L’arcobaleno delle rane e la Pax trumpiana

La parola “mir” in russo è ambigua, significa sia “mondo” che “pace”. Assieme con il loro “russkij mir” (mondo russo), questo sistema totalitario ha anche inventato un fittizio “pacifismo” russo. È un pacifismo basato sull'intimidazione e sulla tortura, contro cui si può lottare solo con mezzi e metodi di guerra. La persuasione non basterà.

(foto: Daniel Torok, CC BY 3.0 US,
via Wikimedia Commons)

(di Elena Kostioukovitch, socia di Memorial Italia)


10 aprile 2025 
alle 12:34


Elena Kostioukovitch, traduttrice di Umberto Eco in russo e autrice di Nella mente di Vladimir Putin (La Nave di Teseo, 2022) e Kyiv. Una fortezza sopra l’abisso (La Nave di Teseo, 2025), propone una riflessione sull’illusorietà del carattere universale dei simboli e sul loro valore di portatori di significati in continuo movimento, soffermandosi sul caso dell’arcobaleno. 


Elena Kostioukovitch
Elena Kostioukovitch (foto dal suo sito web)


Anastasija Eršova, una donna di Nižnij Novgorod che indossava orecchini a forma di rana smaltati arcobaleno, è stata arrestata alla fine di gennaio 2024 e accusata ai sensi dell’articolo 20.3 parte 1 del Codice amministrativo (dimostrazione di simboli o paraphernalia vietati) sulla base del decreto legge della Corte Suprema russa del 30 novembre 2023 che dichiara il “Movimento internazionale LGBT” un’organizzazione estremista e la vieta in Russia. Se non parrebbe facile per la mente umana cogliere il nesso tra la rana e il “Movimento internazionale LGBTQ”, i cervelli dei sudditi di Putin decifrano immediatamente l’enigma.


Il problema di Anastasija non è stata la rana, ma lo smalto arcobaleno.


Impressionante è che alle menti degli abitanti della Russia (comunque allenati alla speculazione) non appaia problematico il fatto che non esista alcun “Movimento Internazionale LGBTQ” ma che si tratti semplicemente di un vasto spettro di evocazioni, segni, similitudini. Di conseguenza, qualsiasi manifestazione, anche la più sottile e sfumata, di simpatia verso gli inquietanti “movimenti sociali LGBT” può diventare un atto criminale. 


Similmente, gli informatori del regime hanno trovato dei “cuoricini multicolori” su un account con non più di venti follower e hanno scritto che questi cuori “simboleggiano il coinvolgimento dell’utente in un orientamento non tradizionale”. I cuoricini sono stati trovati sulla pagina di Svetlana Šachrajuk nel social network “VKontakte”. Il tribunale della città di Abakan della Repubblica di Chakasija, presieduto da A.V. Kuleševskaja, le ha inflitto una multa di 1.000 rubli. Per prendere questa decisione, gli inquirenti si sono assicurati una perizia svolta da una sedicente agenzia analitica “Consortium” e hanno raccolto le testimonianze di due persone che avrebbero visitato la pagina di Šachrajuk trovandoci quei cuori in sette colori.


Anche a Saratov è stato avviato un procedimento amministrativo per bandiera arcobaleno contro la fotografa locale Inna Mosina. Diversi vecchi post (di due o tre anni fa) nell’Instagram della ragazza sono stati scoperti da un dipendente del “Centro lotta contro l’estremismo” – tale Stoljarov -, che si è rifiutato di spiegare in tribunale come sia entrato in un social network bloccato in Russia (Instagram non si apre sul territorio della FR). L’imputata ha insistito in tribunale che l’arcobaleno non aveva nulla a che fare con il LGBTQ. Scontata la punizione, l’artista è emigrata e ora è una rifugiata politica e un’attivista per i diritti dei gruppi sociali oppressi.


L’avvocato della Eršova ha anche cercato di dimostrare che il simbolo LGBTQ consta in sei strisce disposte dall’alto in basso nell’ordine seguente: rossa, arancione, gialla, verde, blu e viola; gli orecchini indossati dalla Eršova erano invece decorati con il tradizionale arcobaleno a sette colori e la striscia rossa in basso. “La difesa insisteva sull’assenza di un corpus delicti in quanto tale. C’era fiducia che il caso potesse essere vinto. Ma la corte ha emesso un verdetto di colpevolezza. La giudice Umilina si era ritirata in camera di consiglio per più di due ore”, racconta l’avvocato della donna di Nižnij Novgorod.


Si può quindi constatare come giudici visibilmente tesi e impauriti ravvisino il “reato di estremismo” (di per sé inapplicabile, sembrerebbe, nei detti casi) anche in situazioni in cui si tratta della simbologia “progressista” delle sette strisce arcobaleno con il viola sopra, ampiamente utilizzata in tutto il mondo.


Ai tempi dell’Unione Sovietica, l’arcobaleno era uno dei simboli comunisti più ipocriti: ipocrita perché falso. l’Unione Sovietica si poneva come obiettivo la lotta per la pace e intanto interveniva militarmente in varie parti del globo: in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968, in Afghanistan dal 1979). Dovunque in URSS, nelle sale dedicate alle riunioni nelle fabbriche, nelle aule universitarie e persino negli spazi ricreativi delle prigioni, si notava un enorme striscione arcobaleno steso lungo tutta la parete, a formare una caratteristica quinta teatrale.


L’arcobaleno della pace, unito alla “paloma”, era stato inventato da Pablo Picasso per il Congresso della Pace di Vienna del 12-18 ottobre 1952… Peccato che il geniale pittore avesse appoggiato le zampine della colomba sulla striscia rossa, che si trova proprio in alto. In barba a tutta la sottile simbologia.


Per l’Italia l’inventore dell’“arcobaleno delle marce” è Aldo Capitini, seguace di Gandhi, che il 24 settembre 1961 organizzò la “Marcia per la Pace e la Fraternità dei Popoli” da Perugia ad Assisi. Da allora, la marcia si ripete periodicamente fino a oggi. L’iniziativa ha una forte componente religiosa (francescana) e si rivolge principalmente ai giovani. Non a caso a Capitini sono intitolate numerose aule magne di varie università italiane. E proprio a Perugia, nella biblioteca di San Matteo degli Armeni, si può ammirare la bandiera originale cucita dallo stesso Capitini. I sette colori sono ormai sbiaditi e virano tutti al viola. 


La moda di esporre la bandiera iridescente che porta la scritta “pace” è tornata in auge in Italia nel 2003, nelle proteste contro il governo Berlusconi II e la guerra in Iraq. Le bandiere arcobaleno hanno garrito su varie manifestazioni, veglie, fiaccolate. Sicuramente va ricordata l’azione di massa “Pace per tutti i balconi”, quando tre milioni di arcobaleni furono sventolati non solo sulle case ma anche su chiese, scuole, municipi, il che equivale a dire che almeno dieci milioni di italiani si sono riconosciuti in questo simbolo.


Oggi che sembra necessario proteggere l’Europa da una moltitudine di pericoli, dall’aggressione sfacciata di Putin come dalle conseguenze delle giravolte di Trump, la bandiera della pace ha improvvisamente e inaspettatamente cambiato la sua funzione nell’alfabeto dei simboli, diventando quasi uno slogan polemico che significa: “siamo contrari ad armare l’Europa”.


Chi viene tacciato di essere un “guerrafondaio” nelle piazze europee gremite di persone che portano un distintivo o una sciarpa arcobaleno? Ursula von der Leyen, la cauta e razionale presidente della Commissione europea, cristiana praticante, medico e madre di sette figli, che certamente non è una assetata di sangue. Intanto, nella Federazione Russa chi indossa i calzini arcobaleno rischia di essere arrestato dagli sbirri o picchiato dagli indignati compagni di treno nella metropolitana. 


L’arcobaleno e gli slogan a esso connessi, gli slogan della “pace”, fanno dunque parte di quelli stereotipi che in società differenti sono interpretati in due sensi opposti. Diceva Walter Lippmann, il padre della teoria degli stereotipi, che essi sono “opinioni standard sull’interpretazione dei simboli imposte alla società da figure autoritarie”. 


La complessa lettura dell’arcobaleno sembra essere basata sulla natura divisiva di questo antico simbolo: in origine era stato imposto nel mondo giudaico cristiano da una indubbia “figura autoritaria”, nientemeno che il Padre Onnipotente. 


In quel caso, Dio si comportò più o meno similmente a Trump. Arrabbiato con gli abitanti della terra, applicò ai colpevoli le “sanzioni infernali” riversando sul nostro pianeta il Diluvio Universale, a cui sopravvissero solo Noè e la sua famiglia, dopo che Noè si fu scusato a nome della collettività. Di conseguenza, Dio scese ai patti con Noè e i suoi discendenti, cioè con l’umanità intera. Questo momento è stato più volte riprodotto in opere geniali, come l’affresco di Paolo Uccello nel Chiostro Verde in Santa Maria Novella. Nella Genesi 8:22 Dio spiega i postulati del “deal” con l’umanità intimorita: “Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell’alleanza tra me e la terra. […] Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno”.


Allora l’arcobaleno altro non è che un segno del perdono di Dio dopo una punizione spietata! In poche parole, lui vuole che tutti gli obbediscano e si comportino bene.


In contrapposizione a questa idea di sottomissione, può avere luogo invece una lettura libertaria che trae spunto dal sontuoso gioco di colori che nasce dalla rifrazione di un raggio di luce, descritto scientificamente da Newton in un giorno di gioia. Un arcobaleno può evocare “gioia” dal subconscio: non per niente in ucraino si traduce “veselka” – “divertimento”. Questa lettura si riferisce a un mondo libero e multidimensionale, piuttosto che alla visione di un mondo miserabile sull’orlo dell’annientamento con pochi sopravvissuti terrorizzati che si sentono dire: “Comportatevi bene e non vi ucciderò”. 


Infatti, per la Chiesa la “pace” è “ordine”. “Andate in pace”, dice il sacerdote alla fine della funzione religiosa. La “pace” è il nome tecnico di un arredo liturgico adoperato per organizzare il comportamento dei fedeli: è una tavoletta decorata con una scena sacra, dotata di una maniglia, offerta dal sacerdote per essere baciata dagli altri ministri e infine dai fedeli come promessa di adesione alla fede. Al Museo del Duomo di Milano c’è una ammirevole Pace di Pio IV (zio dell’intransigente Carlo Borromeo) in oro e lapislazzuli, onice, oro, smeraldi e tante altre pietre preziose in tutti i colori dell’arcobaleno. 


Con il segno cosiffatto della Pace, il cattolicesimo ha evangelizzato i popoli e li ha costretti all’ordine e alla sottomissione. La pace in quest’ottica, soprattutto quando si tratta della colonizzazione di nuove terre e continenti, è una costrizione alla resa, alla rinuncia della propria identità. Non è un caso che nella stessa sala del Museo di Milano sia esposta anche una mitria multicolore a mosaico di penne di colibrì rappresentante una crocefissione con la Madonna e san Giovanni, realizzata per lo stesso Pio IV nel Cinquecento su ordinazione degli evangelizzatori delle Indie Occidentali. 


Naturalmente, nell’idea della pace come coerenza alla volontà superiore (“Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto”) è presente anche un forte richiamo all’unione, a un abbraccio, all’armonia. Sulle volte delle chiese gotiche, alzando gli occhi, vediamo che la chiave di volta spesso è circondata da alcune linee zigzagate colorate arcobaleno. Nella teoria dell’arte questo motivo porta il nome di “amistà’”. È frutto dell’elaborazione astratta dell’idea che i cori degli angeli, di cui ciascuna coorte emana un proprio colore, formino una sequenza di sette colori arcobaleno. Tali sequenze possono essere ammirate nel bel “Paradiso” di Jacobello del Fiore nella sala d’ingresso dell’Accademia a Venezia. A Milano l’“amistà” iridata è presente nella poco conosciuta chiesa di San Bernardino alle monache di via Lanzone, nella celebre Cappella Portinari e in Santa Maria (appunto!) della Pace, chiesa dei bellicosi crociati. 


Tornando alla “pace-coercizione”, guardiamo a quante volte la parola “pace” è stata strumentalizzata dalle dittature militari. L’espressione Pax romana è usata dagli storici per indicare il diradarsi dei conflitti militari dovuta al predominio e alla forza istituzionale dell’Impero romano, durante la prima metà dell’età imperiale. Oltre alla Pax romana si conoscono la Pax hispanica imposta dal dominio nel Vecchio e nel Nuovo Mondo da parte degli eserciti spagnoli durante i primi decenni del Seicento, la Pax mongolica nel XIII e XIV secoli, organizzata e gestita dallo spietato Genghis Khan e dai suoi successori, e la Pax britannica, che nel periodo successivo alle guerre napoleoniche significava che l’Impero britannico era divenuto arbitro di tutte le contese mondiali. Allo stesso modo, sebbene sia stato piuttosto sconfortevole per i malcapitati cittadini dei Paesi che ne facevano parte, il Patto di Varsavia poteva invocare la Pax sovietica e con questo giustificare il vizio di riempire di arcobaleni tutti i luoghi pubblici esteuropei, le scuole e le carceri di mezzo continente.


Sotto la dicitura di Pax americana si intende il periodo di grande tranquillità e benessere in Europa e nel mondo occidentale seguito alla Seconda guerra mondiale: periodo che ora sta finendo sotto i nostri occhi. 


Ai tempi della Pax sovietica noi dell’opposizione dicevamo con ironia: “Certo, lo Stato non farà la guerra, ma farà una tale lotta per la pace che il mondo intero diventerà polvere e briciole!” Naturalmente, tutti noi a quei tempi eravamo più che consapevoli che chi avesse osato parlare contro la lotta per la pace avrebbe rischiato di finire in galera. 


Oggi, al contrario, il regime di Putin non manda in galera “solo” chi pronuncia la parola “guerra” (ufficialmente si tratta di una “operazione militare speciale”), ma anche chi esorta a lottare per la pace e ne pronuncia la parola. Il titolo del famoso romanzo di Lev Tolstoj, Guerra e pace, contiene tutte e due le parole “indesiderate”; chissà se è punibile anche la lettura di quell’enorme romanzone. 


Più si approfondisce la questione, più appare chiaro che la percezione dello stereotipo “Pace” cambia enormemente non solo nel passaggio dall’interpretazione ecclesiastica a quella laica, ma anche nello spostamento da un periodo storico all’altro e da un Paese all’altro. 


In America la parola “pace” assume toni sempre più scoraggianti nella retorica pubblica del presidente Trump. “Sono dalla parte della pace e quindi voglio porre fine a ciò che voi state facendo”, ha detto Trump, scagliandosi contro Zelens’kyj nello Studio Ovale il 28 febbraio 2025. Come se si atteggiasse a punizione divina, come se volesse portare di nuovo un diluvio sul Paese, Trump ha arbitrariamente privato l’Ucraina della capacità di difendere le sue città dai bombardamenti. Ha bloccato il flusso di informazioni necessarie per individuare e abbattere i missili russi che partivano per colpire le principali città.


Ecco il risvolto catastrofico della Pax trumpiana: il primo giorno della sua “pace”, nella notte tra il 4 al 5 marzo, dei missili balistici Iskander e Kinzhal hanno colpito un hotel a Kryvyj Rih, la città natale del presidente Zelens’kyj. Quattro persone sono state uccise e 32 sono rimaste ferite, tra cui una ragazza di 13 anni e un ragazzo di 17. Dal 3 al 14 marzo 2025, nell’Ucraina colpita da bombe e missili russi, indifesa perché sprovvista dalla difesa contraerea (per decisione di Trump), hanno perso la vita 23 persone e ne sono rimaste ferite oltre 180. Il 4 aprile, altre 20 persone sono state uccise (tra cui 9 bambini e ragazzini: il più piccolo aveva 3 anni) e più di 70 sono rimaste ferite in un altro attacco missilistico russo contro Kryvyj Rih. 


Secondo l’onnipotente Trump gli ucraini come popolo hanno peccato, “non erano pronti a discutere la pace”. Anche il 9 marzo, durante una conferenza stampa, Donald Trump ha gongolato: “Desidero la pace, ho quasi distrutto Zelens’kyj”. Mostrando una plateale incompetenza per cui riceve in cambio lusinghe e complimenti, Trump confonde nelle teste degli europei le percezioni di “guerra” e di “pace” e manipola la psicologia delle masse giocando a ping-pong con gli stereotipi. Come risultato, le persone a cui piace l’idea della pace “e basta”, sostengono la “pace” alla Trump e si schierano contro quelli che parlano della necessità di prepararsi per far fronte all’aggressivo imperialismo russo. 


Di fatto, tuttavia, questi “pacifisti” non sostengono altro che violenza e coercizione. “Pace senza libertà (sì, sto parlando dell’orrida Pax imperiale e neocoloniale che Trump e Putin hanno in mente per l’Ucraina)” – scrive Michele Serra nel suo famoso appello per la protesta, quando ha convocato i militanti di vari partiti e movimenti sociali per una manifestazione davanti a San Giovanni in Laterano il 15 marzo 2025. 


Proprio come due arcobaleni trasmettono significati diversi a seconda della posizione della striscia viola – in alto o in basso – così “pace” può essere interpretata nel senso di “libertà e gioia” o, al contrario, come espressione di ipocrisia e violenza nascosta. Basta infatti vedere da che pulpito viene la predica.


La cosa peggiore è che i portatori della cinica e ipocrita idea di “pace” tendono a imporla agli altri. Putin e la sua cricca giustificano la loro aggressione, anche armata, con il desiderio di espandere dovunque nel mondo la “pace russa”. La parola “mir” in russo è ambigua, significa sia “mondo” che “pace”. Assieme con il loro “russkij mir” (mondo russo), questo sistema totalitario ha anche inventato un fittizio “pacifismo” russo. È un pacifismo basato sull’intimidazione e sulla tortura: che lo tengano presente coloro che ripetono indiscriminatamente degli slogan altrui svuotati di significato, compresi gli appelli alla pace. Se si tratta in realtà di appelli alla guerra, alla minaccia militare si deve rispondere con la difesa militare.


Contro i sistemi politici che costringono i propri cittadini al silenzio si può lottare solo con mezzi e metodi di guerra. Altrimenti, i “fautori di pace” attaccheranno il mondo intero e se lo mangeranno. La persuasione non basterà.

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Giugno 2025. People First in Italia: l’appello della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022.

Al termine di una quattro giorni di incontri istituzionali e pubblici Memorial Italia esprime soddisfazione e gratitudine nei confronti dei numerosi interlocutori con i quali ha avuto modo di confrontarsi tra l’8 e l’11 giugno 2025 come parte della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022 in Italia, costituita da Oleg Orlov (Memorial, Russia), Oleksandra Romantsova (Center for Civil Liberties, Ucraina) e Leonid Sudalenka (Viasna. Human Rights in Belarus, Belarus), accompagnati da Giulia De Florio e Andrea Gullotta, presidente e vicepresidente di Memorial Italia. La delegazione ha presentato la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, il cui obiettivo è richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Nel marzo del 2022 Della Vedova, all’epoca sottosegretario agli Esteri, aveva avuto modo di parlare telefonicamente con Oleg Orlov nel corso delle perquisizioni condotte nella sede di Memorial a Mosca, esprimendo solidarietà a nome del governo italiano. Nell’occasione si è intrattenuto con la delegazione per approfondire le questioni legate al sostegno italiano e internazionale agli attivisti dei tre paesi. Nel pomeriggio Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno animato l’incontro Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali. A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. Nella mattinata dell’11 giugno la delegazione ha partecipato all’udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e nel pomeriggio ha tenuto un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica, intrattenendosi al termine con alcuni senatori, tra i quali Cinzia Pellegrino (FDI) e Filippo Sensi (PD), per approfondire le questioni emerse nel corso dell’audizione. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato agli incontri e tutti i giornalisti che hanno voluto dare spazio e risonanza all’iniziativa. Corriere della Sera (Irene Soave): Il Nobel dissidente Oleg Orlov: «L’Ucraina è stata disponibile, Mosca mente anche sui detenuti. Un dialogo però è possibile» | Corriere.it. Il Giornale (Angelo Allegri): ll premio Nobel Orlov: “Cedere adesso a Putin aiuta solo gli estremisti del regime russo” – il Giornale. Tg1 (Enrico Bona): Il dissidente Oleg Orlov: “Migliaia di civili ucraini detenuti in Russia in condizioni spaventose”. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Orlov. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Romantsova. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Sudalenka. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov sullo scambio mediato da Biden. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su negoziati prigionieri. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su diaspora. Gr1, Rai Radio1, ore 08:00 (Carla Frogheri): Intervista a Oleg Orlov sulla campagna “People First” (dal minuto 10.30). Rai Radio1 (Carla Frogheri): Radio anch’io | Proteste pro-migranti negli USA. Il conflitto in Ucraina | Rai Radio 1 | RaiPlay Sound (dal minuto 34.50). L’Avvenire (Raffaella Chiodo Karpinsky): Orlov: «Il bavaglio a Memorial non riesce a zittirci dall’estero». Adnkronos (Simona Poidomani): “In Russia torture sistematiche su dissidenti e ucraini”, la denuncia di Oleg Orlov. Radio Radicale (Francesco De Leo): Intervista a Oleg Petrovic Orlov, biologo, politico e attivista russo, impegnato nei movimenti per i diritti umani post-sovietici in Russia, tra i fondatori e co-presidente del consiglio direttivo del Memorial Human Rights Center, associazione premiata ne (12.06.2025). Il Manifesto (Sabato Angieri): «Putin è imperialista, ma i russi vogliono la fine della guerra» | il manifesto. Vita (Alexander Bayanov): Il Nobel per la pace Orlov: «Sono tanti i russi che non vogliono la guerra, ma non possono dirlo» – Vita.it. L’Europeista (Marco Setaccioli): “In Russia regime fascista, ma la gente ormai vuole solo pace”, intervista al Premio Nobel Oleg Orlov – L’Europeista.

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#2 | Modalità e strumenti della propaganda russa.

Continuiamo a segnalare materiali che analizzano e aiutano a comprendere meglio le modalità e gli strumenti utilizzati dalla propaganda russa per seminare incertezza, disinformazione e caos anche ben oltre i confini nazionali. Con il protrarsi della guerra i meccanismi con cui si cerca di infiltrare narrazioni propagandistiche e “alternative” sull’invasione dell’Ucraina continuano a funzionare. Sono vari gli strumenti che ne facilitano l’insediamento e la diffusione. Riteniamo dunque importante segnalare documentari, ricerche e articoli che analizzano le narrazioni propagandistiche russe e i tentativi di penetrare il sostrato dell’informazione globale e, in molti casi, italiana. Il sito di LA7 mette a disposizione il documentario di Francesca Mannocchi Lirica ucraina. Dopo mesi in cui questioni economiche e geopolitiche sono state i principali temi del dibattito pubblico, il documentario rimette al centro le principali vittime dell’aggressione russa: la popolazione civile e le città ucraine. Le immagini mostrano testimonianze di chi è costretto a vivere quotidianamente la guerra in prima persona e la distruzione provocata da più di tre anni di bombardamenti sul territorio ucraino: RivediLa7, Lirica Ucraina, francesca Mannocchi. L’Istituto Gino Germani pubblica la ricerca Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane, condotta da Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey. Lo studio è basato su quattro case study con l’obiettivo di discutere i principali fattori storico-politici e culturali che hanno reso la società italiana più permeabile all’influenza della narrazioni strategiche filo-Cremlino e sulla base dei ventotto manuali scolastici analizzati individua le principali narrazioni filorusse: Il paper integrale di Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey su “Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane” – Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Matteo Pugliese per Affari Internazionali si concentra sulle operazioni clandestine condotte dal regime russo evidenziando in particolare quelle svolte sul territorio italiano: La campagna di sabotaggi russi in Europa interessa anche l’Italia – Affarinternazionali.

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