorismo (art. 205.2 del Codice penale) a causa dei suoi post sull’attentato al ponte di Kerč’ del 17 luglio 2023, nei quali Skobov esprimeva il desiderio che il ponte venisse distrutto completamente.

L’oppositore si era regolarmente espresso contro il congelamento del conflitto in Ucraina e a favore del ripristino dei confini del 1991. Il 31 marzo 2024, in un’intervista al giornale “Okno” (finestra), l’uomo si era offerto di aiutare i battaglioni di volontari russi che combattono a fianco dell’Ucraina.

Mentre usciva dall’aula del tribunale, Aleksandr Skobov ha gridato: “Gloria all’Ucraina! Morte agli invasori russi!”.

Picchetti, provvedimenti amministrativi e procedimenti penali

Olga Avdeeva, chirurgo residente in Udmurtia, è stata multata per 120 mila rubli (circa 1200 euro, pari a 7,3 volte il salario minimo) per aver scritto “fascisti” sotto la “Z” dipinta con i colori del nastro di San Giorgio sulla facciata del teatro statale dell’Opera e del Balletto di Izhevsk. Non è la prima azione di protesta organizzata dalla donna, che regolarmente interviene contro la guerra in Ucraina. Ad esempio, nel giugno 2023, era stata arrestata per aver tenuto un picchetto solitario mostrando un cartello e indossando la tradizionale corona di fiori ucraina in testa.

Il 2 aprile Dmitrij Burakov, professore dell’Università statale dei trasporti Alessandro I di San Pietroburgo, è stato arrestato per “diffamazione dell’esercito russo” a causa della sua foto profilo sul social network “VKontakte”, in cui mostrava lo stemma ucraino e alcune dichiarazioni contro la guerra. Il professore è stato quindi prontamente licenziato dall’università e multato per 30 mila rubli (circa 300 euro, pari a 1,8 volte il salario minimo). 

Lo studente Oleg Tarasov  è stato espulso dall’Università statale di Mosca per decisione della “commissione etica”, per aver denominato la sua rete Wi-Fi “Gloria all’Ucraina!”,. In precedenza, per lo stesso motivo, gli era stato fatto un verbale per “apologia dell’estremismo” (articolo 20.3 del Codice dei reati amministrativi della Federazione Russa) e gli erano stati inflitti 10 giorni di detenzione amministrativa.

Il 4 aprile Dmitrij Bogut, fisico pietroburghese,  è stato accusato di “diffusione di fake news sull’esercito russo” su un sito Internet (punto d, parte 2 dell’articolo 207.3 del Codice penale). L’uomo è stato inviato in un centro di detenzione preventiva fino al 3 giugno.

Andrej Šabanov, musicista di Samara arrestato nel marzo del 2024, è stato accusato di istigazione al terrorismo e rischia sette anni di carcere. Per tutta la durata delle indagini, l’uomo sarà recluso in un centro di detenzione preventiva. In precedenza, nel 2022, era stato multato per 60 mila rubli (circa 600 euro, pari a 3,6 volte il salario minimo) per aver pubblicato dei post contro la guerra su Internet.

Il periodo di detenzione di Alsu Kurmaševa, giornalista di “Idel’.Realia”,  è stato prolungato di due mesi. In precedenza, erano stati avviati due procedimenti penali contro la giornalista: il primo per non essersi dichiarata “agente straniero” (articolo 330.1 del Codice penale), il secondo, avviato nel dicembre 2023, per “diffusione di fake news” sull’esercito a causa del libro documentario “No alla guerra. 40 storie di russi che si oppongono all’invasione dell’Ucraina”. A causa di questi due capi d’accusa la giornalista rischia 15 anni di carcere.

I cittadini russi continuano a essere multati a causa delle scritte contro la guerra lasciate sulle schede elettorali durante le elezioni presidenziali del marzo 2024. Ad esempio, un residente del Baškortostan è stato multato per 45 mila rubli (pari a 450 euro, circa 2,7 volte il salario minimo) per aver scritto una frase contro la guerra e per aver mostrato la sua scheda elettorale ai presenti prima di inserirla nell’urna. Queste azioni sono state considerate dal tribunale “pubblica diffamazione dell’esercito russo”.

Il 6 aprile alle 17:00 si è svolta un’azione di protesta con la guerra denominata “Pentole vuote”. L’azione è stata organizzata dal movimento “La strada verso casa”, composto dalle mogli di alcuni mobilitati: “Colpite forte le pentole. Ogni colpo che battete rappresenta tutto il dolore, tutte le emozioni, tutta la negatività e l’impotenza. Abbasso il regime repressivo delle autorità! Lasciate che i nostri uomini tornino a casa! Noi crediamo in voi”.

Julija Demensienko, una delle partecipanti al movimento “La strada verso casa”, è stata arrestata a San Pietroburgo per aver mostrato un nastro verde con la scritta “No alla guerra” nella piazza Campo di Marte.

Il 3 aprile è stata confermata la condanna al carcere per il diciasettenne Egor Balazejkin, accusato di terrorismo. Il giovane era stato arrestato per tentato atto terroristico a causa dei suoi tentativi falliti di incendiare dei commissariati militari.

Rifiuto di prestare servizio

Širchan Magamedaliev, militare russo del Territorio della Transbajkalia, si è rifiutato di partecipare alla guerra in Ucraina.  L’uomo è stato condannato a 2 anni e 3 mesi di reclusione in una colonia penale per essersi rifiutato di prendere parte alla guerra in Ucraina.

Voci dalle città 

Gli attivisti del movimento “Oblava”  hanno organizzato un’altra azione di protesta inviando delle corone funebri ai dipendenti della società “Aeroskan” di Iževsk, impresa che produce i droni utilizzati dall’esercito russo nella guerra in Ucraina. Uno degli attivisti ha commentato  l’azione con le seguenti parole: “Crediamo che i dipendenti delle imprese militari siano il principale motore della guerra. L’altro giorno, i dipendenti di un’impresa militare hanno ricevuto delle corone funebri che abbiamo inviato come monito per smettere di lavorare al servizio della guerra”.

Proteste nelle strade di Penza.

A Voronež alcuni attivisti hanno deposto delle bandiere arcobaleno sulle tombe dei partecipanti alla guerra in Ucraina.

In questo modo gli attivisti esprimono il proprio malcontento per la guerra in Ucraina e per il fatto che attualmente la comunità LGBT+ venga considerata un’organizzazione estremista” in Russia.

Cartelli “Primavera o guerra” lasciati da alcuni attivisti.

Creazioni di alcuni attivisti anonimi di San Pietroburgo.

“Pronto per essere rimandato a casa. Consegnato. Può essere spedito”, queste scritte alludono alle bare dei soldati russi che partecipano alla guerra in Ucraina.

A Eupatoria gli attivisti hanno scritto «Kezlev», il nome storico della città, sull’asfalto, In questo modo vogliono esprimere la loro speranza per la liberazione della Crimea dall’occupazione russa.

Volantini lasciati da alcuni attivisti nelle postazioni di tiro sul lungomare di Eupatoria.

“La Crimea spera di essere liberata dagli occupanti nel 2024”

Proteste online

Fotografie degli sticker e dei cartelli di alcuni attivisti della Crimea appartenenti al movimento “Il nastro giallo” pubblicate sul canale “Il vento della Crimea”.

Nei messaggi di un attivista del movimento si legge: “Continueremo a resistere. Faremo di tutto perché la bandiera ucraina molto presto sventoli di nuovo alla Verchovna Rada (Parlamento ucraino) della Repubblica autonoma della Crimea”.

Fotografia pubblicata sul canale “Il vento della Crimea” da alcuni attivisti di Teodosia con il nome storico della città “Kefe”. Il nome originale è stato usato dagli attivisti come simbolo per augurare alla Crimea la libertà dopo l’annessione alla Russia.

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

Memorial Political Prisoners Support aiuta da tempo in modo autonomo i cittadini ucraini detenuti nelle carceri delle Federazione Russa per ragioni di carattere politico. Al momento la situazione è ulteriormente peggiorata e per questo motivo l’associazione desidera chiedere sostegno anche attraverso la rete dei Memorial europei, promuovendo una campagna di raccolta fondi. Le donazioni saranno destinate alla copertura delle spese legali e alla fornitura di aiuti umanitari. I prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa hanno bisogno di assistenza legale, hanno bisogno di aiuti umanitari, ma soprattutto hanno bisogno di non essere dimenticati. Per maggiori informazioni e per contribuire –> Urgent appeal: help Ukrainian prisoners in Russia – Поддержка политзаключённых. Мемориал. Appello urgente: raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nella Federazione Russa. La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. Qualche compagno, per fortuna, mi dà una mano come può. Grazie infinite per il vostro tempo e per aver letto la mia richiesta.” Janina Akulova, condannata a nove anni di colonia penale a regime ordinario e a una multa di 700.000 rubli, chiede aiuto per un’altra detenuta: “C’è una ragazza qui che ha urgente bisogno d’aiuto, non ha letteralmente nulla. Noi cerchiamo di tenere duro, ma lei è messa davvero male. Dico sul serio: non ha niente di niente, neppure l’essenziale per lavarsi. Le abbiamo dato quello che potevamo, ma… potete ben capire.” Per continuare a spedire pacchi, servono attualmente 3.320 euro. Assistenza legale Non possiamo divulgare l’identità dei prigionieri ucraini che difendiamo legalmente: metteremo a rischio loro e i loro avvocati. Attualmente sono decine gli uomini e le donne – già condannati o in attesa di giudizio – che dipendono dal nostro aiuto. Quello che gli ucraini sono costretti a subire nelle carceri russe è sconvolgente anche per chi credeva di conoscere bene la brutalità del sistema. Condizioni inumane, torture, violenza oltre ogni limite. Benché, in assenza di un processo equo, un avvocato non possa garantire la liberazione di un innocente, il suo lavoro resta fondamentale. L’avvocato tutela i diritti del detenuto, richiama l’attenzione pubblica sul caso e, spesso, è l’unico interlocutore libero con cui il prigioniero possa comunicare direttamente, l’unico tramite per mantenere un legame con i familiari. Da mesi finanziamo gli avvocati che seguono decine di prigionieri ucraini. Molti casi durano da più di sei mesi e non accennano a finire. Per garantire assistenza legale ai prigionieri politici ucraini servono 31.300 euro. Totale della raccolta: 38.000 euro.Il 10% della somma sarà destinato a coprire le commissioni dei sistemi di pagamento e le perdite dovute alla conversione in rubli. Ogni donazione è importante! La cifra si può raggiungere solo se sono in tanti a contribuire, anche con un piccolo gesto. Al momento, per poter fare la differenza, abbiamo un enorme bisogno non solo di donazioni, ma anche di aiuto nella condivisione. Se 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna, potremmo farcela. 5 giugno 2025

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Ruslan Sidiki condannato a 29 anni di reclusione.

Il 23 maggio 2025 presso il tribunale militare di guarnigione di Rjazan’ il pubblico ministero Boris Motorin ha chiesto per Ruslan Sidiki una condanna a trent’anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki, 36 anni e doppia cittadinanza, russa e italiana, abbiamo già avuto modo di parlare. Dopo di lui ha preso la parola Igor’ Popovskij, l’avvocato di Sidiki. Il difensore ha spiegato nel dettaglio perché la versione dell’accusa non corrisponde ai fatti e, perciò, a verità. Nei casi in esame la definizione giuridica delle azioni del suo assistito non può rientrare negli articoli riguardanti il “terrorismo”. Quanto da lui compiuto può far capo, piuttosto, alla categoria “sabotaggio”. In due punti, a sostenere le accuse di terrorismo sono le invenzioni degli inquirenti e le deposizioni estorte sotto tortura. L’avvocato Popovskij ha infine ricordato che, in base alla Convenzione di Ginevra e a quanto da essa affermato “in data 12 agosto 1949 sul trattamento dei prigionieri di guerra”, Ruslan Sidiki andrebbe considerato come tale. L’anarchico Ruslan Sidiki è stato alla fine condannato a 29 anni di carcere. Si tratta della pena più severa mai inflitta per azioni contro infrastrutture militari e, in genere, per azioni che non hanno causato vittime. È l’ennesimo atto intimidatorio contro i dissidenti. Riportiamo in italiano il testo dell’ultima dichiarazione pronunciata da Ruslan Sidiki prima della lettura della sentenza. Mi rincresce che le mie azioni abbiano messo in pericolo Bogatyrëv*, Tarabuchin** e Unšakov***. Non erano loro il mio obiettivo e sono lieto che la loro salute non abbia subito danni gravi. Il mio obiettivo erano i mezzi militari russi e gli anelli della logistica militare per il trasporto di mezzi e carburante. Era il modo che avevo scelto per ostacolare le operazioni militari contro l’Ucraina. Naturalmente la notizia di un’esplosione e il clamore suscitato possono spaventare le persone. Lo stesso vale per i missili che sorvolano le case e per le prime operazioni militari: anche loro hanno lo scopo di intimidire la popolazione del Paese contro cui tali azioni sono dirette. Come ho già ampiamente ripetuto, non era mia intenzione intimidire nessuno. Ho scelto io gli obiettivi: ho attaccato la base aerea militare con l’intento di distruggerne i velivoli. Ho fatto saltare il treno per mettere fuori uso la linea ferroviaria su cui avevo individuato un discreto movimento di mezzi militari. Vorrei che fosse chiaro che ho studiato attentamente il movimento dei treni sulla linea che ho fatto saltare per assicurarmi che non ci fossero treni passeggeri. Per maggiore sicurezza, ho controllato visivamente il tutto prima dell’esplosione. Se non mi importasse della vita altrui, avrei potuto far deragliare il treno senza un mio intervento diretto. Non ho avuto nulla a che fare con chi ha tentato di fabbricare, poi, un nuovo ordigno esplosivo per far deragliare un altro treno. L’esplosione dell’11 novembre 2023 aveva già suscitato molto clamore ed ero perfettamente consapevole che le misure di sicurezza sarebbero state rafforzate. Inoltre, avevo già la morte di mia nonna a cui pensare. Con la popolazione russa ho rapporti neutrali. Dal 2014 ho con loro alcune divergenze su certi fatti, ma non è, per me, un motivo sufficiente per odiare qualcuno. L’impossibilità di influenzare pacificamente le azioni di chi ci governa, così come il tribunale che attende coloro che non condividono la politica dello Stato inducono alcuni a lasciare il Paese e altri a restare e a passare all’azione. Indipendentemente dalla gravità del reato, l’uso della tortura durante gli interrogatori è inaccettabile in qualunque caso, se diciamo di vivere in uno Stato di diritto. Torturare con scariche elettriche e picchiare una persona legata sono atti riprovevoli in massimo grado, la cui responsabilità ricade non solo su chi ha applicato metodi in questione, ma anche su chi è consapevole che essi vengono usati, non li contrasta e, anzi, è complice nel tenerli nascosti. Concludo recitandovi un frammento di una poesia di Nestor Machno: Che ci seppelliscano anche subito: ciò che davvero siamo non diverrà Oblio, risorgerà al momento dovuto e vincerà. Ne sono certo, io. * Aleksandr Ivanovič Bogatyrëv, camionista presso la Avargard s.r.l.. Il 23/07/2023 trasportava erba falciata da un campo vicino al villaggio di Tjuševo, regione di Rjazan’. Uscendo su una strada sterrata vicino al campo, centrò con una ruota un drone esplosivo. Che scoppiò. Bogatyrëv non rimase ferito. ** Sergej Aleksandrovič Tarabuchin, assistente macchinista dello stesso treno. A seguito dello scoppio del finestrino, ha riportato graffi al viso e a un braccio. *** Dmitrij Nikolaevič Unšakov, macchinista del treno merci n. 2018, che l’11 novembre 2023 era ripartito dalla stazione di Rybnaja. Si trovava nella cabina di guida al momento dell’esplosione sui binari. A seguito dell’esplosione ha riportato escoriazioni alla mano.

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