Trenta ottobre

Giornata del prigioniero politico 2023

Il 30 ottobre 1974 i prigionieri politici Kronid Ljubarskij e Aleksei Murženko, detenuti nel campo di lavoro sovietico noto come Dubravlag, istituirono la Giornata del prigioniero politico per ottenere il riconoscimento dello status di prigioniero politico, l’abolizione delle limitazioni alla corrispondenza, ai pacchi e alle spedizioni, l’aumento del numero di visite dei parenti e l’assistenza medica completa. In quella giornata i prigionieri politici, ma anche molte persone in libertà, proclamarono uno sciopero della fame. Per chi era detenuto significava incorrere in ulteriori sanzioni: le amministrazioni penitenziarie di tutto il paese punivano chiunque rifiutasse il cibo con la reclusione nelle celle di punizione.

 

A quasi cinquant’anni di distanza il 30 ottobre rimane un momento simbolico importante per riflettere sui nuovi prigionieri politici della Federazione russa. Il loro numero è in costante crescita, le condanne diventano esemplari, le amministrazioni carcerarie ricorrono sempre più spesso a torture, trattamenti psichiatrici obbligatori e vessazioni di ogni genere.

 

Il 30 ottobre 2023 Memorial Italia vuole ricordare le prigioniere e i prigionieri politici di oggi pubblicando una serie di video in cui si leggono le ultime dichiarazioni di alcuni di loro. Sono i discorsi che le imputate e gli imputati hanno il diritto di pronunciare prima che venga emessa la sentenza. Sono testi sinceri, forti, coraggiosi, pronunciati da esponenti dell’intera società russa: giornaliste e giornalisti, studenti, persone dello spettacolo, attiviste e attivisti, ma anche uomini e donne comuni: tutte vittime del regime.

 

Ringraziamo chi ha prestato la propria voce per ricordare e mantenere alta l’attenzione verso tutte e tutti coloro che hanno subito o continuano a subire la violenza di Stato, ma ci ricordano che anche dietro le sbarre, in uno stato che non garantisce più i diritti fondamentali, si può essere liberi.

Proteggi le mie parole

Iniziativa a supporto dei prigionieri e delle prigioniere politiche.

Luciano Capone legge Il'ja Krasil'ščik

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Il’ja Krasil’ščik, pronunciata il 28 giugno 2023.

Il’ja Krasil’ščik è un giornalista russo, fondatore di Helpdesk.media, una startup editoriale che aiuta i cittadini russi ad evitare la coscrizione e quelli ucraini a sopravvivere durante il conflitto. Ha lavorato per molti anni alla testata indipendente Meduza, e dal 2019 è diventato responsabile dei progetti internazionali di Yandex. Dopo l’attacco dell’esercito russo all’Ucraina il 24 febbraio 2022, ha lasciato la Russia. Nell’aprile 2022 ha espresso la propria condanna all’invasione e pochi giorni dopo ha lasciato il proprio incarico presso Yandex in seguito alla notizia dell’apertura di un procedimento penale nei suoi confronti per «diffusione di fake news sull’esercito russo».
Il 7 luglio 2022 è stato dichiarato ricercato dal Ministero degli Affari interni russo. Nel marzo 2023, il tribunale distrettuale Basmannyj di Mosca ha arrestato in contumacia Krasil’ščik.
Il 29 luglio 2023 è stata emessa la condanna in contumacia a 8 anni di carcere.

 

Andrea Braschayko legge Vladimir Kara-Murza

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Vladimir Kara-Murza, pronunciata il 10 aprile 2023.

Vladimir Kara-Murza è uno storico, giornalista, politico e attivista russo. Protégé di Boris Nemtsov, è stato vicepresidente di Open Russia, ONG fondata dall’ex oligarca russo Michail Chodorkovsky. Nel 2012 è stato eletto nel Consiglio di coordinamento dell’opposizione russa ed è stato vice leader del Partito popolare per la libertà dal 2015 al 2016. Ha diretto due documentari, «They Chose Freedom» e «Nemtsov». Dal 2021 è Senior Fellow del Raoul Wallenberg Center for Human Rights.
Vladimir Kara-Murza è sempre stato inviso alle autorità e al governo russo, in particolare dopo il Magnitsky Act o Legge Magnitskij, approvata nel 2016 negli USA, in Canada e Europa.
Sergej Magnitskij era il più giovane del gruppo di sei avvocati e contabili creato da Bill Browder per indagare sull’esproprio del proprio fondo di investimenti moscovita e sulla sparizione dal sistema bancario russo dei 230 milioni di dollari erogati dallo Stato per rimborsare le tre società, intestate ad altrettanti prestanome, che avevano rilevato la sua azienda. L’uomo d’affari americano aveva offerto a tutti l’espatrio in Inghilterra. Magnitskij fu l’unico a rifiutare e morì di peritonite in carcere, dopo aver documentato sui suoi quaderni gli abusi ai quali era stato sottoposto in cella, dalla denutrizione al rifiuto di ogni cura medica.
Da quel giorno, Boris Nemcov si fece megafono della battaglia intrapresa da Browder per far congelare i beni all’estero dei cittadini russi coinvolti in casi di «gravi violazioni dei diritti umani e di corruzione». Nei suoi viaggi in giro per il mondo era sempre accompagnato da Vladimir Kara-Murza che, dopo l’assassinio di Nemtsov nel 2015, ne raccolse l’eredità politica e civica.
Dopo aver subito due tentativi di avvelenamento, nell’aprile 2022 Kara-Murza è stato arrestato con l’accusa di aver disobbedito agli ordini della polizia; il suo arresto è stato poi prorogato dopo che sono state presentate nuove accuse di screditamento dell’esercito russo. Kara-Murza ha pubblicamente condannato l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 e ha chiesto sanzioni contro i funzionari russi colpevoli di violazioni dei diritti umani e corruzione. Ha inoltre criticato il presidente russo Vladimir Putin per il modo in cui i dissidenti politici sono trattati in Russia.
Il 17 aprile 2023 è stato condannato a 25 anni di carcere.

Alessio Lega legge Azat Miftachov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Azat Mifatchov, pronunciata il 23 dicembre 2020.

Matematico e dottorando dell’Università statale di Mosca (MGU), fin dal luglio del 2018 Azat Miftachov era sotto sorveglianza delle forze dell’ordine in quanto «estremista di sinistra».
Accusato di avere confezionato un ordigno esplosivo, il 1° febbraio 2019 viene arrestato insieme ad altre dieci persone legate, secondo l’FSB, ad Autodifesa del popolo – un movimento sociale e politico di orientamento libertario. Gli arrestati affermeranno poi di aver subìto torture e varie forme di pressione psicologica. Tutti gli altri vengono rilasciati, Miftachov resta in prigione: il suo caso viene riclassificato come «vandalismo», e lui rimane in custodia cautelare fino alla fine del 2020.
La campagna collettiva per la liberazione di Miftachov scatta subito: la comunità matematica internazionale, specificatamente le associazioni di studiosi francesi, brasiliani, italiani e statunitensi, pubblica lettere di sostegno e appelli per la sua liberazione
Il 18 gennaio 2021 il tribunale distrettuale Golovinskij di Mosca lo riconosce colpevole di «atti vandalici conseguenti ad atti cospirativi sollecitati da odio politico» (art. 213 comma 2 del Codice penale). Secondo gli inquirenti, insieme agli antifascisti Andrej Ejkin ed Elena Gorban’, Miftachov avrebbe rotto una finestra e lanciato un candelotto fumogeno nell’ufficio vuoto del partito Russia unita del quartiere di Chovrino (Mosca). L’accusa si basa sulle deposizioni di un «testimone segretato», che avrebbe riconosciuto Azat Miftachov per via delle sue «sopracciglia espressive».
Quando è stata pronunciata la sentenza, Aleksej Kobaidze (l’altro anarchico inquisito) aveva già lasciato la Russia; Gorban’ ed Ejkin, che si erano riconosciuti colpevoli, vengono condannati rispettivamente a quattro anni con la condizionale più un periodo di sospensione dei diritti di quattro anni il primo, e a due anni con la condizionale e un periodo di sospensione di tre anni il secondo. Miftachov, invece, si vede comminare sei anni di carcere.
Mentre era ancora dietro le sbarre, a pochi mesi dalla scarcerazione, le autorità russe hanno avviato contro di lui un nuovo procedimento penale ai sensi dell’articolo 205.2 («Incitamento al terrorismo»). A detta della moglie Elena Gorban, l’episodio che ha scatenato il nuovo iter giudizario, è stato un commento di Azat mentre guardava il notiziario in carcere. All’annuncio che le truppe russe avevano conquistato Bachmut, nella regione di Donec’k, aveva detto che appena fosse stato rilasciato sarebbe andato a combattere in Ucraina per liberare i territori occupati.
L’accusa prevede una multa da 100.000 a 500.000 rubli o una pena detentiva da due a cinque anni. Negli ultimi due mesi Miftachov era stato oggetto di un’escalation di ritorsioni da parte dell’amministrazione della colonia. Il giorno della scarcerazione, all’uscita della prigione, ad aspettarlo c’erano gli agenti dell’FSB che lo hanno subito arrestato e portato in un carcere di Kirov dove è attualmente in attesa di un secondo processo e una condanna quasi certa.

Gabriele Nissim legge Jurij Dmitriev

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Jurij Dmitriev, pronunciata l’8 luglio 2020.

Jurij Dmitriev è storico e ricercatore, presidente della sezione della Carelia di Memorial, membro della Commissione per il ripristino dei diritti delle vittime riabilitate delle repressioni politiche della Repubblica di Carelia. Prima del suo arresto, Dmitriev cresceva una figlia adottiva. Alla fine degli anni Novanta, insieme ad altri, scopre la fossa comune di Sandormoch (vicino a Medvežegorsk, in Carelia), dove durante le repressioni staliniane vennero fucilate più di seimila persone. In occasione della Giornata della memoria del Grande terrore del 5 agosto 2014, Dmitriev condanna pubblicamente Vladimir Putin per l’annessione della Crimea e la presenza di truppe russe nel Donbass. Il caso di Dmitriev inizia nel 2016 e passa attraverso diverse fasi: inizialmente viene accusato ex art. 242.2, comma 2 (“Utilizzo di minore di quattordici anni per la produzione di materiale pornografico”), art. 135 (“Atti osceni senza uso di violenza ai danni di minore”), art. 13 comma 35 (“Atti osceni senza uso di violenza ai danni di minore di anni sedici”), art. 135 comma 3 (“Atti osceni senza uso di violenza ai danni di minore di anni dodici”), art. 222 comma 1 (“Detenzione illegale di parti consistenti di armi da fuoco”), art. 132 comma 4b del Codice penale (“Atti violenti di natura sessuale nei confronti di minore di anni quattordici”). Il 13 dicembre 2016 Dmitriev viene arrestato. La campagna in suo sostegno è immediata e massiccia. Petizioni per il rilascio di Dmitriev portano la firma di importanti politici, storici e intellettuali russi e stranieri, tra cui il premio Nobel John Maxwell Coetzee. I periti indipendenti si sono ripetutamente espressi contro il suo arresto, non avendo trovato alcun estremo di reato nei materiali messi a loro disposizione. Sulle persecuzioni giudiziarie di Dmitriev sono stati realizzati reportage e documentari. Il 5 aprile 2018 Dmitriev viene assolto dalle accuse di pornografia e atti osceni, ma viene condannato a 2 anni e 6 mesi per possesso di armi (pena ormai scontata, a quel punto). Tuttavia, a due mesi di distanza la Corte suprema della Repubblica di Carelia annulla la sentenza e rinvia il caso a un nuovo esame. Dmitriev viene accusato dello stesso reato e il 29 settembre 2020 viene condannato a 13 anni di colonia penale a regime duro. Il 27 dicembre 2021 il tribunale di Petrozavodsk lo dichiara colpevole di pornografia infantile, atti osceni e possesso di armi. Dmitriev inizia a scontare la nuova condanna nel carcere n. 1 della Carelia; da lì viene poi trasferito nel carcere n. 18 della Mordovia, nel paesino di Pot’ma. Nei sei anni trascorsi dal primo arresto Dmitriev ha pubblicato diversi libri e vinto cinque premi internazionali, ultimo il Premio Andrej Sacharov “Per la libertà” (2021). Al momento sta scrivendo un libro sulla storia della colonia penale in cui è detenuto.

Francesco M. Cataluccio legge Il'ja Šakurskij

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Il’ja Šakurskij, pronunciata il 17 gennaio 2020.

Nell’autunno del 2017 a Penza viene arrestato un gruppo di giovani appassionati di soft air. Uno di loro, l’antifascista e attivista di sinistra Il’ja Šakurskij, studia presso la facoltà di Scienze fisico-matematiche dell’Università di Penza e ha già avuto a che fare con gli uomini del Centro per la lotta all’estremismo. Secondo la versione dell’FSB, Šakurskij e altre dieci persone di Penza e San Pietroburgo facevano parte dell’organizzazione terroristica Set’ (Rete) e volevano rovesciare il governo. Il 18 ottobre 2017 è stato intentato un procedimento penale a loro carico. Nelle settimane e nei mesi immediatamente successivi all’arresto, gli imputati hanno riferito di essere stati ripetutamente sottoposti a brutali torture e pressioni psicologiche. Il’ja Šakurskij ha dichiarato che gli uomini dell’FSB lo hanno torturato con l’elettricità nel sotterraneo del Centro di custodia cautelare di Penza. Il 14 marzo 2019 Set’ viene riconosciuta come organizzazione terroristica. Due mesi dopo il processo inizia e di lì a poco vengono resi noti i capi d’accusa: Šakurskij è accusato di “promozione e partecipazione ad attività terroristica” (art. 205.4, comma 1 del Codice penale della Federazione russa), “detenzione illegale di armi e munizioni” (art. 222, comma 2) e “detenzione illegale di ordigni esplosivi” (art. 222.1, comma 1). Il’ja Šakurskij viene condannato a 16 anni di colonia penale a regime duro, a una multa di 50.000 rubli e a un anno e mezzo di carcere. All’inizio è detenuto nel Centro di custodia cautelare n. 2 a Ruzaevka (Mordovia), poi viene trasferito presso la colonia penale n. 18 di Pot’ma (sempre in Mordovia). In Mordovia è anche la colonia penale a regime duro n. 17 dove si trova ora.

Anna Zafesova legge Aleksej Naval'nyj

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Aleksej Naval’nyj, pronunciata il 15 marzo 2022.

Oppositore per antonomasia nella scena politica russa degli ultimi quindici anni, Aleksej Naval’nyj ha a suo carico una buona dozzina di procedimenti penali. Naval’nyj esordisce in politica nelle file di Jabloko, partito democratico di sinistra, e si fa un nome per il suo impegno sui social media e per una serie di inchieste su funzionari governativi e politici russi corrotti, così come sul diffuso shareholder activism nelle aziende di proprietà statale. Naval’nyj ha un ruolo chiave nell’ideazione e nello svolgimento di alcune tra le più imponenti manifestazioni di piazza della Russia post-sovietica: quelle contro i brogli elettorali nell’inverno 2011-2012, quelle di Piazza Bolotnaja e di viale Sacharov. Nel 2011 crea la Fondazione anti-corruzione, che nei dieci anni seguenti pubblica inchieste e video sulla corruzione nella politica russa e nel business di Stato. I suoi due principali documentari – Non chiamatelo Dimon (2017, sull’ex presidente Dmitrij Medved’ev) e Il palazzo di Putin (2021) – hanno avuto una grandissima eco mediatica, suscitando dibattiti pubblici e proteste e, di conseguenza, cause penali contro gli attivisti. Nel 2013 Naval’nyj viene autorizzato a correre per l’elezione a sindaco di Mosca e al primo turno ottiene il 27,24% dei voti contro il 51,37% del sindaco in carica, Sergej Sobjanin, che a detta di molti osservatori trucca i voti “a domicilio” (per malattia, invalidità, detenzione e simili) pur di assicurarsi la percentuale che gli è necessaria per vincere. Negli anni che seguono Naval’nyj dà vita a numerosi progetti e iniziative pubbliche e politiche, fra cui lo smart voting (strategia elettorale che esorta a dare il proprio voto a chiunque sia contro Russia unita), il “Poligrafo buono” (un sistema per combattere la propaganda di Stato e diffondere informazioni alternative) e la sua candidatura alle presidenziali del 2018. Negli ultimi dieci anni, a Naval’nyj e ai suoi sostenitori non è stato permesso di candidarsi ad alcuna carica elettiva, e centinaia di persone sono state perseguite legalmente per aver lavorato insieme a lui. Nel 2020 è sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento che stava per costargli la vita. Un’indagine indipendente ha evidenziato che al tentato omicidio non erano estranei i servizi di sicurezza russi. Nel gennaio 2021, dopo le cure mediche necessarie, Naval’nyj è tornato in Russia, a Mosca, ed è stato arrestato già all’aeroporto di Šeremet’evo. Dopo una serie di processi e relative sentenze, è stato condannato a un totale di nove anni di colonia penale di massima sicurezza. Con alle spalle una serie di scioperi della fame e con diverse azioni politiche tuttora in corso (tra le quali la creazione di un “sindacato Naval’nyj” all’interno della colonia penale, la stesura di articoli politici e dichiarazioni da leggere durante le udienze), Naval’nyj è attualmente detenuto nella colonia penale n. 6 di Melechovo, un paesino della regione di Vladimir. Il 4 agosto 2023 lo stesso tribunale condanna Naval’nyi a 19 anni a fronte dei precedenti 9 e la Fondazione anti-corruzione viene etichettata come organizzazione terroristica. Il 26 settembre la prima Corte d’appello di giurisdizione generale ha riconosciuto la legalità della decisione di condanna a 19 anni di detenzione in una colonia penale di massima sicurezza, notizia riferita da un corrispondente della TASS dall’aula del tribunale. L’esame del ricorso si è svolto a porte chiuse. Naval’nyj ha partecipato all’udienza tramite collegamento video dal suo luogo di detenzione.

Paolo Pignocchi legge Aleksej Gorinov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Aleksej Gorinov, pronunciata il 7 luglio 2022.

Aleksei Gorinov è avvocato e attivista e dal 2017 consigliere municipale presso il distretto Krasnosel’skij di Mosca. Nei primi anni Novanta era deputato per il partito Russia Democratica, ma nel 1993, durante la crisi costituzionale e il duro confronto tra il presidente El’tsin e il Soviet supremo, decide di lasciare la politica. Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoretskij, luogo dell’omicidio di Boris Nemtsov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando «la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra». Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. L’8 luglio scorso il tribunale condanna Gorinov a sette anni di colonia penale, facendo di lui il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Lo scorso settembre il tribunale di Mosca ha ridotto la pena di un mese.

Joshua Evangelista legge Egor Žukov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Egor Žukov, pronunciata il 4 dicembre 2019.

Egor Žukov è un videoblogger che studia scienze politiche alla Scuola superiore di economia. Ha lavorato per il Centro di eccellenza pedagogica, preparando gli studenti alle olimpiadi scolastiche. Ha collaborato con la squadra dell’oppositore politico Dmitrij Gudkov.
Il 27 luglio 2019 Žukov partecipa a una manifestazione pacifica contro la mancata ammissione alle elezioni per il municipio di Mosca dei candidati dell’opposizione (fra cui Žukov stesso); si unisce alla folla dei partecipanti e dà indicazioni a chi rimane indietro. La manifestazione segna il record di arrestati (1373), tra di loro ci sono Konstantin Kotov, Samariddin Radžabov, Aleksej Minjajlo e Daniil Konon, poi rilasciati.
Il 30 luglio viene istruito un grande processo per “disordini di massa” durante le proteste (il cosiddetto “processo di Mosca”). Il 2 e il 31 agosto la casa di Žukov viene perquisita; il materiale sequestrato include due chiavette USB con i file dei dépliant elettorali di Žukov e i suoi testi per l’università, un hard disc vuoto, un treppiede per macchina fotografica, una camicia, una bandiera di Gadsden e la statuetta di una rana.
Sulle prime Žukov viene condannato a due mesi di detenzione per “partecipazione a disordini di massa” (art. 212 comma 2 del Codice penale della Federazione russa). Già il 3 settembre, però, gli inquirenti devono ammettere che nel filmato in loro possesso non è Žukov a guidare la folla. Trovano perciò un altro reato da contestargli: “istigazione ad attività estremiste” (art. 280 comma 2). Le prove della colpevolezza di Žukov sarebbero quattro video postati sul suo canale YouTube. La settimana seguente Žukov viene iscritto nel registro dei terroristi e degli estremisti presso il Rosfinmonitoring.
Il 6 dicembre 2019 il tribunale distrettuale Kuntsevo (Mosca) condanna Žukov a tre anni con la condizionale e gli vieta di gestire siti internet per due anni.

Helena Savoldelli legge Marija Alëchina

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Marija Alëchina, pronunciata il 9 settembre 2021.

Marija Alëchina è una Pussy riot, accusata insieme a Lusija Štejn di violazioni al lockdown, nel gennaio 2021, dopo le proteste a seguito dell’arresto di Aleksej Naval’nyj.
Il loro appello a scendere in piazza il 23 gennaio è stato considerato una “violazione delle norme sanitarie ed epidemiologiche” in vigore durante la quarantena per il coronavirus a Mosca (art. 236.1 del Codice penale, con aggiunta dell’art. 33.4). Nel settembre 2021 le due attiviste sono state condannate a un anno di libertà vigilata. Nell’aprile 2022 il tribunale distrettuale Presnenskij di Mosca ha modificato la pena, sostituendo la libertà vigilata con la detenzione in carcere. Marija Alëchina avrebbe dovuto scontare il resto della condanna – 21 giorni – in una colonia penale a regime ordinario. In segno di protesta contro la guerra in Ucraina, l’attivista si è strappata il braccialetto elettronico che aveva alla gamba, è riuscita a raggiungere il confine con la Belarus’ e, al terzo tentativo, ha finalmente lasciato la Russia. Al momento è nella lista dei ricercati internazionali.
Fra l’estate e l’autunno del 2022 Alëchina, Štejn e altri membri delle Pussy riot hanno tenuto concerti a sostegno dell’Ucraina in tutta Europa.

Ottavia Piccolo legge Julija Galjamina

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Julija Galjamina, pronunciata il 18 dicembre 2020.

Julija Galjamina, filologa e docente all’Università statale di Mosca (MGU) e alla Scuola superiore di Economia (VŠĖ), ha fondato il giornale indipendente “Naš sever” (Il nostro nord) ed è una delle candidate più influenti dell’opposizione democratica a Mosca; è stata consigliera municipale nel quartiere moscovita Timirjazevskij e si è candidata alla Duma cittadina e di Stato.
Nell’estate del 2019 Galjamina viene multata tre volte per aver incitato i moscoviti a manifestare dopo che i candidati dell’opposizione non erano stati ammessi alle elezioni della Duma. La manifestazione del 6 agosto 2019 viene dispersa e Galjamina sconta quindici giorni di carcere. Nell’estate del 2020 le viene intentata una causa penale ex art. 212.1 del Codice penale della Federazione russa, per “ripetute violazioni delle linee guida fissate per la promozione e lo svolgimento di riunioni e manifestazioni in luogo pubblico, dimostrazioni, cortei o picchetti”; Galjamina aveva invitato a manifestare e a raccogliere firme contro la ratifica delle modifiche alla Costituzione russa.
La condanna è a due anni con la condizionale, con un periodo di sospensione di due anni; dal 31 luglio 2020 è sottoposta a obbligo di dimora. Il 5 marzo 2022 viene condannata a trenta giorni di carcere per aver incitato a manifestare contro la guerra in Ucraina. Il 2 settembre 2022 viene iscritta nel registro degli “agenti stranieri”.

Luca Paladini legge Ismail Isaev

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Ismail Isaev, pronunciata l’11 febbraio 2022.

Izmail Isaev è un ragazzo ceceno che moderava, insieme al fratello Salech Magamadov, un canale su Telegram, “Osal nakh 95” (in ceceno: “Gente senza scrupoli”), in cui criticavano le autorità cecene e l’Islam.
Dopo essere stati identificati e catturati i due fratelli vengono trattenuti per quasi due mesi insieme ad altri 27 prigionieri presso il comando del reggimento A. Kadyrov di Groznyj. Vengono continuamente picchiati, umiliati e intimiditi. Nell’aprile del 2020 i canali filo-ceceni di Telegram e Instagram diffondono dei video in cui Isaev, Magamadov e altre sei persone si scusano per quanto scritto su Telegram. Alla fine di maggio del 2020 Isaev e Magamadov vengono scarcerati, in luglio scappano dalla Cecenia alla Russia (a Nižnij Novgorod), e da lì si preparano a lasciare il paese.
Il 4 febbraio del 2021 le autorità cecene li arrestano nuovamente nel loro appartamento di Nižnij Novgorod e li riportano in Cecenia, a Gudermes.
Isaev e Magamadov vengono accusati di “partecipazione e complicità in organizzazioni armate illegali” (art. 33, comma 33; art. 208, comma 2 del Codice penale della Federazione russa) senza neanche un avvocato accanto. Secondo le autorità, nel giugno del 2020 i due fratelli avevano conosciuto su internet Rustam Borčašvili, un militante ricercato, e due volte gli avevano portato del cibo. Più o meno nello stesso periodo Borčašvili viene ucciso. Né Isaev né Magamadov testimoniano, però accettano di firmare i documenti forniti dal giudice istruttore. Gli avvocati dei due fratelli si appellano alla Corte europea per i diritti dell’uomo, ma gli inquirenti ceceni si rifiutano di adempiere alle richieste.
Il 22 febbraio del 2022 il tribunale di Ačchoj-Martan condanna Ismail Isaev a sei anni di colonia penale a regime ordinario.
L’11 maggio la Corte suprema cecena conferma la condanna. Dall’ottobre del 2022 Ismail Isaev si trova nella colonia penale n. 11 della regione di Krasnodar.

Luca Paladini legge Salech Magamadov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Salech Magamadov, pronunciata l’11 febbraio 2022.

Salech Magamadov è un ragazzo ceceno che moderava, insieme al fratello Izmail Isaev, un canale su Telegram, “Osal nakh 95” (in ceceno: “Gente senza scrupoli”), in cui criticavano le autorità cecene e l’Islam.
Dopo essere stati identificati e catturati i due fratelli vengono trattenuti per quasi due mesi insieme ad altri 27 prigionieri presso il comando del reggimento A. Kadyrov di Groznyj. Vengono continuamente picchiati, umiliati e intimiditi. Nell’aprile del 2020 i canali filo-ceceni di Telegram e Instagram diffondono dei video in cui Isaev, Magamadov e altre sei persone si scusano per quanto scritto su Telegram. Alla fine di maggio del 2020 Isaev e Magamadov vengono scarcerati, in luglio scappano dalla Cecenia alla Russia (a Nižnij Novgorod), e da lì si preparano a lasciare il paese.
Il 4 febbraio del 2021 le autorità cecene li arrestano nuovamente nel loro appartamento di Nižnij Novgorod e li riportano in Cecenia, a Gudermes.
Isaev e Magamadov vengono accusati di “partecipazione e complicità in organizzazioni armate illegali” (art. 33, comma 33; art. 208, comma 2 del Codice penale della Federazione russa) senza neanche un avvocato accanto. Secondo le autorità, nel giugno del 2020 i due fratelli avevano conosciuto su internet Rustam Borčašvili, un militante ricercato, e due volte gli avevano portato del cibo. Più o meno nello stesso periodo Borčašvili viene ucciso. Né Isaev né Magamadov testimoniano, però accettano di firmare i documenti forniti dal giudice istruttore. Gli avvocati dei due fratelli si appellano alla Corte europea per i diritti dell’uomo, ma gli inquirenti ceceni si rifiutano di adempiere alle richieste.
Il 22 febbraio del 2022 il tribunale di Ačchoj-Martan condanna Salech Magamadov a otto anni di detenzione: un anno di carcere e sette di colonia penale a regime duro. L’11 maggio la Corte suprema cecena conferma la condanna.
Salech Magamadov sconta la sua pena nella prigione centrale di Vladimir (per prigionieri particolarmente pericolosi), dove è arrivato il 2 agosto dopo un trasferimento durato cinquantasei giorni.

Andrea legge Nikita Uvarov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Nikita Uvarov pronunciata il 7 febbraio 2022.

Studente della città di Kansk, Uvarov viene arrestato insieme a due amici, Bogdan Andreev e Denis Michajlenko. Il motivo sono alcuni volantini affissi a sostegno dell’anarchico e matematico Azat Miftachov, uno dei quali incollato sui muri della sede locale dell’FSB. Ottenuto l’accesso alle chat dei ragazzi, gli agenti scoprono che hanno replicato la sede dell’FSB in Minecraft e si preparano a farla saltare in aria.
Così ha inizio il caso dei “ragazzi di Kansk”, accusati di “promozione di attività terroristica” (art. 205.5 del Codice penale), “fabbricazione illegale di ordigni esplosivi” (art. 223.1, comma 2), “detenzione di ordigni esplosivi” (art. 222.1, comma 2). Due dei tre ragazzi hanno avuto la condizionale per “supporto all’inchiesta”. Il 10 febbraio 2022 Nikita Uvarov è stato condannato a 5 anni da scontare nel riformatorio di Kansk.
Al momento dell’arresto, nell’estate del 2020, i ragazzi avevano 14 anni.

Luca Santilli legge Vjačeslav Egorov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Vjačeslav Egorov pronunciata l’8 ottobre 2021.

Vjačeslav Egorov è un attivista e uno degli organizzatori delle proteste “anti spazzatura” a Kolomna, vicino a Mosca. Milita nel gruppo “No alla discarica” di Kolomna, che nel 2018 si è battuto contro l’uso incontrollato della discarica di rifiuti solidi di Voloviči. In più di un’occasione alle sue manifestazioni di protesta erano presenti anche alcuni politici dell’opposizione, come Gennadij e Dmitrij Gudkov (padre e figlio).
Nel corso del 2018 Egorov viene arrestato tre volte per “violazione delle linee guida prefissate per la promozione o lo svolgimento di riunioni e manifestazioni in luogo pubblico, dimostrazioni, cortei o picchetti” (art. 20.2 del Codice di diritto amministrativo), scontando ogni volta tre giorni di custodia cautelare.
Nel gennaio del 2019 è inquisito per “reiterate violazioni dell’ordine pubblico in caso di riunioni in pubblico luogo” (art. 212.1 del Codice penale); con già all’attivo due “violazioni” in sei mesi, il tribunale ritiene tale anche una terza, una manifestazione non autorizzata all’ingresso del tribunale di Kolomna in cui venivano processati i due Gudkov: con l’aula strapiena, Egorov e altri sostenitori erano rimasti fuori del tribunale, in attesa.
Il 31 gennaio 2019 Egorov e 14 attivisti di Kolomna sono sottoposti a perquisizione. Trattenuto per 48 ore e interrogato in qualità di sospetto, Egorov si rifiuta di dichiararsi colpevole. Dal 2 febbraio al 30 luglio 2019 è agli arresti domiciliari. Il 14 ottobre 2021 viene condannato a 1 anno e 3 mesi di colonia penale a regime ordinario: li sconta nella colonia n. 5 di Naryškino (regione di Orël). Viene rilasciato nell’agosto 2022.

Micol Flammini legge Svetlana Prokop'eva

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Svetlana Prokop’eva pronunciata il 3 luglio 2020.

Il 7 novembre 2018, durante la trasmissione “Un minuto di lucidità” che conduce per la radio Echo Moskvy (L’eco di Mosca) a Pskov, la giornalista Svetlana Prokop’eva commenta l’attentato alla sede dell’FSB di Archangel’sk: un giovane anarchico diciassettenne, Michail Žlobickij, si è fatto esplodere restando ucciso e ferendo tre dipendenti. Prokop’eva pubblica il testo con le motivazioni di Žlobickij sul sito Pskovskaja lenta novostej (Notizie da Pskov) con il titolo “Repressioni per lo Stato”. Il Roskomnadzor richiede subito la rimozione del testo e dell’audio e ordina una perizia per “Dichiarazioni a sostegno e giustificazione del terrorismo”. Il 5 febbraio 2019 Prokop’eva viene indagata ex art. 205.2 comma 2 del Codice penale della Federazione russa (“Pubblica istigazione ad attività terroristiche, pubblica discolpa e propaganda del terrorismo tramite mezzi di informazione di massa e reti elettroniche o informatiche di telecomunicazione, in particolare internet”). Il 4 giugno 2019 il Rosfinmonitoring la inserisce nella lista degli estremisti e terroristi e blocca i suoi conti bancari. Il 6 luglio 2020 il 2° tribunale militare del distretto ovest le commina una multa di 500.000 rubli (equivalenti a circa 8.000 euro). A sostegno di Svetlana Prokope’va si sono espresse decine di testate russe e internazionali, nonché le organizzazioni di categoria. Il suo processo è diventato uno dei casi più emblematici di persecuzioni politiche contro i giornalisti della Russia prebellica.

Irene Muscarà legge Alla Gutnikova

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Alla Gutnikova pronunciata il 1 aprile 2022.

Alla Gutnikova, Volodja Metelkin, Armen Aramjan e Nataša Tyškevič sono gli ex redattori della rivista studentesca indipendente DOXA, al momento vietata in Russia. Prima dell’irruzione delle truppe russe in Ucraina, DOXA si presentava come una “rivista sull’università contemporanea e sui problemi del sapere sociale e umanistico”. Dal 24 febbraio 2022 DOXA è una “rivista indipendente contro la guerra, la dittatura e le disuguaglianze”. Nel gennaio 2021 DOXA si esprime a sostegno dei manifestanti che protestano per l’arresto di Aleksej Naval’nyj, in particolare con il video “Non riusciranno a sconfiggere i giovani”, in cui Aramjan, Gutnikova, Tyškevič e Metelkin esortano ragazze e ragazzi a scendere in strada e protestare senza temere di venire espulsi dagli atenei. Il Roskomnadzor ordina subito di rimuovere il video poiché, a suo dire, avrebbe “istigato minorenni a [compiere] azioni per loro pericolose” (art. 151.2 del Codice penale della Federazione russa). Il 14 aprile 2021 iniziano le perquisizioni nelle case di chiunque appaia nel video. Nei loro confronti viene aperta un’inchiesta giudiziaria. Durante le indagini, il tribunale dispone per i quattro giovani il “divieto di effettuare determinate azioni”. Dovevano sostanzialmente restare ai domiciliari senza poter utilizzare internet. Durante l’isolamento, decine di studiosi di tutto il mondo, compresi i filosofi Slavoj Žižek e Boris Groys, si sono espressi a sostegno dei ragazzi e delle ragazze di DOXA. Nonostante l’attenzione mediatica, gli imputati e le imputate sono rimaste in custodia cautelare per oltre un anno. Il 12 aprile 2022 il tribunale Dorogomilovo della città di Mosca emette nei confronti della redazione di DOXA la sentenza definitiva, ovvero due anni di servizi sociali. Nei mesi successivi, tra la primavera e l’estate, tutti e quattro hanno lasciato la Russia. Nell’agosto 2022 contro Metelkin, Gutnikova e Tyškevič è stato emesso un mandato di cattura federale.

Gioia Pettinari legge Ljusja Štejn

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Ljusja Štejn pronunciata il 25 agosto 2021.

Ljusja Štejn è una delle Pussy Riot che nel gennaio 2021, dopo le proteste a seguito dell’arresto di Aleksej Naval’nyj, è stata accusata, insieme a Marija Alëchina, di violazioni al lockdown. Il loro appello a scendere in piazza il 23 gennaio è stato considerato una “violazione delle norme sanitarie ed epidemiologiche” in vigore durante la quarantena per il coronavirus a Mosca (art. 236.1 del Codice penale, con aggiunta dell’art. 33.4). Nel settembre 2021 le due attiviste sono state condannate a un anno di libertà vigilata. Nell’aprile 2022 il tribunale distrettuale Presnenskij di Mosca ha modificato la pena, sostituendo la libertà vigilata con la detenzione in carcere. In segno di protesta contro la guerra in Ucraina, l’attivista si è strappata il braccialetto elettronico che aveva alla gamba e ha lasciato la Russia. Nel maggio del 2022 si è saputo che Štejn potrebbe essere condannata in base all’articolo di legge sulle fake news. Fra l’estate e l’autunno del 2022 Alëchina, Štejn e altri membri delle Pussy Riot hanno tenuto concerti a sostegno dell’Ucraina in tutta Europa.

Teodoro Bonci del Bene legge Kirill Serebrennikov

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Kirill Serebrennikov pronunciata il 22 giugno 2020.

Regista, drammaturgo e direttore artistico del Gogol’-Center, Kirill Serebrennikov viene arrestato nell’agosto del 2017 a San Pietroburgo, dove sta girando il film Summer (Leto) sul rock sovietico e la sua icona, Viktor Tsoj. L’accusa è di truffa aggravata per cifre consistenti, e il tribunale distrettuale Basmannyj dispone gli arresti domiciliari. La versione degli inquirenti vuole che Serebrennikov gonfiasse regolarmente le spese dell’incubatore “Platforma”, da lui ideato, così da “stornare” più di cento milioni di rubli dagli stanziamenti ottenuti. Lo studio che produce gli spettacoli di Serebrennikov – Sed’maja Studija (Settimo studio) – è sottoposto a perquisizione e il contabile viene arrestato. Nell’ottobre 2017 finisce agli arresti anche la direttrice del Teatro accademico giovanile russo, Sof’ja Apfel’baum, che ha autorizzato un versamento di 214 milioni allo studio di Serebrennikov e che, secondo gli inquirenti, lo avrebbe aiutato a stilare i documenti di rendicontazione gonfiando le spese. Il processo inizia nell’autunno del 2018. Una prima perizia stima in 133 milioni di rubli i danni materiali imputabili ai reati commessi dallo studio di Serebrennikov. La seconda perizia, invece, dimostra che, lungi dal sottrarre fondi, gli imputati avrebbero addirittura risparmiato sulla cifra stanziata dal ministero della Cultura. Kirill Serebrennikov trascorre un totale di 593 giorni agli arresti domiciliari, dal 23 agosto 2017 all’8 aprile 2019. La procura di Stato chiede per lui una condanna a 6 anni di colonia penale; il tribunale gliene commina 3 con la condizionale, oltre a una multa di 800.000 rubli (una decina di migliaia di euro). Durante i venti mesi abbondanti di reclusione domiciliare, Serebrennikov lavora allo spettacolo Barocco e all’opera Nabucco (le prove vengono riprese con una telecamera e successivamente trasmesse al regista per tramite del suo avvocato). In quello stesso periodo monta e consegna anche il film Summer (Leto). Nel luglio del 2022 lo spettacolo “Il monaco nero” di Kirill Serebrennikov inaugura il Festival di Avignone.

Daria Sitek legge Nataša Tyškevič

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Nataša Tyškevič pronunciata il 1 aprile 2022.

Nataša Tyškevič, Alla Gutnikova, Volodja Metelkin e Armen Aramjan sono gli ex redattori della rivista studentesca indipendente DOXA, al momento vietata in Russia. Prima dell’irruzione delle truppe russe in Ucraina, DOXA si presentava come una “rivista sull’università contemporanea e sui problemi del sapere sociale e umanistico”. Dal 24 febbraio 2022 DOXA è una “rivista indipendente contro la guerra, la dittatura e le disuguaglianze”. Nel gennaio 2021 DOXA si esprime a sostegno dei manifestanti che protestano per l’arresto di Aleksej Naval’nyj, in particolare con il video “Non riusciranno a sconfiggere i giovani”, in cui Aramjan, Gutnikova, Tyškevič e Metelkin esortano ragazze e ragazzi a scendere in strada e protestare senza temere di venire espulsi dagli atenei. Il Roskomnadzor ordina subito di rimuovere il video poiché, a suo dire, avrebbe “istigato minorenni a [compiere] azioni per loro pericolose” (art. 151.2 del Codice penale della Federazione russa). Il 14 aprile 2021 iniziano le perquisizioni nelle case di chiunque appaia nel video. Nei loro confronti viene aperta un’inchiesta giudiziaria. Durante le indagini, il tribunale dispone per i quattro giovani il “divieto di effettuare determinate azioni”. Dovevano sostanzialmente restare ai domiciliari senza poter utilizzare internet. Durante l’isolamento, decine di studiosi di tutto il mondo, compresi i filosofi Slavoj Žižek e Boris Groys, si sono espressi a sostegno dei ragazzi e delle ragazze di DOXA. Nonostante l’attenzione mediatica, gli imputati e le imputate sono rimaste in custodia cautelare per oltre un anno. Il 12 aprile 2022 il tribunale Dorogomilovo della città di Mosca emette nei confronti della redazione di DOXA la sentenza definitiva, ovvero due anni di servizi sociali. Nei mesi successivi, tra la primavera e l’estate, tutti e quattro hanno lasciato la Russia. Nell’agosto 2022 contro Metelkin, Gutnikova e Tyškevič è stato emesso un mandato di cattura federale.

 

Anastasija Komarova legge Volodja Metelkin

La lettura integrale dell’ultima dichiarazione di Volodja Metelkin pronunciata il 1 aprile 2022.

Volodja Metelkin, Nataša Tyškevič, Alla Gutnikova e Armen Aramjan sono gli ex redattori della rivista studentesca indipendente DOXA, al momento vietata in Russia. Prima dell’irruzione delle truppe russe in Ucraina, DOXA si presentava come una “rivista sull’università contemporanea e sui problemi del sapere sociale e umanistico”. Dal 24 febbraio 2022 DOXA è una “rivista indipendente contro la guerra, la dittatura e le disuguaglianze”. Nel gennaio 2021 DOXA si esprime a sostegno dei manifestanti che protestano per l’arresto di Aleksej Naval’nyj, in particolare con il video “Non riusciranno a sconfiggere i giovani”, in cui Aramjan, Gutnikova, Tyškevič e Metelkin esortano ragazze e ragazzi a scendere in strada e protestare senza temere di venire espulsi dagli atenei. Il Roskomnadzor ordina subito di rimuovere il video poiché, a suo dire, avrebbe “istigato minorenni a [compiere] azioni per loro pericolose” (art. 151.2 del Codice penale della Federazione russa). Il 14 aprile 2021 iniziano le perquisizioni nelle case di chiunque appaia nel video. Nei loro confronti viene aperta un’inchiesta giudiziaria. Durante le indagini, il tribunale dispone per i quattro giovani il “divieto di effettuare determinate azioni”. Dovevano sostanzialmente restare ai domiciliari senza poter utilizzare internet. Durante l’isolamento, decine di studiosi di tutto il mondo, compresi i filosofi Slavoj Žižek e Boris Groys, si sono espressi a sostegno dei ragazzi e delle ragazze di DOXA. Nonostante l’attenzione mediatica, gli imputati e le imputate sono rimaste in custodia cautelare per oltre un anno. Il 12 aprile 2022 il tribunale Dorogomilovo della città di Mosca emette nei confronti della redazione di DOXA la sentenza definitiva, ovvero due anni di servizi sociali. Nei mesi successivi, tra la primavera e l’estate, tutti e quattro hanno lasciato la Russia. Nell’agosto 2022 contro Metelkin, Gutnikova e Tyškevič è stato emesso un mandato di cattura federale

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