Ludmila Ulitskaya, Daniel Stein traduttore

A cura di Elena Kostioukovitch Traduzione di Emanuela Guercetti Milano, Bompiani, 2010
copertina
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A cura di Elena Kostioukovitch
Traduzione di Emanuela Guercetti
Milano, Bompiani, 2010

Presentazione di Stefano Garzonio

Esce in questi giorni nella bella traduzione di Emanuela Guercetti (Premio Gor’kij 2013 per la traduzione) e a cura di Elena Kostioukovitch il libro di Ludmila Ulitskaya Daniel Stein, traduttore, opera vincitrice di numerosi premi e riconoscimenti, in patria alla sua uscita nel 2008 un vero best seller. Il testo della Ulitskaja, già direttrice artistica del teatro ebraico di Mosca, scrittrice nota in Italia per libri quali Medea, Funeral Party, Il dono del dottor Kukockij, Sinceramente vostro, Surik, è ispirato alla vita di un personaggio storico reale, quella di Oswald Daniel Rufeisen (1922-1998), giovane attivista ebreo-polacco del gruppo sionista Bnei Akiva, il quale, prima come traduttore presso la Gestapo e poi dopo l’arresto e la fuga nella resistenza, si prodigò per strappare tante vite all’Olocausto nella Bielorussia occupata (la città di Mir, nel romanzo Emsk). Rifugiatosi in un convento di suore e battezzatosi, a guerra terminata, Rufeisen aveva deciso di prendere i voti di frate carmelitano e tornare alla terra dei padri, in Israele, presso il monastero di Stella Maris ad Haifa. In Israele padre Rufeisen era stato poi al centro di una lunga causa giuridica per il rifiuto di concedere a lui, ebreo desideroso di ritornare nella patria storica, la cittadinanza giacché aveva abbandonato l’ebraismo per il cristianesimo, causa che lo vide uscire sconfitto con l’ottenimento poi di una semplice naturalizzazione. Padre Rufeisen sarà poi al centro di un appassionato tentativo di recupero dei legami profondi e più antichi esistenti tra ebraismo e cristianesimo, una comunità ispirata alla “chiesa di Giacomo”, fino a ricoprire un ruolo di primo piano nel dialogo tra il mondo cattolico e Israele. Ma il romanzo della Ulitskaja non è una semplice biografia, né tanto meno un distaccato testo documentario, bensì una vissuta riflessione su ebraismo e cristianesimo, su fede e umanità. La narrazione si costruisce in maniera avvincente con un incastro di testimonianze, documenti, lettere, diari, carte processuali, dialoghi (troviamo anche lettere dell’autrice all’amica Elena Kostioukovitch che ci portano, come dire, nella bottega dell’artista quasi a mo’ di commento al lavoro di scrittura), tutti sfalsati nella loro consequenzialità temporale e che per questo costringono il lettore ad una continua tensione verso la pagina seguente. Con l’avvicendarsi dei testi e l’incalzare dei rimandi e degli interrogativi, di fronte al lettore si dipana una schiera di volti, di personaggi, fissati nella descrizione in anni, in epoche diverse, in un continuo fluttuare tra i tempi recenti, la contemporaneità e i lontani anni della guerra e delle tante prigioni di cui sono vittime i tanti eroi di questo drammatico narrare polifonico. E gli spazi della narrazione mutano continuamente, dall’Europa orientale agli Stati Uniti, dall’Europa Occidentale a Israele. Il lettore, sempre chiamato a confrontarsi con i tanti quesiti, con le affinate riflessioni esposte dall’autrice e dai suoi eroi, è spinto a ripensare in prima persona alla specificità della coscienza occidentale e alle sue radici ebraico-cristiane, alla dimensione ecumenica del sentire religioso (ricordo che il romanzo della Ulitskaja risente notevolmente del pensiero del sacerdote russo ortodosso di origine ebrea Aleksandr Men’, assassinato nella provincia di Mosca nel 1990). Allo stesso tempo il libro offre una galleria di personaggi vivi, originali, tutti portatori di diversi valori e visioni del mondo. Si va dalla vecchia militante comunista Rita, passata attraverso mille lotte e persecuzioni tra Polonia e URSS, tenacemente legata agli ideali del socialismo e poi emigrata in Israele, alla figlia quarantenne Ewa ora residente negli Stati Uniti, segnata da una vita di dure prove tra orfanatrofi e paesi diversi, dall’URSS agli Stati Uniti, fino alla giovane tedesca trasferitasi in una comunità cristiana in Palestina (quasi a voler espiare le colpe dei padri), all’arabo cristiano studioso del giudaismo, allo storico dell’ebraismo yiddish, l’ex-comunista polacco Kociński, al fratello di padre Daniel Stein, all’ex dissidente sovietico divenuto fanatico ultrareligioso e terrorista, ai tanti altri volti tutti legati alla prodigiosa, direi per certi versi misteriosa parabola biografica del protagonista, traduttore poliglotta (dono simbolico come quello trasmesso agli apostoli nella Pentecoste), ma anche traghettatore di uomini, di anime, di concezioni spirituali e religiose, al di là di dogmatismi e nazionalismi. In definitiva è questo il messaggio più forte trasmesso dal libro, quello dell’ideale liberazione dell’individuo dai lacci, dalle pastoie del proprio destino contingente, la liberazione dell’uomo nella pienezza e integrità della sua essenza. Messaggio questo che in primo luogo tocca il tema sofferto e segnato da predestinazione dell’ebraismo, ma che al tempo stesso pare specificamente rivolto alle società dell’Est Europa, della cui storia spirituale il libro dell’Ulitskaja con stile lineare e genuina energia narrativa vuole offrire una specifica prospettiva sostenuta da un coraggioso avvertimento contro ogni forma di fanatismo.

Stefano Garzonio, Il Manifesto, 7 marzo 2010

Giugno 1013:
Emanuela Guercetti per la traduzione di questo libro, ha vinto il Premio Gor’kij 2013.

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It is not a neutral act. It is a political gesture — one that risks legitimizing the regime he represents and the violence it continues to unleash.Our request has nothing censorious in itself. We are not asking to silence art, but to remove visibility from a figure who is openly conniving and complicit with a political line that Europe, on the other hand, abhors and contrasts.Gergiev has consistently aligned himself with the Kremlin. He is not only an artist — he is a visible agent of cultural propaganda for a regime internationally accused of war crimes.After the invasion of Ukraine in 2022, major cultural institutions across Europe and North America have severed ties with him. His removal from the Munich Philharmonic, the Rotterdam Philharmonic Orchestra and other leading stages was not censorship — it was a moral stand against war propaganda cloaked in cultural prestige. Because of Gergiev’s stance on Mr. Putin and his politics, personal sanctions against him were recently adopted by Canada.This return on a prestigious stage in the heart of Europe, thanks to the support of public institutions, signals a dangerous shift. It normalizes an effective weapon in hybrid war: cultural propaganda. As widely documented, the Russian regime makes extensive use of such events internally to justify its aggression against Ukraine and its war against Western values. On the other hand, such events have a detrimental effect on the European Union, as they discredit the same countries and institutions that have been engaged for years in a longstanding fight against the threat posed by the Russian regime on European values, culture, and security.Art is never apolitical in times of war. Cultural spaces are not neutral zones; they shape public memory, values, and legitimacy. Hosting Gergiev while war crimes continue — while Ukrainian cities are bombed and civilians are killed and deported — turns theaters into platforms for whitewashing brutality. For all of the above reasons, we call for: • The cancellation of the 27th of July 2025 event in Caserta. • A transparent investigation by the European Commission into the use of public funds, including EU funding, for cultural events featuring Valery Gergiev or other active supporters of the Russian regime. • The launch of initiatives by the European Commission aimed at promoting a culture of peace through art, as a response to the use of culture as a propaganda tool by the Russian regime. La seconda lettera è stata consegnata ai presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. Memorial Italia, a fronte delle ormai numerose occasioni in cui la propaganda russa ha avuto la possibilità di trovare spazio in Italia (oltre al caso Gergiev, si nominano le proiezioni dei documentari prodotti da Russia Today, sottoposta a sanzioni UE e altri casi), richiede la creazione di un apposito organismo di controllo parlamentare per contrastare il dilagare della propaganda russa in Italia, anche alla luce dell’uso strumentale che il regime putiniano fa della propaganda sul fronte interno. Alla c.a. del Presidente del Senato della Repubblica On. Ignazio La Russa e del Presidente della Camera dei Deputati On. Lorenzo FontanaMisure urgenti contro la propaganda russa e la guerra ibrida del Cremlino in relazione all’aggressione dell’Ucraina Egregi Presidenti,la nostra associazione, Memorial Italia, è espressione nel nostro paese della ONG russa Memorial, impegnata dai

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15 luglio 2025. Sedici anni dalla morte di Natal’ja Estemirova.

Il 15 luglio 2009 è stata uccisa Natal’ja Estemirova, attivista per i diritti umani e giornalista. Le circostanze della sua morte non sono ancora state chiarite. Estemirova era direttrice della sezione cecena del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, si è occupata di crimini di guerra, torture e rapimenti di civili durante la Seconda guerra cecena. Per celebrare la memoria della nostra collega Natal’ja Estemirova, MOST Summer School di Memorial Italia (2-6 settembre 2025) sarà ospite di Alloro Fest, festival organizzato dal Giardino dei Giusti di Palermo. Il Giardino dei Giusti di Palermo è stato inaugurato il 25 febbraio 2008 in via Alloro, nel centro storico della città e nei pressi del vecchio quartiere ebraico della Moschita. Grazie alla collaborazione con Gariwo il 4 settembre verrà posata nel Giardino una maiolica in ricordo dell’impegno di Natal’ja per i diritti umani, la libertà di informazione e la memoria degli oppressi. La cerimonia avrà luogo alle 17:00 alla presenza delle autorità cittadine e di tutta la cittadinanza. Natal’ja Estemirova nasce il 28 febbraio 1958 nella città di Kamyšlov nella regione di Sverdlovsk in una famiglia di origine ceceno-russa. Si laurea in storia all’università di Groznyj e lavora come insegnante. Dopo la Prima guerra cecena si occupa di giornalismo, difesa dei diritti umani, assistenza agli ex prigionieri dei “centri di filtraggio” in Cecenia. Nell’autunno del 1999 Estemirova inizia a collaborare con il Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, lavora nella sede del Centro Memorial aperta a Groznyj, indaga su rapimenti e uccisioni di civili in Cecenia. Nel 2001 si avvicina alla giornalista Anna Politkovskaja e all’avvocato Stanislav Markelov. Dopo l’assassinio di Anna Politkovskaja inizia a scrivere per Novaja gazeta sotto pseudonimo. Estemirova documenta i crimini di guerra commessi dalle forze armate della Federazione Russa in Cecenia, i “rastrellamenti”, le esecuzioni sommarie di civili e gli attacchi indiscriminati sui centri abitati. Grazie al suo lavoro il mondo può vedere le immagini della cittadina di Novye Aldy, nei pressi di Groznyj, distrutta dalle forze armate della Federazione Russa, e può ascoltare le testimonianze degli abitanti. Il 5 febbraio 2000 le forze armate della Federazione Russa uccidono almeno 56 persone (secondo le informazioni del Centro Memorial) nel corso di un “rastrellamento” a Novye Aldy: anziani, donne e bambini. Tra le vittime non c’è nessun combattente. Si tratta di uno degli episodi più sanguinosi della Seconda guerra cecena. A venticinque anni dalla tragedia i colpevoli non sono ancora stati trovati né sono state individuate le responsabilità. Nel 2009 Estemirova torna a Novye Aldy per parlare con gli abitanti. Nell’occasione viene girato Aldy. Bez sroka davnosti (Aldy. Non c’è prescrizione), documentario del Centro per la difesa dei diritti umani Memorial, che uscirà dopo la morte di Natal’ja. Grazie alle inchieste di Estemirova si apprende anche del bombardamento sul paese di Rigach, avvenuto l’8 aprile 2004, nel corso del quale muoiono una donna e i suoi cinque bambini. Le forze armate della Federazione Russa negano i fatti. Estemirova fotografa le conseguenze del bombardamento, le case distrutte, i frammenti della bomba con la marcatura. Di propria iniziativa gli abitanti aprono la tomba per permetterle di fotografare e riprendere i cadaveri. Si apre un procedimento penale, ma il processo non viene istituito. Estemirova fa parte della Commissione di ispezione carceraria, per un mese presiede il Consiglio pubblico di Groznyj, ma il presidente ceceno Ramzan Kadyrov la “dispensa” dall’incarico. Due volte, dopo avere avuto una “conversazione” con il presidente ceceno che la minaccia personalmente, Natal’ja lascia per alcuni mesi la Russia, ma poi fa ritorno in Cecenia. La mattina del 15 luglio 2009 ignoti rapiscono Natal’ja Estemirova nei pressi della sua abitazione a Groznyj. Lo stesso giorno il suo cadavere viene ritrovato intorno alle tre di pomeriggio in Inguscezia, nella località di Gazi-Jurt. Il corpo di Natal’ja riporta ferite da arma da fuoco al torace e alla testa. Il funerale di Natal’ja Estemirova si tiene a Groznyj il giorno successivo. Partecipano centinaia di persone. I mandanti, gli organizzatori e gli esecutori dell’omicidio non sono ancora stati individuati. La versione ufficiale dell’istruttoria, grossolanamente prefabbricata, parla di “vendetta dei combattenti”. Natal’ja Estemirova sul ruolo dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani in situazioni di guerra: “Capisci che la forza è impari: la forza sta dalla parte dei cannoni e un giornalista ha solo l’arma della parola. E vedi che le persone hanno priorità differenti. I giornali e le persone istruite dicono che stiamo con i separatisti, con i combattenti, ma per gli abitanti dei villaggi di montagna la cosa importante è non essere ammazzati. Lo devo dire, sono una pacifista assoluta, sono contro la guerra in ogni forma, senza alcuna riserva. Sono contro l’avere un’arma in casa: di sicuro sparerà e di certo non salverà nessuno. Da noi il pacifismo non è popolare. E non lo è nemmeno la difesa dei diritti umani. Ma questo non significa che la situazione sia disperata. Lo ripeto, più di una volta nella mia esperienza ho visto che proprio la parola è stata più che efficace, soprattutto quando si sono unite le voci di giornalisti di provenienza diversa, di paesi diversi”.  

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8 luglio 2025. Perquisizioni e arresti per Revol’t Centr a Syktyvkar.

Ultimo aggiornamento al 10 luglio 2025. Come riferisce la testata indipendente 7×7 Gorizontal’naja Rossija, già il 10 luglio il tribunale di Syktyvkar ha rilasciato Dar’ja Černyšova, direttrice di Revol’t Centr, cui è stato tuttavia vietato di accedere alla sede di Revol’t Centr, comunicare con i testimoni del caso e con i collaboratori di Revol’t Centr e 7×7 Gorizontal’naja Rossija. Le è stato inoltre vietato l’utilizzo di Internet e telefono. * * * Ieri, martedì 8 luglio 2025, a Syktyvkar, capoluogo della Repubblica dei Komi nella Russia europea nordoccidentale, le forze dell’ordine hanno perquisito i collaboratori e i locali di Revol’t Centr, spazio culturale indipendente dedicato a Revol’t Pimenov, matematico e dissidente, tra i fondatori di Memorial Komi e del movimento Memorial stesso, scomparso nel 1990. È stata perquisita anche l’abitazione di Igor’ Sažin (nella foto), come Pimenov tra i fondatori di Memorial Komi. Sažin è stato prelevato e quindi interrogato in qualità di testimone. Inoltre, nel corso della mattina, attivisti, difensori dei diritti umani e giornalisti sono stati perquisiti e interrogati a Petrozavodsk, Kaliningrad, Novgorod, Irkutsk e Joškar-Ola: alcune di queste perquisizioni sembrano essere collegate a quella svolta presso Revol’t Centr. Così si è espresso Memorial Komi: Nella mattina dell’8 luglio 2025 le forze dell’ordine hanno effettuato perquisizioni ingiustificate nei confronti dei collaboratori dello spazio culturale indipendente Revol’t Centr a Syktyvkar. Non esiste alcuna spiegazione di carattere pubblico circa le motivazioni di queste perquisizioni. Riteniamo illecite tali azioni. Revol’t Centr è uno spazio culturale che ospita fiere del libro, conferenze di storia, mostre fotografiche e molto altro. Per tutti noi Revol’t Centr promuove i valori della libertà, della creatività e dell’amore per la nostra città! Condividiamo le parole di solidarietà, sostegno e gratitudine di Memorial: per noi Revol’t Centr è simbolo di libertà e intraprendenza nella terra del Gulag, simbolo di memoria e superamento delle difficoltà, ma anche simbolo di una natura fatta di erica, muschio e licheni. Come riportato dalla testata giornalistica indipendente Vot Tak, in seguito alle perquisizioni è stata arrestata Dar’ja Černyšova, direttrice di Revol’t Centr, accusata di avere violato le norme previste in quanto agente straniera. In realtà Černyšova non è mai stata iscritta nel cosiddetto registro degli agenti stranieri, ma nel 2023 è stato iscritto nel registro il portale d’informazione indipendente 7×7 Gorizontal’naja Rossija con il quale Černyšova ha collaborato fino al 2022. Contestualmente è stato avviato un procedimento per tradimento della patria nei confronti di Pavel Andreev. Andreev, oltre a essere uno dei creatori di 7×7 Gorizontal’naja Rossija e di Revol’t Centr, è anche uno degli attivisti di spicco di Memorial, essendo stato membro del consiglio direttivo di Memorial Internazionale fino alla sua chiusura imposta dal governo russo nel 2022. Il nostro collega al momento non si trova nella Federazione Russa.

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