Cosa stiamo difendendo in Ucraina

La guerra tra Russia e Ucraina è solo uno dei trend distruttivi nell’ordine internazionale odierno. Tuttavia, l’esito contribuirà a determinare quale direzione prenderà il mondo.

Foto: Andreas Umland


(di Andreas Umland, analista dello Stockholm Centre for East European Studies (SCEEUS) dello Swedish Institute of International Affairs (UI))


19 luglio 2025 
alle 11:00


Espressioni diffuse come “crisi ucraina” o “guerra ucraina” spingono molti a pensare che la guerra tra Russia e Ucraina sia una questione che riguarda l’Europa centrale e orientale. Secondo questa visione erronea, un governo ucraino più condiscendente verso la Russia avrebbe potuto non solo evitare questa sfortunata guerra, ma potrebbe ancora scongiurare, con concessioni politiche e territoriali a Mosca, un’ulteriore deflagrazione del conflitto e l’allargamento della “guerra in Ucraina” ad altri paesi dell’Europa orientale e non solo.


Andreas Umland


Da una prospettiva storica e comparativa, la guerra tra Russia e Ucraina è in realtà una cosa molto diversa. È solo una delle molteplici manifestazioni del neoimperialismo di Mosca ed è soltanto una delle espressioni di una generale involuzione a livello globale dalla fine del XX secolo. L’attacco della Russia contro l’Ucraina altro non è che la ripetizione, la manifestazione e l’anticipazione di patologie che affliggono sia l’Europa centrale e orientale sia altre regioni del mondo.


La cosiddetta crisi ucraina non è né un caso isolato né un problema locale e, più che essere la causa di una più ampia disintegrazione dell’ordine legale e geopolitico del pianeta negli ultimi anni, ne è piuttosto un sintomo. 


Allo stesso tempo, la guerra tra Russia e Ucraina è una lotta per il futuro dell’Europa. Più in generale, quando l’Ucraina si difende, difende anche il principio fondamentale dell’immutabilità dei confini tra stati, e denuncia l’inammissibilità delle azioni genocidarie attualmente messe in atto dalla Russia, come il trasferimento, la deportazione e la russificazione di minori ucraini non accompagnati. Se la guerra in corso minaccia l’integrità dell’intero ordine delle Nazioni Unite stabilito dopo la Seconda guerra mondiale, è perché mette in dubbio il diritto della Repubblica ucraina di essere un membro a tutti gli effetti dell’Onu sin dal 1945 (a differenza della Federazione russa). Ragion per cui la guerra tra Russia e Ucraina acquisisce una rilevanza non solo paneuropea, ma globale. 


La guerra della Russia è, va ribadito, solo una delle numerose espressioni di un più serio disordine internazionale attualmente in corso. Perciò, il suo corso e il suo esito potranno accelerare o rallentare – se non addirittura invertire – l’attuale declino generale nell’osservanza delle regole elementari che disciplinano i rapporti tra stati. Un successo anche solo parziale di Mosca in Ucraina destabilizzerebbe permanentemente il diritto e l’ordine internazionali. Potrebbe inoltre aprire la strada a nuove corse al riarmo e a conflitti armati non soltanto in Europa, ma anche in altre regioni del mondo. 


Una difesa efficace dell’Ucraina, dall’altro lato, avrebbe tre effetti positivi su sicurezza internazionale, democrazia globale e sviluppo mondiale. Innanzitutto, la vittoria dell’Ucraina cementerebbe quell’ordine delle Nazioni Unite che, basato sul diritto, sorse già nel 1945 e si consolidò con l’implosione del blocco sovietico dopo il 1989. In secondo luogo, porterebbe a un ritorno nel mondo di un trend di democratizzazione, che langue dall’inizio del XXI secolo e ha bisogno di uno slancio rinnovato. Infine, terzo, l’esperienza ucraina di difesa nazionale e riforme statali potrebbe contribuire all’innovazione e a nuovi progressi in diversi ambiti, dalla cybersicurezza all’uso dei droni, fino alle riforme della Pubblica Amministrazione in paesi in transizione.


Il successo dell’Ucraina stabilizzerebbe l’ordine internazionale


Dalla fine della Guerra Fredda, la guerra tra Russia e Ucraina è solo uno dei molti tentativi di potenze più forti di espandere le proprie sfere di influenza nelle rispettive regioni. Con il ritorno a pratiche di politica estera precedenti al 1945, i governi revisionisti azzardano o pianificano un’espansione unilaterale nei paesi confinanti. Le operazioni militari che ne conseguono sono state – o sono tuttora – offensive, repressive e ingiustificate, piuttosto che difensive, umanitarie e preventive: molte autocrazie revansciste stanno tentando di sostituire il diritto internazionale con la legge del più forte.


Un esempio precoce nel periodo successivo alla fine della Guerra Fredda è l’annessione da parte dell’Iraq del Kuwait nel 1990, poi annullata da una coalizione internazionale nel 1991. Un altro esempio degli anni Novanta è l’aggressione revanscista della Serbia contro altre ex repubbliche jugoslave precedentemente controllate da Belgrado. In quel periodo, anche la Russia si adoperò per creare “repubbliche” separatiste controllate da Mosca all’interno della Moldova (la Transnistria) e della Georgia (l’Abcasia e l’“Ossezia del Sud”). Contemporaneamente, reprimeva con ferocia la nascita sul suo territorio di una repubblica cecena autonoma.


Solo di recente il Cremlino ha spostato tutta la sua attenzione militare sull’Ucraina. Non si è limitato a creare, nel 2014, le cosiddette “Repubbliche popolari” nelle regioni ucraine orientali di Donec’k e Luhans’k, impiegando a questo scopo truppe solo in parte regolari, ma ha anche occupato e annesso alla Federazione russa la penisola ucraina della Crimea, nel sud del paese. Otto anni dopo, la Russia ha annesso illegalmente anche le regioni ucraine di Donec’k, Luhans’k, Zaporižžja e Cherson. A differenza dei tentativi di Iran e Serbia negli anni Novanta, la comunità internazionale ha reagito blandamente alla revisione dei confini operata dalla Russia.


Le timide risposte dell’Occidente hanno di fatto indotto il Cremlino a proseguire sulla sua strada: Mosca ora esige che Kyiv ceda volontariamente tutti i territori delle quattro regioni dell’Ucraina continentale che la Russia si era annessa nel 2022. Comprese alcune porzioni del territorio sovrano dell’Ucraina che le truppe russe non sono mai riuscite a conquistare. L’obiettivo ultimo del Cremlino resta l’annichilimento dell’Ucraina come stato sovrano e della nazione ucraina come comunità culturale indipendente dalla Russia.


Nel frattempo, Pechino si fa beffe delle norme di condotta stabilite nel Mar Cinese meridionale e orientale, e accelera i preparativi per incorporare con la forza la Repubblica di Cina (Taiwan) nella Repubblica Popolare Cinese, mentre il Venezuela ha rivendicato parte dei territori appartenenti alla vicina Guyana. Alla luce di questi esempi, non è inverosimile che molti politici, diplomatici e strateghi revisionisti di altri paesi stiano mettendo a punto analoghi piani espansionistici.


L’annessione ufficiale da parte di Mosca dei territori ucraini alla Federazione russa rappresenta una violazione particolarmente grave delle norme internazionali. Si tratta infatti di annessioni compiute da un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, organo creato nel 1945 anche per prevenire simili revisioni dei confini, assai frequenti fino a quel momento. Il comportamento del Cremlino desta ancora più preoccupazione alla luce del fatto che la Russia è uno stato nucleare ufficiale e depositario del Trattato di non-proliferazione nucleare del 1968 (TNP).


Con il suo tentativo di smembrare permanentemente se non distruggere l’Ucraina, la Russia agisce in diretta contraddizione con il suo status speciale all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), con la responsabilità speciale per l’ordine internazionale del dopoguerra che ne deriva. Il Cremlino lo fa nonostante l’Ucraina sia membro ufficiale dell’ONU, repubblica fondatrice delle Nazioni Unite dal 1945 e stato ufficialmente non nucleare nell’ambito del TNP. Ciò mina le fondamenta normative, politiche e psicologiche sia delle Nazioni Unite sia del regime globale di non proliferazione nucleare. La Russia ha trasformato i suoi privilegi di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e di stato dotato di armi nucleari (all’interno del TNP) in strumenti per espandere ufficialmente il suo già vasto territorio nazionale ed eradicare una nazione indipendente un tempo colonia dell’impero zarista e di quello sovietico. 


Una vittoria ucraina contro la Russia non rappresenterebbe dunque solo un trionfo localmente circoscritto del diritto e della giustizia internazionale, ma sarebbe un evento di portata ben più ampia. Un successo ucraino potrebbe diventare un importante fattore di consolidamento dell’ordine ONU del dopoguerra, di sviluppo di relazioni internazionali basate sul diritto, e di dissuasione a livello globale contro future revisioni dei confini. Al contrario, una sconfitta dell’Ucraina o una vittoria che favorisse la Russia alimenterebbe l’irredentismo territoriale in tutto il mondo e normalizzerebbe le guerre genocidarie. La lotta dell’Ucraina per l’indipendenza è, quindi, sia l’espressione di problemi globali più ampi, sia, in caso di successo di Kyiv, uno strumento per risolverli.


Un successo ucraino rivitalizzerebbe la democratizzazione globale


L’attacco della Russia all’Ucraina non è solo una delle varie sfide recenti ai principi della sovranità nazionale e dell’immutabilità dei confini. È anche parte di una tendenza politica globale negativa dell’inizio del XXI secolo, vale a dire il crescente scontro tra democrazia e autocrazia, con conseguente indebolimento della prima. L’escalation di questo conflitto politico cardinale si manifesta, tra l’altro, nell’attacco congiunto da parte di regimi antidemocratici – russi, nordcoreani, cinesi e iraniani – contro l’Ucraina, stato-nazione relativamente liberale, aperto e pluralista, almeno nel contesto post-sovietico.


Un importante fattore interno dell’invasione russa dell’Ucraina dal 2014 è che, a partire dal 1999, le guerre di Putin sono sempre state fonte di rinnovata popolarità, integrità e legittimazione per il suo governo antidemocratico. Capita che le analisi del sostegno pubblico russo all’autoritarismo trascurino il fatto che la punizione militare, la sottomissione e/o l’oppressione di popoli pro-autonomia come i ceceni, i georgiani e gli ucraini, godano di un ampio consenso tra molti cittadini russi. Il sostegno di una larga parte della popolazione alle vittorie militari – soprattutto nei territori dell’ex impero zarista e sovietico – rappresenta una risorsa politica fondamentale per il regime sempre più autocratico di Putin.


Tendenze regressive erano già evidenti nella Russia semi-democratica di Eltsin degli anni ’90, con i brutali interventi militari nei conflitti interni delle repubbliche di Moldova e Cecenia nel 1992 e 1994. Con Putin come primo ministro (1999–2000, 2008–12) e poi come presidente (fino a oggi), la ferocia degli interventi armati russi, soprattutto fuori dai confini nazionali, è aumentata rapidamente. Questa radicalizzazione non è solo la conseguenza di un crescente irredentismo russo, ma è anche l’effetto di profondi cambiamenti nel regime politico interno alla Russia. L’aumento dell’aggressività estera di Mosca è stato accompagnato da una repressione interna del dissenso sin dalla presa del potere da parte di Putin nell’agosto 1999.


Non è un caso che l’aggressività crescente del Cremlino nei confronti dell’occidente e dell’Ucraina abbia fatto seguito alle rivolte anti-autoritarie ucraine del 2004 e del 2014. Le vittorie trionfali delle rivoluzioni liberal-democratiche arancioni e l’Euromaidan hanno avuto il loro perché. Lo sviluppo politico interno dell’Ucraina non solo sfida le pretese neoimperialiste della Russia sulla sua più grande ex colonia. Uno stato ucraino in fase di democratizzazione rappresenta un contraltare concettuale rispetto al modello autoritario dominante nello spazio post-sovietico.


La sola esistenza di un’Ucraina relativamente democratica mette in discussione la legittimità delle autocrazie post-comuniste di Russia, Bielorussia, Azerbaigian e Asia centrale.


La lotta per l’indipendenza dell’Ucraina non è, quindi, solo una difesa del diritto e dell’ordine internazionale, ma anche una battaglia per la democrazia mondiale. Il conflitto tra forze democratiche e antidemocratiche è globale, ed era già in corso prima, parallelamente alla guerra russo-ucraina e da essa indipendente. Allo stesso tempo, lo scontro tra autocrazia russa e democrazia ucraina rappresenta una battaglia epica tra due principi politici opposti, nel cuore dell’Europa.


Se l’Ucraina vincerà, l’alleanza internazionale dei paesi democratici ne uscirà rafforzata, mentre l’asse degli autocrati attorno a Putin non potrà che essere indebolito. Con uno scenario, non solo le altre democrazie prenderanno sicurezza, fiducia e vigore, ma è anche probabile che alcuni regimi autoritari vacillino, specialmente nell’Europa orientale, nel Caucaso e in Asia centrale. La diffusione, il contagio o l’effetto domino di tali cambiamenti darebbero a loro volta un nuovo impulso alla democratizzazione altrove.


Al contrario, un successo militare o una vittoria russa in Ucraina incoraggerebbe regimi autocratici e politici antidemocratici in tutto il mondo. In questo scenario, le forme di governo democratiche e le società aperte verrebbero stigmatizzate come deboli, inefficaci e impotenti. Il recente declino globale della democrazia non verrebbe invertito, ma proseguirebbe e si aggraverebbe persino. La cosiddetta “crisi ucraina” non è la causa dei problemi che attualmente affliggono l’idea di democrazia nel mondo. Tuttavia, una soluzione giusta, legittima e duratura a livello internazionale rilancerebbe la democratizzazione globale.


Un successo ucraino favorirebbe la diffusione di innovazioni utili


Un terzo aspetto, finora sottovalutato, del contributo di Kyiv al progresso globale è il crescente numero di progressi cognitivi, istituzionali e tecnologici in Ucraina che potrebbero essere applicati anche altrove. Già prima dell’escalation della guerra russo-ucraina nel 2022, Kyiv aveva avviato una serie di riforme interne che potrebbero essere rilevanti anche per la modernizzazione di altri paesi in transizione. Dopo i successi dell’Euromaidan (o “Rivoluzione della Dignità”) nel febbraio 2014, l’Ucraina ha avviato una ristrutturazione fondamentale del rapporto tra stato e società.


Parte del processo è stata la creazione di diverse istituzioni intese a combattere la corruzione, tra cui un tribunale anticorruzione, una procura anticorruzione, nonché un’agenzia che la prevenga e un ufficio investigativo per i casi di tangenti. La novità sta nel fatto che le istituzioni suddette si occupano solo ed esclusivamente di prevenire, individuare e perseguire i casi di appropriazione indebita, frode e nepotismo. Nell’aprile 2014 l’Ucraina ha avviato una decentralizzazione radicale della sua pubblica amministrazione, che adesso è interamente gestita dai comuni. Ciò ha significato un trasferimento sostanziale di potere, responsabilità e risorse finanziarie dallo Stato e dalle regioni agli organi di autogoverno locale dei comuni accorpati, diventati così importanti centri decisionali.


La rivoluzione di Euromaidan ha inoltre rimodellato le relazioni tra le organizzazioni statali e non statali. Come altri Paesi post-sovietici, all’indomani dell’indipendenza l’Ucraina era segnata da una profonda alienazione tra Stato centrale e società civile. Dopo la vittoria della “Rivoluzione della dignità”, nel 2014 tale frattura ha cominciato a ricomporsi. Prendiamo per esempio il famoso “Reanimation Package of Reforms“, una coalizione di think tank, centri di ricerca e organizzazioni non governative indipendenti che negli ultimi dieci anni ha stilato importanti leggi di riforma per la Verchovna Rada, il parlamento unicamerale ucraino. 


Sempre nel 2014, Ucraina, Moldova e Georgia hanno firmato accordi di associazione di ampia portata con l’UE. Questi tre mastodontici patti bilaterali sono unici nel loro genere e vanno ben oltre i precedenti accordi di cooperazione tra Unione Europea e Paesi terzi. Essi comprendono, infatti, le cosiddette zone di libero scambio globale e approfondito, grazie alle quali le economie dei tre Stati post-sovietici si stanno gradualmente integrando con quella europea.


Queste e altre innovazioni legislative prodotte in Ucraina, o comunque a essa legate, hanno un impatto normativo e un potenziale politico che travalica i confini nazionali. Offrono infatti modelli istituzionali e di riforma, oltre che un esempio storico, a tutti i Paesi in fase di transizione, anche al di fuori dello spazio post-sovietico. L’esperienza dell’Ucraina può essere utile a quelle nazioni che cercano di passare da un ordine tradizionale a uno liberale, da una politica clientelare a una pluralista, da una società chiusa a una aperta, da un’oligarchia a una poliarchia, da un governo centralizzato a uno decentralizzato, oppure da una semplice cooperazione con l’UE a una profonda integrazione commerciale.


Se gli sviluppi dell’Ucraina post-rivoluzionaria hanno particolare rilevanza per i Paesi in transizione, la sua esperienza sul campo di battaglia e le innovazioni belliche che ne sono scaturite sono di probabile interesse anche per le democrazie consolidate, non ultime quelle che fanno parte della NATO. Stiamo parlando sia delle minacce ibride e dei mezzi per difendersi da esse, sia della rapida modernizzazione tecnologica e tattica delle forze armate e di sicurezza ucraine, che combattono soldati e agenti della Russia sul fronte e non solo. Dal 2014 e più di qualsiasi altro Paese al mondo, l’Ucraina è bersaglio di attacchi multidimensionali di Mosca (attacchi compiuti da unità regolari e irregolari) che riguardano lo spazio mediatico e cibernetico, la politica estera e interna, così come le infrastrutture, l’economia e le istituzioni religiose, accademiche, educative e culturali. Dal 24 febbraio 2022, l’Ucraina è impegnata in una drammatica lotta per la sopravvivenza contro un aggressore teoricamente molto superiore. Il governo, l’esercito e la società civile hanno dovuto reagire in modo rapido, flessibile e sistematico a questa sfida esistenziale. Parte della reazione è stata la rapida introduzione di armi e sistemi militari all’avanguardia, tra cui una vasta gamma di veicoli senza equipaggio – aerei, acquatici e terrestri – impiegati anche grazie all’intelligenza artificiale.


Per resistere agli attacchi micidiali della Russia, l’Ucraina ha dovuto fare un uso innovativo di una serie di tecnologie duali e militari. In settori come la trasmissione e lo stoccaggio di energia, le comunicazioni elettroniche, la verifica delle informazioni, la medicina d’emergenza, lo sminamento, la psicoterapia post-traumatica e la reintegrazione dei veterani, il governo e la società del Paese aggredito non hanno avuto altra scelta se non rispondere in modo rapido e deciso. Se da un lato l’Ucraina beneficia spesso delle conoscenze, dell’equipaggiamento e dell’addestramento fornito dai suoi alleati, dall’altro sviluppa continuamente strumenti, approcci e meccanismi innovativi che potrebbero essere utili anche altrove, soprattutto nei Paesi che dovessero affrontare sfide analoghe.


L’Ucraina come problem solver


Molti osservatori considerano l’Ucraina solo un fattore di disturbo nel mantenimento, o nella restaurazione, della sicurezza europea e delle pratiche di cooperazione internazionale. Tuttavia, il rafforzamento del revanscismo e dell’autoritarismo osservabile a livello globale negli ultimi anni dipende solo marginalmente dagli sviluppi in Ucraina. L’escalation del neoimperialismo russo nello spazio postcomunista in generale, e l’ossessione genocida dei nazionalisti russi nostalgici dell’impero per l’Ucraina in particolare, ha poco a che vedere con il ruolo di quest’ultima quale oggetto su cui la Russia proietta le proprie patologie. Come la Moldova, la Georgia e gli altri Stati che subiscono pressioni esterne, l’Ucraina è semplicemente vittima – e non causa – dell’aumento delle tensioni internazionali e delle tendenze antidemocratiche.


Volenti o nolenti, l’attacco militare che la Russia ha lanciato contro l’Ucraina nel 2014 ha trasformato un Paese europeo fino a quel punto sconosciuto ai più in uno degli epicentri delle spinte regressive a livello mondiale. La decisione russa di far deflagrare il conflitto con l’invasione su larga scala ha reso l’Ucraina l’oggetto di decisioni strategiche sul futuro della sicurezza mondiale, l’ha messa al centro di uno scontro fatale tra democrazia e autocrazia e l’ha trasformata in una fonte di importanti innovazioni tecniche e amministrative potenzialmente in grado di diffondersi globalmente. Grazie agli sforzi compiuti per trasformare e difendere la loro nazione, gli ucraini stanno rimodellando radicalmente il proprio Stato, la propria economia, l’esercito e la società. E le soluzioni, i modelli di riforma e le tecnologie chiave che sono già emerse e stanno emergendo da questo processo avranno un probabile rilievo – per non dire un’importanza vitale – per molti Paesi del mondo.

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