Gli ultimi testimoni. Gli italiani di Crimea | Anatolij Nikolaevič Černjavskij

28.01.1936 – nasce a Kerč’. Il padre, Nikolaj Paskvalovič De Martino (1891-1943), è nato in Italia, ha lavorato in un cantiere per la riparazione di navi. La madre si chiama Daria Aleksandrovna (Snitko) Černjavskaja (1901-1980). Le sorelle sono: Tat’jana-Teresa, nata nel 1930; Nina, nata nel 1932 e Rosa, nata nel 1934.
1937 – arresto del padre, riscattato dalla prigione da Daria Aleksandrovna.
1941 – scoppio della guerra e tentativo di espatrio verso l’Italia
28.01.1942 – deportazione delle famiglie di Nikolaj Paskvalovič, Anton Paskvalovič De Martino e di Nina Paskvalovna Croce.
Marzo 1942 – arrivo al kolchoz “Krasnaja poljana”, nel villaggio “Pervoe maja” in Kazachstan.
26.07.1943 – morte del padre in seguito alle percosse da parte del sorvegliante.
1942-1945 – morte di parenti stretti della famiglia del fratello e della sorella del padre – 5 persone.
1946 – trasferimento ad Atbasar, documenti modificati inserendo il cognome Černjavskij e la nazionalità russa. Inizia a frequentare la scuola media.
1953 – termina la settima classe. Trasferimento a Kerč’ insieme alla madre Daria Aleksandrovna.
1955 – permesso di residenza a Kerč’.
1956 – termina la decima classe.
1957–1958 – servizio militare nell’esercito sovietico, congedo anticipato per problemi di vista.
1958-1959 – frequenta la decima classe presso una scuola serale. Lavora nello stabilimento “Zaliv” segretario dell’organizzazione del Komsomol dello stabilimento e, in seguito, nel comitato regionale del Komsomol di Ordžonikidze a Kerč’.
1959-1964 – studia presso la facoltà di fisica e matematica dell’istituto di pedagogia di Simferopoli.
1963 – primo matrimonio.
1964-1966 – tirocinio obbligatorio nella scuola rurale “Sem’ kolodcev”
Dal 1966 ad oggi – lavora come insegnante di matematica e disegno presso una scuola media di Kerč’. È insegnante ed esperto di didattica.
1968 – secondo matrimonio.
1969 – nascita del figlio Evgenij.
2005 – entra a far parte dell’associazione “Cerchio” che riunisce gli italiani di Kerč’.

Prima parte dell’intervista

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Seconda parte dell’intervista

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Terza parte dell’intervista

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Quarta parte dell’intervista

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Scarica la trascrizione dell’intervista

Scarica la traduzione dell’intervista

Credits
Intervistatrice: Alena Kozlova
Operatore: Viktor Griberman
Trascrizione: Natalia Christoforova
Traduzione: Zeno Gambini
Giulia Giachetti Boico per la sua preziosa collaborazione a Kerč’

La storia di Anatolij in breve
Anatolij (Natal) Nikolaevič Černjavskij è nato il 28.01.1936 a Kerč’. Figlio a lungo desiderato dalla famiglia di Nikolaj Paskvalovič De Martino (1891-1943). Nella famiglia c’erano tre figlie femmine: Tat’jana (Teresa) nata nel 1930, Nina del 1932 e Rosa del 1934. La madre, Daria Aleksandrovna Snitko (1901-1980) è rimasta orfana molto presto ed è stata adottata dal colonnello Černjavskij. Al termine del ginnasio sapeva diverse lingue, compreso l’italiano, e ha lavorato come insegnante a Kerč’. Nikolaj Paskvalovič De Martino è nato in Italia, è arrivato in Russia all’inizio del secolo insieme al padre. Lavorava in una fabbrica di riparazioni di navi, forse come ingegnere. Dal padre ha ricevuto una cospicua eredità con la quale ha comprato un’ampia tenuta con giardino e una grande casa con tre ingressi indipendenti. Oltre alla famiglia del padre, nella stessa casa viveva anche il fratello, Anton Paskvalovič, con la moglie e la figlia Vera. Sempre a Kerč’ abitava la sorella del padre, Nina Paskvalovna, con il marito, Nikolaj Kroče, e i figli Pavlik, Anja e Ljusa. Nel 1936 la casa ha subito un notevole ridimensionamento, è rimasto soltanto un piccolo cortile e il giardino antistante. Nel 1937 il padre è stato arrestato con l’accusa di attività antisovietica. Daria Aleskandrovna è riuscita a far rilasciare il marito dopo tre mesi. Allo scoppio la guerra, Kerč’ è stata bombardata pesantemente e la famiglia De Martino, come la maggior parte degli abitanti di Kerč’, si è rifugiata nelle catacombe di Bulganaksk. Dopo l’occupazione della città da parte dei tedeschi si è presentata la possibilità di andare in Italia. Nikolaj Paskvalovič ha fatto un tentativo ma non ha voluto che suoi famigliari viaggiassero per mare sotto incessanti bombardamenti. Per il compleanno di Anatolij c’era sempre qualche ospite, ma il 28 gennaio del 1942 la festa è stata interrotta e nel giro di un’ora la famiglia è stata portata a Kamyš-Burun e caricata sulle chiatte insieme ad altri italiani. Una delle chiatte è stata affondata durante i bombardamenti. Da Novorossijsk sono giunti a bordo di un treno merci a Baku, dove hanno potuto mangiare per la prima volta. Da Baku sono andati via mare a Krasnovodsk e da lì in Kazachstan in treno. È stato un viaggio duro, la gente moriva all’interno dei vagoni. La storia della comunista italiana Maria Spartak, sfuggita al regime di Mussolini: è impazzita dopo che una guardia ha portato via suo figlio dal vagone senza fornire spiegazioni. Sono arrivati ad Atbasar all’inizio di marzo, c’erano forti gelate e non avevano vestiti adatti. Poi hanno raggiunto in slitta il villaggio “Pervoe maja”, nel kolchoz “Krasnaja poljana”. Li hanno sistemati nelle baracche. Presto Nikolaj Kroče si è ammalato ed è morto. Anton Paskvalovič è stato arruolato nell’esercito del lavoro a Karaganda, dov’è morto. Sua figlia Valja è morta di fame. Erano disperati. Una donna è arrivata a rubare nella speranza che l’arrestassero e i figli fossero affidati a un orfanotrofio, dove avrebbero dato loro da mangiare. L’hanno picchiata violentemente. Il padre lavorava come addetto al trasporto dell’acqua nel kolchoz. Nel giugno del 1943 il sorvegliante l’ha malmenato e dopo qualche giorno è morto in ospedale. Daria Aleksandrovna e Nina Paskvalovna si sono trasferite in una fucina abbandonata. Nell’inverno 1943-44 c’è stata una grave carestia e i bambini sono diventati gonfi. Nina Paskvalovna ha proposto di ricorrere al monossido di carbonio per risparmiare a tutti altre sofferenze. Inaspettatamente uno sconosciuto, impressionato nel vedere in quale situazione si trovassero, li ha aiutati regalando loro un sacco di grano. In primavera Anatolij e la mamma andavano a chiedere l’elemosina e lavorando nel kolchoz hanno iniziato a guadagnare qualcosa. I bambini raccoglievano tutto ciò che era commestibile. Anatolij è stato picchiato violentemente dal guardiano di un campo di patate, un reduce; la mamma è riuscita a stento a strappargli il figlio dalle mani. Nel 1945 Nina Paskvalovna e sua figlia Anja sono morte di tifo e nel 1946 Daria Aleksandrovna si è trasferita con i figli ad Atbasar, dove Anatolij ha iniziato a frequentare la prima classe quando aveva ormai quasi 10 anni. Nina è riuscita a trovare un impiego presso l’ufficio postale della stazione di Atbasar, poi ha lavorato come bambinaia nella famiglia di un ‘funzionario’ che l’ha aiutata a cambiare il cognome dei suoi figli in Černjavskij, registrandoli come cittadini russi. Ad Altbasar c’erano molti ceceni e ingusci deportati. Hanno fatto passare Anatolij come inguscio o ebreo. La mamma gli aveva raccomandato di non ammettere in nessun caso di essere italiano e lui ha mantenuto il segreto fino all’inizio degli anni 2000.

Vivevano nella sala caldaie vicino alla scuola. La mamma aveva frequentato le prime classi e lavorava come fuochista, mentre Tat’jana faceva la donna delle pulizie. In seguito hanno comprato un alloggio costantemente sottoposto all’erosione a causa dell’acqua. Nina e Tat’jana hanno terminato la scuola media e hanno frequentato l’istituto di pedagogia di Magnitogorsk, dove poco dopo hanno si è trasferita anche Rosa, mentre Anatolij è rimasto con la madre. Hanno sempre voluto tornare a Kerč’ ma non avevano abbastanza soldi per il viaggio. Hanno cercato di guadagnare quanto il più possibile vendendo acqua al mercato, cogliendo semi di girasole e vendendo gamberi. Ha nascosto un maialino sotto il letto perché quelli che stavano facendo la perquisizione non lo trovassero. Alla fine, nell’estate del 1953, dopo aver messo da parte un po’ di soldi e aver venduto il maialino e il rifugio interrato, Anatolij e la mamma sono partiti per Kerč’. Hanno vissuto per due anni in casa di conoscenti, finché non sono hanno ottenuto la residenza. A Kerč’ sono andate anche le sorelle, che hanno iniziato a lavorare in una scuola, mentre la mamma in un asilo. A Nina è stato assegnata una camera in una baracca e tutta la famiglia è andata ad abitare là. Anatolij ha terminato la decima classe e nel 1957 si è arruolato nell’esercito. Ha servito a Feodosij e tutto il tempo libero lo passava al museo Ajvazovskij. È stato congedato anticipatamente per problemi alla vista. È tornato a frequentare la decima classe alle scuole serali, poi ha iniziato a lavorare nello stabilimento ‘Zaliv’. Era attivo nel Komsomol in qualità di segretario dell’organizzazione del Komsomol dello stabilimento e, in seguito, nel comitato regionale del Komsomol di Ordžonikidze a Kerč’. Nel 1959 ha consegnato i documenti all’istituto d’arte Samokiš e alla facoltà di fisica e matematica del magistero di Simferopoli. È stato accettato e, su consiglio della sorella, ha scelto di studiare fisica e matematica perché il mestiere dell’insegnante garantiva uno stipendio. All’istituto era un attivista del gruppo del Komsomol, ha presentato una petizione al partito ma è stata rifiutata con la scusa che non era stata raggiunta la soglia. Si è sposato nel 1963, dopo aver terminato gli studi presso l’istituto, è stato mandato in una scuola rurale per il tirocinio obbligatorio e nel 1966 si è trasferito a Kerč’. Nel 1968 si è sposato per la seconda volta ed è nato un bambino. Ha lavorato tutta la vita come insegnante di matematica е disegnо. Continua ancora oggi a dedicarsi alla pittura. Dal 2005 fa parte dell’associazione degli italiani di Kerč’ ‘Cerchio’.

Le foto sono state gentilmente concesse da Anatolij Nikolaevič Černjavskij.

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Giugno 2025. People First in Italia: l’appello della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022.

Al termine di una quattro giorni di incontri istituzionali e pubblici Memorial Italia esprime soddisfazione e gratitudine nei confronti dei numerosi interlocutori con i quali ha avuto modo di confrontarsi tra l’8 e l’11 giugno 2025 come parte della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022 in Italia, costituita da Oleg Orlov (Memorial, Russia), Oleksandra Romantsova (Center for Civil Liberties, Ucraina) e Leonid Sudalenka (Viasna. Human Rights in Belarus, Belarus), accompagnati da Giulia De Florio e Andrea Gullotta, presidente e vicepresidente di Memorial Italia. La delegazione ha presentato la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, il cui obiettivo è richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Nel marzo del 2022 Della Vedova, all’epoca sottosegretario agli Esteri, aveva avuto modo di parlare telefonicamente con Oleg Orlov nel corso delle perquisizioni condotte nella sede di Memorial a Mosca, esprimendo solidarietà a nome del governo italiano. Nell’occasione si è intrattenuto con la delegazione per approfondire le questioni legate al sostegno italiano e internazionale agli attivisti dei tre paesi. Nel pomeriggio Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno animato l’incontro Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali. A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. Nella mattinata dell’11 giugno la delegazione ha partecipato all’udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e nel pomeriggio ha tenuto un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica, intrattenendosi al termine con alcuni senatori, tra i quali Cinzia Pellegrino (FDI) e Filippo Sensi (PD), per approfondire le questioni emerse nel corso dell’audizione. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato agli incontri e tutti i giornalisti che hanno voluto dare spazio e risonanza all’iniziativa. Corriere della Sera (Irene Soave): Il Nobel dissidente Oleg Orlov: «L’Ucraina è stata disponibile, Mosca mente anche sui detenuti. Un dialogo però è possibile» | Corriere.it. Il Giornale (Angelo Allegri): ll premio Nobel Orlov: “Cedere adesso a Putin aiuta solo gli estremisti del regime russo” – il Giornale. 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