Dmitrij Muratov: “Per favore, scambiate i civili”.

Pubblichiamo in italiano il testo del recente intervento di Dmitrij Muratov, direttore di Novaja Gazeta e premio Nobel per la pace 2021, pubblicato il 25 maggio scorso e indirizzato ai presidenti della Federazione Russa e dell’Ucraina. La traduzione è di Elena Kostioukovitch.

Ma guardate che manca poco, credo che presto nel nostro Paese inizieranno a celebrare solennemente la Giornata del boia. I boia riceveranno complimenti, regali, sfileranno tutti orgogliosi nelle loro uniformi da parata.



Oggi vi parlerò dei torturatori incaricati dallo Stato. Nel mio Paese è ricomparsa la figura del professionista della tortura, del carnefice. Nell’anno dell’ottantesimo anniversario della vittoria sul fascismo in Russia è tornato il fabbisogno dei carnefici al servizio dello Stato. Chissà se saranno tutti bravi abbastanza… Magari c’è bisogno di facoltà in cui, in aule insonorizzate, si terranno corsi di formazione dove saranno insegnate e applicate, per esercizio, tutte le sevizie, anche storiche, inflitte dall’Inquisizione e dalla Gestapo. I migliori allievi saranno inviati al comando del ministro della giustizia Chujčenko, mentre i peggiori della classe, capaci solo di violentare la gente con il manico della scopa, finiranno nei commissariati di polizia.

Una volta il grande scrittore Vladimir Vojnovič mi raccontò di aver incontrato un uomo che nel 1937 era stato prigioniero dell’NKVD e nel 1942 prigioniero della Gestapo. Alla domanda su chi torturasse più ad arte, disse: “Torturavano in ambedue i posti bene, ma c’era una differenza”. Che differenza? “Quelli della Gestapo volevano estorcere ciò che io non volevo dire. Quelli dell’NKVD non avevano bisogno di nulla. Torturavano semplicemente per farlo, e basta”. Questa differenza è semplice e agghiacciante.

Le torture inflitte a persone indifese nei centri di detenzione, nei tribunali e nelle prigioni russe servono solo a dimostrare che ogni carnefice esegue ogni ordine che riceve. Torturando, esprime la sua lealtà al Paese e la sua disponibilità a fare qualsiasi cosa per esso. Non senza, ovviamente, provare un certo piacere.

Vi racconterò brevemente un po’ di storie. Alcune di esse vi saranno sicuramente note, altre forse le avete dimenticate. Ve le devo rifare presenti, perché a un certo punto smettiamo di prestare l’orecchio alle urla che provengono dalle camere di tortura e dalle aule di tribunale. Proprio come un tempo, negli anni Quaranta del secolo scorso, gli abitanti del villaggio di Dachau non prestavano attenzione all’odore che proveniva dai forni crematori. Uno di loro scrisse nelle sue memorie: “Pensavamo che l’aria dovesse avere quell’odore. Che ci potevamo fare? Era l’odore della nostra patria. Ci eravamo abituati”.

Igor’ Baryšnikov, prigioniero politico, pensionato di Kaliningrad, è stato condannato a sette anni e mezzo di reclusione per avere “diffuso notizie false sull’esercito russo”. Ha il cancro, ha la sonda della gastrostomia che gli esce fuori dalla pancia, non può né stare seduto né sdraiato, riesce a malapena a camminare. Per due anni non l’hanno operato e quando finalmente l’hanno fatto sono iniziate gravi complicazioni. Baryšnikov è pressoché cieco, ha già perso la vista da un occhio e quella dell’altro sta peggiorando rapidamente. Quando era libero, Igor’ si prendeva cura della madre anziana e costretta a letto. Quando è morta, lui era in carcere. La giudice, che si chiama Ol’ga, cognome Balanina, gli ha rifiutato il permesso di poche ore per andare al funerale. Vi ho detto il cognome della giudice, vero? Questa persona si chiama Ol’ga Balanina.

Andrej Šabanov, 45 anni. È un sassofonista, musicista, viveva a Samara. La sua condanna è per aver pubblicato sui social network alcuni post contro l'”operazione militare speciale”. La condanna ammonta a sei anni (“incitamento all’attività terroristica”). È invalido di seconda categoria, gravemente malato, affetto da psoriasi. Sta letteralmente marcendo vivo. Šabanov si è spogliato in tribunale, ecco la foto, ha chiesto di essere rilasciato in aula, il suo corpo è coperto di piaghe. Il giudice Dmitrij Anan’ev non ha resistito a questo spettacolo e, per non assistere alla scena, ha ordinato che l’imputato fosse riportato in carcere.

Nadežda Bujanova, della quale ho già parlato. È una dottoressa di 67 anni, pediatra. È stata denunciata dalla madre di un paziente, secondo la quale la Bujanova avrebbe parlato male del padre del bambino, caduto nel “servizio militare volontario”, e che ciò sarebbe avvenuto in presenza del figlio. In realtà, a giudicare dalle telecamere, il bambino non era nello studio. Non è stata registrata l’audio della visita. Ma quando il bambino di sette anni è stato interrogato da un agente operativo dell’FSB, ha reso una testimonianza in cui, usando parole da adulto e formulazioni tratte dal codice penale, ha spiegato come la dottoressa Bujanova (a parole di quel bambino) “avesse diffuso pubblicamente informazioni palesemente false sulle forze armate della Federazione Russa”. Il bambino non è stato chiamato in tribunale. Bujanova è stata rinchiusa in un centro di detenzione preventiva. Un “attivista patriottico” le ha portato come “dono alimentare” in carcere trenta chili di sale in una spedizione unica, in modo da esaurire il limite delle consegne mensili e lasciarla senza vitamine e cibo. Ora Bujanova è stata condannata. Onestamente, ero sicuro che l’avrebbero lasciata uscire con una multa o una condizionale, la vecchia dottoressa, l’unica non fumatrice costretta a stare in una cella con trenta fumatrici. Ma le hanno dato cinque anni e mezzo di colonia penale.

Oleg Belousov, di San Pietroburgo. È anche lui disabile. È stato accusato di “diffusione di notizie false sull’esercito russo” e arrestato. Poi è stato condannato a cinque anni e mezzo di campo. Però lo hanno qualificato come “incline alla fuga”. Cosa significa? Significa che nel corso di ogni notte, diverse volte, a intervalli di due ore, lo svegliano per controllare la sua identità, puntandogli una luce forte nella faccia e obbligandolo a presentarsi. Si creano sofferenze non solo a lui, ma a suo figlio, un ragazzo di 22 anni, che è un disabile mentale. Non ha nessuno oltre a suo padre. Gli investigatori hanno trovato un modo ideale per fare pressione su Belousov. Il figlio è stato fatto passare come testimone nel processo contro il padre. E poiché il figlio è ormai testimone, su questa base, ascoltate!, gli è ormai vietato di vedere il padre e di parlargli al telefono. Così prevede la relativa disposizione del codice di procedura penale.

Aleksej Gorinov. È in carcere da tre anni. Parlo spesso di lui, di quel deputato del consiglio comunale di una delle zone di Mosca, che nel 2022 aveva proposto di sospendere il concorso di disegni di bambini, visto che morivano uccise tante persone al fronte. Nelle colonie e nei centri di detenzione preventiva Gorinov è regolarmente sottoposto a torture, anche perché pure lui è indicato come “incline alla fuga”. Anche lui viene svegliato ogni due ore per essere controllato. Spesso lo rinchiudono in cella di rigore. Forse avete letto o sentito che a Gorinov manca una parte del polmone. Nella sua cella non ci sono vetri alle finestre, né coperte, né materassi. La Croce Rossa, alla quale ci siamo rivolti, ha rifiutato di aiutare Gorinov. La Croce Rossa dice di non aver ricevuto la licenza da parte della Russia per controllare i luoghi di detenzione dei prigionieri. Recentemente Gorinov è stato trasferito a Novosibirsk. Gli hanno diagnosticato la polmonite, il che nel suo caso specifico significa che è questione di pochi giorni prima che sviluppi la tubercolosi.

Natal’ja Vlasova è una cittadina ucraina di 44 anni. È stata arrestata a Donec’k. È stata condannata a diciotto anni per “spionaggio e terrorismo”. Non mi pronuncio sul merito della sentenza. Però nel verdetto non c’è scritto che la condannata debba essere sottoposta a tortura! Nel corso della seduta del tribunale, la Vlasova ha reso una testimonianza molto dettagliata, il che succede raramente, e ha con precisione raccontato come è stata torturata. È stata molto coraggiosa a dichiararlo. Ha raccontato delle torture nella prigione di Donec’k chiamata “izoljacija”. Ha definito questa prigione una “fabbrica della morte”. Secondo Vlasova, è stata picchiata, stuprata ripetutamente con particolare crudeltà, le hanno trapanato i denti. Ha denunciato le torture e i carnefici, riportando i nomi di ciascuno, in un processo pubblico. Per reagire, il giudice Oleg Čerepov non ha ordinato di verificare la sua testimonianza, non ha formulato nessuna segnalazione specifica per violazione della legge, si è limitato a precisare… Bravo, precisare, che cosa? Ha voluto precisare che la Vlasova non aveva sporto denuncia alla polizia. Ditemi voi come abbia potuto farlo, rinchiusa in una cella di tortura senza alcun contatto con il mondo esterno.

Ora sono arrivato a quel tema del nostro video, che mi è particolarmente doloroso. Si tratterà della mia tragedia personale e quella di tutta la nostra redazione, di Novaja Gazeta: della morte della giornalista ucraina Viktorija Roščina. Noi abbiamo cercato di interessarci del suo destino come abbiamo potuto. È rimasta in carcere per un anno. Non esistono informazioni ufficiali sulle accuse che le sono state mosse. È chiaro che aveva fatto fame: pesava pochissimo. Non vi racconterò cosa le hanno fatto nei sotterranei di Donec’k e nel carcere di Taganrog. Quasi esausta, ha saputo di essere stata inserita nella lista degli scambi. Il suo scambio era stato pianificato per settembre 2024. Lo scambio ha avuto luogo, ma senza di lei. Il 30 agosto, due settimane prima dello scambio, le è stata data la possibilità, l’ultima possibilità, di parlare con suo padre. Lui le ha chiesto di non continuare lo sciopero della fame. Lei gli ha detto che si stava preparando per lo scambio e che presto si sarebbero rivisti. Cosa è successo tra il 30 agosto e il 16 settembre? Non lo sappiamo. È semplicemente scomparsa, Viktorija. Non si trovò tra coloro che sono stati scambiati. Poi, per molto tempo, molti mesi, non è stato consegnato ai parenti il suo corpo. È stato restituito dopo cinque mesi. Per qualche motivo al corpo di Viktorija Roščina mancavano alcuni organi. Probabilmente non volevano che il corpo di Roščina, che aveva subito terribili torture e sofferenze, diventasse una specie di testimonianza “post mortem”.

Attraverso le torture continuano a passare migliaia di prigionieri ucraini e centinaia di quelli che si possono definire “incommunicados”, cioè persone di cui non sappiamo quasi nulla, tranne che esistono e che sono rinchiuse da qualche parte. Sono quelli senza nome. A loro si può fare di tutto, e lo fanno. Di tutto.

Gemiti e grida si levano dalle prigioni di tutta la Russia, da Kostroma a Taganrog.

Quando mi parlano del fallimento dei negoziati tra Ucraina e Russia a Istanbul, io penso che vorrei comunque ringraziare coloro che hanno organizzato questi negoziati, perché nei prossimi giorni migliaia di persone da entrambe le parti torneranno a casa. Si vedranno restituire la loro dignità umana. Saranno scambiate alcune migliaia di prigionieri di guerra. E, onestamente, per me questo è molto più importante di tutti i discorsi sui confini statali riconosciuti a livello internazionale. Ma questo riguarda i prigionieri di guerra.

Io vorrei però chiedere qualcosa ai presidenti della Russia e dell’Ucraina, dell’Ucraina e della Russia. Signori presidenti, i vostri negoziati continueranno, i negoziati delle vostre delegazioni continueranno. Per favore, fate uscire i civili. Fate lo scambio dei sostenitori del “mondo russo” che si trovano in Ucraina contro gli oppositori della guerra che si trovano nelle prigioni e nei campi russi. So che non c’è mai stata alcuna pratica di scambio o di rilascio reciproco, “civili per civili”. Allora, facciamolo per la prima volta. Scambiateli finché sono ancora vivi. Iniziate con gli adolescenti, le donne, i malati, quelli che hanno dei figli a casa. Beh, con i militari ci siete riusciti? Avete imparato a scambiare i corpi dei combattenti caduti da entrambe le parti? Spero vivamente che tutto ciò possa essere applicato ai civili: il rilascio reciproco, l’amnistia, la grazia, lo scambio, chiamatelo come volete. Questo passo avvicinerà la tanto attesa pace.

Torno al discorso dei carnefici. È molto difficile per me raccontarvi la storia successiva, nonostante io la conosca fin troppo bene. I primi a scriverne sono stati i giornalisti di Takie dela. Poi per diversi mesi ce ne siamo occupati noi della Novaja Gazeta. Sia i nostri colleghi sia noi l’abbiamo esplorata nei dettagli, questa storia. Ma non vi dico il nome della ragazza, non posso… e non le darò nemmeno un nome di fantasia. La chiamerò semplicemente “ragazza”. Nel 2023 questa ragazza è stata messa in un centro di detenzione preventiva per una denuncia che partiva da sconosciuti. Come al solito. Tutto è avvenuto attraverso un canale Telegram. Come al solito. Naturalmente, l’onnipotente FSB non è riuscito a trovare chi è stato il provocatore. Qualcuno (rimasto sconosciuto) ha chiesto alla ragazza di accendere un petardo e di pubblicare il video. La ragazza ha tagliato un terzo di un petardo di Capodanno e gli ha dato fuoco. Non ha fatto del male a nessuno, non ha incendiato nulla, non ha nascosto il petardo da nessuna parte. In base a quel filmato, la ragazza è stata rinchiusa in un centro di detenzione preventiva. Le sue compagne di cella sono state scelte con cura diabolica. L’hanno torturata, straziata, brutalizzata. Una bambina di 14 anni. Hanno ripetutamente stuprato una quattordicenne con vari oggetti. L’hanno aizzata perché si suicidasse. Tutto questo sotto gli occhi dei funzionari del centro di detenzione preventiva. Nella cella dove stavano martoriando questa bambina, era installato un sistema di videosorveglianza. Dopo il tentativo di suicidio, la ragazza è stata mandata in un ospedale psichiatrico. Sua madre ha ottenuto il permesso di andare a trovarla lì. La ragazza le ha fatto soltanto una domanda. Quando sua madre è venuta a trovarla, la ragazza ha chiesto: “Mamma, per quale colpa mi stanno facendo tutto ciò?”.

Durante il processo di Norimberga è stato ribadito un fattore degno di nota. Chi avesse subito torture successivamente non doveva essere lasciato senza sorveglianza. Bisognava tenerlo sotto controllo… Non ci crederete, ma proprio di recente il giudice del tribunale di Balašicha ha mandato di nuovo quella bambina nella cella di un manicomio.

Lasciatemi ripetere. Quando è stata rinchiusa nella cella, lei aveva 14 anni. Chi di voi ha figli adolescenti li guardi ora. In questo preciso momento. Andate a guardarli nella cameretta dove stanno davanti al computer. Immaginate le sofferenze di questa bambina nel carcere di Mosca. Ho dimenticato di dire che l’investigatore incaricato del caso della ragazza, che si chiama Dmitrij Tarakanov, è stato insignito della qualifica di miglior investigatore del Comitato investigativo della Federazione Russa per la regione di Mosca. È da due anni che sta seguendo questo caso. Sono già due anni che questa ragazza è il suo piatto forte.

Qui ho una lettera di un ex militare di Čita, Maksim Ivannikov, condannato a quindici anni per tradimento. Ecco come descrive il lavoro degli investigatori con lui. “Mi hanno buttato a terra. Due o tre mi hanno tenuto fermo e hanno iniziato a torturarmi. Mi girava la testa, vedevo tutto nero. Quando mi hanno strappato i pantaloni e le mutande, mi è balenato in mente un pensiero brutto, ma è stato peggio. Mi hanno collegato degli elettrodi ai testicoli e lì ho urlato come mai in vita mia. Non ho mai provato un dolore simile in tutti i miei 37 anni. Ero pronto a confessare qualsiasi cosa, pur di far finire quell’incubo“.

Capisco quanto sia difficile ascoltare tutto questo e quanto si voglia spegnere il video su YouTube dopo i primi quindici secondi. Per continuare a non sapere nulla… Ma guardate che manca poco, credo che presto nel nostro Paese inizieranno a celebrare solennemente la Giornata del boia. I boia riceveranno complimenti, regali, sfileranno tutti orgogliosi nelle loro uniformi da parata.

Dopo la vittoria sul fascismo nel 1945, c’è stata la parata della Vittoria, ne vediamo documentari famosi in tutto il mondo. I soldati vincitori gettarono le bandiere dei reggimenti tedeschi all’ombra delle mura del Cremlino. Mi ha colpito il pensiero che qualcuno vorrebbe rivedere questo filmato, ma con ruoli scambiati.

La crudeltà e la propensione alla violenza sono contagiose. Non è un caso che i carnefici si coprano spesso i volti. In tutto il Paese stanno erigendo monumenti a Stalin. Il Paese si sta “restalinizzando”. L’ordine del giorno è: castigare, castigare, castigare. È una sorta di autofascistizzazione.

Anche io, come tanti, il 9 maggio ho ascoltato il discorso del presidente del nostro Paese in occasione della Giornata della Vittoria. Poi l’ho ascoltato ancora una volta, poi ancora una volta e, onestamente, non credevo alle mie orecchie. L’ho riascoltato più volte. Ebbene, nel discorso del presidente russo non è stata pronunciata una sola volta l’espressione “vittoria sul fascismo”. Abbiamo deciso, in redazione, di rivedere i discorsi precedenti dedicati a questa ricorrenza. È emerso che nei primi anni del governo di Vladimir Putin, dal 2000 al 2013, nei discorsi del presidente alla parata della Vittoria c’erano sempre parole sul fascismo. Dal 2014 questa parola ha iniziato a scomparire. E dal 2020 non si sente più la parola fascismo. Si parla invece di nazismo. “La Russia è stata e sarà un ostacolo insormontabile al nazismo, alla russofobia e all’antisemitismo“. Ma non si fa più menzione del fascismo.

Questo significa qualcosa? Significa che l’amore dell’attuale ideologo popolare Dugin per il fascismo sta davvero diventando un’ideologia? Che la dottrina in sé è buona, solo che Hitler era un cattivo fascista

Ma io so per certo che il 9 maggio 1945 la parata era in onore della vittoria sul fascismo, e serviva a impedire che il fascismo tornasse.

Ora che tutti parlano della minaccia di una guerra mondiale, qualcuno deve sputare su tutta questa geopolitica e ricordare invece ogni giorno il destino di quella bambina torturata in un carcere di massima sicurezza. Persone che torturano una bambina in prigione non possono certo costruire un ordine mondiale giusto. È così che questo mondo multipolare si trova in relazione a una cella del carcere di pre-detenzione vicino a Mosca, dove torturano una bambina: perché persone che torturano una bambina non possono costruire un ordine mondiale giusto.

Ebbene, mentre stavamo registrando questo video, la redazione è stata informata che ad Aleksej Gorinov, subito dopo il suo arrivo dal trasferimento, è stata diagnosticata la tubercolosi. Servono altre parole?

Per favore, scambiate i civili. Scambiate i civili.

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MOST è una Summer School pensata per studenti e studentesse e giovani giornalisti/e che vogliono approfondire ed esplorare temi trasversali come l’identità, i diritti umani, i regimi politici e la memoria storica in quella vasta e complessa area sociopolitica sorta dopo il crollo dell’Unione Sovietica, che va dall’Europa Orientale fino all’Estremo Oriente. MOST è costruita intorno a 5 giornate, ognuna delle quali è dedicata a un macrotema diverso. Lingua, identità e cultura: come si relazionano tra loro dinamiche linguistiche e appartenenze identitarie e culturali? Quali sono le radici storiche dell’Ucraina di oggi? Società civile e regimi politici: qual è il ruolo della società civile nel fungere da contrappeso ai regimi politici? In cosa i regimi politici sorti nell’area nel corso degli ultimi decenni differiscono dalle democrazie occidentali? Diritti umani: come si è evoluta la situazione dei diritti umani e la lotta per il loro rispetto dalla caduta dell’Unione Sovietica a oggi? 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Se sei interessato/a ai temi di cui discutiamo a MOST, vuoi far parte di una rete di giovani studiosi/e e giornalisti/e e conoscere da vicino i relatori e le relatrici dei vari incontri, puoi inviare la tua candidatura entro il 20 giugno all’indirizzo email most@memorialitalia.it allegando un tuo breve CV e una lettera motivazionale (max 400 parole) in cui ci racconti dei tuoi interessi e delle tue aspettative. Durante le giornate della Summer School i costi dell’alloggio sono interamente coperti: ci ospita la Casa di Accoglienza il Carmine Maggiore, nel cuore del centro storico di Palermo. Le spese di viaggio e vitto sono a carico dei partecipanti. La quota di partecipazione, utile a contribuire alle spese organizzative, è di €150. Il pagamento viene effettuato dai partecipanti successivamente alla comunicazione di avvenuta selezione. Perché Palermo? Abbiamo scelto Palermo come sede di MOST perché è una città per molti versi di confine, con un passato ricco di memorie intrecciate e un presente in cui la lotta per i diritti umani è parte viva del tessuto urbano. La collaborazione con alcune associazioni presenti nel territorio, come Libera contro le mafie, impegnata da decenni nella lotta alle mafie e nel ricordo delle vittime innocenti, ci permette di affrontare temi cari a Memorial Italia da una prospettiva molto diversa da quella post-sovietica, ma che presenta tante affinità. La presenza di realtà come MoltiVolti, impresa sociale dedicata all’inclusione, alla convivenza e al dialogo tra persone portatrici di culture diverse, consente di tracciare altri fili rossi nelle questioni che riguardano l’identità, i confini, le migrazioni. In vista della nostra prima Summer School abbiamo inoltre voluto chiedere ai nostri partner per quale motivo abbiano

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Giugno 2025. People First in Italia: l’appello della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022.

Al termine di una quattro giorni di incontri istituzionali e pubblici Memorial Italia esprime soddisfazione e gratitudine nei confronti dei numerosi interlocutori con i quali ha avuto modo di confrontarsi tra l’8 e l’11 giugno 2025 come parte della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022 in Italia, costituita da Oleg Orlov (Memorial, Russia), Oleksandra Romantsova (Center for Civil Liberties, Ucraina) e Leonid Sudalenka (Viasna. Human Rights in Belarus, Belarus), accompagnati da Giulia De Florio e Andrea Gullotta, presidente e vicepresidente di Memorial Italia. La delegazione ha presentato la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, il cui obiettivo è richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Nel marzo del 2022 Della Vedova, all’epoca sottosegretario agli Esteri, aveva avuto modo di parlare telefonicamente con Oleg Orlov nel corso delle perquisizioni condotte nella sede di Memorial a Mosca, esprimendo solidarietà a nome del governo italiano. Nell’occasione si è intrattenuto con la delegazione per approfondire le questioni legate al sostegno italiano e internazionale agli attivisti dei tre paesi. Nel pomeriggio Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno animato l’incontro Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali. A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. Nella mattinata dell’11 giugno la delegazione ha partecipato all’udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e nel pomeriggio ha tenuto un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica, intrattenendosi al termine con alcuni senatori, tra i quali Cinzia Pellegrino (FDI) e Filippo Sensi (PD), per approfondire le questioni emerse nel corso dell’audizione. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato agli incontri e tutti i giornalisti che hanno voluto dare spazio e risonanza all’iniziativa. Corriere della Sera (Irene Soave): Il Nobel dissidente Oleg Orlov: «L’Ucraina è stata disponibile, Mosca mente anche sui detenuti. Un dialogo però è possibile» | Corriere.it. Il Giornale (Angelo Allegri): ll premio Nobel Orlov: “Cedere adesso a Putin aiuta solo gli estremisti del regime russo” – il Giornale. Tg1 (Enrico Bona): Il dissidente Oleg Orlov: “Migliaia di civili ucraini detenuti in Russia in condizioni spaventose”. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Orlov. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Romantsova. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Sudalenka. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov sullo scambio mediato da Biden. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su negoziati prigionieri. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su diaspora. Gr1, Rai Radio1, ore 08:00 (Carla Frogheri): Intervista a Oleg Orlov sulla campagna “People First” (dal minuto 10.30). Rai Radio1 (Carla Frogheri): Radio anch’io | Proteste pro-migranti negli USA. Il conflitto in Ucraina | Rai Radio 1 | RaiPlay Sound (dal minuto 34.50). L’Avvenire (Raffaella Chiodo Karpinsky): Orlov: «Il bavaglio a Memorial non riesce a zittirci dall’estero». Adnkronos (Simona Poidomani): “In Russia torture sistematiche su dissidenti e ucraini”, la denuncia di Oleg Orlov. Radio Radicale (Francesco De Leo): Intervista a Oleg Petrovic Orlov, biologo, politico e attivista russo, impegnato nei movimenti per i diritti umani post-sovietici in Russia, tra i fondatori e co-presidente del consiglio direttivo del Memorial Human Rights Center, associazione premiata ne (12.06.2025). Il Manifesto (Sabato Angieri): «Putin è imperialista, ma i russi vogliono la fine della guerra» | il manifesto. Vita (Alexander Bayanov): Il Nobel per la pace Orlov: «Sono tanti i russi che non vogliono la guerra, ma non possono dirlo» – Vita.it. L’Europeista (Marco Setaccioli): “In Russia regime fascista, ma la gente ormai vuole solo pace”, intervista al Premio Nobel Oleg Orlov – L’Europeista.

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#2 | Modalità e strumenti della propaganda russa.

Continuiamo a segnalare materiali che analizzano e aiutano a comprendere meglio le modalità e gli strumenti utilizzati dalla propaganda russa per seminare incertezza, disinformazione e caos anche ben oltre i confini nazionali. Con il protrarsi della guerra i meccanismi con cui si cerca di infiltrare narrazioni propagandistiche e “alternative” sull’invasione dell’Ucraina continuano a funzionare. Sono vari gli strumenti che ne facilitano l’insediamento e la diffusione. Riteniamo dunque importante segnalare documentari, ricerche e articoli che analizzano le narrazioni propagandistiche russe e i tentativi di penetrare il sostrato dell’informazione globale e, in molti casi, italiana. Il sito di LA7 mette a disposizione il documentario di Francesca Mannocchi Lirica ucraina. Dopo mesi in cui questioni economiche e geopolitiche sono state i principali temi del dibattito pubblico, il documentario rimette al centro le principali vittime dell’aggressione russa: la popolazione civile e le città ucraine. Le immagini mostrano testimonianze di chi è costretto a vivere quotidianamente la guerra in prima persona e la distruzione provocata da più di tre anni di bombardamenti sul territorio ucraino: RivediLa7, Lirica Ucraina, francesca Mannocchi. L’Istituto Gino Germani pubblica la ricerca Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane, condotta da Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey. Lo studio è basato su quattro case study con l’obiettivo di discutere i principali fattori storico-politici e culturali che hanno reso la società italiana più permeabile all’influenza della narrazioni strategiche filo-Cremlino e sulla base dei ventotto manuali scolastici analizzati individua le principali narrazioni filorusse: Il paper integrale di Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey su “Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane” – Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Matteo Pugliese per Affari Internazionali si concentra sulle operazioni clandestine condotte dal regime russo evidenziando in particolare quelle svolte sul territorio italiano: La campagna di sabotaggi russi in Europa interessa anche l’Italia – Affarinternazionali.

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