“Mamma, probabilmente morirò presto”: adolescente russo in carcere per volantini anti-Putin riferisce di essere stato brutalmente picchiato da un compagno di cella.

Pubblichiamo la traduzione dell’articolo ‘Mom, I’m probably going to die soon’: Russian teenager in prison for anti-Putin flyers says cellmate brutally beat him della testata giornalistica indipendente russa Meduza.


L’immagine è tratta dal canale Telegram dedicato al sostegno per Arsenij Turbin: Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!).

In una recente lettera Arsenij Turbin, sedicenne russo condannato a scontare cinque anni in un carcere minorile con l’accusa di terrorismo, ha raccontato alla madre di avere subito abusi fisici e psicologici durante la detenzione. I sostenitori di Turbin, che hanno pubblicato un estratto della sua lettera su Telegram, sospettano che oltre ad aggredirlo, i compagni di cella gli stiano rubando il cibo. Ecco cosa sappiamo.

Arsenij Turbin è stato condannato a cinque anni di carcere minorile nel giugno 2024, quando aveva ancora 15 anni. Secondo gli inquirenti governativi, nell’estate del 2023 Arsenij si era unito alla legione Libertà per la Russia, un’unità filoucraina composta da cittadini russi e, su loro preciso ordine aveva iniziato a distribuire volantini che criticavano Vladimir Putin. Turbin dichiara di non essersi mai unito alla legione e di avere distribuito i volantini di sua iniziativa. Il Centro per i diritti umani Memorial ha dichiarato Turbin prigioniero politico.

Al momento Turbin si trova in detenzione preventiva in attesa dell’appello contro la sua condanna. Nell’estratto di una lettera inviata a sua madre pubblicato lunedì (1 ottobre) nel gruppo Telegram Svobodu Arseniju! (Libertà per Arsenij!), l’adolescente scrive che un compagno di cella di nome Azizbek lo ha picchiato più volte. “Questa sera, dopo le 18:00, uno dei miei compagni di cella mi ha dato due pugni in testa mentre ero a letto”, ha scritto. “La situazione è davvero difficile, brutta davvero. Azizbek mi ha colpito e poi ha detto che stanotte mi inc***. Sarà una lunga nottata. Ma resisterò.”

Turbin scrive anche che in carcere lo hanno catalogato come “incline al terrorismo” per il reato che gli contestano (“partecipazione a organizzazione terroristica”).

In un post su Telegram i sostenitori di Turbin hanno ipotizzato che i suoi compagni di cella gli stessero rubando il cibo: nelle sue lettere chiedeva sempre alla madre pacchi di viveri, mentre questa volta le ha scritto che non ne aveva bisogno.

La madre di Turbin, Irina Turbina, martedì ha riferito a Mediazona che il figlio è stato messo in isolamento dal 23 al 30 settembre. Dalla direzione della prigione le hanno detto che era dovuto a una “lite” tra Turbin e i suoi compagni di cella e che tutti e quattro i prigionieri coinvolti erano stati puniti con l’isolamento. Irina Turbina ha anche detto che il personale del carcere non le ha permesso di parlare con Arsenij al telefono e che l’ultima volta che hanno parlato è stata a inizio settembre.

La madre ha raccontato l’ultimo incontro con suo figlio al sito Ponjatno.Media: “Quando sono andata a trovarlo l’11 settembre non l’ho riconosciuto. Non era mai particolarmente allegro neanche le volte precedenti che l’ho visto, certo, ma almeno aveva ancora speranza, era ottimista: aspettava l’appello e credeva che qualcosa di buono l’avremmo ottenuto. L’11 settembre, invece, Arsenij aveva le lacrime agli occhi. Mi ha detto: ‘Mamma, ti prego, fai tutto il possibile, tirami fuori di qui. Sto davvero, davvero male qui’.”

“Mamma, probabilmente morirò presto”, ha continuato a riferire la madre, citando il figlio. Ha poi detto di avere inoltrato la lettera a Eva Merkačeva, membro del Consiglio presidenziale russo per i diritti umani, chiedendole di intervenire.

Secondo le informazioni di Mediazona, ad Arsenij è stato finalmente permesso di parlare con sua madre al telefono l’8 ottobre. Le avrebbe detto che il suo aggressore era stato trasferito in un’altra cella il giorno prima e che si trovava bene con gli altri compagni di cella.

Aggiornamento del 20 ottobre dal canale Telegram Svobodu Arseniju!: “Questa settimana Arsenij non ha mai telefonato”. La madre riferisce di averlo sentito l’ultima volta l’8 ottobre scorso.

25 ottobre 2024

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Ruslan Sidiki condannato a 29 anni di reclusione.

Il 23 maggio 2025 presso il tribunale militare di guarnigione di Rjazan’ il pubblico ministero Boris Motorin ha chiesto per Ruslan Sidiki – 36 anni e doppia cittadinanza, russa e italiana – di cui abbiamo già avuto modo di parlare, una condanna a trent’anni di reclusione. Dopo di lui ha preso la parola Igor’ Popovskij, l’avvocato di Sidiki. Il difensore ha spiegato nel dettaglio perché la versione dell’accusa non corrisponde ai fatti e, perciò, a verità. Nei casi in esame la definizione giuridica delle azioni del suo assistito non può rientrare negli articoli riguardanti il “terrorismo”. Quanto da lui compiuto può far capo, piuttosto, alla categoria “sabotaggio”. In due punti, a sostenere le accuse di terrorismo sono le invenzioni degli inquirenti e le deposizioni estorte sotto tortura. L’avvocato Popovskij ha infine ricordato che, in base alla Convenzione di Ginevra e a quanto da essa affermato “in data 12 agosto 1949 sul trattamento dei prigionieri di guerra”, Ruslan Sidiki andrebbe considerato come tale. L’anarchico Ruslan Sidiki è stato alla fine condannato a 29 anni di carcere. Si tratta della pena più severa mai inflitta per azioni contro infrastrutture militari e, in genere, per azioni che non hanno causato vittime. È l’ennesimo atto intimidatorio contro i dissidenti. Riportiamo in italiano il testo dell’ultima dichiarazione pronunciata da Ruslan Sidiki prima della lettura della sentenza. Mi rincresce che le mie azioni abbiano messo in pericolo Bogatyrëv*, Tarabuchin** e Unšakov***. Non erano loro il mio obiettivo e sono lieto che la loro salute non abbia subito danni gravi. Il mio obiettivo erano i mezzi militari russi e gli anelli della logistica militare per il trasporto di mezzi e carburante. Era il modo che avevo scelto per ostacolare le operazioni militari contro l’Ucraina. Naturalmente la notizia di un’esplosione e il clamore suscitato possono spaventare le persone. Lo stesso vale per i missili che sorvolano le case e per le prime operazioni militari: anche loro hanno lo scopo di intimidire la popolazione del Paese contro cui tali azioni sono dirette. Come ho già ampiamente ripetuto, non era mia intenzione intimidire nessuno. Ho scelto io gli obiettivi: ho attaccato la base aerea militare con l’intento di distruggerne i velivoli. Ho fatto saltare il treno per mettere fuori uso la linea ferroviaria su cui avevo individuato un discreto movimento di mezzi militari. Vorrei che fosse chiaro che ho studiato attentamente il movimento dei treni sulla linea che ho fatto saltare per assicurarmi che non ci fossero treni passeggeri. Per maggiore sicurezza, ho controllato visivamente il tutto prima dell’esplosione. Se non mi importasse della vita altrui, avrei potuto far deragliare il treno senza un mio intervento diretto. Non ho avuto nulla a che fare con chi ha tentato di fabbricare, poi, un nuovo ordigno esplosivo per far deragliare un altro treno. L’esplosione dell’11 novembre 2023 aveva già suscitato molto clamore ed ero perfettamente consapevole che le misure di sicurezza sarebbero state rafforzate. Inoltre, avevo già la morte di mia nonna a cui pensare. Con la popolazione russa ho rapporti neutrali. Dal 2014 ho con loro alcune divergenze su certi fatti, ma non è, per me, un motivo sufficiente per odiare qualcuno. L’impossibilità di influenzare pacificamente le azioni di chi ci governa, così come il tribunale che attende coloro che non condividono la politica dello Stato inducono alcuni a lasciare il Paese e altri a restare e a passare all’azione. Indipendentemente dalla gravità del reato, l’uso della tortura durante gli interrogatori è inaccettabile in qualunque caso, se diciamo di vivere in uno Stato di diritto. Torturare con scariche elettriche e picchiare una persona legata sono atti riprovevoli in massimo grado, la cui responsabilità ricade non solo su chi ha applicato metodi in questione, ma anche su chi è consapevole che essi vengono usati, non li contrasta e, anzi, è complice nel tenerli nascosti. Concludo recitandovi un frammento di una poesia di Nestor Machno: Che ci seppelliscano anche subito: ciò che davvero siamo non diverrà Oblio, risorgerà al momento dovuto e vincerà. Ne sono certo, io. * Aleksandr Ivanovič Bogatyrëv, camionista presso la Avargard s.r.l.. Il 23/07/2023 trasportava erba falciata da un campo vicino al villaggio di Tjuševo, regione di Rjazan’. Uscendo su una strada sterrata vicino al campo, centrò con una ruota un drone esplosivo. Che scoppiò. Bogatyrëv non rimase ferito. ** Sergej Aleksandrovič Tarabuchin, assistente macchinista dello stesso treno. A seguito dello scoppio del finestrino, ha riportato graffi al viso e a un braccio. *** Dmitrij Nikolaevič Unšakov, macchinista del treno merci n. 2018, che l’11 novembre 2023 era ripartito dalla stazione di Rybnaja. Si trovava nella cabina di guida al momento dell’esplosione sui binari. A seguito dell’esplosione ha riportato escoriazioni alla mano.

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Milano, 8 giugno 2025. “I confini dell’impero di Putin” con Oleg Orlov.

Grazie a Radio Popolare siamo onorati e felici di ospitare a Milano Oleg Orlov, cofondatore di Memorial ed ex copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial. In copertina: Oleg Orlov durante la lettura della sentenza presso il tribunale distrettuale Golovinskij di Mosca. Foto: Svetlana Vidanova / Novaja Gazeta. In occasione della festa di Radio Popolare All you need is love che si svolge a Milano nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini (via Ippocrate 47) domenica 8 giugno alle 15:30 Oleg Orlov parteciperà all’incontro I confini dell’impero di Putin con Anna Zafesova, giornalista e scrittrice, autrice del recente volume Russia. L’impero che non sa morire, e Lia Quartapelle, vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Modera Michele Migone di Radio Popolare. Oleg Orlov è stato scarcerato dal centro di detenzione preventiva SIZO-2 di Syzran’ nella regione di Samara il 1 agosto 2024 nel contesto di un ampio scambio di prigionieri politici tra Russia e Occidente. Il 27 febbraio 2024 Oleg Orlov, copresidente del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial e membro della neoricostituita Associazione Internazionale Memorial, era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione in colonia penale a regime ordinario in base all’articolo del codice penale della Federazione Russa che punisce il “vilipendio reiterato delle forze armate”. Orlov è diventato un obiettivo della repressione dopo la pubblicazione dell’articolo Volevano il fascismo in Russia e l’hanno ottenuto. Ricordiamo che nel 2014 l’allora Centro per i diritti diritti umani Memorial e poi nel 2016 Memorial International erano stati dichiarati agenti stranieri e che nel 2021 entrambe le associazioni sono state chiuse in via definitiva con sentenza della Corte suprema della Federazione Russa secondo la quale Memorial avrebbe “diffuso un’immagine falsa dell’Urss come Stato terrorista”. Chi è Oleg Petrovič Orlov? Carattere schivo ma deciso, Oleg Petrovič Orlov è una delle anime del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, nonché membro del Movimento democratico unitario Solidarnost’. Nato a Mosca nel 1953 e biologo di formazione, tra la fine degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta, mentre lavora all’Istituto di fisiologia vegetale dell’Accademia delle scienze, stampa e diffonde volantini con appelli contro la guerra in Afghanistan e riflessioni sulla situazione polacca e sul sindacato Solidarność. Nel 1988 entra formalmente nel gruppo di iniziativa della nascente associazione Memorial di cui diventa di fatto uno dei fondatori. Continua a leggere. “Ci sono momenti in cui è impossibile tacere”Il documentario Ritorno alle repressioni. Oleg Orlov, pubblicato il 22 aprile 2023, fa parte del progetto Priznaki žizni (Segni di vita) di Radio Free Europe / Radio Liberty. In una lunga intervista, a più di trent’anni di distanza dalla fondazione di Memorial, Orlov ammette che le speranze di allora non si sono concretizzate. La Russia è tornata a una situazione di illibertà ancora più grave di quella della sua gioventù, vissuta negli ultimi anni dell’Urss di Brežnev. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il giro di vite del Cremlino all’interno della Federazione Russa è stato violento. In base ai nuovi articoli di legge sulle fake news e sul vilipendio delle forze armate, le pene detentive per diffusione di informazioni indipendenti sulla guerra sono diventate abnormi. Orlov ritiene che le ragioni del ritorno della Russia a una situazione di illibertà siano il militarismo e il mito dell’impero, l’idea che lo stato sia più importante della vita e dei diritti dei cittadini.

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Palermo, 6 e 7 giugno 2025. Memorial Italia a Una Marina di libri.

Il 6 e 7 giugno Memorial Italia partecipa all’edizione 2025 del Festival del libro di Palermo Una Marina di libri. Venerdì 6 giugno alle 18:00 ai Cantieri culturali alla Zisa (palco Tenute Orestiadi) Elena Kostioukovitch presenta la sua ultima pubblicazione per La nave di Teseo, Kiyv. Una fortezza sopra l’abisso. Dialoga con l’autrice Andrea Gullotta. Sabato 7 giugno alle 18:00 ai Cantieri culturali alla Zisa (Istituto Gramsci Siciliano, via Paolo Gili 4) Barbara Grzywacz, Riccardo Mario Cucciolla e Andrea Gullotta presentano gli ultimi due volumi delle collane curate per Viella Editrice e Guerini e Associati: Le trasformazioni della Russia putiniana e La mia vita nel Gulag. Memoria da Vorkuta 1945-1956. Introduce e coordina Eugenia Parodi Giusino.

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