Gli italiani di Crimea
La deportazione in Kazachstan della comunità italiana di Kerč’ durante lo stalinismo. Il progetto Gli ultimi testimoni.
La comunità degli italiani di Kerč’ si era formata in due momenti diversi: prima della guerra di Crimea erano giunti commercianti liguri provenienti dal regno di Piemonte e Sardegna, mentre dopo il 1860 arrivarono dalla Puglia sulle coste del Mar Nero sia marinai e capitani di navi mercantili, sia agricoltori. Nei decenni seguenti la presenza italiana si affermò in città come Mariupol’, Feodosia, Berdjansk, Taganrog e Nikolaev.
Durante la seconda guerra mondiale, nel settembre del 1941, la penisola di Kerč’ fu invasa dai tedeschi e pochi mesi dopo liberata dall’Armata Rossa. Ciò ebbe conseguenze gravissime per la comunità italiana, accusata di collaborazionismo con gli occupanti nazisti. Fra il 25 e il 29 gennaio del 1942 tutti gli abitanti di origine italiana furono deportati in Kazachstan. Qui la popolazione femminile, insieme a vecchi e bambini, restò a lavorare nei kolchozy, mentre gli uomini vennero inviati al lavoro coatto nel complesso metallurgico di Čeljabinsk, che era in corso di costruzione sotto la direzione dell’NKVD. Le famiglie poterono riunirsi solo dopo la fine della guerra. Alcune rimasero a vivere in Kazachstan, altre a Čeljabinsk, a Saratov o in altre località, mentre solo pochi riuscirono a tornare a Kerč’.
Gli ultimi superstiti italiani della deportazione in Kazachstan sono stati intervistati da Alëna Kozlova e Irina Ostrovskaja nell’ambito del progetto Gli ultimi testimoni, promosso da Memorial Internazionale.
