Brandelli di carne in un cratere: questo è tutto ciò che è rimasto del padre di Natalija e marito di Iryna, ucciso da una bomba russa nel villaggio di Červona Hirka, davanti agli occhi delle sue congiunte. Con lui è andata distrutta la casa, sono arsi tutti gli animali. Di fronte a questa scena apocalittica Iryna e Natalija sono annichilite, ma grazie alla solidarietà di altri ucraini sono riuscite a mettersi in salvo e a non lasciarsi andare. Ora confidano che tutte queste morti e distruzioni non restino impunite.
Andrij Didenko ha raccolto la loro testimonianza per il progetto “Voci dalla guerra”, portato avanti dalla rete di Memorial col Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (KhPG o “Memorial Ucraina”).
Il video dell’intervista in lingua originale coi sottotitoli in italiano è disponibile nel canale YouTube di Memorial Italia. Riportiamo qui la trascrizione del testo.
Le traduzioni italiane sono a cura di Luisa Doplicher, Sara Polidoro, Claudia Zonghetti e altri collaboratori di Memorial Italia.
Andrij Didenko
08.01.2024
Iryna e Natalija Ostapovs’ki, madre e figlia, abitano nel paese di Červona Hirka. Mentre raccontano quello che è successo non riescono a trattenere le lacrime. Sotto i loro occhi un razzo ha distrutto la casa, le bestie e la persona che avevano più cara: il marito dell’una e padre dell’altra. “In ricordo dei caduti, non dobbiamo arrenderci, ma procedere verso la vittoria” dicono le due donne nonostante il dolore, che è ancora vivo.
Quello che ci è toccato di vivere è successo sotto i nostri occhi. Ma purtroppo nessuno sa perché sia andata così. Perché una tale disgrazia ha coinvolto ogni casa? È successo tutto in un attimo. In una manciata di secondi, letteralmente… Il razzo è arrivato velocissimo. Ha colpito mio padre e lo ha fatto a pezzi. Con l’onda d’urto, la casa ha preso fuoco. È bruciato tutto quello che lui aveva costruito… E anche gli animali: le oche, le galline, i maiali, i conigli, tutti bruciati. Erano tanti. Sono bruciati i macchinari. Lui, poveraccio, è finito nel cratere della bomba. La cosa più terribile è che non c’è più. Ma è sempre accanto a noi. Pensiamo che ci abbia protette: noi siamo rimaste incolumi. Ma che lui non ci sia più è un dramma.
In quel momento eravamo in casa e facevamo colazione. Siamo usciti tutti quanti insieme. Mia sorella con suo marito e sua figlia sono scesi in cantina, mio padre è andato nel fienile per occuparsi delle bestie. Io ero abbastanza vicino a lui. Ma quando sono corsa al cratere lasciato dall’impatto, di lui era rimasto ben poco: i vestiti e brandelli di carne. Braccia, gambe… sono immagini che non mi usciranno più dalla memoria né dal cuore. Rimarrà tutto impresso. Ci ripensiamo spesso, ovvio. E con dolore. E ripensiamo a lui. Non abbiamo ancora superato lo shock. Ma ci diamo da fare, non ci arrendiamo. Facciamo il possibile. A volte sorridiamo, ricordiamo i bei momenti.
Il nostro paese è stato occupato. Siamo grate a Natalija Petrivna Sydorenko e V’jačeslav Oleksijovič Sydorenko. Dopo che la nostra casa è andata distrutta ci hanno accolte, aiutate, sfamate, ci hanno dato vestiti di ricambio. Ci hanno aiutate a seppellire mio padre e a fargli una tomba. Siamo davvero riconoscenti. I Sydorenko aiutano tutti anche ora, come hanno fatto con noi. Loro ci hanno portate fuori dalla zona occupata.
Tutto questo è successo il 27 febbraio 2022. Il 4 marzo siamo partite. Il giorno prima avevamo sepolto mio padre al cimitero. La macchina ce l’hanno prestata Natalija Petrivna e suo marito, V’jačeslav Oleksijovič. Certo, c’era da aver paura perché i russi sparavano, i caccia ci passavano sopra la testa. Ma nonostante tutto ci hanno aiutate a organizzare un funerale come si deve. Il 4 marzo sono partiti loro e siamo riuscite a partire anche noi. Non sapevamo dove andare, né se fosse una buona idea. Eravamo sotto shock per la perdita subita… Non ragionavamo. Ma grazie a loro siamo andate via.
Siamo tornate a casa il 16 aprile 2022. E siamo dovute tornare all’obitorio a riprenderci il corpo di mio padre, che era stato riesumato. Siamo arrivate da Makarov. Era tremendo. Arrivando, nemmeno abbiamo fatto caso che le case, qui, erano distrutte. Lungo strada c’erano tante macchine bruciate. Dovevano essere stati i razzi o le bombe a grappolo. C’erano le mine, di quelle che scoppiano se ci passi sopra o se tocchi un filo. Entrando in casa abbiamo visto una scena del tutto diversa da quella che ci era rimasta impressa quando eravamo sotto shock. E ci è di nuovo tornato in mente tutto quanto. Abbiamo aspettato parecchio a ripulire, temevamo che ci avessero messo delle mine, ma per fortuna non è stato così. Niente fili, né mine di altro tipo in cortile. Quindi ci siamo riprese un attimo, per così dire, per rimetterci in piedi fisicamente e psicologicamente, e abbiamo cominciato a riordinare la casa. Un po’ alla volta, anche il cortile. Per fortuna c’è stata gente che ci ha aiutate: parenti e conoscenti di nostro padre. Così abbiamo ripulito tutto.
Speravamo di ricostruire la casa bruciata, ma purtroppo i muri hanno iniziato a cedere. Prima di Capodanno mio padre aveva fatto qualche lavoro, aveva installato una stufa nuova. Purtroppo è andato distrutto tutto quanto, abbiamo dovuto smontare tutto. Restano soltanto le fondamenta, ma hanno iniziato a disgregarsi anche quelle. Guardo le rovine e non ho parole, non provo emozioni. Speriamo che gli aggressori russi saranno puniti, che pagheranno le indennità di guerra. E speriamo che presto arriverà la vittoria.
Abbiamo sistemato la cucina esterna, che si è salvata. Mancava poco che andasse distrutta anche quella. Ci hanno dato dei prefabbricati senza corrente né riscaldamento. Ma abbiamo la legna, accendiamo la stufetta. Non ci arrendiamo, teniamo duro. Gli ucraini sono un popolo forte. L’essenziale è non arrendersi. Come dicono, la vita va avanti. E tutti ricordano i parenti e le persone care. I nostri cari ci vedono sempre, vegliano su di noi e ci aiutano. È in loro onore che non bisogna arrendersi, ma procedere verso la vittoria.