"Babij Jar" di Anatolij Kuznecov

Settembre 1941: il burrone nei pressi di Kiev diventerà la tomba della popolazione ebraica, e poi di zingari, di attivisti sovietici, di nazionalisti ucraini...

Babij Jar di Anatolij Kuznecov
Traduzione di Emanuela Guercetti
Adelphi, Milano 2019, pp. 454

«Dio sia lodato, è finito questo regime di pezzenti» dice nonno Semerik, che il potere sovietico lo odiava con tutta l’anima, quando i tedeschi occupano Kiev nel settembre del 1941. «Ora si comincia a vivere». Tolik ha solo dodici anni, ma non gli ci vorrà molto per capire che le speranze del nonno sono vane. Ben presto Babij Jar, il burrone nei pressi di Kiev, diventerà la tomba della popolazione ebraica, e poi di zingari, di attivisti sovietici, di nazionalisti ucraini, dei calciatori della Dinamo che si sono rifiutati di farsi battere dalla squadra delle Forze Armate tedesche, di chiunque abbia rubato del pane. E mentre da Babij Jar giunge senza tregua il crepitio delle mitragliatrici, mentre gli attentati organizzati dagli agenti dell’nkvd devastano la via principale e persino la venerata cittadella-monastero, mentre cominciano le deportazioni verso la Germania, Kiev si trasforma in una città di mendicanti a caccia di cibo. Per Tolik, che aveva conosciuto la terribile fame staliniana, non potrebbe essere più chiaro: tedeschi e sovietici si stanno scontrando «come il martello e l’incudine», e in mezzo ci sono i «poveri diavoli» – e lui, in preda a un «mare di disperata angoscia animale». L’unica via d’uscita è assecondare la furibonda vitalità che lo pervade, ricorrere a ogni espediente per sopravvivere in barba a tutto, crescere. Crescere per odiare chi trasforma il mondo in una prigione, in un «frantoio per pietre», per denunciare violenze e menzogne. Anche le ultime, atroci: dopo la liberazione di Kiev, Tolik e sua madre, in quanto persone «vissute sotto l’occupazione», verranno marchiati come «merce di terza scelta» – e il massacro di Babij Jar cancellato.

Alias – ilmanifesto 24/02/2019 “Ultime nuove dagli ultimi” di Valentina Parisi

Camerata Heydrich, lavoro eseguito abbiamo liquidato 33.771 ebrei
La mattina del 29 settembre 1941 i nazisti compirono a Kiev la strage di Babij Jar Kuznecov. testimone da bambino. lo ricostruisce in un romanzo censurato in Urss.
di Serena Vitale (La Stampa, 2 marzo 2019)

I nazisti occuparono Kiev il 19 settembre 1941. Cinque giorni più tardi, dal centralissimo Kreséatik (là il comando tedesco si era insediato al posto della nomenklatura sovietica) iniziò una serie di esplosioni: prima di ritirarsi gli uomini del NKVD avevano nascosto in più luoghi mine telecomandate. Uno spaventoso incendio devastò la città. Agli ebrei, accusati di spalleggiare i «comunisti», fu intimato di presentarsi «il 29 settembre 1941, alle 8 del mattino, all’angolo tra via Mel’nikov e via Degtarév» prendendo con sé documenti, oggetti di valore, indumenti caldi. Si presentarono. Seguiti da una scorta armata dovettero raggiungere Babij Jar, un grande dirupo – 50 metri di profondità e 2,5 km di lunghezza – nella parte nord-occidentale di Kiev. Furono divisi in gruppi di circa 500- 600 e costretti a spogliarsi. Nudi, 30 o 40 per volta, lungo stretti passaggi presidiati da militari che menavano bastoni e manganelli, arrivavano sul bordo dello strapiombo da cui subito, sotto il fuoco di mitragliatrici e fucili automatici, precipitavano giù.
Il 2 ottobre ’41 Heydrich venne informato: «Dal 29 settembre al 30 settembre il Sonderkommando 4a, con l’appoggio dell’Einsatzgruppe HG … ha liquidato 33. 771 ebrei. In maggioranza donne, bambini e anziani (la popolazione maschile adulta è stata chiamata alle armi)».
Con quell’1 alla fine, la cifra confermava la rinomata precisione teutonica. Non teneva però conto dei bambini sotto i tre anni: per risparmiare proiettili erano stati gettati ancora vivi nell’orrido. Seguirono altre ondate di esecuzioni (ebrei, ma anche zingari, partigiani, ecc.). I superstiti dei prigionieri di guerra russi che dal 19 al 30 agosto 1943 dovettero occultare le prove dell’eccidio, costruendo pire (uno strato di legna, uno di cadaveri) alte come case di due piani cui poi davano fuoco, testimoniarono che i morti erano almeno centomila. Nel 1950 si decise di inondare Babij Jar con i rifiuti liquidi delle vicine fabbriche. Non furono rispettate le più elementari norme di sicurezza. Il 13 marzo 1961 una colossale massa di fango travolse il quartiere di Kurenévka, prossimo al burrone, facendo più di centocinquanta vittime.
A Kurenévka aveva trascorso infanzia e adolescenza Anatolij Kuznecov, (1929- 1979) autore di Babij Jar. potente romanzo documentario impossibile da valutare secondo i comuni criteri estetici. Un giorno, con un amico, seguendo gli ossicini di cui era cosparso il fondo di un ruscello Kuznecov arrivò al punto in cui la sabbia diventava grigia. Capì che camminava su cenere di esseri umani. «Raccolsi un blocco di circa due chilogrammi, lo portai a casa e lo conservai … Decisi che bisognava prendere nota di tutto. Così nacque l’idea del libro … »,
Il libro fu pubblicato nel ’66 da Junost (un periodico che durante il Disgelo aveva fama di «progressista») in una forma mutila, «vegetariana»: scomparve ogni accenno alla collettivizzazione forzata, alla fame, all’antisemitismo di Stato, alla politica e alla tattica militare di Stalin, alle mille imperfezioni e aberrazioni della vita nel paese dei Soviet. Babij Jar divenne un’opera esclusivamente antinazista e antifascista. Nella retorica postbellica Kiev era una «città-eroe» e non una città martire, il massacro riguardava soltanto «cittadini sovietici»: nulla doveva ricordare la specificità etnica del genocidio. Parole, frasi, interi capitoli da cui trapelava la verità (il sostegno di una parte della popolazione locale ai nazisti, ad esempio) furono accuratamente tagliati – in questa edizione italiana, basata su quella pubblicata all’estero dall’autore, compaiono tra parentesi.
Nel luglio del 1969 Kuznecov era riuscito a ottenere un visto per l’Inghilterra, dove aveva chiesto e ottenuto asilo politico. Il capo del Kgb, Andropov, informò il Comitato Centrale delle misure adottate per far tornare in patria lo scrittore, uomo immorale che a Londra era subito andato in un nightclub e «nei mesi precedenti la fuga aveva collaborato con un informatore del Kgb» – straordinario paese, l’Urss, dove a chi chiedeva di varcare la cortina di ferro consigliavano vivamente di «collaborare» e poi glielo rinfacciavano … Su questo particolare della sua biografia, che il transfuga Kuznecov riconobbe pubblicamente come fatale necessità, si basa ancora oggi l’indignazione di molti lettori russi nei confronti del «delatore» e «traditore della patria». Sarà stato uno di loro a scrivere quanto si legge alla voce Babij Jar, romanzo in Wikipedia: «Nel testo sono evidenti i toni ostili nei confronti di Stalin … ». Toni proibiti nell’epoca del nuovo culto di Stalin, «geniale condottiero».

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#2 | Modalità e strumenti della propaganda russa.

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Dall’8 all’11 giugno 2025 Oleg Orlov, Oleksandra Romantsova e Leanid Sudalenka, rappresentanti delle ONG insignite del Premio Nobel per la Pace 2022, presentano in Italia la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, per richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedono la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, Oleg Orlov raggiungerà a Roma due rappresentanti delle altre associazioni insignite del Premio Nobel per la pace 2022 oltre a Memorial: Oleksandra Romantsova, direttrice esecutiva del Centro per le Libertà Civili di Kyiv e Leanid Sudalenka, direttore della sezione di Gomel’ di Vjasna, associazione per la difesa dei diritti umani in Belarus fondata da Ales’ Bjaljacki. La delegazione dei Premi Nobel parteciperà a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Martedì 10 giugno alle 11.00 Oleg Orlov, Oleksandra Romantsova e Leanid Sudalenka terranno un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino: evento | WebTV. Quindi alle 15.00 animeranno l’incontro, aperto al pubblico, Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali (via dei Montecatini 17), coordinato dalla direttrice Nathalie Tocci. Per partecipare è necessario registrarsi: Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Nobel Prize winning Human Rights Activists | IAI Istituto Affari Internazionali. Infine mercoledì 11 giugno alle 10:30 la delegazione parteciperà all’Udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e alle 14:30 terrà un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica: Audizione informali in Commissioni riunite 3a e Diritti umani | Senato della Repubblica.

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

Memorial Political Prisoners Support aiuta da tempo in modo autonomo i cittadini ucraini detenuti nelle carceri delle Federazione Russa per ragioni di carattere politico. Al momento la situazione è ulteriormente peggiorata e per questo motivo l’associazione desidera chiedere sostegno anche attraverso la rete dei Memorial europei, promuovendo una campagna di raccolta fondi. Le donazioni saranno destinate alla copertura delle spese legali e alla fornitura di aiuti umanitari. I prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa hanno bisogno di assistenza legale, hanno bisogno di aiuti umanitari, ma soprattutto hanno bisogno di non essere dimenticati. Per maggiori informazioni e per contribuire –> Urgent appeal: help Ukrainian prisoners in Russia – Поддержка политзаключённых. Мемориал. Appello urgente: raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nella Federazione Russa. La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. Qualche compagno, per fortuna, mi dà una mano come può. Grazie infinite per il vostro tempo e per aver letto la mia richiesta.” Janina Akulova, condannata a nove anni di colonia penale a regime ordinario e a una multa di 700.000 rubli, chiede aiuto per un’altra detenuta: “C’è una ragazza qui che ha urgente bisogno d’aiuto, non ha letteralmente nulla. Noi cerchiamo di tenere duro, ma lei è messa davvero male. Dico sul serio: non ha niente di niente, neppure l’essenziale per lavarsi. Le abbiamo dato quello che potevamo, ma… potete ben capire.” Per continuare a spedire pacchi, servono attualmente 3.320 euro. Assistenza legale Non possiamo divulgare l’identità dei prigionieri ucraini che difendiamo legalmente: metteremo a rischio loro e i loro avvocati. Attualmente sono decine gli uomini e le donne – già condannati o in attesa di giudizio – che dipendono dal nostro aiuto. Quello che gli ucraini sono costretti a subire nelle carceri russe è sconvolgente anche per chi credeva di conoscere bene la brutalità del sistema. Condizioni inumane, torture, violenza oltre ogni limite. Benché, in assenza di un processo equo, un avvocato non possa garantire la liberazione di un innocente, il suo lavoro resta fondamentale. L’avvocato tutela i diritti del detenuto, richiama l’attenzione pubblica sul caso e, spesso, è l’unico interlocutore libero con cui il prigioniero possa comunicare direttamente, l’unico tramite per mantenere un legame con i familiari. Da mesi finanziamo gli avvocati che seguono decine di prigionieri ucraini. Molti casi durano da più di sei mesi e non accennano a finire. Per garantire assistenza legale ai prigionieri politici ucraini servono 31.300 euro. Totale della raccolta: 38.000 euro.Il 10% della somma sarà destinato a coprire le commissioni dei sistemi di pagamento e le perdite dovute alla conversione in rubli. Ogni donazione è importante! La cifra si può raggiungere solo se sono in tanti a contribuire, anche con un piccolo gesto. Al momento, per poter fare la differenza, abbiamo un enorme bisogno non solo di donazioni, ma anche di aiuto nella condivisione. Se 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna, potremmo farcela. 5 giugno 2025

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