(di Simone Zoppellaro)
26 luglio 2025
alle 19:59
La Russia di Putin, come dimostrano anche le elezioni federali tedesche di febbraio, ha preso di mira la Germania con una serie di operazioni che vanno dal sabotaggio agli attacchi cyber, fino alle campagne di disinformazione. Il tutto con il fine di indebolire e piegare Berlino, centro geografico ed economico del continente, oltre che cardine del supporto politico e militare all’Ucraina. Ma fino a che punto si è spinta Mosca fino ad oggi e che cosa potrebbe fare ancora? Indebolita da una crisi sociopolitica senza precedenti negli ultimi decenni, la Germania sarà in grado di reagire, a maggior ragione in un momento in cui il partito filo-russo Alternative für Deutschland (AfD), prima forza dell’opposizione nel nuovo Bundestag, sembra conoscere un’inarrestabile crescita? Ne abbiamo parlato con Silvia Stöber, redattrice e autrice della Tagesschau, il notiziario di Das Erste, primo canale della TV di stato tedesca Ard. Giornalista investigativa esperta di Europa orientale, Stöber ha pubblicato nel 2023 per l’editore Herder il volume Mord im Tiergarten. Putins Staatsterror in Europa (“Assassinio nel Tiergarten. Il terrore di Stato di Putin in Europa”). Un libro importante, che affronta nel dettaglio una storia significativa ma ancora poco nota, soprattutto al di fuori della Germania. Qui di seguito la nostra intervista.
Simone Zoppellaro: Partiamo dal tuo libro, un’indagine che racconta quanto avvenuto nel 2019 a Berlino: il caso di Zelimkhan Khangoshvili, il comandante ceceno georgiano ucciso nel Kleiner Tiergarten, nella cuore della capitale. Puoi raccontarci perché hai deciso di concentrarti su questo omicidio?
Silvia Stöber: La vittima era un ceceno della valle di Pankisi, in Georgia. Avevo già visitato quella valle e conoscevo la situazione dei ceceni a seguito delle due guerre condotte dallo stato russo nel Caucaso. E poi è avvenuto questo omicidio nel cuore di Berlino, proprio vicino ai luoghi più importanti della capitale. È stata un’occasione per mettere in luce i legami tra un grave fatto di cronaca avvenuto in Germania e le sue origini in una zona di conflitto a migliaia di chilometri di distanza e per fornire al pubblico il contesto. Poi, nel 2020, è iniziato il processo. Ho avuto l’opportunità di seguire il procedimento dall’accusa fino alla sentenza. A quel punto ho deciso di scriverci un libro. È stato molto interessante seguire il modo in cui le autorità hanno gestito il caso, perché inizialmente hanno pensato che si trattasse di un caso tipico di criminalità cecena e di guerre tra clan. Ma il centro di investigazione Bellingcat ha scoperto molto rapidamente che il presunto assassino non si chiamava Sokolov, come sosteneva, bensì Vadim Krasikov e aveva legami con l’apparato di potere russo. Quando anche gli investigatori lo hanno scoperto, le autorità hanno dovuto cambiare linea: l’accusa di omicidio ora si riferiva a un sospetto di terrorismo di stato con lo stato russo come mandante. Il caso ha così assunto una dimensione sia di politica di sicurezza che di politica estera.
S. Z.: Il fatto di uccidere nel centro di Berlino sembra essere stata una scelta deliberata da parte dei russi. Quale credi che sia il messaggio per la Germania, e per l’Europa, che possiamo leggere in questo omicidio?
S. S.: Khangoshvili viveva vicino al parco dove è stato ucciso. Ci andava il venerdì per poi andare in moschea. I complici dell’assassino dovevano saperlo, perché l’omicida era ben preparato pur senza essere mai stato lì prima. Queste persone evidentemente ritenevano del tutto accettabile che un ex combattente ceceno venisse ucciso in pieno giorno nel centro di Berlino, alla presenza di molti passanti. Se si considerano le reazioni di Putin alle domande su questo caso, sembrava convinto che i russi avessero fatto la cosa giusta. L’atto può anche essere interpretato come un avvertimento ai ceceni e a tutti gli oppositori di Putin: chiunque può essere ucciso ovunque in Europa. A quanto pare, l’assassino e i suoi mandanti non erano interessati alle conseguenze per le relazioni tra Germania e Russia. Oppure credevano che non ci sarebbero state conseguenze: in un certo senso avevano ragione, perché alla fine sono stati espulsi solo quattro diplomatici, facilmente sostituibili. La sentenza è stata emessa alla fine del 2021, poche settimane prima dell’invasione russa dell’Ucraina. All’epoca, il governo tedesco credeva ancora che Putin potesse essere persuaso con i negoziati. Solo dopo l’inizio dell’invasione nel febbraio 2022, i politici hanno capito cosa pensasse Putin della sovranità degli altri stati.
S. Z.: Considerando le limitate conseguenze che si sono verificate dopo questo omicidio – Krasikov, fra l’altro, è stato liberato nell’agosto 2024 in uno scambio di prigionieri – viene da chiedersi se sia possibile impedire che un atto criminale come questo si verifichi ancora in Germania. Dopo l’invasione su vasta scala del 2022, la diaspora russa è cresciuta qui in Germania: a Berlino, e non solo, grazie a intellettuali, attivisti e artisti che sono arrivati. Pensi che siano al sicuro? Qualcosa di simile potrebbe accadere di nuovo?
S. S.: Da un lato, l’attenzione delle autorità tedesche è molto maggiore da quando abbiamo così tanti rifugiati dalla Russia, e se c’è la possibilità che qualcuno sia stato avvelenato – come nel caso di una giornalista russa [si tratta di Elena Kostyuchenko, i cui lavori si possono leggere anche in italiano, NdR] e della madre di Vladimir Kara-Murza – allora si indaga immediatamente e la cosa diventa subito un grande argomento per i media. Il problema, tuttavia, è che assassini e spie non sono così facili da individuare. È possibile che ci siano agenti sotto copertura tra i tanti rifugiati. Quando così tante persone cercano rifugio in Germania, non si può controllare ogni persona e tutta la sua vita, quindi ci sono grossi rischi. Inoltre, l’Ungheria sta praticamente invitando cittadini russi con legami con l’apparato statale del Paese, e una volta arrivati in Ungheria possono viaggiare liberamente nell’Unione Europea. Quindi c’è sempre il rischio che accadano cose del genere.
S. Z.: E poi c’è il pericolo della disinformazione. Nell’ultimo decennio in Germania, a partire dalla crisi dei migranti, passando per il Covid e l’invasione su larga scala del 2022, abbiamo assistito a una crescendo della disinformazione qui in Germania, culminato nelle ultime elezioni. Ritieni che la politica si renda pienamente conto di questa minaccia, o che sia ancora sottovalutata?
S. S.: Oggi c’è una grande sensibilità. Alle elezioni federali del 2017, i media hanno effettuato per la prima volta verifiche su larga scala dei fatti per combattere la disinformazione. Le verifiche dei fatti sono ormai una pratica comune. Tuttavia, ciò non è sufficiente per combattere adeguatamente la disinformazione. E gli effetti sulla popolazione tedesca sono chiaramente percepibili. Lo si nota già ascoltando i propri amici e parenti. L’effetto è particolarmente forte sulle persone la cui visione del mondo è confermata da queste affermazioni false. Questo vale sia nella Germania orientale che in quella occidentale. Un altro punto è trovare prospettive interessanti per le persone influenzate dalla disinformazione. Qualcosa che riguardi il loro benessere e quello dei loro figli. Questa è un’idea per un approccio costruttivo per affrontare i problemi e le sfide del nostro tempo, invece di ripetere la disinformazione, prima che possa essere smascherata come falsa, e poi diffonderla attraverso i media di massa. Non dobbiamo permettere che, ripetendola, la disinformazione ci domini e diventi parte della realtà. Sarebbe meglio se la disinformazione diventasse irrilevante.
S. Z.: Ovvero l’idea è quella di creare una nuova narrazione, invece di rincorrere e contrastare la narrazione falsa?
S. S.: Sì, è un’idea. Se si guarda ad esempio alla situazione negli Stati Uniti, lì i democratici non hanno ancora trovato un modo per affrontare la comunicazione dell’amministrazione Trump. Si chiedono cosa possono offrire alla gente di meglio rispetto a ciò che dice e fa Trump. Cercano soluzioni migliori ai problemi, ma anche nuovi modi per comunicarle, anche con nuove narrazioni.
S. Z.: Nel tuo libro affronti anche il tema dell’AfD e dei suoi rapporti con la Russia, e in particolare con l’Fsb. Ora, il partito ha visto una crescita molto rapida, non solo nella Germania orientale, e si rischia possa presto prendere il potere in alcuni Länder. Quali sono, secondo te, i rischi di questa relazione? Ritieni rappresenti un pericolo concreto per la stabilità della Germania e dell’Europa?
Sì, penso di sì. Ci sono anche altri partiti, tra cui partiti radicali di sinistra come il Bsw di Sahra Wagenknecht, ma non hanno seggi nel Bundestag. Pertanto, al momento non hanno la stessa influenza dell’AfD. L’AfD minimizza i rischi per la sicurezza che provengono dalla Russia. Considera la Russia un Paese governato da un leader forte e, in un certo senso, è interessata a governare in modo altrettanto autoritario. Proprio perché è così imprudente nei confronti della Russia, è molto rischioso che guadagni potere. Adesso si discute quali compiti possa assumere l’AfD come principale partito di opposizione nel Bundestag. Sarebbe preoccupante per motivi di sicurezza che qualcuno dell’AfD fosse rappresentato nella commissione che controlla i servizi segreti che si occupano del controspionaggio. A maggior ragione ora che anche l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, in qualità di servizio segreto interno, ha stabilito che l’AfD è da classificare come partito di estrema destra e anticostituzionale in tutta la Germania.
S. Z.: Un altro punto interessante, soprattutto per il pubblico italiano. In Italia, per molte ragioni, è un tema piuttosto rilevante, data la penetrazione della propaganda russa all’interno dei media mainstream. Come valuti il modo in cui i media tedeschi, prima e dopo il 2022, raccontano la Russia? Pensi che dopo il 2022 sia cambiato molto? Ritieni che ci sia ancora un problema di influenza russa nei media o pensi sia stato in qualche modo risolto?
S. S.: Il 2022 è stato un campanello d’allarme; la maggior parte delle persone ha capito cosa sta succedendo. Persino l’AfD e la sinistra radicale hanno dichiarato che la Russia è l’aggressore e che ha invaso l’Ucraina. Questo è almeno un punto su cui siamo tutti d’accordo. Le ragioni dell’invasione russa sono invece controverse, ad esempio se la Nato sia corresponsabile perché molti paesi dell’Europa orientale hanno aderito all’alleanza. Un problema dell’attuale copertura mediatica è che spesso vengono citate dichiarazioni di Putin o di altri rappresentanti russi senza fornire un contesto che consenta di valutare in che misura tali dichiarazioni corrispondano alla realtà. Questo è spesso un problema dei portali di informazione online: data la rapidità con cui riportano le notizie, non forniscono fatti e informazioni sufficienti. Prendiamo ad esempio gli attacchi alle città ucraine come quello dell’aprile di quest’anno a Sumy, nell’est dell’Ucraina: è chiaro che sono stati uccisi molti civili. Si tratta senza dubbio di un’atrocità e di un crimine di guerra. A ciò si aggiunge però la versione russa, secondo la quale sarebbero stati attaccati solo obiettivi militari e, nel caso di Sumy, si è aggiunta l’affermazione che nella città erano presenti rappresentanti della Nato. Anche questo viene menzionato da alcuni media, ma spesso non vengono fornite informazioni sul contesto. È vero o no? Spesso la gente lo interpreta così: “Ah, è colpa degli ucraini e la Nato era lì, ancora una volta”. È un’affermazione comoda per chi non vuole credere che la Russia sia davvero responsabile. I giornalisti non possono essere ovunque per verificare tali affermazioni. Si tratta di un problema antico, ma oggi si aggiunge la rapidità con cui si diffondono le informazioni: non appena viene riportato un evento, ne succede già un altro, senza che al precedente sia stato dato spazio sufficiente.
S. Z.: Un’ultima domanda. Passiamo ai social media in Germania. Sono molto diversi dai media tradizionali. Vediamo uno spazio in cui la disinformazione russa sta penetrando in modo profondo. Certo, Musk e Trump stanno dando il loro contributo, come la Silicon Valley. Pensi che il problema sia in qualche modo gestibile? Perché stiamo assistendo a una rapida crescita dell’AfD, e vediamo una convergenza di interessi sui social media tra Mosca, l’estrema destra tedesca e anche gli Usa. È qualcosa di fuori controllo?
S. S.: Non è del tutto fuori controllo, poiché molte persone comprendono bene che ciò che viene pubblicato su Facebook, Twitter o X è in qualche modo discutibile. Tuttavia, molti non sono consapevoli dell’enorme influenza che gli algoritmi hanno su ciò che vediamo, in particolare sulla piattaforma TikTok. L’AfD ha avuto molto successo su TikTok, il che potrebbe essere uno dei motivi per cui così tanti giovani l’hanno votata. Dopo il successo di TikTok, altri partiti e molti media hanno aperto dei profili. Ad esempio, anche il telegiornale di stato, la Tagesschau, è presente da qualche tempo e pubblica video per attirare i giovani. E credo che questo abbia un certo effetto: alcune informazioni raggiungono direttamente le ragazze e i ragazzi. Resta da vedere, tuttavia, se questo sarà sufficiente per contrastare l’AfD e presentare qualcosa di diverso. L’unica risposta, a mio parere, è che abbiamo bisogno di molta più regolamentazione e trasparenza negli algoritmi, altrimenti non saremo in grado di risolvere davvero questo problema a lungo termine.

