Summer School MOST

A Palermo dal 2 al 6 settembre 2025 Memorial Italia promuove MOST. Memorial Open Society Talks.

MOST è una Summer School pensata per studenti e studentesse e giovani giornalisti/e che vogliono approfondire ed esplorare temi trasversali come l’identità, i diritti umani, i regimi politici e la memoria storica nella vasta e complessa area sociopolitica sorta dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Perché MOST?

L’aggressione militare russa in Ucraina ha indubbiamente riportato al centro del dibattito pubblico italiano un momento di intenso confronto intorno al significato di alcune categorie politiche e culturali universali: nazione e impero; identità e ideologia; democrazia e autocrazia; e, infine, guerra e pace. Tuttavia, nel linguaggio dei media questa nuova tensione si è trasformata molto spesso in una marcata polarizzazione ideologica che ha rivelato, nel corso degli ultimi anni, un certo livello di astrazione e, in misura ancora più evidente, una carenza di base: molti di coloro che scrivono di storia, società e politica ucraina e russa non hanno alcuna conoscenza dei territori e delle culture dei paesi su cui offrono ampie riflessioni. MOST vuole fornire uno spazio libero e indipendente di formazione e scambio, di analisi e approfondimento. L’ambizione è quella di creare una rete di giovani studiosi/e e giornalisti/e che possano contribuire all’elaborazione di nuovi linguaggi per articolare nel dibattito pubblico italiano un’informazione consapevole: l’intento è aiutare a comprendere non solo quanto avviene oggi in Ucraina, ma anche il significato profondo di eredità storiche, retaggi culturali e dinamiche politiche di lunga durata che hanno caratterizzato la formazione di una regione ampia e complessa come l’area post-sovietica.

Cosa è MOST?

In molte lingue slave MOST significa ponte, uno spazio di raccordo tra culture e storie. MOST nasce come un vero e proprio laboratorio di idee volto a stimolare il confronto tra i diversi linguaggi con cui oggi possiamo approfondire la conoscenza di un’area geografica tormentata di cui si continua ad avere una conoscenza superficiale e in molti casi prevenuta. MOST è una Summer School pensata per studenti e studentesse e giovani giornalisti/e che vogliono approfondire ed esplorare temi trasversali come l’identità, i diritti umani, i regimi politici e la memoria storica in quella vasta e complessa area sociopolitica sorta dopo il crollo dell’Unione Sovietica, che va dall’Europa Orientale fino all’Estremo Oriente. Per questa prima edizione MOST è costruita intorno a 5 giornate, ognuna delle quali è dedicata a un macrotema diverso. Lingua, identità e cultura: come si relazionano tra loro dinamiche linguistiche e appartenenze identitarie e culturali? Quali sono le radici storiche dell’Ucraina di oggi? Società civile e istituzioni politiche: qual è il ruolo della società civile nel fungere da contrappeso ai regimi politici? In cosa i regimi politici sorti nell’area nel corso degli ultimi decenni differiscono dalle democrazie occidentali? Guerra e confini: come comprendere il grado di contestazione dei confini politici nella regione nel corso degli ultimi trentacinque anni? Quali eredità storiche e pratiche politiche influiscono sulla loro politicizzazione e sull’emergere di nuovi conflitti? Diritti umani e giornalismo: come si è evoluta la situazione dei diritti umani e la lotta per il loro rispetto dalla caduta dell’Unione Sovietica a oggi? Chi sono i difensori dei diritti umani nella Federazione Russa? Come hanno concepito il proprio lavoro e quali sfide stanno affrontando? Come ha funzionato dagli anni Novanta a oggi il sistema giuridico in Cecenia, Daghestan, Inguscezia? Memoria storica: perché la memoria, individuale e collettiva, svolge oggi un ruolo fondamentale nel processo di autoidentificazione e nella mobilitazione sociale delle nuove comunità politiche?

Chi ‘fa’ MOST?

MOST vuole essere un importante momento di incontro tra la comunità scientifica che si occupa a vari livelli di spazio post-sovietico e il mondo del giornalismo e della comunicazione. Dunque per questa prima edizione abbiamo invitato studiosi/e ed esperte d’area come le giuriste del Centro per la difesa dei diritti umani Memoriale giornalisti/e affermati/e come Anna Zafesova (La Stampa, Linkiesta), Eugenio Cau (Il Post) e Daniele Raineri (Il Post), per imparare a maneggiare gli strumenti propri dei rispettivi settori e a sperimentare nuovi linguaggi. Il programma completo prevede lezioni, workshop, tavole rotonde, presentazioni e incontri, spettacoli teatrali, commemorazioni, visite e attività culturali.

Perché Palermo?

Abbiamo scelto Palermo come sede di MOST perché è una città per molti versi di confine, con un passato ricco di memorie intrecciate e un presente in cui la lotta per i diritti umani è parte viva del tessuto urbano. La collaborazione con alcune associazioni presenti nel territorio, come Libera contro le mafie, impegnata da decenni nella lotta alle mafie e nel ricordo delle vittime innocenti, ci permette di affrontare temi cari a Memorial Italia da una prospettiva molto diversa da quella post-sovietica, ma che presenta tante affinità. La presenza di realtà come MoltiVolti, impresa sociale dedicata all’inclusione, alla convivenza e al dialogo tra persone portatrici di culture diverse, consente di tracciare altri fili rossi nelle questioni che riguardano l’identità, i confini, le migrazioni.

Al termine delle intensissime giornate della prima edizione della nostra Summer School MOST
desideriamo ringraziare anche con un racconto per immagini
chi ha partecipato, parlato, spiegato, camminato con noi e chi ha messo testa e cuore per rendere così unica questa esperienza.

Furono circa 1000 gli italiani che vennero repressi in URSS tra il 1919 e il 1939. Di questi 1000 circa 500 appartenevano alla comunità italiana di Kerc’, che si era formata tra il ‘700 e l’800 quando contadini soprattutto di origine pugliese si erano recati in Crimea dove il clima era simile a quello mediterraneo e le terre potevano essere acquistate a poco prezzo; degli altri 500 facevano parte i cosiddetti “emigrati politici” cioè circa 300 italiani che negli anni Venti erano espatriati, spesso illegalmente, per sottrarsi all’arresto da parte delle autorità fasciste che li perseguitavano per la loro appartenenza al PCI o ad altri partiti della sinistra; i rimanenti possono essere fatti rientrare infine in una sorta di emigrazione socio-economica: artisti di teatro, musicisti, operai che, anche dopo la crisi del 1929, avevano cercato lavoro in URSS. Tra questi operai anche quelli della fabbrica “Kaganovič”, fabbrica modello per la produzione di cuscinetti a sfera costruita a Mosca dopo il 1933 dall’italiana RIV, una fabbrica in realtà di proprietà degli Agnelli.

Nel corso degli anni Venti la vita scorse relativamente tranquilla. Gli emigrati, giunti in URSS, nella maggior parte dei casi si rivolgevano al rappresentante del PCI a Mosca che trovava loro un alloggio e un lavoro. Dal 1919, infatti, dopo la creazione dell’Internazionale Comunista, ogni partito comunista invia nella capitale moscovita un proprio rappresentante permanente. Il rappresentante in questione svolgeva anche funzioni di verifica dei dati di ogni singolo emigrato giunto: dati biografici, esperienza politica passata, atteggiamento del PCI nei suoi confronti ove egli ne fosse stato membro. Se riconosciuti come emigrati politici, gli italiani giunti in URSS potevano ufruire di una speciale tessera che gli permetteva di acquistare nei negozi riservati agli stranieri. Molti di essi partecipavano alla vita dei Club degli emigrati politici cosituitisi nelle varie città sovietiche. Al loro interno era tollerata una certa franchezza di opinioni.

Le condizioni di vita cominciarono a peggiorare agli inizi degli anni Trenta sia in seguito alla collettivizzazione forzata delle campagne sia a causa dell’arrivo al potere di Hitler in Germania nel 1933. Stalin si convinse dell’imminente pericolo di una guerra contro l’URSS e da quel momento, e in maniera crescente negli anni successivi, ogni straniero divenne un potenziale nemico contro la sicurezza dello stato sovietico. La xenofobia dilagò nel paese sino a diventare tema ossessivo nella stagione del “Grande Terrore”, cioè l’anno 1937-1938 in cui solo i fucilati furono circa 800.000 persone. Anche la comunità italiana ebbe in quei 12 mesi la maggior parte delle sue vittime. Il Grande Terrore fu un processo pianificato dall’alto: il Politbjuro stabiliva quote precise di persone che andavano arrestate, processate o direttamente fucilate. L’NKVD (la polizia politica sovietica) obbediva con solerzia superando alle volte andava oltre ciò che era stato richiesto dallo stesso Stalin e dai suoi collaboratori.

Molti italiani morirono nei campi più tristemente famosi del sistema concentrazionario sovietico ma anche in quelli minori, disseminati nelle regioni più remote dell’immenso territorio russo. Nei campi del nord-ovest (a Vorkuta, a Uchta-Pečora, a Inta, a Viatka, nelle isole Solovki), in quelli delle regioni centrali (a Karaganda o a Krasnoiarsk), nei lager della Siberia del Nord-Orientale: qui, in questi luoghi di desolazione e di morte, scomparvero 120 dei 144 italiani che, soprattutto tra il 1935 e il 1939, rimasero vittime del terrore staliniano. In totale 27 furono i lager in cui vennero imprigionati, 19 le località di confino o i luoghi di deportazione in cui è stato sinora possibile rintracciare la loro presenza. Molti altri non giunsero mai né ai campi di transito né tantomeno alle destinazioni finali: 128 italiani, infatti, subito dopo l’arresto, soprattutto negli anni del Grande Terrore, cioè tra il 1937 e il 1938, morirono fucilati spesso in assenza di un seppur breve o sommario processo. Molti dei loro corpi giacciono nelle fosse comuni di Butovo o della Kommunarka nei pressi di Mosca, scoperte per la prima volta solo alcuni anni or sono.

Fonti relative agli italiani vittime di repressioni politiche in Unione Sovietica (1918-1953)

Bibliografia scelta relativa all’archivio degli italiani nel gulag

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Mappa – Località in cui furono confinati o deportati gli italiani

Mappa – Lager in cui furono detenuti gli italiani