L’eredità di Naval’nyj è l’ottimismo politico

Non il tipo di ottimismo da meme della “bella Russia del futuro” che vediamo ovunque, né quello forzato che rasenta la propaganda e si riduce a illudere sé stessi e gli altri che il tiranno ha i giorni contati. Il suo è di una categoria superiore, è dato dalla consapevolezza che i tuoi ideali politici sono così importanti e la tua fede in essi così forte, che nemmeno non sapere quando potranno essere messi in atto può incrinarli. Non hai scelta: devi fare quello che fai e basta.

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(di Kirill Rogov – Direttore del progetto Re: Russia, ricercatore ospite presso l’Istituto di Scienze Sociali (IWM) di Vienna; nella foto: Aleksej Naval’nyj – YouTube/Навальный LIVE, CC BY 3.0, via Wikimedia, Commons, con modifiche)


19 febbraio 2025 
alle 10:15


Questo testo è la traduzione, a cura di Memorial Italia, di un articolo apparso su Re:Russia. L’articolo originale può essere letto qui.


Aleksej Naval'nyj al tribunale di Mosca il 20 febbraio 2021
Aleksej Naval’nyj al tribunale di Mosca il 20 febbraio 2021
(Evgeny Feldman, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons)


Nel programma politico di Naval’nyj si intersecavano due temi: corruzione ed elezioni eque. In società con una breve e controversa esperienza di democrazia elettorale, il valore delle elezioni non risulta evidente al grande pubblico, laddove la corruzione è una forma comprensibile e immediata delle ingiustizie che affrontano quotidianamente. Naval’nyj ha dimostrato che la corruzione e i brogli elettorali sono un’arma a doppio taglio. Lavorando per smascherare la corruzione, Naval’nyj si è presto reso conto che quanto scopriva veniva ignorato dalle alte sfere finché non poggiava sulla minaccia di un’azione collettiva. Una dottrina politica, quella che collegava corruzione e brogli, moltiplicata per mille dall’eccezionale coraggio personale di Naval’nyj: nel contesto di una dittatura crescente, ripetere uno slogan come “Non abbiate paura” voleva dire rendersi conto che l’esempio del singolo era l’unica garanzia della sua efficacia. Un principio cui non rinunciò nemmeno a rischio della vita. Il dibattito è ancora acceso: Naval’nyj ha fatto bene a tornare in Russia o sarebbe stato più sensato guidare l’opposizione dall’estero? C’è, però, una verità di portata maggiore. La storia dell’umanità e l’umanità stessa sarebbero diverse senza esempi simili di coraggio e coerenza. L’eredità di Naval’nyj è l’ottimismo politico. Non il tipo di ottimismo da meme della “bella Russia del futuro” che vediamo ovunque, però. Il suo è un ottimismo di livello superiore. Un ottimismo dato dalla consapevolezza che i tuoi ideali politici sono così importanti e la tua fede in essi così forte, che nemmeno non sapere quando potranno essere messi in atto può incrinarli.


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L’omicidio di Naval’nyj, avvenuto un anno fa in una colonia penale oltre il circolo polare, è stato uno shock per buona parte della società russa. I suoi funerali si sono trasformati in una manifestazione spontanea di più giorni, in cui una lunga processione si è snodata fino alla sua tomba, in un cimitero alla periferia di Mosca. Nonostante la cappa repressiva dettata dalla guerra in corso e il divieto totale posto sugli eventi di massa, poco è stato fatto per impedire di celebrare il lutto, pur fra due ali di polizia schierata. Probabilmente la credevano l’ultima manifestazione di una lunga serie: di fatto, l’unico uomo capace di portare in piazza decine se non centinaia di migliaia di persone non poteva più fare nulla.

Nel programma politico di Naval’nyj si intersecavano due temi: corruzione ed elezioni eque. In società con una breve e controversa esperienza di democrazia elettorale, il valore delle elezioni non risulta evidente al grande pubblico. Ciò consente agli autocrati di snaturare passo dopo passo le procedure elettorali, riducendole a mera parvenza. La corruzione, invece, è una forma comprensibile e immediata delle ingiustizie che la gente affronta ogni giorno, e suscita indignazione anche tra coloro che non sono interessati alla politica di partito.

Lavorando per smascherare la corruzione, Naval’nyj si è presto reso conto che quanto scopriva veniva ignorato dalle alte sfere finché non poggiava sulla minaccia di un’azione collettiva. Ragion per cui ha iniziato a portare gente ai raduni anti-corruzione, reclamando risposte alle sue indagini. Allo stesso tempo, a ogni elezione ha smascherato brogli e ha incoraggiato chiunque a registrare irregolarità e falsi, spiegando che le manipolazioni elettorali e la corruzione sono un’arma a doppio taglio. La combinazione di questi due temi – corruzione ed elezioni eque – ha dato a Naval’nyj una voce decisamente più forte ed estesa di tutti gli altri politici democratici in Russia. Nel 2020, nonostante la notevole guerra di informazione e propaganda lanciata contro di lui, il 20% dei russi ha dichiarato ai sondaggi di sostenerlo.

Ma non è tutto. A moltiplicare per mille l’efficacia di una dottrina politica che collega corruzione ed elezioni ci ha pensato l’esempio del coraggio senza eguali di Naval’nyj. Nel contesto di una dittatura crescente, ripetere uno slogan come “Non abbiate paura” voleva dire rendersi conto che l’esempio del singolo era l’unica garanzia di efficacia. Corruzione, brogli e paura sono i tre strumenti alla base di qualsiasi dittatura, sosteneva Naval’nyj, che non dimenticava mai di condire l’assunto con umorismo e autoironia.

Quando, dopo il primo tentativo di assassinarlo, Putin acconsentì a che un aereo noleggiato da Boris Zimin decollasse e portasse un Naval’nyj in coma in Germania, era certo che dal coma non sarebbe mai uscito o che, comunque, non sarebbe tornato quello di prima e non avrebbe più stregato la gente con la sua combinazione quasi irresistibile di umorismo e impavidità. Quando, però, i medici tedeschi hanno letteralmente resuscitato Naval’nyj, Putin si è trovato di fronte a un dilemma: con Naval’nyj al sicuro in Germania, lo slogan “Non abbiate paura” aveva perso vigore.

Quanto è successo dopo è, a mio avviso, una storia quasi biblica. Un “Davide contro Golia” sui generis, anche se con un esito molto più drammatico. Naval’nyj sapeva perfettamente che in Russia non avrebbe affrontato la prigione, ma un nuovo attentato alla sua vita, e sapeva anche che le possibilità di salvarsi sarebbero state decisamente minori, se non nulle. Tutte cose che sapeva anche Putin e chiunque altro. Tutti sapevano che quella di non tornare era una scelta razionale e logica, per Naval’nyj. Una scelta che, però, avrebbe dimostrato che lo slogan “Non abbiate paura” era fasullo, che era uno slancio di entusiasmo giovanile smentito palesemente da Putin. Avrebbe dimostrato che di Putin bisognava avere paura. Naval’nyj, perciò, ha rifiutato di ammettere che il suo era uno slogan vuoto, vanificando con ciò anni di resistenza e tradendo coloro che aveva contagiato con la fiducia nella sua validità e importanza.

Naval’nyj non ha permesso a Putin di godersi il trionfo della paura che instilla nelle persone e grazie alla quale governa. Naval’nyj ha messo Putin di fronte a una scelta: farsi uccidere, dimostrando che la paura con lui aveva fallito, o costringere Putin ad accettare il fatto che la paura non è onnipotente. Nell’ultimo anno, gli investigatori russi hanno raccolto prove sufficienti a dimostrare che la versione ufficiale della morte di Naval’nyj e degli eventi che l’hanno preceduta è completamente falsa e falsificata. A oggi non esiste altra versione credibile di quanto è successo, se non quella di un omicidio deliberato e brutale su preciso ordine di Putin.

Ma l’impavidità non è stata sconfitta. È questo che ci colpisce, della storia di Naval’nyj. Ed è questo che, soprattutto, non dobbiamo dimenticare.

All’interno dell’opposizione il dibattito è ancora acceso: Naval’nyj ha fatto bene a tornare in Russia o sarebbe stato più sensato guidare l’opposizione dall’estero? C’è, però, una verità di portata maggiore. La storia dell’umanità e l’umanità stessa sarebbero diverse senza esempi simili di coraggio e coerenza. Naval’nyj è ormai nell’areopago di chi ha combattuto per la libertà, di coloro di cui, non a caso, l’umanità custodisce la memoria.

Molto si può dire sull’eredità politica di Naval’nyj. L’eredità di Naval’nyj è l’ottimismo politico. Non il tipo di ottimismo da meme della “bella Russia del futuro” che vediamo ovunque, però, e nemmeno l’ottimismo forzato che rasenta la propaganda e si riduce a illudere sé stessi e gli altri che il tiranno ha i giorni contati. Il suo è un ottimismo di una categoria superiore. È l’ottimismo dato dalla consapevolezza che i tuoi ideali politici sono così importanti e la tua fede in essi così forte, che nemmeno non sapere quando potranno essere messi in atto può incrinarli. Pertanto, non hai scelta: devi fare quello che fai e basta.

E finché quest’ottimismo supremo sarà vivo e in mezzo a noi, vivo e in mezzo a noi sarà anche Naval’nyj.

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Illustrazione in copertina di Marija Tolstova /

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