La Restituzione dei nomi è un evento annuale dedicato al ricordo delle persone deportate, arrestate e uccise dal regime sovietico. Dal 2007 in Russia e nel mondo ci si riunisce per leggere ad alta voce i nomi delle vittime dello Stato sovietico. È possibile organizzare la Restituzione dei nomi ovunque nel mondo, così come è stato per Memorial Italia nel 2023 e nel 2022. In Italia per il 2024 sono previsti tre incontri commemorativi: a Bari (24 ottobre), Torino (26 ottobre) e Milano (27 ottobre). Nel 2024, come negli ultimi anni, a Mosca la manifestazione non è stata approvata per Covid-19. Minaccia fittizia, utilizzata dal governo per ostacolare qualsiasi tipo di espressione pubblica che intenda esprimere solidarietà civile o posizioni contrarie a quelle di regime. Martedì 29 ottobre, a partire dalle 12:00 (ora di Mosca), l’ormai consueto collegamento on line tuttavia permetterà di seguire in diretta la lettura dei nomi in più di 80 città del mondo. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito October29, disponibile in russo e in inglese. La Restituzione dei nomi è il cuore delle iniziative organizzate da Memorial. La manifestazione è dedicata al ricordo delle vittime del Terrore di Stato in Unione Sovietica. Il 29 ottobre di ogni anno, in Russia e nel mondo, soci, volontari, attivisti di Memorial e chiunque desideri unirsi si raccolgono per leggere ad alta voce i nomi delle persone che hanno perso la vita per mano delle autorità sovietiche. La Restituzione dei nomi si è svolta per la prima volta a Mosca nel 2007 in una data e in luogo simbolici: alla vigilia del 30 ottobre, Giornata del prigioniero politico, istituita nel 1974 da Kronid Ljubarskij e Aleksej Murženko detenuti nel campo di lavoro Dubravlag, e Giornata della memoria delle vittime delle repressioni politiche, istituita nel 1991, e accanto alla Pietra delle Solovki, monumento alle vittime delle repressioni politiche collocato di fronte alla Lubjanka, sede dei servizi segreti, prima sovietici e ora russi. Come sottolinea Memorial, la ricorrenza del 29 ottobre non è solo una commemorazione, ma un’occasione per riflettere sul legame tra passato e presente. Un’occasione per incontrarsi, parlarsi e farsi domande. A cosa si pensa in fila, mentre si aspetta di leggere i nomi di milioni di persone scomparse? Perché è così importante ricordare il nome di chi è stato ucciso? Cosa significa “noi”, cosa spinge le persone a incontrarsi in questa occasione? “Noi” significa tutti coloro per i quali le repressioni in Unione Sovietica sono state una tragedia personale e familiare. Tutti coloro che oggi nella Federazione Russa comprendono il legame tra i crimini del passato e quelli del presente. Che vivono in Russia o all’estero, liberi o in carcere. In Russia, come ogni anno, Memorial invita a organizzare la Restituzione dei nomi nei pressi di luoghi commemorativi dedicati al ricordo delle vittime dei crimini dello stato sovietico. L’incontro può essere di grandi dimensioni, ma può anche coinvolgere un piccolo gruppo di persone che condividono i valori della libertà e del rispetto per la vita umana.
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Un nome, una vita, una targa: il progetto Ultimo indirizzo.
24 febbraio 2021 Ultimo indirizzo (Poslednij adres) è un’iniziativa civica che ha lo scopo di perpetuare la memoria delle vittime delle repressioni politiche commesse da e a nome dello Stato sovietico e che si ispira al progetto commemorativo europeo delle pietre d’inciampo (Stolpersteine), creato nel 1992 in Germania per ricordare le vittime della Shoah e attivo in 650 città di 11 paesi europei. Il progetto, che ha come principio fondatore il motto un nome, una vita, una targa, intende applicare migliaia di targhe commemorative di modello uniforme sulle facciate degli edifici che rappresentano l’ultimo indirizzo conosciuto delle vittime delle repressioni. Grande come una cartolina, ogni targa commemorativa è dedicata a una singola persona, a un indirizzo preciso. L’iniziativa dell’applicazione di ogni targa parte a sua volta da un singolo cittadino. Il progetto prevede la creazione di una banca dati accessibile a tutti. Per la ricerca e la verifica delle informazioni che appaiono sulle targhe commemorative i collaboratori del progetto utilizzano come fonte principale la banca dati di Memorial che ha raccolto informazioni archivistiche riguardanti circa 3,1 milioni di cittadini sovietici vittime delle repressioni politiche e compilato decine di Libri della memoria con i loro dati: in Russia, riguardano 12 milioni di persone. La banca dati di Memorial è impiegata anche per la Restituzione dei nomi, iniziativa organizzata a Mosca ogni anno in memoria delle vittime delle repressioni: cittadini volontari leggono ad alta voce i loro nomi in piazza Lubjanka a Mosca, proprio nel luogo dove si trova la sede degli organi di sicurezza responsabili delle repressioni, che hanno avuto nomi diversi durante il periodo sovietico (OGPU-NKVD-KGB) e dove l’FSB ha tuttora la sua sede. Il finanziamento del progetto, della fabbricazione e dell’installazione delle targhe commemorative è assicurato dalle donazioni dei cittadini, senza ricorso a sovvenzioni del governo. La targa è stata creata a partire da uno schizzo disegnato dall’architetto Aleksandr Brodskij. Si tratta di un rettangolo di acciaio inossidabile di 11×19 cm. Le informazioni essenziali riguardanti la vittima sono inserite a mano, punzonate in lettere maiuscole, a volte in due lingue. Il 10 dicembre 2014, Giornata internazionale dei diritti dell’uomo, le prime diciotto targhe commemorative sono state installate su nove edifici di Mosca. Al 9 giugno 2020, più di 1015 targhe commemorative risultavano già installate, nel quadro del progetto Ultimo indirizzo, in 56 città e paesi della Russia. A Mosca sono state collocate le targhe dedicate agli italiani Olinto Bertozzi (nel 2019, in Furmannyj pereulok 18) e Alice Negro (nel 2021 in Kapel’skij pereulok 13). Nella banca dati delle vittime italiane di repressione in URSS, a cura di Elena Dundovich, Francesca Gori e Emanuela Guercetti, è possibile trovare informazioni relative a Olinto Bertozzi e Alice Negro. Olinto Bertozzi, figlio di Andrea. Nato a Serra di Tornano (FO) il 4 dicembre 1902. Di origine operaia, lavora come radiotecnico. Si iscrive al PSI nel 1918, nel 1921 diventa membro del PCI. Nel maggio 1921 è coinvolto in uno scontro a fuoco in cui resta ucciso un fascista e nel giugno 1922 viene condannato a 13 anni e due mesi di reclusione. Liberato il 9 luglio 1930, espatria illegalmente nel gennaio 1931 e si reca in Francia. Nel 1931 va in URSS per studiare. Alla fine di quell’anno torna in Francia dove viene arrestato e costretto a trasferirsi in Svizzera. Nel luglio e nel novembre 1932 viene arrestato anche dalla polizia svizzera ed espulso in Germania. Attraverso la Francia torna in URSS alla fine del 1932. Giunto a Mosca, ottiene lo status di emigrato politico e una stanza in un appartamento in coabitazione in vicolo Furmannyj 18. Lavora come radiotecnico allo studio cinematografico Sojuzdetfil’m. Conosce Praskov’ja Stepanovna Pankratova, impiegata alla Casa dell’emigrato politico, dalla quale ha due figli, Olinto (n. 1935) e Andrea (n. 1937). Arrestato a Mosca il 16 febbraio 1938 con l’accusa di spionaggio a favore dell’Italia. Alla base dell’accusa le presunte deposizioni dell’amministratrice dello stabile Aleksandra Petrovna e della responsabile del reparto montaggio della Sojuzdetfil’m Julija Kogan, secondo le quali Bertozzi si sarebbe “più volte espresso negativamente sul modo di vivere e sul tenore di vita sovietico, mentre avrebbe dato un giudizio positivo sulle condizioni di vita in Occidente”. Condannato alla pena capitale il 29 luglio 1938 da una commissione dell’NKVD e dalla Procura dell’URSS con l’accusa di spionaggio a favore dei servizi segreti italiani, in base all’art. 58-6. Fucilato il 20 agosto 1938 a Butovo. Riabilitato il 26 maggio 1956 dal Collegio militare della Corte suprema dell’URSS. Il 10 settembre 2019 il progetto Ultimo indirizzo ha posto una targa commemorativa in Furmannyj pereulok 18. Fonti archivistiche: GARF, f. 10035, op. 1. D. P-23337; RGASPI, 513 2 69; APC,1921-1943, fasc. 1517; Archiv Memoriala, Mosca; ACS, CPC busta 585. Alice Negro (pseudonimo: Luciano Lombardi). Nato a Tollegno (BI) il 6 aprile 1904. Di famiglia operaia, dall’età di 14 anni tipografo alla tipografia sociale di Biella. Come il padre, iscritto prima al partito socialista e dal 1921 al PCd’I. È arrestato per aver partecipato a un comizio. Nel 1931 emigra in Francia, a Parigi frequenta gli emigrati politici e lavora come tipografo, chiede all’Ambasciata dell’URSS il visto e si reca a Leningrado attraverso la Finlandia. In Italia lascia i genitori, il fratello minore Aldo e il figlio del primo matrimonio Guglielmo. Giunge a Mosca, inviato dal partito comunista italiano, per studiare. Nel novembre 1931 arriva in Urss. Frequenta la scuola MLŠ. Nel 1932 si iscrive alla VKP(b) e lavora alla tipografia n. 39 (pubblica le opere di Lenin in italiano). Nel 1932 sposa Maria Karš, dalla quale ha due figlie, Atea (n. 1934) e Lucia (1937). Nel 1933 è trasferito alla tipografia n. 7 Iskra Revoljucii, dove due anni dopo diventa vice-caporeparto. Chiede di uscire dall’URSS ma non ottiene il permesso dal PCI. Nel 1934 chiede la cittadinanza sovietica, che però gli viene rifiutata. Denunciato da un compagno di lavoro italiano, nel 1936 è espulso dalla VKP(b) e licenziato. Viene accusato di metodi capitalisti nella direzione della tipografia e di propaganda antisovietica. Nei successivi quattro anni cerca invano di essere reintegrato nel partito e trovare un impiego. Si rivolge più volte all’ambasciata italiana per… Continua a leggere Un nome, una vita, una targa: il progetto Ultimo indirizzo.