In ricordo di Claudia Pieralli

 

Pubblichiamo tre testi dedicati a Claudia Pieralli (1979-2023), socia di Memorial e studiosa di letteratura russa scomparsa prematuramente.

 

Testi di Elda Garetto, Luba Jurgenson e Giuseppina Larocca

 

Nei ricordi su Claudia Pieralli comparsi in questi giorni, accanto alla ricostruzione della sua fruttuosa carriera scientifica e accademica, ricorrono alcune espressioni che rimandano sia alla peculiarità dei suoi studi sia al suo carattere: curiosità e serietà intellettuale, passione, entusiasmo, originalità.

Mi unisco a queste considerazioni ricordando il suo primo impegnativo traguardo scientifico, quello del dottorato di ricerca, in cui sia nella scelta del tema, sia nella conduzione delle ricerche, Claudia aveva rivelato quelle doti che ne avrebbero contraddistinto il percorso di studi successivi: all’interno degli studi sull’emigrazione russa Claudia aveva proposto un tema complesso, sfidante, basato su materiali inediti. Già in questa scelta si intravedeva il futuro orientamento delle sue ricerche: il desiderio di aprire nuove prospettive di indagine che avrebbe caratterizzato tutto il suo percorso di studiosa, interrotto troppo presto e pure molto ricco di risultati.

Molteplici sono stati gli apprezzamenti per i suoi studi sulla letteratura concentrazionaria e per i progetti internazionali sulla ricezione del Gulag, sul samizdat e sulla dissidenza di cui è stata promotrice, rivelando anche una grande capacità progettuale e organizzativa, come ha testimoniato anche il suo contributo all’organizzazione del convegno su Šalamov dello scorso anno.

Dopo la conclusione del dottorato ho continuato a seguire con interesse l’attività scientifica di Claudia durante il suo post-doc in Russia, dove aveva trovato nuovi spunti per le sue ricerche, avvicinandosi alle tematiche centrali dell’attività di Memorial. Di qui la sua richiesta di aderire a Memorial Italia, che avevo sostenuto convintamente.

L’attività scientifica degli ultimi anni l’aveva sempre più coinvolta nello studio del Gulag e del sistema repressivo sovietico, rivelando anche qui la volontà di seguire un approccio non ordinario e di indagare la ricezione del dissenso in Italia e Francia nel periodo 1956-1991 in una prospettiva di identità culturale europea. In questo la muoveva la convinzione che in Europa occidentale la ricezione dell’esperienza sovietica – nei suoi aspetti repressivi e totalitari – fosse stata monca e che fosse necessario promuovere la conoscenza e la memoria di quei fatti, che, diversamente da come il senso comune vorrebbe, avevano implicazioni profonde anche in Europa: e la Russia, secondo Claudia, per mille ragioni, è anche e profondamente Europa.

Mi aveva fatto molto piacere essere coinvolta nel progetto, suo e di Marco Sabbatini, con la stesura di alcune schede per il portale “Voci libere in URSS”, tra cui quella su Arsenij Roginskij.

In questo percorso di studi e di iniziative, mai gregaria, mai appagata dei risultati raggiunti Claudia ha dimostrato una tenacia ammirevole, tanto più ammirevole perché messa a durissima prova dalla malattia, che fin quasi alla fine ha affrontato con straordinaria forza, senza risparmiarsi.

Era consapevole dei risultati raggiunti e continuava ad amare quello che faceva, come scriveva qualche mese fa…

Elda Garetto


 

In questi giorni, tutte le giovani donne dai capelli scuri assomigliano a Claudia. Non mi sorprende, so come i morti ci segnalano che sono ancora tra noi. Avrei potuto intuire che Claudia stava per lasciarci: il giorno prima ho guardato una figura esile e ho pensato per un attimo “È lei”, anche se sapevo che non poteva essere lei. Non sono stata con lei durante i suoi ultimi momenti. Non volevo credere che fossero gli ultimi. Lei diceva sempre: “Vedrai, andrà meglio e berremo un bicchiere di Saumur con il tuo salmone marinato” e io rispondevo: “Certo, sei forte! Ce la farai, Claudia!”

Era forte – e ancora oggi faccio fatica a credere che la malattia l’abbia portata via. Questa sua forza mi è sembrata evidente sin dalla prima volta che l’ho incontrata – come studentessa Erasmus alla Sorbona, che aveva scelto di tradurre dal russo al francese: una doppia difficoltà – alle sue ricerche sul campo in Russia, alla sua ultima lotta contro il tempo, contro questi giorni che sapeva contati.

Quando la rividi qualche anno dopo, stava conducendo una ricerca sulla Massoneria russa in esilio. Ho poi usato il suo notevole studio su Evreinov con i miei studenti. Ci siamo rese conto che eravamo entrambe interessate alla repressione staliniana. Da lì è iniziato il nostro lavoro comune e, per Claudia, anche uno studio sulla dissidenza che ha portato alla creazione del portale “Voci del Dissenso”.

Claudia mi ha riportato in Italia, il mio secondo paese d’adozione, dove ho trascorso metà del mio tempo da giovane e dove ho vissuto tra il 1987 e il 1989. Quando le frontiere si sono aperte a Est, i miei itinerari sono cambiati e le mie mete sono diventate l’Europa centrale e la Russia. Con Claudia, questa nuova ricerca si è radicata anche in Italia. È da Roma che ero andata a Mosca per la prima volta nel 1988 ed è a Roma, sul balcone di Claudia, che ho deciso di non tornare in Russia trent’anni dopo, nel 2018.

Ha lasciato una serie di progetti. Tra questi, la nostra discussione collettiva e internazionale sulla ricezione della repressione politica nel mondo mediterraneo. L’anno scorso ha condotto una parte di questa discussione dal suo letto d’ospedale. La continueremo. Vedrai, Claudia, ce la faremo.

Luba Jurgenson


Ciglia che pungono. Una lacrima ribolle nel petto.
Senza terrore presento quel che sarà, e sarà una tempesta.

Qualcuno mi sprona a scordare qualcosa.

Manca l’aria, ma da morire ho voglia di vivere.

[…]

Con questi versi di Osip Mandel’štam composti nel 1931 Claudia apriva il suo concerto-spettacolo “Un paradiso che cambia” che aveva ideato, scritto e musicato nel 2022. Un concerto straordinario che dava a Mandel’štam un ruolo ben preciso: raccontare il dolore dopo averlo vissuto e attraversato, ma raccontare insieme al dolore anche il desiderio di vita, attribuendo alla parola il compito di farsi testimonianza. La scelta di Mandel’štam non giungeva casuale. Al mondo del dissenso, degli ultimi, dei dimenticati Claudia ha dedicato gran parte dei propri studi e delle proprie ricerche condotte fra Russia e Francia. Da Nikolaj Evreinov, protagonista dell’emigrazione russa a Parigi, alla poetessa Anna Barkova, voce graffiante nel sistema del GULag fino ai prigionieri italiani nei campi staliniani Claudia si muoveva sempre con il desiderio di scoprire e riscoprire la storia culturale sommersa nella convinzione che il passato non sia mai ingombrante e che laddove si condensino dei nodi scomodi, occorra intervenire con “il dovere della memoria”, riprendendo fili spezzati e tracce interrotte. C’era in lei una spiccata sensibilità verso tutto ciò che era considerato “altro”, negletto, secondario, spesso finito nei meandri di una memoria impallidita. La animava uno spirito di riscatto pasoliniano che le leggevi in quegli occhi grandi, affamati di vita, in quello sguardo vigile sul mondo.

La letteratura come testimonianza, soprattutto negli anni delle repressioni staliniane, era probabilmente uno degli aspetti che più la affascinavano e a cui si stava dedicando con particolare intensità. Di qui gli studi originali e brillanti sul lascito poetico di Barkova e, più in generale, sulla memoria femminile del GULag, resi possibili grazie a ricerche presso l’archivio del GULag di A. Barkova (Gulagovskij archiv A. Barkovoj) custodito a Ivanovo, città natale della poetessa, che Claudia aveva scoperto ed era riuscita a consultare, e all’Archivio delle repressioni politiche in URSS (1918-1956) (Archiv političeskich repressij v SSSR, 1918-1956) di Memorial Internazionale di Mosca. A Memorial, alla sua storia e alla sua attività Claudia teneva particolarmente e raccontava con entusiasmo quanto fossero unici e preziosi i fondi archivistici dell’associazione in cui, prima della pandemia, aveva avuto modo di lavorare, riportando in Italia riproduzioni fotografiche di importanti riviste samizdat difficilmente reperibili. Nel 2016 all’Università di Firenze, dove insegnava Letteratura russa, aveva ospitato la mostra itinerante “Dalla censura e dal Samizdat alla libertà di stampa. Urss 1917-1990” curata da Memorial Internazionale e dalla Biblioteca Storica di Mosca, ottenendo il patrocinio sia di Memorial Internazionale che di Memorial Italia. E anche dopo l’invasione russa in Ucraina il suo impegno per mostrare il dissenso nella Russia contemporanea è proseguito incessante con la proiezione a Firenze del documentario “Processo alla memoria” di Konstantin Goldenzweig (Russia, 2021) ospitato dalla Fondazione Stensen.

Tenace, coraggiosa, mai scontata e spesso imprevedibile, Claudia amava “la luce d’ottone della luna e i trilli delle allodole”, credeva nell’“alba del più limpido acquerello”, si emozionava per “i fiocchi di neve in stormo d’uccelli”. E noi, a quella luce, a quell’alba, a quella natura russa che tanto adorava continueremo a guardare rivedendo il suo sorriso, immaginandola percorrere nuove e inesplorate vie stellate.

Giuseppina Larocca

20.10.2023

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2 luglio 2025. Risposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale all’interrogazione della deputata Lia Quartapelle in merito al caso di Ruslan Sidiki.

Il 2 luglio 2025 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha risposto all’interrogazione presentata il 20 dicembre 2024 dalla deputata del Partito Democratico Lia Quartapelle a proposito del trentaseienne prigioniero politico Ruslan Sidiki, doppia cittadinanza, russa e italiana, attualmente condannato nella Federazione Russa a ventinove anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki abbiamo già avuto modo di parlare. Interrogazione della deputata Lia Quartapelle Ruslan Sidiki, 36 anni, è un cittadino con doppia cittadinanza italiana e russa;il signor Sidiki ha rivendicato la responsabilità per le esplosioni avvenute nella base aerea militare di Djagilevo il 20 luglio 2023, e per un sabotaggio alla linea ferroviaria nella regione di Rjazan’, che ha causato il deragliamento di un treno merci, alcuni mesi dopo. Non sono stati riportati decessi e l’obiettivo dichiarato da Sidiki era quello di danneggiare infrastrutture militari;il signor Sidiki è detenuto in carcere dal 1 dicembre 2023. Il 27 novembre 2024 il tribunale di Mosca ha prorogato la sua detenzione cautelare di ulteriori tre mesi, portandola a un totale di 15 mesi. Viene accusato di compiere un atto terroristico, ma Ruslan lo nega ritenendolo soltanto un atto di sabotaggio;secondo una testimonianza raccolta dal media indipendente russo Mediazona, dopo l’arresto il signor Sidiki sarebbe stato sottoposto a reiterate torture fisiche e psicologiche, tra cui percosse, scosse elettriche tramite dispositivi come telefoni da campo e taser, minacce di mutilazioni genitali e stupro, nonché pressioni psicologiche, al fine di estorcergli confessioni e informazioni. Le torture sarebbero avvenute in più fasi: durante l’interrogatorio iniziale, nei trasferimenti e nei giorni successivi all’arresto;l’avvocato del signor Sidiki ha presentato mesi fa una denuncia per torture al presidente del comitato investigativo russo, senza ricevere alcuna risposta ufficiale. 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Risposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale segue sin dal principio il caso del signor Ruslan Sidiki, doppio cittadino italo-russo, benché non sia mai pervenuta alcuna comunicazione ufficiale dalle Autorità russe in merito al suo arresto.Il signor Sidiki fu fermato presso l’aeroporto di Vnukovo, a Mosca, a fine novembre 2023 in quanto sospettato di aver fatto esplodere l’11 novembre 2023 un treno merci nella regione di Rjazan’, circa 200 chilometri a sud della capitale. Il Consolato generale a Mosca, appresa la notizia da fonti stampa russe nella mattinata del 1 dicembre 2023, si attivò prontamente per le opportune verifiche sul caso.Il signor Sidiki risulta residente a Rjazan’ a seguito del trasferimento, nel 2008, dal comune di Siracusa. È in possesso di un passaporto italiano dal 2012 e rinnovato, da ultimo, nel 2022.Da fonti stampa russe si è appreso che il signor Sidiki si sarebbe dichiarato colpevole durante l’interrogatorio e sarebbero stati aperti a suo carico due procedimenti penali per terrorismo e acquisizione illegale e trasferimento di esplosivi. Gli sarebbero stati imputati il concorso in un attacco con droni all’aeroporto militare di Djagilevo il 20 luglio 2023 e il deragliamento a mezzo esplosivi di un convoglio ferroviario l’11 novembre dello stesso anno.Nel corso delle azioni investigative, al signor Sidiki sarebbero stati sequestrati componenti per la fabbricazione di esplosivi e ordigni esplosivi, mezzi di comunicazione e supporti elettronici contenenti foto e video delle azioni commesse.L’11 dicembre 2023 sono state riformulate le accuse a carico del connazionale. Il signor Sidiki è stato accusato di aver commesso nell’interesse dell’Ucraina i reati, tra gli altri, di possesso, trasporto e vendita illegale di esplosivi, e preparazione di attività terroristica.Il Consolato Generale a Mosca ha in più occasioni sollecitato il Ministero degli esteri russo per ottenere aggiornamenti sul caso, ricevendo solo risposte interlocutorie, e ha formalizzato da tempo una richiesta di visita consolare.L’acquisizione di informazioni risulta particolarmente difficile a causa della doppia cittadinanza del signor Sidiki. Il Governo russo è infatti molto restio nel consentire alle autorità diplomatico-consolari straniere di agire a tutela di doppi cittadini che abbiano anche la cittadinanza russa.Nel caso di specie, la situazione è resa ulteriormente complessa dal fatto che il signor Sidiki ha acquisito la cittadinanza italiana a seguito di quella russa, che invece possiede dalla nascita.Tutto questo avviene, peraltro, nel quadro di relazioni con la Federazione russa gravemente pregiudicate a seguito della ingiustificata aggressione dell’Ucraina.Il Consolato Generale a Mosca si è mantenuto in contatto costante con il legale del connazionale.Il 3 ottobre 2024 l’avvocato ha ricevuto l’autorizzazione – negata due volte in precedenza – ad effettuare una visita al suo assistito nel centro di custodia cautelare di Mosca n. 5.Il 15 aprile 2025 il legale ha informato il Consolato che il signor Sidiki è stato portato a Rjazan’ e che i seguiti del processo si sarebbero tenuti presso il Tribunale Militare di Rjazan’, luogo di nascita del connazionale e di presunto compimento dell’attentato.Il 23 maggio 2025 si è tenuta a Rjazan’ l’udienza dibattimentale del processo al connazionale Ruslan Sidiki, cui hanno partecipato in qualità di osservatori rappresentanti del Consolato Generale a Mosca, in seguito alla quale è stata pronunciata sentenza di condanna a ventinove anni di reclusione in primo grado.Da quanto appreso dal legale del connazionale, il signor Sidiki sarebbe intenzionato a fare ricorso e a richiedere di essere inserito in un programma di scambio di prigionieri.Il Consolato Generale a Mosca continuerà a sollecitare un riscontro dalle autorità russe circa la richiesta di visita consolare e a seguire il caso con attenzione, in stretto raccordo con la Farnesina. Illustrazione in copertina di Marija Tolstova /

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