La rielaborazione del passato sovietico nell’attività dell’Istituto Memorial

A cura di Elena Dundovich

La rielaborazione del passato sovietico nell�attivit� dell�Istituto Memorial
A cura di Elena Dundovich

La rielaborazione del passato sovietico nell�attivit� dell�Istituto Memorial

Elena Dundovich

A chi raccontiamo ci� che � accaduto

sulla terra, per chi sistemiamo ovunque

specchi enormi, nella speranza che riflettano

qualcosa e non svanisca?

Czeslaw Milosz, Annalena

La memoria proibita: Tra il 1917 e il 1991 non � esistita in URSS una visione storica reale del passato sovietico se non in chiave epico-esaltativa o in chiave letteraria-memorialistica. E� questa una fra le tante drammatiche eredit� lasciate dagli anni dello stalinismo: se lo scrittore era considerato, come Stalin stesso affermava, un ingegnere delle anime, lo storico null�altro poteva essere se non un architetto il cui compito era quello di contribuire a edificare le fondamenta del sistema attraverso la legittimazione� dei miti creati dall�ideologia[1]. Questo processo, avviato negli anni Trenta, rimase costante, seppur con caratteristiche diverse,� anche nei decenni che seguirono la morte del grande tiranno. Nessuna delle �lites sovietiche che si susseguirono al potere dopo il 1953 ebbe ovviamente alcun interesse a promuovere un libero confronto storico sulle vicende di un passato che in larga parte si identificava con una delle esperienze pi� devastanti che la societ� russa avesse mai conosciuto, quella del terrore di stato e delle repressioni staliniane[2]. La storia doveva prudentemente rimanere relegata nel mondo artificioso dell�ideologia.

 

La memoria mendace: Se nei lunghi ventiquattro anni della tirannide staliniana la memoria era stata dunque categoricamente interdetta, qualcosa cominci� per� a mutare dopo il 1953 quando lo Stato concesse per la prima volta, tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta, uno spazio limitato alla pubblicazione e alla circolazione delle prime opere di memorialistica sul terrore e sul Gulag[3]. Fu questo uno degli effetti pi� importanti e carichi di conseguenze per la societ� sovietica della, per altri versi assai effimera, �destalinizzazione� promossa da Chru�??v. Il progressivo smantellamento del complesso sistema concentrazionario a partire dal 1953, la prima legge di riabilitazione delle vittime delle repressioni nel 1956, la possibilit� di alcuni popoli deportati di tornare alle proprie case, indusse molte persone a� uscire dal silenzio e a raccontare la propria storia personale e familiare. Il terrore staliniano fu dunque il primo fondamento della memoria storica sovietica. Ufficialmente per� alla �memoria proibita� degli anni precedenti se ne sostitu� un�altra, questa volta �mendace�. Il regime chu�??viano ammetteva la possibilit� di fare i conti con il passato ma, come scrive Arsenij Rognisnkij, oggi direttore dell�Associazione Memorial di Mosca:

a ricevere il �via libera� fu comunque un�unica idea: il terrore c�era stato ma era opera di un unico individuo, Stalin, che se ne era servito per colpire i migliori elementi del partito comunista. Il terrore era diretto contro il Partito. Per chiunque conosca almeno un poco la storia delle repressioni sovietiche � evidente che si tratta di una menzogna. Il potere aveva cercato con questa riscrittura della storia di sostituire all�assenza di memoria una memoria mendace. In seguito, perfino questa memoria mendace venne vietata[4].

La memoria negata: In effetti, il contraddittorio liberalismo chru�??viano si esaur� in un breve illusorio arco di tempo n� le cose migliorarono con il rafforzarsi delle tendenze neostaliniste seguite alla nomina di Bre�nev.

Dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo del 1953, sentimenti contraddittori avevano cominciato ad animare gli intellettuali sovietici[5]. Uno degli effetti pi� clamorosi del �disgelo� era stata la comparsa di un romanzo assolutamente eretico per quegli anni, il Dottor �ivago. Il malcontento non aveva tardato� a diffondersi anche in altri strati della societ�: il 29 luglio 1958, in occasione dell�inaugurazione del monumento di Majakovskij a Mosca, alcuni giovani dopo la cerimonia ufficiale si erano fermati per scambiare i propri punti di vista e leggere i propri scritti decidendo di ripetere quegli incontri quasi ogni sera. Bench� la polizia fosse intervenuta presto per bloccare sul nascere l�iniziativa questa era stata molto importante come testimonianza di un nuovo clima che si stava diffondendo nel paese. In effetti, nel 1960 un altro piccolo gruppo di studenti poco pi� che ventenni,� fra cui Jurij Galanskov, Vladimir Bukovskij e Alexsandr Ginzburg, si era accordato per riprendere le letture sotto il monumento. L�evento aveva richiamato un pubblico enorme soprattutto tra i giovani. Era stato il primo atto di disobbedienza civile di gruppo, era stato in altre parole l�inizio del dissenso propriamente detto. Ad alcuni dei promotori era inoltre gi� venuta l�idea di raccogliere i versi recitati all�aperto in una rivista. Cos� Aleksandr Ginzburg cur� e ciclostil� �Sintaksis�, raccolta dattiloscritta di poesie di autori diversi spesso censurati o che nessuno aveva mai pensato di stampare. �Sintaksis� si era diffusa rapidamente grazie alla pratica gi� da molti anni in uso del �samizdat�, ovvero l�usanza, che proprio a partire dai primi anni sessanta si consolid�, di copiare a mano su quaderni e di passare di conoscente in conoscente le opere che il regime vietava.

Di fronte a tutto ci�, l�establishment non aveva potuto rimanere inerte: nel luglio 1960 Aleksandr Ginzburg era stato arrestato e condannato a due anni di lager per propaganda antisovietica. Sarebbe stato solo il primo di una lunga serie di arresti e detenzioni. Ma, nonostante le intimidazioni e gli arresti, non era stato possibile fermare il nuovo corso. Nell�ambiente giovanile degli incontri in Piazza Majakovskij si giunse sino a creare� un� �circolo letterario� informale denominato �La pi� giovane societ� di geni� (SMOG) la cui rivista �Sfinky� vide poi la luce nel 1965. Il 14 aprile di quell�anno fu organizzata la prima manifestazione non autorizzata del dissenso: 200 ragazzi sfilarono nel centro di Mosca inalberando cartelli con la scritta �Togliamo al realismo socialista la sua verginit�!�. Fra i protagonisti ricordiamo Leonid Gubanov, Vladimir Alejnikoy, Jurij Kublanovskij, Arkadij Pachomov. In breve il KGB disperse il gruppo: alcuni furono condannati per parassitismo, altri furono internati in manicomio.

Il rinnovamento trov� maggiore spinta negli ambienti letterari ma si svilupp� anche in altri campi: alla fine degli anni �50 per esempio nella casa dei pittori Evgenij e Lev Kropivnickij, padre e figlio, a Lianozovo, presso Mosca, si form� una scuola dove tutte le domeniche pittori, poeti e intellettuali d�ogni tipo discutevano di arte e di cultura. Inoltre, una forma molto popolare di comunicazione divenne la musica dei cantautori registrata su cassetta e riprodotta migliaia di volte con lo stesso criterio dei testi scritti questa volta con la denominazione di magnitizdat. Si diffusero cos� le canzoni di Aleksandr Gali?, Vladimir Vysockij, Bulat Okud�ava, e altri ancora.

In questo clima di relativo rinnovamento un ex detenuto dei lager sovietici, Aleksandr Sol�enicyn, scrisse un racconto dal titolo �Una giornata di Ivan Denisovi?� uscito sul numero di novembre del 1962 della rivista �Novyj mir�. Il racconto descriveva in modo distaccato la giornata di un prigioniero in un campo di lavoro forzato sovietico. La pubblicazione ebbe effetti dirompenti perch� da quel momento tutti si sentirono chiamati in prima persona a ricordare e a testimoniare. Pi� che un avvenimento letterario fu un evento morale e sociale nella vita sovietica che produsse un vero e proprio movimento di opinione. Nello stesso periodo in cui Sol�enicyn pubblicava �Una giornata di Ivan Denisovi?� e cominciava a pensare alla sua opera successiva �Arcipelago Gulag�, Varlam �alamov stava scrivendo i suoi �Racconti di Kolyma�, Evgenjia Ginzburg stendeva �Viaggio nella vertigine�, Nade�da Mandel��tam affidava al samizdat le sue memorie, �L�epoca e i lupi�, Andrei Tarkovskij scriveva la sceneggiatura del film �Rubl�v�. Non era possibile che il regime sopportasse oltre: gi� dal 1964 gli spazi aperti sulla stampa ufficiale vennero chiusi uno dopo l�altro.

Dopo la defenestrazione di Chru�??v la situazione peggior� progressivamente. Bre�nev e Kosygin, rispettivamente segretario del partito e presidente del governo, si posero l�obiettivo di riprendere il controllo su una societ� animata da fermenti di protesta. Sulla stampa si fecero pi� frequenti i tentativi di riabilitare Stalin, ci fu una ripresa della censura. La memoria venne nuovamente negata ma questa volta con effetti molto meno incisivi rispetto all�epoca staliniana. Grazie al samizdat cominciarono a circolare centinaia di copie di memorie di ex detenuti o di grandi opere letterarie come il �Requiem� di Anna Achmatova. In questo clima incominciarono a Mosca e a Leningrado i primi processi politici contro i dissidenti, processi che intendevano essere una sorta di intimidazione per riportare all�ordine gli intellettuali ma che invece segnarono il primo serio scacco del regime.

Tra i processi pi� famosi di quegli anni ricordiamo quello contro il giovane poeta Iosif Brodskji, allievo prediletto della grande poetessa russa emarginata Anna Achmatova,� i cui versi circolavano dal 1958 sotto forma di samizdat. Fu condannato nel marzo 1964 a cinque anni ma durante il suo processo persino una parte dell�intelligencija ufficiale si mobilit� in suo favore; quello contro i due giovani scrittori moscoviti Andrei Sinjavskij e Julij Daniel�, colpevoli di pubblicare all�estero da anni, sotto pseudonimo, i propri racconti.� Il loro fu il primo arresto di cui diedero notizia le radio occidentali in lingua russa che in tanti ascoltavano di nascosto in URSS. Nonostante si fosse concluso con il massimo della pena per Sinjavskij (7 anni) e cinque per Daniel�, il loro processo fu nel complesso percepito da tutti come una vittoria e non una sconfitta perch� diede l�impulso definitivo alla nascita nel paese del movimento in difesa dei diritti umani. Grazie all�iniziativa del matematico Aleksandr Esenin-Vol�pin il 5 dicembre 1965 in piazza Pu�kin a Mosca alcuni studenti ma soprattutto alcuni professori dell�Universit� statale dimostrarono a favore dei due scrittori: fu in quell�occasione, cio� nel 1965, che per la prima volta si fece appello al concetto di �glasnost�� come trasparenza dei procedimenti giudiziari per evitare le illegalit� del passato. Inoltre Aleksandr Ginzburg, che di continuo entrava ed usciva di prigione,� raccolse tutta la documentazione relativa in un �libro bianco� offrendo le prove documentarie che il regime perseguitava la libert� di pensiero. Con il libro bianco di Ginzburg nacque inoltre un nuovo tipo di samizdat, quello dei �dossier informativi� che tanta parte ebbero nella seconda fase del dissenso, quella incentrata sulla difesa dei diritti umani.

Per riportare quanto prima il paese all�ordine, nel 1966 al Codice penale (subentrato a quello staliniano nel 1960)� furono aggiunti alcuni articoli, fra cui il 190-191 che permetteva di incriminare per fatti di minore importanza, reati d�opinione e divulgazione di informazioni. L�anno seguente il nuovo presidente del KGB Jurij Andropov cre� la V Direzione che divenne tristemente famosa nella repressione del dissenso. Ma nonostante tutti gli sforzi fatti, quest�ultimo continu� a trovare sempre nuovi fonti di ispirazione e di sostegno. Il tanto potente KGB, pur essendo l�organo statale che meglio di ogni altro conosceva la vita e la mentalit� dei cittadini, fu da un lato vigile, cinico e onnipresente, ma dall�altro proprio per la sua impostazione ideologica fu anche cieco, fideista, inefficace nonch� incapace di cogliere la vera natura dei fenomeni culturali in atto.

Nel 1967-1968, un nuovo processo, cosiddetto dei �quattro� vide coinvolti Jurij Galanskov, Aleksej Dobrovol�skij, Vera La�kova e Aleksandr Ginzburg appunto per il suo Libro Bianco sul caso Sinjavskij-Daniel�. In loro difesa fu organizzata la pi� importante manifestazione di sostegno che si fosse mai vista in Unione Sovietica. Ginzburg fu condannato a cinque anni, Galanskov ne ebbe 7 e non usc� vivo dal lager dove mor� nel 1972 a soli 33 anni. Il processo segn� l�inizio di una nuova epoca, quella delle grandi campagne di difesa e delle �lettere aperte� collettive, un passo che port� al consolidamento definitivo del dissenso come movimento.� La scelta fu quella della non violenza attraverso metodi di risposta diversi alla brutalit� del regime: dossier informativi, lettere personali di protesta, raccolta di firme sotto petizioni collettive, dimostrazioni di piazza, presenza di sostenitori dentro e fuori dai tribunali dei processi.

Il 1968 fu inoltre l�anno che vide la nascita della rivista �Cronaca degli avvenimenti correnti� che fu la prima, pi� duratura e pi� significativa pubblicazione periodica del samizdat il cui scopo era quello di infrangere il monopolio informativo del regime. Tra il 1968 e il 1983 uscirono regolarmente 65 numeri e con essa inizi� la storia dell�informazione indipendente in URSS. Fu un salto di qualit� notevole perch� sino a quel momento le riviste precedenti uscite fra il 1959 e il 1965 avevano soltanto espresso una posizione culturale ma non avevano diffuso informazione nell�ottica di creare un�opinione pubblica indipendente.

Se in un primo tempo il regime cerc� di non fare passi falsi nel reprimere quello che a prima vista sembrava un semplice bollettino informativo, ben presto il KGB cominci� ad allarmarsi seriamente e a perseguire i collaboratori della �Cronaca�. La poetessa Natal�ja Gorbanevskaja che aveva curato i primi dieci numeri nel 1969 venne arrestata� e ricoverata in un manicomio criminale. Poi fu la volta di Vladimir Bukovskij condannato a 5 anni di lager e a 7 di confino. Dal gennaio 1972 cominciarono le perquisizioni domiciliari a tappeto da Mosca fino alla Lituania, alla Siberia e all�Ucraina e si susseguirono altri arresti fra cui quelli di P�tr Jakir e Viktor Krasin che, pentitisi, fecero il nome di almeno 200 collaboratori. Contemporaneamente ebbe inizio una durissima campagna stampa contro Andrei Sacharov che vide la partecipazione di molti suoi colleghi alcuni dei quali avevano in precedenza anche sottoscritto i suoi appelli pubblici. L�attacco del 1972 port� il movimento quasi sull�orlo della disintegrazione. Ma presto la �Cronaca� riprese a funzionare (sino poi al 1983 senza interruzioni) e il movimento si allarg� sia geograficamente (all�Ucraina, ai Paesi Baltici, il Caucaso, la Siberia) sia per i temi� trattati (religione, giustizia, cultura, nazionalit�, lavoro, emigrazione, arte) sia infine come ambienti sociali interessati. Se il gruppo originario moscovita era composto soprattutto da intellettuali i vari gruppi nazionali e religiosi avevano una base sociale molto pi� ampia. A met� degli anni �70 il dissenso raggiunse cos� la sua massima espansione e a partire dal 1976 il 40% dei cittadini arrestati fu di estrazione operaia.

Nel corso degli anni Sessanta il dissenso, pur rimanendo privo di una struttura organizzativa vera e propria, aveva affinato i pochi strumenti a sua disposizione creando, in forma clandestina ma sempre pi� allargata, un vero e proprio dibattito culturale. Fu con il 1968 e l�invasione sovietica della Cecoslovacchia che il movimento si trov� a un punto di svolta fondamentale. L�invasione, come ha poi ricordato Andrej Sacharov, fu l�elemento decisivo che port� molti dissidenti all�opposizione esplicita contro il regime. Il 25 agosto fu organizzata una manifestazione clamorosa: Larisa Bogoraz, Pavel Litvinov, Konstantin Babickij, Natal�ja Gorbanevskaja, Viktor Fajnberg, Vadim Delaunay, Vladimir Dremljuga e Tanja Baeva inalberarono dei cartelli in ceco con la scritta: �Viva la Cecloslovacchia libera e indipendente!�. Furono processati in ottobre e condannati alcuni al lager, altri al confino. Nonostante fosse durata pochissimo, l�effetto della manifestazione fu enorme. L�appello lanciato diede inizio a un reciproco riconoscimento e a forme di aiuto concreto anche fra popoli come russi, polacchi e lituani che storicamente non si erano mai amati.

Gli eventi di Praga segnarono l�avvio di una duplice riflessione: da un lato sull�esigenza di trovare un intermediario esterno, sul piano internazionale, che fungesse come cassa di risonanza delle rivendicazioni del movimento. Alla fine degli anni �50 i primi dissidenti moscoviti seguiti poi dagli ucraini avevano tentato la via delle manifestazioni di piazza, poi con l�inizio dei processi era cominciata l�esperienza dei �picchetti di sostegno� fuori dai tribunali seguita da quella della campagna delle firme sotto le petizioni alle autorit�. Ma se il samizdat aveva permesso la crescita di una vera e propria opinione pubblica, l�influenza di tutte queste proteste sul regime era stata alla resa dei conti limitata. Solo suscitando l�attenzione della comunit� internazionale sulla repressione dei diritti umani in URSS e nei paesi del blocco si sarebbe riusciti a esercitare veramente una pressione di qualche rilievo sul governo sovietico. Andrej Amal�rik, all�epoca trentenne, divenne lo specialista addetto a mantenere i rapporti con l�estero e grazie alla sua abilit� passarono oltre confine documenti, appelli, romanzi e saggi.

Dall�altro lato, con l�invasione giunse a maturazione la consapevolezza dell�opportunit� di darsi obiettivi politici pi� precisi pur rimanendo sempre ben saldo il principio di non usare mai la pratica della violenza e di porre al centro il rispetto assoluto del �diritto� inteso come l�unico strumento per difendere l�inviolabilit� fisica e morale dell�uomo. Con queste premesse, dall�ambiente dei dissidenti ebbe origine il movimento in difesa dei diritti umani animato dalla presenza di numerosi gruppi che si andarono costituendo in quegli anni: il Gruppo d’iniziativa in difesa dei diritti dell’uomo (1969), protagonista di appelli all’ONU, che resistette a una sequela di arresti fino al 1979; il Comitato per i diritti dell’uomo (1970), che si illudeva di offrire consulenza in materia di diritti umani allo Stato; una sezione sovietica di Amnesty International (1973), che dur� fino al 1983 quando l’ultimo esponente, lo scrittore Gerogij Vladimov, fu costretto all’esilio; la Commissione di studio sull’utilizzo della psichiatria a fini politici creata nel 1977 e il Gruppo per il diritto di emigrazione del 1979.

In particolar modo, il pi� noto fra questi fu il Gruppo d’aiuto all’applicazione degli Accordi di Helsinki in URSS (1976), detto poi Gruppo Helsinki, nel quale spiccavano personaggi come Jurij Orlov, Aleksandr Ginzburg e Anatolij Sharansky, che si appell� ai famosi accordi secondo cui l’URSS si impegnava formalmente a un timido rispetto dei diritti umani. Nell’agosto 1975, infatti, dopo due anni di lavori a Helsinki si era conclusa la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE): la firma dei Capi di governo aveva impegnato questi ultimi sull’inviolabilit� dei confini e la non ingerenza negli affari interni (cose a cui Mosca teneva particolarmente), ma anche sul rispetto delle libert� fondamentali. All�indomani della firma degli Accordi, nell�agosto 1975, i giornali sovietici, contrariamente alla linea di censura sino ad allora seguita al momento della firma da parte di Mosca di altri patti sui diritti umani, pubblicarono incautamente il testo completo dell�Atto finale di Helsinki offrendo cos� lo spunto ai dissidenti per nuove rivendicazioni basate sull�osservanza non solo delle leggi sovietiche ma anche degli accordi internazionali.�� Il gruppo Helsinki oper�, nonostante le durissimi persecuzioni, per sei anni e mezzo durante i quali diffuse 95 dossier di denuncia. Un notevole successo politico del gruppo furono le due conferenze internazionali per la verifica degli Accordi� che si tennero a Belgrado nel 1977 e a Madrid nel 1978 dove, proprio sulla base dei materiali forniti dal Gruppo Helsinki, ai sovietici vennero contestate una serie di gravi violazioni dei diritti umani.� Inoltre, su spinta del gruppo di Mosca, nacquero un gruppo Helsinki ucraino e lituano (1976) uno georgiano (1977) e uno armeno (1977) mentre nel settembre 1976 fu costituito in Polonia il Comitato di Difesa dei lavoratori e in Cecoslovacchia nasceva Charta 77[6].

Memorial e il dissenso: Nel corso degli anni Sessanta e Settanta, proprio grazie alla nascita del complesso e articolato fenomeno del dissenso, clandestinamente il processo di� costruzione� della� memoria storica sovietica trov� nuova linfa. Non � un caso che molti dei membri fondatori dell�Associazione Memorial di Mosca, il primo centro di ricerca sulle vittime del terrore staliniano fondato ufficialmente nel 1989 ma gi� attivo come movimento sin dal 1987, siano stati protagonisti in quei due decenni delle lotte condotte contro il regime dal mondo del dissenso. E� delle� ragioni di quella scelta che Arsenij Roginskij parla in una lunga intervista rilasciata nel 2003 ad Alessandra Rognoni:

Tra gli altri c�� stato anche un piccolo gruppo di giovani, di cui anche io facevo parte, che negli anni �70 ha raccolto materiale sul Gulag, abbiamo trascritto i ricordi e le memorie delle persone, abbiamo raccolto documenti, studiato gli archivi familiari. Poi commentavamo, tentavamo di commentare tutto questo materiale in modo scientifico e poi pubblicavamo delle raccolte storiche in samizdat, che poi venivano ristampate all�estero [�] Capivamo che sarebbero passate due generazioni e la memoria del presente avrebbe potuto scomparire. Era un sentimento morale di responsabilit� nei confronti del proprio paese. Certo non pensavamo, io non ho mai creduto che avrei vissuto dopo il comunismo. [�] Ma semplicemente non potevamo non occuparci di queste cose, si trattava di un bisogno morale [�] E questo era anche il mio bisogno morale. Se non lo avessi fatto non avrei potuto provare rispetto nei confronti di me stesso [�] E poi capivo che questo materiale spariva perch� moriva la gente. Perch� i documenti non li avrebbero mai fatti uscire dagli archivi, questo lo capivo, ma nella testa delle persone c�� una memoria enorme e importante. E questa memoria va conservata. E noi abbiamo provato a fare questo[7].

Fu cos� che ebbe origine nel 1976, sempre sotto forma di samizdat, la rivista Pamiat� tra i cui redattori vi furono, tra gli altri, Larisa Bogoraz, Alexsandr Daniel� e appunto Arsenij Roginski[8]. Gli stessi autori, in uno dei primi numeri della rivista, dichiaravano il senso di continuit� tra� la loro esperienza di recupero della storia passata e quella del dissenso e in particolar modo della �Cronaca degli avvenimenti correnti�:

La redazione della raccolta storica Pamiat� ritiene che tra la Cronaca e la nostra raccolta esista un legame spirituale. Cronaca � un bollettino informativo che d� trasparenza a quei fatti del nostro presente che, dal punto di vista ufficiale, non sono passibili di pubblicit�. Pamiat� cerca di svolgere un compito analogo in relazione ai fatti del passato [�] Ma � importante anche un�altra cosa: � ormai venuto il tempo di far luce e comprendere la storia della resistenza degli ultimi dieci anni. In questo senso Cronaca non � solo il passato ma anche il futuro di Pamjat�[9].

Pamjat� usc� clandestinamente con un numero all�anno tra il 1976 e il 1981, anno in cui Roginskij fu arrestato. Insieme a Daniel� egli sar� alcuni anni pi� tardi uno dei principali promotori della nascita di Memorial a cui essi offriranno la loro preziosa esperienza nel campo della ricerca storica[10]. Altri noti dissidenti dell�epoca entreranno �a farne parte: Sergej Koval?v, uno dei fondatori nel 1969 del �Gruppo di Iniziativa per la difesa dei diritti civili in Urss� ne divenne copresidente nel 1989; Andrej Sacharov accett� al momento della sua fondazione, nel 1989, di entrare nel consiglio direttivo e ne divenne il primo presidente onorario[11].

 

Nascita e attivit� di Memorial: In realt�, prima di essere un�associazione� ufficialmente riconosciuta, con un proprio statuto e propri organi direttivi, Memorial fu per due anni, tra il 1987 e il 1989 appunto, un movimento spontaneo di gente e di opinione. Nel clima di relativa apertura avviato da Gorba??v nacquero alcuni gruppi informali di persone che intendevano condividere i propri interessi, fatto assolutamente anomalo nelle abitudini dei sovietici. Fra questi vi fu anche il club chiamato �Perestroijka democratica� al cui interno fu creata una sezione storica, che prese poi il nome di Memorial,� che si occupava del periodo stalinista e che focalizz� presto la propria intenzione di costruire un monumento in memorie dei milioni di vittime delle repressioni� e di creare un vero e proprio centro di ricerca sulla storia delle repressioni in Urss[12]. Gli attivisti (un gruppo molto composito di personalit� in vista dell�intellighencija dell�epoca)[13] che, secondo uno dei tratti tipici del dissenso, affermavano di essere in piena sintonia con i dettami della Costituzione sovietica, decisero presto da un lato di cercare l�appoggio della gente raccogliendo firme� per le strade per realizzare il monumento, dall�altro di coinvolgere enti e istituzioni culturali appartenenti all�ala riformatrice dell�intelligencija democratica sovietica, aiutati in questo dal comitato redazionale della rivista Ogon?k[14].

Con il passare dei mesi, grazie anche al coinvolgimento di personalit� illustri dell�intelligencija democratica come il fisico Andrej Sacharov, lo storico Jurij Afanas�ev, scrittori come Lev Razgon e Anatolij Rybakov, il� poeta Evgenij Evtu�enko, il cantautore Bulat Okud�ava, lo storico Roj Medvedev e lo stesso Boris Elc�in, Memorial raccolse un numero crescente di adesioni. Il 19 ottobre 1988, alla mostra dal titolo la �Settimana della Coscienza�, promossa da varie associazioni e giornali e a cui per la prima volta Memorial prendeva parte presso il Palazzo della cultura MELZ a Mosca, l�affluenza fu enorme. La gente port� lettere, diari, oggetti della vita dei lager, un patrimonio che ha poi costituito il nucleo principale del museo, dell�archivio e della biblioteca del centro scientifico dell�associazione. Nonostante le intimidazioni delle autorit�, che consideravano pericolosa la notoriet� che il movimento andava via via acquisendo, per la fine di ottobre venne messo in calendario il primo congresso fondatore[15] dell�associazione poi trasformato, su pressione dele autorit� sovietiche, in una meno vincolante �conferenza preparatoria� in vista della fondazione vera e propria. Fu in questa occasione che Sacharov venne indicato come candidato per il Parlamento sovietico[16] e che fu deciso che Memorial avrebbe avuto, nei suoi rapporti con le altre organizzazioni locali simili, un assetto federativo e non gerarchico. Il Congresso di fondazione vero e proprio non avrebbe comunque tardato molto a riunirsi: esso si svolse il 28 e 29 gennaio del 1989 in due tappe, prima quella delle sezione moscovita, poi quella dell�Associazione pan-sovietica di Memorial. Vi parteciparono alcune centinaia di delegati in rappresentanza di circa 250 organizzazioni e gruppi sia russi che di altre repubbliche sovietiche come Ucraina, Bielorussia, Georgia, Kasachstan. Durante il congresso vennero elaborati i principi guida dell�associazione e lo statuto, furono creati gli organi direttivi e il centro scientifico, formato da un museo, un archivio e una biblioteca, con il compito di promuovere ricerche e pubblicare libri sulla storia delle repressioni in Urss[17].

Con il passare dei mesi e il successo riscosso dal movimento, si fece sempre pi� pressante l�esigenza di passare da un piano di ricostruzione della verit� storica a un�azione politica vera e propria. Se all�inizio avevano infatti aderito soprattutto i giovani e gli ex dissidenti, ben presto Memorial divenne punto di riferimento per molte persone che avevano conosciuto direttamente, o indirettamente attraverso l�esperienza dei propri familiari, la violenza del terrore di stato. Nacque da ci� l�impegno dell�associazione per una riabilitazione legale delle vittime delle repressioni politiche e la concessione di facilitazioni per gli alloggi, i trasporti e l�assistenza medica gratuita[18]. Nel dicembre del 1989, alle prime votazioni del neonato Congresso dei deputati del popolo, venne eletto deputato Sergej Koval?v, uno dei personaggi di maggiore spicco di Memorial che, divenuto presidente della Commissione parlamentare per la difesa dei diritti umani, cominci� il suo impegno in favore di una legge di riabilitazione delle vittime delle repressioni che prevedesse la revisione dei casi sino alla fine del regime comunista e non solo quelli compresi tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta. La legge venne effettivamente approvata nel 1991 e per la prima volta riconosceva pubblicamente i crimini commessi dallo Stato sovietico nei confronti dei suoi cittadini a partire dal 1917 sino al momento dell�entrata in vigore della legge stessa. Infine, sempre nello stesso anno, con un�altra legge dello stato si stabiliva la data del 30 ottobre come �Giorno della memoria delle vittime delle repressioni politiche�. La scelta non era casuale: il 30 ottobre del 1989 alcune centinaia di persone avevano formato una catena umana circondando il palazzo della Lubjanka, sede dell�NKVD e poi del KGB, nelle cui stanze migliaia di persone erano state torturate. L�anno seguente, sempre nello stesso giorno, in un piccolo parco a pochi metri dalla stessa Lubjanka, era stato collocato e scoperto durante una cerimonia un enorme masso portato dalle Isole Solovki, sede nel mar Baltico, a 160 chilometri dal circolo polare artico, di un antico monastero trasformato negli anni Venti nel primo lager a destinazione speciale per prigionieri politici, in ricordo di tutte le vittime delle repressioni in Urss. La data aveva un valore simbolico estremamente importante: erano stati infatti gli stessi detenuti dei lager della Mordovia e di Perm� che il 30 ottobre del 1974 avevano indetto uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di vita nei campi e per ottenere lo status di �prigionieri politici� indicando questa data come �Giorno del Prigioniero Politico�.

Gi� agli inizi degli anni Novanta, il dissesto seguito in molte repubbliche ex sovietiche al crollo dell�Urss[19] spinse inoltre� Memorial a potenziare la sua attivit� di organizzazione per la difesa dei diritti umani. Erede anche in questo senso di una delle componenti fondamentali del dissenso, gi� nella primavera del 1989, quando a Tbilisi una manifestazione indipendentista fu dispersa nel sangue, Memorial organizz� a Mosca una serie di azioni di protesta.� In seguito venne aperta una sezione impegnata proprio nel monitoraggio del rispetto dei diritti civili in tutto il territorio dell�Urss in sintonia con quanto affermato nello statuto dell�Associazione che �diffonde, rende pubbliche e analizza le informazioni sulle violazioni dei diritti umani compiute oggi�[20] e che dal 1992� si definisce anche come �Organizzazione per la difesa dei diritti umani�. La sezione prese nel 1991 il nome di �Centro per la difesa dei diritti umani� e attualmente sono proprio le sue attivit� ad essere pi� note sia nella Russia stessa che all�estero tanto che per il secondo anno consecutivo l�Associazione � candidata al premio Nobel per la pace. Particolarmente importante � stata l�attivit� svolta da Memorial nella denuncia delle violenze perpetrate ai danni della popolazione sia da parte dei guerriglieri che delle milizie russe in occasione delle due guerre cecene e in particolar modo della prima, quella svoltasi tra il 1994 e il 1996.

Sempre nel 1992, l�Associazione Memorial �pansovietica storica, divulgativa e benefica� si trasform� in �internazionale� visto che dopo il 1991 l�Unione Sovietica non esisteva pi�[21]. Entrarono a farne parte le associazioni di alcuni stati dell�ex Urss, come il Kasachstan e la Lettonia, circa 20 organizzazioni dell�Ucraina, Memorial Berlino e Memorial Russia. Rientrano in quest�ultima le sezioni regionali, che agiscono in piena conformit� con lo statuto generale di Memorial, e le organizzazioni membro che sono circa una settantina e che, avendo uno statuto proprio, non dipendono direttamente dall�associazione ma mantengono con essa una stretta collaborazione e ne devono condividere i principi etici ispiratori. Le sezioni regionali sono organizzate in maniera autonoma, si occupano di attivit� diverse� e sono coordinate da un ufficio comune che ha sede nei locali di Memorial di Mosca che ha il compito di promuovere le attivit� comuni come i concorsi scolastici, l�organizzazione di mostre, i progetti di ricerca storica. In alcuni casi esse sono formate da ex prigionieri e dai loro familiari, altre hanno visto anche l�adesione delle generazioni pi� giovani. Questo � stato merito soprattutto del concorso storico che l�Associazione promuove� ogni anno nelle scuole sulla storia sovietica e che ha permesso a molti ragazzi di scoprire la storia del passato del proprio paese e in alcuni casi delle loro stesse famiglie sopperendo alla carenza dei libri di testo adottati nelle scuole in cui allo stalinismo e al terrore di stato vengono s� e no dedicate solo alcune pagine e al massimo due sole ore nel corso dell�anno[22].

Essendo una struttura dinamica e non statica, alla creazione di nuove filiali corrisponde la scomparsa di altre. Le sezioni regionali pi� attive sono quelle di Rjazan�, San Pietroburgo, Ekaterinburg, Uchta e Perm�[23]. In Italia, nel 2004, � statacreata Memorial Italia i cui scopi sono quelli di divulgare in Italia le iniziative culturali e scientifiche di Memorial di Mosca; promuovere le ricerche sulla storia delle repressioni politiche in Urss nel ventesimo secolo; diffondere attraverso mostre, seminari, lezioni nelle scuole e nelle universit�, la conoscenza della storia dell�Urss nel ventesimo secolo; raccogliere materiale documentario sulle vittime italiane delle repressioni staliniane; tenere vive la memoria del Gulag e delle sue vittime attraverso la pubblicazione di diari, lettere e altri materiali; adoperarsi per la diffusione di informazioni, studi e ricerche che riguardino le tematiche dei diritti dell�uomo e la loro violazione e difesa all�interno della Russia e degli altri stati nati dalla dissoluzione dell�Urss[24].

Controtendenze: Quando, il 18 ottobre 1991, il Soviet Supremo della neonata Federazione Russa, approv� la legge sulla riabilitazione delle vittime delle repressioni politiche affermando che �ven[ivano] reintegrate nei diritti tutte le vittime del terrore politico a cominciare dal 25 ottobre 1917, fino al giorno dell�entrata in vigore della presente legge�, molti in Russia pensarono che, nella �guerra per la storia� che da anni ormai la societ� sovietica stava combattendo, la verit� storica e la memoria del terrore avessero infine finalmente trionfato[25]. Una previsione purtroppo smentita dall�involuzione della situazione politica interna russa soprattutto dopo la seconda met� degli anni Novanta e ancor di pi� dopo l�arrivo di Putin al potere nel 1999.

In generale, durante i due mandati di Eltsin, il presidente si ricord� del terrore e dei crimini del vecchio regime solo quando dovette affrontare alle elezioni il leader del Partito comunista Zjuganov. Poi, una volta vinta la competizione elettorale, si annunciava un clima di concordia e pacificazione, espressione retorica dagli scarsi contenuti. Nel caos seguito alla dissoluzione dell�URSS, gi� nel 1992 gli archivi ex sovietici aprirono i loro misteri agli studiosi russi e stranieri ancor prima che fosse stata emanata una precisa legislazione archivistica. Ci� permise ai ricercatori di Memorial di avviare indagini di straordinaria importanza soprattutto nei fondi del GARF (l�Archivio Centrale di Stato a Mosca) sui metodi con cui aveva operato il terrore di stato, le politiche della dekulakizzazione, il sistema concentrazionario, la storia del �Grande Terrore�, l�identit� delle vittime politiche e non politiche delle articolate campagne repressive staliniane. Soprattutto durante la prima presidenza Eltsin, il potere politico non agevol� l�attivit� di Memorial ma neppure la ostacol�. La nuova classe dirigente era ufficialmente impegnata a traghettare il paese� verso un sistema democratico e di libero mercato, in realt� nella spartizione di poteri e privilegi[26].� Poco sembrava importare al Cremlino dell�attivit� di un�associazione formata da ex dissidenti proiettata al recupero di lontani scheletri storici nell�armadio. Esattamente cos� come, in maniera parallela, sempre meno interessata alla �memoria del terrore� sembrava con il trascorrere degli anni l�opinione pubblica russa, angustiata dalla disoccupazione, dall�impoverimento di larghi strati della popolazione, dalle differenze sociali, dalla mancanza di un sistema di �welfare state�.

Nella prima met� degli anni Novanta l�associazione ottenne un sede stabile nel centro di Mosca, non lontano dal Cremlino, in grado di ospitare il centro scientifico, presto� noto a livello internazionale, formato da un museo, in cui sono raccolti innumerevoli oggetti donati da ex detenuti dei lager o direttamente rinvenuti dai ricercatori di Memorial nei luogi ove si trovavano alcuni campi; una ricca biblioteca; e infine un archivio i cui documenti e dati erano stati raccolti a partire dal 1989. Sin dai tempi della mostra �La settimana della coscienza� furono distribuiti questionari agli ex detenuti o ai loro familiari o conoscenti. I dati raccolti vengono via via analizzati e poi raccolti in cartelle personali che ammontano sino� oggi a pi� di 50.000. Gli stessi dati sono disponibili anche in forma elettronica.

Gi� dai primi anni Novanta ebbe inoltre inizio la pubblicazione dei �Libri della Memoria�, anche detti martirologi, sulla base della documentazione resa disponibile dall�apertura degli archivi di stato e in molti casi grazie all�impegno del personale di Memorial e delle sue filiali. La metodologia usata per la compilazione di questi volumi, che rappresentano una vera e propria sorta di cimitero virtuale delle vittime delle repressioni, varia a seconda dei casi: a volte � stato scelto il criterio cronologico, altre quella della professione delle vittime, altre ancora quella del luogo di fucilazione o di sepoltura. Sfogliare le loro pagine � sconcertante: centinaia di migliaia di nomi si susseguono silenziosi uno dopo l�altro, centinaia di migliaia di vite di uomini e donne uccisi senza che la loro colpa fosse mai esistita.

Accanto a questi preziosi volumi, che strappano all�oblio della memoria l�esistenza di tante vittime delle repressioni, ha visto la luce nel 1998 il primo manuale che ricostruisce per la prima volta in maniera sistematica la rete, le funzioni, il numero dei detenuti dei campi di rieducazione attraverso il lavoro, quei lager cio� che formavano il complesso sistema del GULag[27].� Inoltre molti progetti di ricerca sono stati avviati talvolta anche in collaborazione con �istituti della memoria� di altri paesi: nel 1988, per esempio, ha preso avvio il �Programma polacco�[28] di Memorial sulla base di centinaia di lettere giunte all�associazione direttamente da cittadini polacchi che chiedevano aiuto per ricostruire il destino di loro familiari trasferitisi in Urss (la comunit� polacca era una delle pi� numerose tra quelle straniere ai tempi in cui Stalin prese il potere); dal 1996, sotto il coordinamento del centro �Karta� di Varsavia e con la partecipazione di gruppi e centri di ricerca di Azerbaid�an, Albania, Bielorussia, Bulgaria, Ungheria, Georgia, Lituania, Lettonia, Polonia, Russia, Ucraina e le Repubbliche Ceca e Slovacca, Memorial ha aderito al progetto internazionale che prevede la stesura di un dizionario dei dissidenti dell�Europa centrale e orientale, ancora in corso di stesura[29].

Infine numerose mostre sono state organizzate nel corso degli anni Novanta: tra le pi� importanti si ricordano quella fotografica �Lager delle Solovki a destinazione speciale, 1923-1939�, allestita nel monastero delle Solovki nel 1989; la mostra �Arte nei lager� a Mosca nel 1990; quella dal titolo �Gulag. Il sistema dei lager in URSS�, allestita a Milano all�interno del Castello Sforzesco nel 1999 in collaborazione con la Fondazione Feltrinelli di Milano, la cui sezione dei paesi dell�est era allora diretta da Francesca Gori, e ancora itinerante tra varie citt� italiane.

Con il passare degli anni queste iniziative hanno per� cominciato� a riscuotere sempre meno eco.� In netta controtendenza con quando accaduto nella seconda met� degli anni �80, alla �memoria del terrore� si � sostituita in Russia una �memoria nostalgica� del passato, un passato immaginato, edulcorato dagli aspetti pi� crudi e proprio per questo rassicurante, la nostalgia di un regime che a tutti toglieva la libert� ma a tutti garantiva sicurezza, lavoro, assistenza sanitaria e, elemento certo non secondario per l�orgoglio nazionale russo, rispettabilit� a livello internazionale.

Mentre nel 2000 il paese sceglieva, di propria volont�, un nuovo presidente ex tenente colonnello del KGB, tra il 1993 e il 2003 si � assistito a un vero e proprio declino dei partiti democratici che hanno raccolto sempre meno voti. Come ha osservato Roginskij, �con l�avvento di Putin � accaduto un fatto molto importante: questa seconda memoria, il mito di un passato normale, � diventato un assunto dello stato [�] Con Putin la storia sembra rientrare nuovamente nella sfera della politica statale. Lo era ai tempi del potere sovietico, torna a esserlo oggi�[30].

Di conseguenza, in un modo assolutamente antitetico a quello che i dissidenti e Memorial si erano proposti, la memoria del terrore rimane scarsamente legata ai processi politici reali che si svolgono nel paese. Il tentativo, in parte riuscito grazie al controllo esercitato dagli organi di governo sui mass media, � quella di sminuirla, di farla cadere in un secondo oblio in nome di un passato visto come una serie ininterrotta di vittorie, di fatti eroici, di grandi realizzazioni per i quali milioni di persone felici, dalla vita normale, hanno saputo pagare un alto prezzo. Come ha avuto occasione di rilevare lo stesso Putin dinanzi a un pubblico di storici appositamente convocati alla fine di novembre del 2003, �dobbiamo ripulire la storia dagli scarti. Il nostro era un grande paese. Dobbiamo insegnare alla giovent� a essere orgogliosa della nostra storia�[31]. E� a questi giovani, quelli che il Presidente chiama i �na�i�, che il paese guarda con nuovo orgoglio patriottico. E poich� nella Russia neocapitalista degli anni Novanta non � nata una vera, genuina memoria storica statale nazionale condivisa, la memoria del terrore � tornata a essere, per larghi versi, una memoria privata o al massimo regionale[32].

E a poco valgono le voci che ogni tanto si levano contro le tendenze restauratrici del nuovo presidente, come quella della giornalista Anna Politkovskaja, barbaramente uccisa a Mosca il 6 ottobre dello scorso anno, che con coraggio ha denunciato nei suoi articoli apparsi sul giornale indipendente �Novaja Gazeta� o nei suoi libri (mai pubblicati in Russia[33]) la continuit� esistente tra i metodi di potere del vecchio regime sovietico e quelli dell� attuale governo: mancanza di indipendenza dei tribunali grazie alla connivenza tra i procuratori e gli uomini politici protetti da Putin, assenza di un reale confronto politico a causa del controllo esercitato dal governo su televisioni e giornali, gestione privatistica della res publica da parte dell�entourage putiniano, ricorso a violenze, brutalit� e illegalit� di ogni genere nell�affrontare l�annosa questione cecena.

Parole dure, quelle di Anna, che di recente hanno trovato nuova eco nel documento che Memorial di Mosca ha redatto pochi mesi or sono per ricordare il 1937, l�annus terribilis del Grande Terrore e le sue devastanti e ancora attuali conseguenze sulla societ� sovietica:

Il 1937 e il mondo contemporaneo

Le tesi di �Memorial

Settant�anni fa, per decisione dei supremi organi del partito, in URSS si scaten� l�ennesima sanguinosa �purga�, che dur� quasi due anni. Nella storiografia questa campagna � non di rado denominata �Grande Terrore�; la gente invece la chiama semplicemente �Il Trentasette�.

La dittatura comunista � sempre stata accompagnata da repressioni politiche, sia prima, sia dopo il 1937. E tuttavia proprio quell�anno nella memoria delle persone � diventato il sinistro simbolo di quel sistema di uccisioni di massa organizzate ed eseguite dal potere statale. Evidentemente ci� � accaduto perch� il Grande Terrore si distinse per alcune caratteristiche straordinarie, che predeterminarono il suo posto particolare nella storia e quell�enorme influenza che esercit� � e continua a esercitare � sul destino della Russia.

Il Trentasette signific� dimensioni gigantesche delle repressioni[34], che interessarono tutte le regioni e tutti gli strati della societ� senza eccezione, dalla suprema dirigenza del paese agli operai e ai contadini pi� lontani dalla politica. Durante il biennio 1937-1938 furono arrestati pi� di 1,7 milioni di persone con imputazioni politiche. Se poi si contano le vittime delle deportazioni e gli �elementi socialmente dannosi� condannati, il numero dei repressi supera i due milioni.

Signific� incredibile crudelt� delle condanne: pi� di 700.000 arrestati furono giustiziati.

Signific� pianificazione senza precedenti delle �operazioni speciali� del terrore. Tutta la campagna fu accuratamente programmata in anticipo dalla suprema dirigenza politica dell�URSS e si svolse sotto il suo costante controllo. Negli ordini segreti dell�NKVD si definivano i tempi di svolgimento delle singole operazioni, i gruppi e le categorie di cittadini soggetti a repressione, e anche le �quote�: il numero degli arresti e delle fucilazioni da eseguire in ogni regione. Qualsiasi modifica, qualsiasi �iniziativa dal basso� doveva essere concordata con Mosca e ottenerne l�approvazione.

Ma per la gran massa della popolazione, ignara del contenuto di quegli ordini, la logica degli arresti sembrava enigmatica e inspiegabile, contraria a ogni buon senso. Agli occhi dei contemporanei il Grande Terrore appariva come una gigantesca lotteria. L�incomprensibilit� quasi mistica di quanto avveniva suscitava un terrore particolare e una grande incertezza per il proprio destino in milioni di persone.

In particolare, le repressioni toccarono profondamente i rappresentanti delle nuove �lite sovietiche: politica, militare, economica. L�eliminazione di persone i cui nomi erano noti a tutto il paese (i giornali parlavano in primo luogo proprio di loro), e della cui lealt� non c�era alcun motivo di dubitare, accresceva il panico e aggravava la psicosi di massa. In seguito nacque perfino il mito secondo il quale il Grande Terrore sarebbe stato diretto esclusivamente contro i vecchi bolscevichi e i vertici del partito e dello Stato. In realt� la stragrande maggioranza degli arrestati e dei fucilati erano semplici cittadini sovietici, non iscritti al partito e non appartenenti ad alcuna �lite.

Il Trentasette signific� una falsificazione delle incriminazioni che non ha analoghi per vastit� nella storia mondiale. Nel 1937-1938 la possibilit� dell�arresto era determinata prevalentemente dall�appartenenza a qualche categoria di popolazione indicata in uno degli �ordini operativi� dell�NKVD, o dai legami � di lavoro, di parentela, di amicizia � con persone gi� arrestate in precedenza. La formulazione della �colpa� individuale era compito degli inquirenti. Perci� centinaia e centinaia di migliaia di arrestati si videro muovere le pi� inverosimili� accuse: �complotto controrivoluzionario�, �spionaggio�, �preparazione di attentati terroristici�, �sabotaggio� e simili.

Il Trentasette signific� rinascita nel XX secolo delle modalit� del processo dell�Inquisizione medievale, con tutti i suoi attributi tradizionali: la procedura paraprocessuale in assenza dell�imputato (nella stragrande maggioranza dei casi), la mancanza della difesa, l�unificazione di fatto, nell�ambito di una sola istituzione, dei ruoli di inquirente, accusatore, giudice e carnefice. Di nuovo, come ai tempi dell�Inquisizione, prova fondamentale divenne la rituale �confessione della propria colpa� da parte dell�imputato stesso. Lo sforzo di ottenere tale confessione, unito all�arbitrariet� e all�assurdit� delle accuse, port� al ricorso massiccio alle torture; nell�estate del 1937 le torture furono autorizzate ufficialmente e raccomandate come metodo di conduzione dell�istruttoria.

Il Trentasette signific� carattere straordinario del procedimento penale a porte chiuse. Il segreto avvolse l�esercizio della �giustizia�, i poligoni delle fucilazioni e i luoghi di sepoltura dei giustiziati furono circondati da impenetrabile segretezza. Signific� menzogna ufficiale sistematica, protratta per anni, sul destino dei fucilati: prima si parl� di fantomatici �lager senza diritto alla corrispondenza�, poi di morte per malattia, con data e luogo del decesso falsi.

Il Trentasette signific� il vincolo della responsabilit� collettiva con cui la leadership staliniana cerc� di legare tutto il popolo. Per tutto il paese si svolgevano assemblee in cui la gente era indotta ad applaudire fragorosamente la menzogna pubblica sui �nemici del popolo� smascherati e resi inoffensivi. I figli erano costretti a rinnegare i genitori arrestati, le mogli a ripudiare i mariti.

Signific� milioni di famiglie distrutte. La sinistra sigla �?SIR�, abbreviazione di �?len sem�i izmennika Rodiny�, �membro della famiglia di un traditore della Patria�, di per s� implic� la condanna alla detenzione nei lager speciali per ventimila vedove, i cui mariti erano stati fucilati per decisione del Collegio Militare della Corte Suprema. Signific� migliaia di �orfani del Trentasette�, a cui fu rubata l�infanzia e spezzata la giovinezza.

Signific� definitiva perdita di valore della vita umana e della libert�. Signific� culto dei metodi ?ekisti, idealizzazione della violenza, venerazione dell�idolo dello Stato. Nella coscienza popolare ci fu un completo spostamento di tutti i concetti del diritto.

Infine il Trentasette signific� una paradossale combinazione dell�orgia del terrore con una sfrenata campagna propagandistica che esaltava la democrazia sovietica come la pi� perfetta del mondo, la Costituzione sovietica come la pi� democratica del mondo, le grandi realizzazioni e le imprese lavorative del popolo sovietico. Proprio nel 1937 si form� definitivamente un tratto caratteristico della societ� sovietica, il pensiero doppio, conseguenza dello sdoppiamento della realt� imposto dalla propaganda alla coscienza sociale e individuale.

  • * *

Ancora oggi, a distanza di settant�anni, negli stereotipi della vita sociale e della politica statale della Russia e degli altri paesi sorti sulle rovine dell�URSS si pu� chiaramente distinguere l�influenza esiziale sia della catastrofe stessa del 1937-1938, sia di tutto quel sistema di violenza statale, di cui quegli anni sono diventati simbolo e quintessenza. Quella catastrofe � entrata nel subconscio collettivo e individuale, ha deformato la psicologia delle persone, ha acutizzato antichi mali del nostro modo di pensare, ereditati ancora dall�Impero russo, ha generato nuovi pericolosi complessi.

La sensazione della nullit� della vita umana e della libert� di fronte all�idolo del Potere � esperienza non superata del Grande Terrore.

L�abitudine alla �giustizia governabile�, quando gli organi che tutelano la legalit� non sottomettono la loro attivit� alla norma della legge, ma ai dettami della leadership, � un�evidente eredit� del Grande Terrore.

L�imitazione del processo democratico che va di pari passo con lo svuotamento delle fondamentali istituzioni democratiche e con l�aperto disprezzo dei diritti e delle libert� dell�uomo; le violazioni della Costituzione accompagnate da giuramenti di fedelt� incrollabile all�ordine costituzionale: questo modello sociale � stato felicemente sperimentato per la prima volta proprio nel periodo del Grande Terrore.

L�istintiva ostilit� dell�attuale apparato burocratico per l�attivit� sociale indipendente, gli incessanti tentativi di sottoporre quest�ultima a un rigido controllo statale: anche questo � un retaggio del Grande Terrore, quando il regime bolscevico concluse definitivamente la sua lunga lotta con la societ� civile. Prima del 1937 in URSS tutte le forme collettive della vita sociale � culturale, scientifica, religiosa eccetera, senza parlare di quella politica � erano gi� state annientate o sostituite da imitazioni, simulacri; a questo punto si potevano eliminare i singoli individui, sradicando contemporaneamente dalla coscienza sociale i concetti di indipendenza, responsabilit� civile e solidariet� umana.

La rinascita nella politica russa contemporanea della vecchia concezione dell��accerchiamento nemico�, base ideologica e supporto propagandistico del Grande Terrore, il sospetto e l�ostilit� verso tutto ci� che � straniero, la ricerca isterica di �nemici� oltre frontiera e di una �quinta colonna� all�interno del paese e altri clich� ideologici staliniani che hanno ripreso vita nel nuovo contesto politico: tutto ci� testimonia di un persistere del retaggio del Trentasette nella nostra vita politica e sociale.

La facilit� con cui nella nostra societ� sorgono e prosperano il nazionalismo e la xenofobia � un�indubbia eredit� sia delle �operazioni etniche speciali� del 1937-1938, sia delle deportazioni che negli anni della guerra sradicarono interi popoli accusati di tradimento, sia della �lotta al cosmopolitismo�, del �caso dei medici� e delle campagne propagandistiche che li accompagnarono.

Il conformismo intellettuale, la paura di ogni �dissenso�, la mancanza di abitudine al pensiero libero e indipendente, l�arrendevolezza di fronte alla menzogna sono per molti aspetti il risultato del Grande Terrore.

L�incontenibile cinismo, altra faccia del pensiero doppio, la morale dell�homo homini lupus dominante nei lager, la perdita dei valori famigliari tradizionali: anche di queste nostre sciagure siamo in gran parte debitori alla scuola del Grande Terrore, alla scuola del GULAG.

Il disastroso isolamento delle persone, lo spirito gregario che ha rimpiazzato il collettivismo, l�acuta mancanza di solidariet� umana: tutto ci� � risultato delle repressioni, delle deportazioni, dei trasferimenti forzati, � risultato del Grande Terrore, il cui scopo era appunto l�atomizzazione della societ�, la trasformazione del popolo in �popolazione�, in folla che si lascia facilmente manipolare e dirigere.

* * *

Ovviamente oggi l�eredit� del Grande Terrore non si concretizza e difficilmente potrebbe concretizzarsi in arresti di massa: viviamo in un�epoca completamente diversa. Ma questa eredit�, se non viene compresa e quindi superata dalla societ�, pu� facilmente diventare uno �scheletro nell�armadio�, una maledizione per la generazione attuale e per quelle future,� manifestandosi ora nella mania di grandezza dello Stato, ora nel ritorno della vecchia fobia delle spie, ora in nuovi sussulti di politica repressiva.

Che cosa bisogna fare per comprendere e superare l�esperienza distruttiva del Trentasette?

Gli ultimi quindici anni hanno dimostrato che necessario analizzare pubblicamente il terrore politico del periodo sovietico dal punto di vista del diritto. Bisogna dare una chiara valutazione giuridica della politica terroristica dei dirigenti del paese di allora, e innanzitutto del primo ideologo e supremo organizzatore del terrore, Iosif Stalin, e dei concreti delitti da essi commessi. Solo tale valutazione pu� diventare punto di partenza, pietra angolare di una coscienza giuridica e storica, fondamento per il successivo lavoro sul passato. In caso contrario l�atteggiamento della societ� verso gli eventi dell�epoca del terrore osciller� inevitabilmente a seconda dei mutamenti della congiuntura politica, e lo spettro dello stalinismo risorger� periodicamente, ora facendo spuntare monumenti al dittatore nelle vie delle nostre citt�, ora suscitando recidive della pratica politica staliniana nella nostra vita.

Probabilmente per svolgere un�adeguata indagine bisognerebbe creare un apposito organo giudiziario: � superfluo citare i precedenti nella pratica giuridica mondiale.

Purtroppo, finora � evidente la tendenza opposta: nel 2005 la Duma di Stato della Federazione Russa ha eliminato dai preamboli della Legge sulla riabilitazione del 1991 l�unico accenno esistente nella legislazione russa al �danno morale� causato alle vittime del terrore. Non c�� bisogno di dilungarsi in una valutazione morale e politica di questo passo. Bisogna semplicemente reintrodurre le parole sul danno morale nel testo della Legge. Bisogna farlo non solo in omaggio alla memoria delle vittime, ma anche per rispetto di noi stessi. Bisogna farlo anche per riparare l�offesa arrecata ad alcune decine di migliaia di anziani superstiti del Gulag, e a centinaia di migliaia di famigliari delle vittime del terrore.

Tuttavia la valutazione giuridica del terrore � un passo importante, ma non sufficiente.

� necessario garantire condizioni favorevoli al proseguimento e all�ampliamento del lavoro di ricerca sulla storia del terrore di Stato in URSS. Per questo bisogna innanzitutto eliminare tutte le limitazioni artificiali e immotivate che oggi ostacolano l�accesso ai materiali d�archivio legati alle repressioni politiche.

Bisogna far s� che la conoscenza storica sull�epoca del terrore diventi patrimonio comune: creare, finalmente, manuali di storia per le scuole e le universit� in cui al tema delle repressioni politiche, e in particolare al Grande Terrore, sia riservato un posto corrispondente al loro significato storico. La storia del terrore sovietico deve diventare non solo parte obbligatoria e significativa dei programmi scolastici, ma anche oggetto di seri sforzi nel campo dell�istruzione pubblica nel senso pi� ampio del termine. I canali della televisione pubblica devono trasmettere programmi divulgativi e culturali dedicati a questo tema, lo stato deve sostenere i progetti editoriali che prevedono la pubblicazione di testi scientifici, divulgativi e memorialistici dedicati all�epoca del terrore.

Bisogna creare un Museo nazionale della storia del terrore di Stato, corrispondente per status e livello alle dimensioni della tragedia, e farne il centro metodologico e scientifico del lavoro museale su questo tema. La storia del terrore e del Gulag deve essere rappresentata in tutti i musei storici ed etnografici del paese, come gi� avviene, ad esempio, per un�altra immane tragedia storica, la Grande Guerra Patriottica.

Infine deve sorgere a Mosca un Monumento nazionale alle vittime, che sia eretto dallo Stato e a nome dello Stato. Tale monumento ci viene promesso ormai da 45 anni; sarebbe ora di mantenere la promessa. Ma non basta: bisogna che monumenti alle vittime del terrore sorgano in tutto il paese. Purtroppo, in molte citt� la perpetuazione della memoria delle vittime non � finora andata oltre alle lapidi poste 15-18 anni fa.

Nel paese devono comparire monumenti e lapidi commemorative che contrassegnino i luoghi legati alle infrastrutture del terrore: gli edifici superstiti delle carceri giudiziarie e di transito, degli isolatori politici, delle direzioni dell�NKVD e del Gulag, eccetera. Segni commemorativi, cartelli indicatori e pannelli informativi devono essere collocati anche nei luoghi dove sorgevano i grandi complessi di lager, nelle fabbriche create grazie al lavoro dei detenuti, sulle strade che portano alle rovine dei campi di lavoro correzionale.

Le strade e le piazze, cos� come i centri abitati, non devono pi� portare i nomi degli uomini politici che organizzarono il terrore e vi parteciparono attivamente. La toponimia non pu� pi� servire a eternare la memoria dei criminali.

� necessario un capillare programma statale di preparazione e pubblicazione di Libri della memoria dedicati alle vittime delle repressioni politiche. Oggi tali Libri della memoria sono pubblicati solo in alcune regioni della Russia. Secondo calcoli approssimativi, la totalit� degli elenchi che compaiono in questi libri abbraccia a tutt�oggi non pi� del 20% del numero totale delle persone sottoposte a repressioni politiche.

� urgente elaborare e realizzare un programma nazionale o addirittura internazionale di ricerca e memorializzazione dei luoghi di sepoltura delle vittime del terrore. Si tratta di un problema non tanto culturale e scientifico, quanto morale. Nel territorio dell�ex URSS ci sono molte centinaia di fosse comuni dove i fucilati erano sepolti in segreto, migliaia di cimiteri di lager e insediamenti speciali: alcuni sono distrutti o semidistrutti, di alcuni sono rimaste solo delle tracce, mentre di migliaia di cimiteri non rimangono neppure queste.

Tutto ci� permetterebbe di ristabilire la memoria di una delle pi� grandi catastrofi del XX secolo e contribuirebbe a renderci stabilmente immuni dagli stereotipi totalitari.

Quanto detto sopra si riferisce in primo luogo alla Russia, erede legittima dell�URSS, la pi� grande delle repubbliche ex sovietiche, il paese nella cui capitale si elaboravano e scatenavano le campagne terroristiche e si dirigevano i meccanismi del terrore, il paese sul cui territorio si trovava la parte fondamentale dell�impero del GULAG.

Tuttavia, moltissimo di quanto si deve fare andr� fatto in tutto lo spazio dell�ex URSS, preferibilmente grazie agli sforzi congiunti dei nostri paesi. Oggi negli stati post-sovietici la storia del terrore � intesa e trattata in modo diverso. Ci� � naturale. Ma � di fondamentale importanza che da questa diversit� nasca un dialogo. Il dialogo fra le diverse memorie nazionali � un elemento importante e necessario della riflessione sulla verit� storica; il guaio � quando esso degenera in sterile polemica, nel tentativo di scrollarsi di dosso la responsabilit� storica (e quindi civile) per scaricarla sull��altro�. Purtroppo molto spesso proprio la storia del terrore sovietico diventa pretesto per regolare conti politici contingenti fra gli stati, e invece di lavorare insieme onestamente sul passato comune si presentano elenchi di offese reciproche, conti e rivendicazioni.

Perci� un articolato programma globale dedicato all�esperienza tragica del passato deve essere, probabilmente, internazionale e interstatale. Ci� riguarda sia le ricerche storiche, sia l�edizione dei Libri della memoria, sia la memorializzazione dei luoghi di sepoltura e molto altro, forse perfino la preparazione dei manuali scolastici. La memoria del terrore � memoria comune dei nostri popoli. Questa memoria non ci separa, ma ci unisce: anche perch� essa non ci parla soltanto dei crimini, ma anche della comune resistenza alla macchina degli omicidi,� della solidariet� internazionale e dell�aiuto reciproco fra le persone.

* * *

Naturalmente, la memoria del passato non si plasma con Decreti e direttive dei governi. I destini della memoria storica si possono definire solo attraverso una vasta discussione sociale. Con il passar del tempo, diventa sempre pi� evidente quanto tale discussione sia indispensabile e urgente.

Di riflettere sul Grande Terrore e, pi� in generale, su tutta l�esperienza della storia sovietica, non hanno bisogno solo la Russia e i paesi che facevano parte dell�URSS o del �campo socialista�. Di tale riflessione hanno bisogno tutti i paesi e i popoli, tutta l�umanit�, perch� gli eventi del Grande Terrore hanno impresso il loro marchio non solo sulla storia sovietica, ma sull�intera storia mondiale. Il Gulag, la Kolyma, il Trentasette sono simboli del XX secolo come Auschwitz e Hiroshima. Escono dai confini del destino storico dell�URSS o della Russia e diventano testimonianza della fragilit� e precariet� della civilt� umana, della relativit� delle conquiste del progresso, ci rammentano la possibilit� di nuove catastrofiche ricadute nella barbarie. Perci� anche la discussione sul Grande Terrore deve uscire dai limiti delle problematiche nazionali; come alcune delle tragedie storiche nominate sopra, deve essere oggetto di riflessione per tutta l�umanit�. Ma ovviamente il compito di promuovere questa discussione spetta innanzitutto alla societ� dei paesi che facevano parte dell�URSS, in primo luogo la Russia.

Purtroppo, proprio in Russia la societ�, che alla fine degli anni Ottanta sembrava disposta a cercare e accogliere la verit� sulla propria storia, negli anni Novanta � diventata indifferente, apatica e restia a �rovistare nel passato�. E non mancano le forze direttamente interessate a soffocare la discussione su questi temi. Sia nella coscienza collettiva, sia nella politica dello Stato si rafforzano tendenze che non favoriscono affatto un discorso libero e diretto sulla nostra storia recente. Queste tendenze hanno trovato espressione nella concezione ufficiale, seppur non sempre formulata nettamente, che vede nella storia patria esclusivamente �il nostro glorioso passato�.

Ci dicono che attualizzare la memoria dei crimini commessi dallo Stato nel passato ostacola il consolidamento nazionale (o, per esprimerci con la lingua dell�epoca totalitaria, �mina l�unit� morale e politica del popolo sovietico�).

Ci dicono che questa memoria danneggia il processo di rinascita nazionale.

Ci dicono che dobbiamo ricordare, in primo luogo, le eroiche conquiste e le imprese del popolo in nome dell�eterna, grande Potenza.

Ci dicono che il popolo non vuole altra memoria, la rifiuta.

E in effetti per una parte consistente dei nostri concittadini � pi� facile accettare comodi miti rassicuranti, piuttosto che guardare lucidamente la propria tragica storia e comprenderla in nome del futuro. E si capisce perch�: un�onesta riflessione sul passato carica sulle spalle delle generazioni di oggi l�enorme peso della responsabilit� storica e civile, a cui non sono avvezze. Ma siamo certi che se non ci assumeremo questa responsabilit� davvero pesantissima per il passato, non potremo conoscere nessun consolidamento nazionale e nessuna rinascita.

Alla vigilia di uno dei pi� terribili anniversari della nostra storia comune �Memorial� invita� tutti quelli che hanno a cuore il futuro dei nostri paesi e dei nostri popoli a fissare lo sguardo nel passato e a cercare di comprenderne la lezione.

 

Associazione internazionale �Memorial�


[1] Sull�uso dei miti nella storia sovietica si veda il volume di G. Piretto,� Il radioso avvenire. Mitologie culturali sovietiche, Einaudi, Torino, 2001

[2] Negli anni pi� recenti sono state pubblicate sia in Russia che all�estero molte opere sulla storia dello stalinismo, del terrore di stato e del GULag fra le quali edite in Italia o tradotte in italiano si ricordano: A. Applebaum, Gulag. Storia dei campi di concentramento sovietici, Milano, Mondatori, 2004; I.V. Chlevnjuk, Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al Grande Terrore, Torino, Einaudi, 2006; M. Craveri, Resistenza nel Gulag, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003; E. Dundovich, F. Gori, E. Guercetti, Reflections on the Gulag. With a Documentary Appendix on the Italian Victims of the Repression in the USSR, �Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Anno XXXVII, 2001, Feltrinelli, Milano, 2003, ora anche nell�edizione italiana Gulag. Storia e Memoria, Feltrinelli, Milano, 2004.

[3] Cfr. E. Kaplan, �Aspetti e problemi della bibliografia del Gulag�, in E. Dundovich, F. Gori, E. Guercetti, Gulag. Storia e memoria, op. cit, pp. 279-305.

[4] A. Roginskij, �Mantenere viva la memoria del Gulag nella Russia d�oggi�, in G. Nissim, a cura di, Storie di uomini giusti nel Gulag, Milano, Bruno Mondatori, 2004, p. 314.

[5] Sulle trasformazioni della societ� sovietica dopo il 1953 e la nascita del dissenso si veda M. Clementi, Storia del dissenso sovietico, Roma, Odradek, 2007.

[6] Le pagine di questa relazione relative alla nascita del dissenso in Urss sono tratte da E. Dundovich, �Il dissenso e la nascita del movimento per i diritti umani in Urss�, in S. Pons, R. Service,� a cura di, Dizionario del comunismo, vol. I, Einaudi, 2007. Per un visione pi� approfondita del tema si rimanda� al gi� citato ed esaustivo volume di M. Clementi.

[7] Intervista di Alessandra� Rognoni ad Arsenij Roginskij, Milano, novembre 2003.

[8] M. Clementi, Storia del dissenso sovietico, op. cit., p. 208.

[9] A. Rognoni, �L�Associazione Memorial di Mosca: storia e attivit�, tesi di laurea discussa presso l�Universit� Cattolica di Milano, anno 2003, relatore Prof. Dell�Asta, p. 20.

[10] Ivi, p. 21.

[11]A. Sacharov, Memorie, Sugarco, Milano, 1990, p.775.� Proprio Sacharov era stato il promotore, il 30 ottobre 1974, di una conferenza stampa per sostenere il �Giorno del prigioniero politico in Urss� promosso dai detenuti dei lager della Mordovia e di Perm� con uno sciopero della fame per attirare l�attenzione sulle loro dure condizioni di vita. Questa data diventer� un simbolo nella lotta di Memorial per la verit� storica sino a che nel 1991 il Soviet supremo non la riconoscer� ufficialmente.

[12] N. Adler, Victims of Soviet Terror. The story of the Memorial Movement, Praeger Publishers West Port, Connecticut and London, 1993, pp. 45 e ssg.

[13] Fra cui gli storici Pavel Kudjukin e Aleksandr Vajsberg, la sociologa Galina Ratiskaja, i matematici Dimitrij Leonov ed Elena �emkova, solo per ricordare alcuni nomi che � possibile trovare in maniera pi� dettagliata in M. Ferretti, La memoria mutilata. La Russia ricorda, Il Corbaccio, Milano, 1993, pg. 346.

[14] A. Rognoni, �L�Associazione Memorial di Mosca�, op. cit., pp. 43-49.

[15] Poi trasformato in �conferenza preparatoria� proprio per non suscitare troppo l�ira delle autorit�.

[16] Ipotesi possibile perch� un recente cambiamento della legge elettorale permetteva ad associazioni come Memorial di eleggere alcuni candidati.

[17] Responsabili del centro scientifico, tutt�oggi punto di riferimento ineludibile per chi intenda occuparsi di storia sovietica e in particolare di storia delle repressioni, furono nominati tra gli altri Ales Adamovi?, Jurij Afanas�ev, Michail Gefter, Marietta ?udakova, Nikita Ochotin, Arsenij Roginskij. Una ricca sintesi delle origini, della storia e delle attivit� di Memorial si pu� trovare� sul sito www.memorial.ru.

[18] Le condizioni di vita dei sopravvissuti ai lager erano nella maggior parte dei casi particolarmente difficili: i reduci, riabilitati secondo la legge del 1956,� avevano pensioni bassissime dal momento che gli anni trascorsi a lavorare nei campi di lavoro forzato non erano stati contati e il risarcimento loro attribuito per i beni sequestrati era stato irrilevante, M. Ferretti, La memoria mutilata, op. cit., p. 370.

[19] P. Sinatti, a cura di, La Russia e i conflitti nel Caucaso, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2000.

[20]Cfr.� www.memo.ru

[21] Ibidem.

[22] La prima edizione del concorso � stata quella del marzo del 1999 dal titolo �L�uomo della storia. La Russia del XX secolo� riservato agli studenti dai 14 ai 18 anni della Federazione russa. Nell�anno 2003/2004 il concorso � stato riservato a studenti delle scuole cecene dai 14 ai 17 anni i cui temi sono risultati cos� belli da meritare una pubblicazione poi tradotta di recente anche in italiano con il titolo La Cecenia dei bambini, a cura di F. Gori, Einaudi, 2007. . Ai vincitori viene data la possibilit� di visitare Mosca e ricevono in premio computers, videocamere e libri. Da alcuni anni viene loro offerta anche la possibilit� di partecipare a un campo estivo internazionale per giovani storici che si tiene in Germania.

[23] A. Rognoni, �L�Associazione Memorial di Mosca�, op. cit., pp. 67-68

[24] Ne sono membri fondatori Marco Buttino, Elena Dundovich, Marcello Flores, Elda Garetto, Franscesca Gori, Emanuela Guercetti, Barbara Grywatch, H�l�ne Kaplan.� Per ulteriori informazioni � consultabile il sito www.memorial-italia.it

[25] A. Roginskij, �Mantenere viva la memoria del Gulag nella Russia d�oggi�, art, cit., p. 316.

[26] F. Benvenuti, La Russia dopo l�URSS. Dal 1985 a oggi, Carocci, Roma, 2006.

[27] N. Ochotin, A. Roginskij, Sistema ispravitel�no-trudovych lagereij b CCCR, Zvenija, Moskva, 1998.

[28] Cfr. www.memo.ru

[29] Sin dal 1990 Memorial aveva dato avvio a un progetto di ricerca dedicato all�attivit� dei dissidenti sovietici e al movimento per i diritti umani negli anni compresi tra il 1960 e il 1980. Il progetto, guidato da A. Daniel�, deve portare alla stesura di un dizionario biobibliografico dei dissidenti sovietici. Il lavoro preliminare ha visto la raccolta di testi, documenti e pubblicazioni in samizdat che sono stati poi raccolti in un apposito archivio che costituisce, secondo molti studiosi, la raccolta pi� ricca sul tema dopo quella di Radio Svoboda oggi conservata presso il centro �Open Society archives� di Budapest. Il dizionario non � ancora stato terminato ma una parte dei materiali via via raccolti sono gi� stati resi disponibili sul sito di Memorial, fra cui tutti i numeri del bollettino edito in samizdat �Cronaca degli avvenimenti correnti�.

[30] Roginskij, �Mantenere viva la memoria del Gulag nella Russia d�oggi�, cit., p. 320.

[31] Ibidem.

[32] Largo sostegno viene dato per esempio al Museo di Perm� dall�amministrazione locale in quanto esso rappresenta un pezzo della memoria della regione. Stessa cosa accade anche nella Repubblica dei Komi, ivi, p. 321.

[33] A. Politkovskaja, Cecenia. Il disonore russo, Fandango; La Russia di Putin, Adelphi. Torino, 2005; Diario russo, 2003-2005, Torino, Adelphi, 2007.

[34] I grassetti sono nell�originale. La traduzione dal russo del documento � a cura di Emanuela Guercetti di Memorial Italia.

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