Voci stridenti. Il baritono putiniano e il basso ucraino sul palco del Teatro San Carlo

Abdrazakov è un artista vicino al regime di Mosca, che si è visto cancellare molte dati negli Usa e in Europa. Nonostante le proteste per la sua presenza al Don Carlo, le autorità culturali italiane restano in silenzio. E il collega ucraino Tsymbalyuk, pur "sotto shock", ci sarà perché ha "un contratto da rispettare".

(di Tetyana Bezruchenko)


12 novembre 2024 
ore 13:59


Le parole del presidente Sergio Mattarella racchiudono l’essenza della libertà artistica: 


“L’arte è libertà. Libertà di creare, libertà di pensare, libertà dai condizionamenti. Risiede in questa attitudine il suo potenziale rivoluzionario: e non è un caso che i regimi autoritari guardino con sospetto gli artisti e vigilino su di loro con spasmodica attenzione, spiandoli, censurandoli, persino incarcerandoli. Le dittature cercano in tutti i modi di promuovere un’arte e una cultura di Stato, che non sono altro che un’arte e una cultura fittizia, di regime, che premia il servilismo dei cantori ufficiali e punisce e reprime gli artisti autentici”.


Queste parole provengono da un uomo di grande statura morale in un periodo storico in cui l’Europa è di nuovo travolta da una guerra aperta, un’invasione che da quasi tre anni sconvolge gli equilibri mondiali. La difesa della libertà artistica ha radici profonde per Mattarella, il cui padre, Bernardo Mattarella, fu membro dell’Assemblea Costituente e contribuì alla stesura della Costituzione italiana. L’impegno di Bernardo Mattarella per la democrazia e la libertà è un’eredità che il presidente Sergio Mattarella porta avanti, sottolineando la necessità di preservare quei principi fondamentali che suo padre ha contribuito a creare: il rispetto per i diritti individuali e la libertà di espressione. Eppure sembra che l’Italia non riesca a staccarsi da un legame profondo e problematico con la cosiddetta “grande cultura russa.” Questa “grande cultura russa” infatti, troppo spesso si rivela essere nient’altro che uno strumento di propaganda, mentre i più grandi artisti e scrittori, anche russi, si sono sempre opposti ai regimi che reprimono ogni espressione artistica e letteraria libera e autentica.


Il 18 novembre 2024, Parigi accoglierà un concerto in memoria di Pavel Kušnir, un pianista russo morto il 27 luglio 2024 in prigione per la sua chiara opposizione alla guerra. Pavel Kušnir, noto per il suo talento e per il suo amore per Chopin, era anche un fervente pacifista. Dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022, Kušnir aveva deciso di esprimere il proprio dissenso con mezzi artistici, dedicando l’ultimo periodo della sua carriera alla musica di Chopin, simbolo della resistenza polacca al dominio zarista nel XIX secolo. Accusato di “terrorismo” per aver eseguito Chopin come atto di protesta pacifica, è stato arrestato e detenuto in carcere per due mesi. Durante la sua prigionia ha subito violenze e alla fine ha perso la vita in conseguenza di uno sciopero della fame messo in atto proprio contro i trattamenti inumani cui era sottoposto. La sua morte in carcere – la cui amministrazione non ha mai condotto indagini ufficiali sul decesso – è diventata un simbolo della persecuzione che molti artisti nella Federazione Russa subiscono per le loro posizioni contro la guerra.


In Italia, invece, il Teatro San Carlo di Napoli si prepara a ospitare Ildar Abdrazakov, celebre basso-baritono russo e fervente sostenitore di Vladimir Putin. Abdrazakov ha più volte espresso il proprio sostegno al regime di Mosca, apparendo in eventi pubblici e spettacoli organizzati per promuovere la narrativa del Cremlino. In un caso documentato, il 29 dicembre 2022, dopo essersi esibito a Milano al Teatro alla Scala, ha lasciato l’Italia (cancellando l’ultima esibizione prevista alla Scala) per esibirsi a una festa privata di un oligarca russo, ignorando gli appelli internazionali a boicottare i sostenitori di Putin. La sua priorità era esibirsi all’apertura della stagione davanti all’élite politica europea, per poi ritirarsi dalle esibizioni successive, una scelta che molti interpretano come una mossa volta a consolidare la propria immagine presso le élite del Cremlino. Negli Stati Uniti, Abdrazakov ha visto i suoi concerti cancellati dai palchi della Boston Symphony Orchestra e della Chicago Symphony Orchestra, dopo le indagini condotte dall’associazione Arts Against Aggression, presieduta da Dmytro Smelansky, che si batte contro l’uso della cultura come strumento di propaganda. In Europa, invece, le cancellazioni delle sue esibizioni sono iniziate alla fine del 2023, quando è diventato noto che Abdrazakov era sempre più vicino al potere russo: quest’anno ha anche ricevuto un’onorificenza di Stato dalle mani di Putin ed è stato nominato membro del Consiglio presidenziale per la cultura. Il 23 ottobre 2024, durante il ricevimento ufficiale organizzato dalla presidenza della Federazione Russa per il XVI vertice dei Brics a Kazan’, Abdrazakov si è esibito in un gala in onore dell’evento, consolidando ulteriormente la sua vicinanza al regime di Mosca. 



Ildar Abdrazakov
Ildar Abdrazakov (foto di Gilzetbase, CC BY-SA 4.0)


L’esibizione di Abdrazakov al Teatro San Carlo, prevista dal 19 al 31 gennaio 2025 nella produzione del Don Carlo di Giuseppe Verdi, vedrà la partecipazione del basso ucraino Oleksandr Tsymbalyuk, la cui famiglia ha vissuto in prima persona gli orrori della guerra. Originario di Odesa, Tsymbalyuk ha visto i propri cari costretti a lasciare la loro casa a causa dei bombardamenti russi sulla città. Tsymbalyuk, che ha espresso più volte il proprio dolore e il proprio sostegno al popolo ucraino, è partecipe del dramma di migliaia di famiglie ucraine divise e distrutte dal conflitto. Il contrasto tra la sua storia e quella di Abdrazakov non potrebbe essere più stridente: da una parte, un artista che porta con sé il peso della guerra e il dolore della sua patria; dall’altra, uno che sostiene attivamente il regime responsabile di quella stessa guerra.


La scelta del Teatro San Carlo di far esibire insieme un artista russo pro-Cremlino e un artista ucraino potrebbe essere motivata dal desiderio di trasmettere un messaggio di unità attraverso l’arte, dimostrando che la cultura può andare oltre le divisioni politiche. Tuttavia, la decisione di unire sullo stesso palco chi appoggia un regime che causa sofferenze indicibili e chi rappresenta le vittime di quella violenza appare come un atto grottesco e moralmente discutibile. Nonostante le proteste e le lettere dall’associazione Arts Against Aggression indirizzate al sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e al direttore artistico del teatro, Stéphane Lissner, le autorità culturali italiane restano in silenzio. A differenza di molti altri paesi che hanno chiuso le porte agli artisti legati al regime di Mosca, l’Italia resta una dei pochi stati occidentali a non aver preso posizione contro la presenza di Abdrazakov sui suoi palcoscenici. 


Rimane quindi una domanda aperta: perché l’Italia, culla della cultura europea, non riesce a dire “no” a queste collaborazioni con il regime di un dittatore? Il Cremlino utilizza musicisti, scrittori e artisti per portare avanti una propaganda che, oltre a distruggere vite, sporca di sangue innocente la stessa cultura che finge di promuovere, e attraverso essa rischia di sporcare anche noi, accogliendola qui in Italia. È il momento di chiedersi quale messaggio culturale l’Italia vuole trasmettere: supportare la libertà o diventare un palcoscenico per la propaganda?


In merito alla decisione del Teatro San Carlo di Napoli di far esibire in Don Carlo Ildar Abdrazakov accanto al cantante ucraino, abbiamo invitato lo stesso Oleksandr Tsymbalyuk a leggere il nostro articolo e gli abbiamo chiesto di commentare la vicenda. Ecco la sua risposta:


“Sono ancora in uno stato di shock per la decisione del teatro di invitare Ildar Abdrazakov per la produzione di Don Carlo, soprattutto considerando i suoi recenti legami con Putin. Purtroppo, sono venuto a sapere della sua partecipazione in questa produzione solo dopo aver firmato il contratto. Mi sono a lungo consultato con i miei insegnanti sulla mia partecipazione a Don Carlo, e loro mi hanno risposto che il divieto di esibizioni per cantanti russi nei teatri europei dovrebbe provenire dagli stessi teatri, e non dall’autoesclusione degli artisti ucraini dalle produzioni con colleghi russi. Ora, più che mai, è importante sostenere e dare lustro alla nostra nazione: questo è il nostro compito e dovere sia come artisti che come cittadini! Come ucraino, provo orgoglio per l’opportunità di rappresentare la mia cultura sulla scena internazionale e di ricordare così al mondo la resilienza e la forza del mio popolo”.

Oleksandr Tsymbalyuk


Un’ultima precisazione: quando abbiamo chiesto il commento del cantante, ci siamo rivolti al suo manager scrivendo in inglese, e poi direttamente a Oleksandr, scrivendogli in ucraino. Essendo cresciuto nell’Unione Sovietica, l’artista è russofono: ha ricevuto tutta la sua istruzione in russo a Odesa, in Ucraina, e dopo oltre 20 anni di lavoro all’estero il russo è rimasto la lingua che usa nella sua vita privata. Tuttavia, per risponderci, Oleksandr ha scelto di scrivere il suo messaggio in ucraino, in linea con ciò che sente e rappresenta per l’Ucraina.

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Lo storico Jurij Dmitriev in cella di isolamento.

Il 17 gennaio lo storico Jurij Dmitriev è stato mandato in cella di isolamento per sei giorni, ufficialmente per avere eseguito male la ginnastica mattutina. Ricordiamo che Jurij Dmitriev, direttore della sezione regionale della Carelia di Memorial, sta scontando una condanna a quindici anni in regime di carcere duro nell’Istituto penitenziario n. 18 di Pot’ma, piccola località della Mordovia. Tra una settimana, il 28 gennaio, compirà 69 anni; ha trascorso gli ultimi otto in carcere. In tutto questo tempo non ha mai potuto ricevere un’assistenza medica degna di questo nome, nonostante le sue condizioni di salute peggiorino di giorno in giorno. A marzo del 2023 gli era già stata inflitta una punizione simile: quindici giorni in cella di isolamento per essersi seduto sul letto durante il giorno (gli girava la testa dopo avere preso delle medicine). Questa sanzione verrà impugnata, nonostante i precedenti non siano incoraggianti: finora la reclusione in cella di isolamento non è mai stata riconosciuta come ingiusta, benché l’assurdità delle motivazioni fosse ogni volta altrettanto palese. È possibile aiutare Jurij Dmitriev con un bonifico personale tramite il sito zonatelecom.ru oppure tramite sua figlia. Per chiarimenti è possibile rivolgersi a Memorial Italia. Anche per scrivere una lettera o spedire una cartolina a Jurij Dmitriev è possibile contattare Memorial Italia per aiuto. Jurij Dmitriev è uno storico e attivista, direttore di Memorial Petrozavodsk. Negli anni Novanta scopre un’enorme fossa comune in cui sono sepolte migliaia di vittime del Grande Terrore. Nella radura boschiva di Sandormoch, in Carelia, inaugura un cimitero commemorativo e riesce a raccogliere persone di varie nazionalità intorno a un passato complesso e conflittuale. Da sempre schierato contro il governo della Federazione Russa, nel 2014 Dmitriev condanna apertamente l’invasione della Crimea. Da allora inizia per lui un calvario giudiziario che lo porta a essere condannato a tredici anni e mezzo di reclusione. Il documentario The Dmitriev Affair della regista olandese Jessica Gorter, realizzato nel 2023, racconta con passione e precisione la sua tragica vicenda. Gabriele Nissim, ha letto per Memorial Italia l’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020, come parte del progetto 30 ottobre. Proteggi le mie parole. Irina Flige, storica collaboratrice di Memorial San Pietroburgo, ha raccontato la storia della radura di Sandormoch nel volume Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, pubblicato da Stilo Editrice e curato da Andrea Gullotta e Giulia De Florio. Foto: il ritratto di Jurij Dmitriev è di Anna Artem’eva, l’immagine di sfondo è una foto scattata da Irina Galkova in occasione di un colloquio nell’Istituto penitenziario n. 18 di Pot’ma. 22 gennaio 2025.

Leggi

Bologna, 2 febbraio 2025. “Disarmiamo la disinformazione”.

Memorial Italia aderisce alla manifestazione Disarmiamo la disinformazione che si svolgerà domenica 2 febbraio 2025 alle 15:00 in piazza VIII agosto a Bologna. Condividiamo il comunicato firmato dalla Rete Associazioni ucraine, promotrice della manifestazione. Disinformazione e democrazia: quando la manipolazione della libertà di parola minaccia la società e i valori democratici.  “Disarmiamo la disinformazione. La verità per la libertà.” Viviamo in un’epoca in cui la disinformazione non è più un fenomeno marginale, ma una strategia che minaccia le fondamenta delle società democratiche.  La libertà di parola, principio cardine di ogni Stato democratico, viene manipolata e trasformata in uno strumento che mina dall’interno i valori stessi che intende proteggere. La Federazione Russa sta destinando ingenti risorse al potenziamento delle sue attività di propaganda e disinformazione. Purtroppo stiamo già osservando i risultati di queste azioni anche in Italia, dove si registra un preoccupante aumento di eventi e iniziative riconducibili a tale fenomeno. In occasione della manifestazione del 2 febbraio 2025 che si terrà a Bologna, dalle ore 15:00 in piazza VIII Agosto, affronteremo una delle sfide più importanti per il futuro della pace e della democrazia in Europa: la lotta contro la disinformazione. Oggi ciò che scegliamo di credere e il modo in cui ci informiamo non solo determinano il destino delle nostre società, ma influenzano anche la possibilità di vivere in una comunità prospera e coesa. La propaganda, orchestrata dal governo della Federazione Russa, non si ferma ai confini nazionali: infiltrandosi nel dibattito pubblico italiano, sovverte i principi della libertà di espressione e i valori democratici su cui si basa la nostra società. La disinformazione è un attacco alla verità stessa e alla capacità di discernere consapevolmente la realtà dall’inganno, cambiando la nostra percezione: ciò che è giusto diventa confuso mentre ciò che è sbagliato viene normalizzato. Questa ambiguità paralizza la società e indebolisce le sue difese contro i pericoli reali. Oggi più che mai diventa fondamentale la capacità di informarsi e di cercare le fonti veritiere. Non possiamo più permettere che la propaganda soffochi il pensiero critico e ci privi della capacità di prendere decisioni giuste per il futuro nostro e dei nostri figli. La manifestazione sarà non solo un momento di riflessione, ma anche di azione. Vogliamo denunciare le strategie che mirano a distruggere la democrazia dall’interno e affermare il valore della verità e della responsabilità individuale, necessario per salvaguardare i principi forgiati in Europa per proteggere la pace dopo la Seconda guerra mondiale.  La disinformazione è una forza invisibile, ma potente. Unitevi a noi per disarmarla con l’informazione corretta e l’educazione al pensiero critico.

Leggi

Putin storico in capo

Putin storico in capo.A cura di Nicolas Werth con prefazione di Andrea Gullotta (Einaudi, 2023). Il 24 febbraio 2022 l’opinione mondiale ascolta con stupore il discorso di Vladimir Putin che giustifica l’invasione dell’Ucraina, con il pretesto di far cessare un “genocidio” compiuto da un regime che bisogna “denazificare”. Questa straordinaria falsificazione della storia si inscrive nell’orientamento della grande narrazione nazionale costruita nel corso degli ultimi vent’anni da Putin e di cui Memorial ha fatto le spese nel 2021. Questa narrazione, esaltando la grandeur di una “Russia eterna” di fronte a un Occidente aggressivo e decadente, non ammette nessuna contestazione per servire gli interessi geopolitici di un regime dittatoriale e risponde alle aspettative di una società disorientata in seguito al crollo del sistema sovietico. Nicolas Werth, storico e presidente di Memorial France, chiarisce le origini di tale distorsione dei fatti storici e il modo in cui è stata messa in opera per legittimare la prima guerra del XXI secolo sul continente europeo. La prefazione di Andrea Gullotta, vicepresidente di Memorial Italia, permette di aggiungere il punto di vista italiano dell’associazione creata a Mosca negli anni Ottanta.

Leggi