Natal’ja Estemirova, l'attivista di Memorial uccisa nel 2009

Natal’ja Estemirova era nata nella città di Kamyšlov nella regione di Sverdlovsk il 28 febbraio 1958. I suoi genitori erano operai. Sua madre era  di origine russa e il padre, ceceno, ancora bambino, era stato deportato nel 1944, insieme alla sua famiglia dalla Cecenia in Kazakhstan. All’età di 19 anni Natal’ja si era trasferita insieme al padre in Cecenia dove aveva conseguito nel 1983 la laurea in storia presso l’Università Ceceno-inguscia.  Fino al 1998 a periodi alterni aveva insegnato storia nella Scuola N° 7 di Groznyj. Nella primavera del 1992 era stata tra i leader del movimento degli insegnanti. Alla fine del 1992 durante il conflitto osseto-inguscio aveva partecipato ai negoziati per la liberazione degli ostaggi. Nello stesso periodo si era sposata e aveva dato alla luce una figlia. Suo marito è morto all’inizio della seconda guerra cecena. Dopo la prima guerra cecena Natal’ja ha lavorato come giornalista per la televisione di Groznyj realizzando delle inchieste sulle vittime del conflitto. È stata portavoce dell’Associazione prigionieri dei campi di filtraggio e subito dopo l’inizio della seconda guerra cecena, nell’autunno del 1999, ha cominciato a collaborare con il Centro di difesa dei diritti umani Memorial che era appena stato aperto in Inguscezia. Nel marzo 2000 si è trasferita a Groznyj dov’era stata aperta un’altra sede di Memorial. Nella capitale cecena Natal’ja si occupava del monitoraggio delle violazioni dei diritti umani in Cecenia. Nel 2008 il presidente della Cecenia, Ramzan Kadyrov, aveva nominato la Estemirova responsabile del Consiglio per la promozione dei diritti umani e delle libertà civili, per poi espellerla nel marzo dello stesso anno la sua presa di posizione contro l’obbligo del velo per le donne.

Natal’ja è stata membro del Consiglio di esperti della Commissione per i diritti umani della Federazione Russa. Nel 2004 le è stato conferito dal Parlamento svedese il premio “Diritto a esistere”. Nel 2005, insieme a Sergej Kovalev, è stata insignita della “Medaglia Robert Schuman” e nel 2007 è stata la prima vincitrice del premio intitolato ad Anna Politkovskaja. Collaborava regolarmente al giornale moscovita “Novaja gazeta”, dove firmava gli articoli con il suo vero nome o con degli pseudonimi, e scriveva anche per “Groznenskij rabochij”, “Čečenskoe obščestvo” e “Golos Čečenskoj respubliki”.

Il 15 luglio 2009, di primo mattino, Natal’ja Estemirova è stata rapita a Groznyj vicino alla sua abitazione e quello stesso giorno il suo corpo privo di vita è stato rinvenuto nei pressi del villaggio Gazi-Jurt in Inguscezia.

Natal’ja Estemirova è morta lasciando una figlia di 15 anni, Lana.

“Due anni dopo l’assassinio di Natal’ja Estemirova: l’indagine prosegue su una pista falsa”
Il rapporto
Questo rapporto è stato presentato il 14 luglio 2011 da HRC “Memorial”, International Federation of Human Rights (FIDH) e “Novaja Gazeta”.

Natal’ja Estemirova è stata rapita e uccisa il 15 luglio 2009. A partire dal 16 luglio le indagini sono state condotte da un investigatore capo del Dipartimento Investigativo centrale della Commissione d’inchiesta Sobol, addetto ai casi speciali.

Dall’inchiesta sul caso N°09500038 sono emersi quattro possibili moventi dell’assassinio che qui citiamo: “1.  L’omicidio è connesso alla sua attività professionale; 2. È stato usato per screditare le autorità della Repubblica cecena; 3. È legato a problemi di ostilità nei suoi confronti; 4. La Estemirova è stata uccisa da agenti delle forze speciali della Repubblica di Cecenia per aver divulgato notizie sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia.”

Fin dall’inizio l’indagine disponeva di prove schiaccianti. Lo studio dei residui rinvenuti sotto le unghie della vittima e delle tracce biologiche presenti sui suoi indumenti avevano consentito di risalire ai suoi rapitori e agli assassini. Sarebbero risultate almeno tre le persone coinvolte, tra cui una donna non ben identificata.

Circa sei mesi dopo, nel gennaio 2010, gli inquirenti ricevettero una “prova” che risultò determinante per formulare la versione ufficiale sul crimine: “il rapimento e l’assassinio di Natal’ja Estemirova erano stati commessi da Alkhazur Basaev e da altre persone non ben identificate”.

Dopo aver esaminato i materiali a disposizione sul caso e aver condotto un’ indagine indipendente, siamo giunti alla seguente conclusione:

  1. L’inchiesta che è stata effettuata non ha prodotto alcuna prova convincente del coinvolgimento di Alkhazur Basaev nel rapimento e nell’omicidio di Natal’ja Estemirova.
  2. Dall’analisi dei materiali a disposizione si evince invece che  la prova ritenuta “fondamentale” dagli inquirenti potrebbe essere stata oggetto di una manipolazione allo scopo di far apparire la “versione Basaev” come la più attendibile. Lo stesso vale per l’arma rinvenuta in un nascondiglio, che sarebbe stata utilizzata, a detta degli inquirenti, per uccidere la Estemirova; nonché per l’identificazione di Bashaev da parte delle forze di polizia basata solo sulla prova di una fotografia. Inoltre, gli investigatori non hanno mai mostrato alcun interesse per gli armamenti rinvenuti nel nascondiglio. Sarebbe stata rinvenuta anche un’auto, una VAZ-2107 –  modello che sarebbe stato utilizzato per il rapimento della Estemirova – dalla cui targa risulta che la macchina apparteneva a Basaev. Gli investigatori avrebbero inoltre trovato un silenziatore. Ma, a detta di altri esperti, non esisterebbe nessun altro indizio convincente che potrebbe far pensare all’ipotesi di un rapimento. Tra l’altro, Natal’ja Estemirova non sarebbe stata uccisa con un’arma dotata di silenziatore. Tuttavia, l’elenco delle “stranezze” difficili da ignorare non finisce qui.
  3. Gli investigatori non sono ricorsi a test alternativi a quello del Dna per i possibili sospetti. Alcuni campioni di materiali biologici, ormai scaduti, non risultavano più utilizzabili per ulteriori test. La “versione Basaev” non è mai stata pienamente comprovata dall’inchiesta, tuttavia ora non è più possibile effettuare dei test del Dna anche sui parenti di Basaev e questo esclude ogni eventuale possibilità di confronto tra le prove.
  4. Gli investigatori non hanno effettuato test comparati del Dna per indagare sul possibile coinvolgimento di altri responsabili, inclusi funzionari dello Stato.

Riteniamo che un’indagine davvero efficace e risolutiva sul caso dell’assassinio di Natal’ja Estemirova non si possa effettuare senza la partecipazione attiva della parte lesa. Tale partecipazione è sancita non solo dal Codice Penale Russo, ma anche dalle norme del Diritto internazionale.

Questo rapporto è stato presentato al Presidente Dmitrij Medvedev il 5 luglio 2011, nel corso di una riunione del Consiglio della Presidenza sullo Sviluppo delle Istituzioni Civili e la Promozione dei Diritti Umani.

***

Migliaia di assassini sono ancora in libertà
Natal’ja Estemirova

Stas è stato ucciso. Non riesco a crederci. Era un uomo alto, felice, temerario, allegro, che non si tirava mai indietro di fronte alle difficoltà. Ancora qualche giorno io ed Elsa Kungaeva avevamo parlato con lui al telefono.

La prima volta era venuto a Groznyj con Anna Politkovskaja, in veste di legale di Astemir Murdalov, che risiedeva nella capitale cecena. Suo figlio Selimchan era stato rapito nel 2001 da un reparto della milizia e ed era sparito senza lasciare tracce. Il caso era arrivato in tribunale solo nel 2003, e questo grazie all’impegno coraggioso e incessante di Anna Politkovskaja. Il giudice istruttore ha fatto di tutto  perché il processo si arenasse. Solo uno dei criminali responsabili, Sergej Lapin, era stato portato davanti alla corte. Il processo è finito solo nel marzo 2005. Se alla fine Lapin è stato condannato è merito di Stanislav Markelov. Per oltre un anno il giudice si è astenuto dal prendere la decisione di far arrestare Lapin. In alcuni momenti il magistrato si comportava quasi come se fosse l’avvocato difensore di Lapin. È solo grazie alle abili competenze, alla tenacia e al coraggio di Markelov che Lapin alla fine è stato condannato.

Si tratta di uno dei rarissimi casi in cui un assassino responsabile di un crimine commesso in Cecenia, paese dove l’ufficiale Lapin era stato inviato per contribuire alla costruzione di un nuovo ordine politico, sia stato effettivamente condannato al carcere.

Altre migliaia di assassini, che hanno ucciso o compiuto crimini efferati in nome dello Stato, girano invece liberi.

Questo accade da un lato a causa della presenza di giudici che non trovano il coraggio di interrogare gli alti gradi militari coinvolti nei crimini, convinti che i responsabili aspetteranno pazientemente la sentenza in libertà, e dall’altro a causa delle numerose forze della milizia che non riescono a scovarli nelle immense distese russe.

Il giudice responsabile delle indagini non ha ritenuto necessario convocare in tribunale Minin e Prilepin, i diretti superiori di Lapin, e solo grazie all’abilità professionale di Markelov, sono emerse le loro responsabilità e si è deciso di dare loro la caccia. Sono tuttora latitanti.

Markelov ha vissuto una vita coraggiosa, senza badare ai rischi. Accettava ogni sfida con slancio, soprattutto quando si trattava di difendere un innocente. Detestava la violenza. Il fascismo era per lui l’essenza della violenza. Mi è capitato solo una volta di vedere Stanislav arrabbiato ed è stato quando in sua presenza sono state affrontate queste tematiche in modo superficiale e avventato. In quel momento mi è stato chiaro come mai combattesse con una tenacia così disperata contro chiunque compisse del male con le proprie azioni. Per lui erano tutti dei fascisti. E la lotta contro i fascisti, che fossero giovani skinhead o adulti violenti e attaccabrighe, era la sua ragione di vita.

In nome dei suoi ideali vagava sotto le bombe per le città devastate, dove durante la notte le strade erano presidiate dai carri armati e le persone sparivano senza lasciare traccia. Non temeva le reazioni di chi deteneva il potere nei cui confronti mostrava anzi un atteggiamento irrisorio.

Neppure certi sms che riceveva riuscivano a spaventarlo. Messaggi del tipo: “Devi esserti bevuto completamente il cervello per decidere di infilarti daccapo nel processo Budanov.  Non c’è che dire sei proprio un idiota, possibile che non riesci a trovare dei metodi più comodi per suicidarti? Faresti meglio a rivolgerti direttamente al centro trapianti, lì sì che i tuoi organi tornerebbero utili a qualcuno… almeno così non creperesti inutilmente.  Forse riceveresti addirittura dei soldi… Non è che quest’anno ti è venuta l’idea di liberarci della tua presenza?”

L’assassinio di Markelov è una dichiarazione di guerra. Ora si pone inevitabile una domanda: da quale parte si schiererà Stato?

21 gennaio 2009

***

La rivincita degli uomini
Natal’ja Estemirova

Le donne cecene la loro guerra l’hanno vinta e ora si vuole loro imporre di coprire il volto col velo.

Il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, durante il suo discorso alla vigilia del Ramadan, in occasione dell’inizio del digiuno, ha imposto a tutte le donne che lavorano presso gli enti pubblici di portare il velo. Per gli uomini non vi sono state disposizioni analoghe, benché la tradizione islamica stabilisca che sia gli uomini che le donne siano tenuti a mostrarsi in pubblico col capo coperto. Qualcuno però non ha voluto prendere sul serio quest’ordine, dato che in fondo non era la prima volta che venivano date simili disposizioni. Una docente universitaria che ha trasgredito si è presentata a lezione come d’abitudine ed è stata costretta a telefonare al marito per chiedergli di portarle con urgenza un foulard. In caso contrario le sarebbe stato impedito l’ingresso nella sede universitaria.

Così vanno le cose. In Tatarstan le donne lottano per il diritto di portare il velo, in Cecenia, invece, vengono attaccate quelle donne che si rifiutano di portarlo.

È un fatto bizzarro. In Cecenia ogni volta che gli uomini cominciano a fare grandi  discorsi sull’indipendenza e sulla libertà, subito pretendono d’imporre alle donne il velo. Così è stato nel 1991 prima della “Rivoluzione” e tra il 1997 e il 1999. È un brutto segno. Un anno e mezzo fa Ramzan Kadyrov, allora ancora premier, aveva parlato dei vantaggi del velo, rilevando l’influenza dannosa dei telefoni cellulari sulla moralità delle giovani donne. Aveva persino elargito 1000 dollari ad alcune donne cecene che si erano adeguate alle sue disposizioni, comportandosi quindi in modo esemplare. Una di loro aveva rifiutato il denaro spiegando che indossava il velo non perché le veniva richiesto, ma perché le piaceva portarlo.

Durante gli anni del conflitto, quando gli uomini erano occupati a uccidere e distruggere, le donne mettevano al mondo bambini, procuravano l’acqua, cuocevano il pane. Quando gli uomini venivano prelevati durante i rastrellamenti,  le donne incuranti di qualsiasi ostacolo, distribuivano il cibo nei villaggi assediati e prestavano il loro soccorso. Spesso mostravano compassione anche verso i soldati russi, che, come loro, erano vittime della guerra. Durante la guerra e proprio a causa della guerra (quando erano le donne a lavorare e a mantenere le famiglie), gli uomini ceceni si erano resi conto che il ruolo delle donne all’interno della società era cresciuto. Oggi hanno forse intenzione di vendicarsi pretendendo il ritorno a tradizioni ancestrali? O c’è dell’altro? Oltretutto secondo la nostre tradizioni caucasiche, solo un parente stretto della donna – padre, marito o fratello  che sia –  ha la facoltà di dettare delle imposizioni. Tutti gli uomini ceceni hanno ora dunque delegato questo diritto ad una sola persona? “Comunque è giusto” ha dichiarato una mia conoscente, vice ministro, “anche se non indosso volentieri il velo, è arrivato il momento di portarlo. Abbiamo a lungo peccato e il profeta ci ha indicato di coprirci il capo col velo”. Se solo anche altri comandamenti venissero osservati da tutti con lo stesso zelo…

Il mese del digiuno è finito, ma l’imposizione di coprire il capo col velo resta. I capelli della conduttrice del telegiornale sono nascosti da un foulard.

“Novaja gazeta”, 18.10.2007

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Giugno 2025. People First in Italia: l’appello della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022.

Al termine di una quattro giorni di incontri istituzionali e pubblici Memorial Italia esprime soddisfazione e gratitudine nei confronti dei numerosi interlocutori con i quali ha avuto modo di confrontarsi tra l’8 e l’11 giugno 2025 come parte della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022 in Italia, costituita da Oleg Orlov (Memorial, Russia), Oleksandra Romantsova (Center for Civil Liberties, Ucraina) e Leonid Sudalenka (Viasna. Human Rights in Belarus, Belarus), accompagnati da Giulia De Florio e Andrea Gullotta, presidente e vicepresidente di Memorial Italia. La delegazione ha presentato la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, il cui obiettivo è richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Nel marzo del 2022 Della Vedova, all’epoca sottosegretario agli Esteri, aveva avuto modo di parlare telefonicamente con Oleg Orlov nel corso delle perquisizioni condotte nella sede di Memorial a Mosca, esprimendo solidarietà a nome del governo italiano. Nell’occasione si è intrattenuto con la delegazione per approfondire le questioni legate al sostegno italiano e internazionale agli attivisti dei tre paesi. Nel pomeriggio Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno animato l’incontro Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali. A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. Nella mattinata dell’11 giugno la delegazione ha partecipato all’udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e nel pomeriggio ha tenuto un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica, intrattenendosi al termine con alcuni senatori, tra i quali Cinzia Pellegrino (FDI) e Filippo Sensi (PD), per approfondire le questioni emerse nel corso dell’audizione. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato agli incontri e tutti i giornalisti che hanno voluto dare spazio e risonanza all’iniziativa. Corriere della Sera (Irene Soave): Il Nobel dissidente Oleg Orlov: «L’Ucraina è stata disponibile, Mosca mente anche sui detenuti. Un dialogo però è possibile» | Corriere.it. Il Giornale (Angelo Allegri): ll premio Nobel Orlov: “Cedere adesso a Putin aiuta solo gli estremisti del regime russo” – il Giornale. Tg1 (Enrico Bona): Il dissidente Oleg Orlov: “Migliaia di civili ucraini detenuti in Russia in condizioni spaventose”. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Orlov. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Romantsova. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Sudalenka. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov sullo scambio mediato da Biden. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su negoziati prigionieri. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su diaspora. Gr1, Rai Radio1, ore 08:00 (Carla Frogheri): Intervista a Oleg Orlov sulla campagna “People First” (dal minuto 10.30). Rai Radio1 (Carla Frogheri): Radio anch’io | Proteste pro-migranti negli USA. Il conflitto in Ucraina | Rai Radio 1 | RaiPlay Sound (dal minuto 34.50). L’Avvenire (Raffaella Chiodo Karpinsky): Orlov: «Il bavaglio a Memorial non riesce a zittirci dall’estero». Adnkronos (Simona Poidomani): “In Russia torture sistematiche su dissidenti e ucraini”, la denuncia di Oleg Orlov. Radio Radicale (Francesco De Leo): Intervista a Oleg Petrovic Orlov, biologo, politico e attivista russo, impegnato nei movimenti per i diritti umani post-sovietici in Russia, tra i fondatori e co-presidente del consiglio direttivo del Memorial Human Rights Center, associazione premiata ne (12.06.2025). Il Manifesto (Sabato Angieri): «Putin è imperialista, ma i russi vogliono la fine della guerra» | il manifesto. Vita (Alexander Bayanov): Il Nobel per la pace Orlov: «Sono tanti i russi che non vogliono la guerra, ma non possono dirlo» – Vita.it. L’Europeista (Marco Setaccioli): “In Russia regime fascista, ma la gente ormai vuole solo pace”, intervista al Premio Nobel Oleg Orlov – L’Europeista.

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#2 | Modalità e strumenti della propaganda russa.

Continuiamo a segnalare materiali che analizzano e aiutano a comprendere meglio le modalità e gli strumenti utilizzati dalla propaganda russa per seminare incertezza, disinformazione e caos anche ben oltre i confini nazionali. Con il protrarsi della guerra i meccanismi con cui si cerca di infiltrare narrazioni propagandistiche e “alternative” sull’invasione dell’Ucraina continuano a funzionare. Sono vari gli strumenti che ne facilitano l’insediamento e la diffusione. Riteniamo dunque importante segnalare documentari, ricerche e articoli che analizzano le narrazioni propagandistiche russe e i tentativi di penetrare il sostrato dell’informazione globale e, in molti casi, italiana. Il sito di LA7 mette a disposizione il documentario di Francesca Mannocchi Lirica ucraina. Dopo mesi in cui questioni economiche e geopolitiche sono state i principali temi del dibattito pubblico, il documentario rimette al centro le principali vittime dell’aggressione russa: la popolazione civile e le città ucraine. Le immagini mostrano testimonianze di chi è costretto a vivere quotidianamente la guerra in prima persona e la distruzione provocata da più di tre anni di bombardamenti sul territorio ucraino: RivediLa7, Lirica Ucraina, francesca Mannocchi. L’Istituto Gino Germani pubblica la ricerca Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane, condotta da Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey. Lo studio è basato su quattro case study con l’obiettivo di discutere i principali fattori storico-politici e culturali che hanno reso la società italiana più permeabile all’influenza della narrazioni strategiche filo-Cremlino e sulla base dei ventotto manuali scolastici analizzati individua le principali narrazioni filorusse: Il paper integrale di Massimiliano Di Pasquale e Iryna Kashchey su “Narrazioni strategiche russe nei libri di testo delle scuole secondarie di primo grado italiane” – Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Matteo Pugliese per Affari Internazionali si concentra sulle operazioni clandestine condotte dal regime russo evidenziando in particolare quelle svolte sul territorio italiano: La campagna di sabotaggi russi in Europa interessa anche l’Italia – Affarinternazionali.

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