Comunicato ufficiale di Memorial Italia

A proposito della liquidazione di Memorial Internazionale e del caso Dmitriev

28 dicembre 2021

Comunicato ufficiale di Memorial Italia a proposito della liquidazione di Memorial Internazionale e del caso Dmitriev.

Oggi, 28 dicembre 2021, è stata decretata la liquidazione forzata di Memorial Internazionale, richiesta in data 11 novembre 2021 dalla Corte Suprema della Federazione Russa a causa di presunte violazioni della “legge sugli agenti stranieri”. La chiusura di Memorial Internazionale è un evento di inaudita gravità: la Russia perde un’associazione storica, un centro di ricerca di livello internazionale e uno dei punti di riferimento della società civile russa. Le sue numerose attività le sono valse diversi riconoscimenti, tra cui il Right Livelihood Award 2004, il Premio Sacharov 2009 e il Premio Freedom of Expression 2012, oltre alla candidatura al Premio Nobel per la Pace 2015.

Fondata da alcune personalità di spicco del movimento dissidente sovietico, tra cui il Premio Nobel per la pace 1975 Andrej Sacharov, Memorial si è prefissata sin dalla sua nascita di preservare la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e di monitorare il rispetto dei diritti civili dapprima nello stato sovietico, e poi nello spazio postsovietico dopo il collasso dell’URSS. Negli anni Memorial è diventato un centro di ricerca fondamentale per lo studio delle repressioni sovietiche, ma anche un’associazione attenta agli sviluppi della neonata democrazia russa. La creazione di un centro di monitoraggio per i diritti umani ha segnato un passaggio fondamentale, oltre a provocare un cambiamento di atteggiamento nei confronti di Memorial da parte del potere russo.

A partire dagli anni Novanta, e con maggiore vigore dopo l’avvento al potere del presidente Vladimir Putin, Memorial si è trovata al centro di pressioni sempre maggiori, che hanno portato anche all’uccisione di alcuni suoi collaboratori impegnati nel lavoro di salvaguardia dei diritti umani in Cecenia e altrove. A partire dal 2012 l’introduzione della legge sugli agenti stranieri in Russia ha segnato un ulteriore momento di svolta: Memorial si è opposto a questa legge, mirata a soffocare la società civile sottoponendola a una doppia pressione, istituzionale e pubblica. Diverse sezioni di Memorial sono state colpite dal provvedimento a partire dal 2014, mentre la stessa Memorial Internazionale – ente giuridico che coordina tutte le attività e sezioni di Memorial in Russia e all’estero – è stata iscritta nel registro degli agenti stranieri nel 2016. Da allora, Memorial Internazionale è stata costretta a pagare numerose multe e a subire diverse intimidazioni, l’ultima delle quali lo scorso 15 ottobre 2021, quando sconosciuti a volto coperto hanno fatto irruzione nella sede moscovita dell’associazione durante la proiezione del film L’ombra di Stalin della regista polacca Agnieszka Holland.

A margine di tutto ciò, si registrano negli ultimi anni altri tipi di attacchi, questa volta giudiziari, come quelli contro Ojub Titiev (direttore di Memorial Grozny, incarcerato per possesso di droga) e Jurij Dmitriev (direttore di Memorial Carelia, accusato di pedopornografia). I casi sono basati su accuse palesemente false e, se Titiev è stato rilasciato, Dmitriev, oggi sesssantacinquenne, è stato condannato ieri, 27 dicembre 2021, a 15 anni di reclusione da scontare in una colonia penale. È atteso per domani, 29 dicembre 2021, il verdetto riguardante il Centro per i diritti umani, che fornisce assistenza legale e materiale a centinaia di prigionieri politici, accusato da un tribunale cittadino di Mosca in un processo parallelo di sostenere idee terroristiche per il semplice fatto di annoverare nelle proprie liste di prigionieri politici attualmente detenuti in Russia esponenti accusati di essere appartenenti ad organizzazioni terroristiche, e nonostante Memorial abbia sempre dichiarato di non sostenere in alcun modo le organizzazioni di cui fanno parte i prigionieri politici.

Memorial Italia – associazione italiana ispirata ai valori di Memorial Internazionale e che ne persegue le attività sul suolo e per il pubblico italiani – esprime la viva condanna di questa ondata repressiva nei confronti di Memorial e dei suoi attivisti. In virtù dell’esasperazione del clima nei confronti di Memorial e di altri attivisti, Memorial Italia ha chiesto in data odierna al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale della Repubblica Italiana On. Luigi Di Maio un incontro urgente per discutere della situazione e per sollecitare un intervento, attraverso i propri canali ufficiali e il proprio corpo diplomatico, da parte dell’Italia a difesa di Memorial Internazionale. L’Italia ad oggi è tra i pochi paesi a non aver presentato le proprie rimostranze a Mosca, né ad aver espresso alcuna dichiarazione di sostegno istituzionale a Memorial Internazionale.

La liquidazione forzata di Memorial Internazionale mette anche a repentaglio i numerosi archivi dell’associazione, a Mosca e altrove, che contengono documenti rarissimi sulle repressioni sovietiche e centinaia di oggetti materiali appartenuti alle vittime del Gulag, comprese le più di mille vittime italiane, le cui vicende sono state documentate da Memorial Italia.

Memorial Italia continuerà a lavorare con i propri colleghi russi e a portare avanti i temi e le istanze di Memorial Internazionale tramite le proprie attività e pubblicazioni.

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Raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa.

Memorial Political Prisoners Support aiuta da tempo in modo autonomo i cittadini ucraini detenuti nelle carceri delle Federazione Russa per ragioni di carattere politico. Al momento la situazione è ulteriormente peggiorata e per questo motivo l’associazione desidera chiedere sostegno anche attraverso la rete dei Memorial europei, promuovendo una campagna di raccolta fondi. Le donazioni saranno destinate alla copertura delle spese legali e alla fornitura di aiuti umanitari. I prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa hanno bisogno di assistenza legale, hanno bisogno di aiuti umanitari, ma soprattutto hanno bisogno di non essere dimenticati. Per maggiori informazioni e per contribuire –> Urgent appeal: help Ukrainian prisoners in Russia – Поддержка политзаключённых. Мемориал. Appello urgente: raccolta fondi per i prigionieri ucraini detenuti nella Federazione Russa. La tragedia dei prigionieri ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa si consuma tra le pressioni degli agenti di sicurezza, condizioni di detenzione disumane, torture e processi già decisi. “In cella non c’erano né acqua, né gabinetto, né brande; dormivamo su tavolacci di legno. Alla latrina comune non ci portavano tutti i giorni, e comunque sempre col tempo contato. Giorno e notte si sentivano le urla dalla stanza delle torture: non c’era modo di tranquillizzarsi o di raccogliere i pensieri. Una volta ho sentito trascinare qualcuno fuori da una cella vicina, poi uno sparo. Le guardie ci dicevano che presto sarebbe toccato anche a noi, che eravamo troppi.” A questo clima di terrore spesso si aggiunge la totale assenza di contatti con i propri cari. La corrispondenza, l’invio di pacchi e le visite – rari momenti di sollievo nella prigionia – sono per molti detenuti ucraini difficilissimi, se non impossibili da ottenere. Trovare e poter pagare un avvocato indipendente, che svolga il proprio lavoro con coscienza, sostenga il suo assistito e ne difenda i diritti, è un’impresa altrettanto ardua. Riusciamo ancora a offrire questo tipo di supporto, ma ora più che mai abbiamo bisogno del vostro aiuto per andare avanti. Per garantire assistenza legale e aiuti umanitari ai cittadini ucraini detenuti nella Federazione Russa per motivi politici servono 38.000 euro. È una cifra considerevole, ma siamo migliaia anche noi che sosteniamo i prigionieri ucraini. In fondo, basterebbe che 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna. Questa volta, però, non vi chiediamo solo una donazione. Vi invitiamo a parlare di questa raccolta fondi alle persone di cui vi fidate: amici, familiari, compagni di emigrazione e colleghi. L’appello è disponibile anche in inglese: potete condividerlo anche con chi non parla russo. A chi sono destinati i fondi? A causa degli alti rischi cui sono esposti i prigionieri ucraini nelle carceri della Federazione Russa molte richieste di aiuto ci arrivano in forma anonima. Possiamo condividerne solo alcune, a titolo esemplificativo. Aiuti umanitari Inviamo regolarmente pacchi a decine di ucraini detenuti nelle carceri della Federazione Russa: cibo, medicinali, libri, sigarette, articoli per l’igiene, vestiti, scarpe – beni di uso quotidiano che in carcere diventano inaccessibili. Sergej Gejdt: “Vi scrivo per chiedervi aiuto. Se riusciste a mandarmi qualcosa da mangiare e delle sigarette ve ne sarei immensamente grato. I miei hanno problemi di soldi, mi pare di capire, e neanche io ho modo di chiedere a loro di darmi una mano, non avendo nessuno cui scrivere o che possa informarli che non ho più nulla. Il problema è che con i pochi rubli che avevo sul conto ho ordinato l’indispensabile: quel poco per lavarmi… E per il cibo non mi è rimasto nulla. Qualche compagno, per fortuna, mi dà una mano come può. Grazie infinite per il vostro tempo e per aver letto la mia richiesta.” Janina Akulova, condannata a nove anni di colonia penale a regime ordinario e a una multa di 700.000 rubli, chiede aiuto per un’altra detenuta: “C’è una ragazza qui che ha urgente bisogno d’aiuto, non ha letteralmente nulla. Noi cerchiamo di tenere duro, ma lei è messa davvero male. Dico sul serio: non ha niente di niente, neppure l’essenziale per lavarsi. Le abbiamo dato quello che potevamo, ma… potete ben capire.” Per continuare a spedire pacchi, servono attualmente 3.320 euro. Assistenza legale Non possiamo divulgare l’identità dei prigionieri ucraini che difendiamo legalmente: metteremo a rischio loro e i loro avvocati. Attualmente sono decine gli uomini e le donne – già condannati o in attesa di giudizio – che dipendono dal nostro aiuto. Quello che gli ucraini sono costretti a subire nelle carceri russe è sconvolgente anche per chi credeva di conoscere bene la brutalità del sistema. Condizioni inumane, torture, violenza oltre ogni limite. Benché, in assenza di un processo equo, un avvocato non possa garantire la liberazione di un innocente, il suo lavoro resta fondamentale. L’avvocato tutela i diritti del detenuto, richiama l’attenzione pubblica sul caso e, spesso, è l’unico interlocutore libero con cui il prigioniero possa comunicare direttamente, l’unico tramite per mantenere un legame con i familiari. Da mesi finanziamo gli avvocati che seguono decine di prigionieri ucraini. Molti casi durano da più di sei mesi e non accennano a finire. Per garantire assistenza legale ai prigionieri politici ucraini servono 31.300 euro. Totale della raccolta: 38.000 euro.Il 10% della somma sarà destinato a coprire le commissioni dei sistemi di pagamento e le perdite dovute alla conversione in rubli. Ogni donazione è importante! La cifra si può raggiungere solo se sono in tanti a contribuire, anche con un piccolo gesto. Al momento, per poter fare la differenza, abbiamo un enorme bisogno non solo di donazioni, ma anche di aiuto nella condivisione. Se 3.800 persone donassero 10 euro ciascuna, potremmo farcela. 5 giugno 2025

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Ruslan Sidiki condannato a 29 anni di reclusione.

Il 23 maggio 2025 presso il tribunale militare di guarnigione di Rjazan’ il pubblico ministero Boris Motorin ha chiesto per Ruslan Sidiki una condanna a trent’anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki, 36 anni e doppia cittadinanza, russa e italiana, abbiamo già avuto modo di parlare. Dopo di lui ha preso la parola Igor’ Popovskij, l’avvocato di Sidiki. Il difensore ha spiegato nel dettaglio perché la versione dell’accusa non corrisponde ai fatti e, perciò, a verità. Nei casi in esame la definizione giuridica delle azioni del suo assistito non può rientrare negli articoli riguardanti il “terrorismo”. Quanto da lui compiuto può far capo, piuttosto, alla categoria “sabotaggio”. In due punti, a sostenere le accuse di terrorismo sono le invenzioni degli inquirenti e le deposizioni estorte sotto tortura. L’avvocato Popovskij ha infine ricordato che, in base alla Convenzione di Ginevra e a quanto da essa affermato “in data 12 agosto 1949 sul trattamento dei prigionieri di guerra”, Ruslan Sidiki andrebbe considerato come tale. L’anarchico Ruslan Sidiki è stato alla fine condannato a 29 anni di carcere. Si tratta della pena più severa mai inflitta per azioni contro infrastrutture militari e, in genere, per azioni che non hanno causato vittime. È l’ennesimo atto intimidatorio contro i dissidenti. Riportiamo in italiano il testo dell’ultima dichiarazione pronunciata da Ruslan Sidiki prima della lettura della sentenza. Mi rincresce che le mie azioni abbiano messo in pericolo Bogatyrëv*, Tarabuchin** e Unšakov***. Non erano loro il mio obiettivo e sono lieto che la loro salute non abbia subito danni gravi. Il mio obiettivo erano i mezzi militari russi e gli anelli della logistica militare per il trasporto di mezzi e carburante. Era il modo che avevo scelto per ostacolare le operazioni militari contro l’Ucraina. Naturalmente la notizia di un’esplosione e il clamore suscitato possono spaventare le persone. Lo stesso vale per i missili che sorvolano le case e per le prime operazioni militari: anche loro hanno lo scopo di intimidire la popolazione del Paese contro cui tali azioni sono dirette. Come ho già ampiamente ripetuto, non era mia intenzione intimidire nessuno. Ho scelto io gli obiettivi: ho attaccato la base aerea militare con l’intento di distruggerne i velivoli. Ho fatto saltare il treno per mettere fuori uso la linea ferroviaria su cui avevo individuato un discreto movimento di mezzi militari. Vorrei che fosse chiaro che ho studiato attentamente il movimento dei treni sulla linea che ho fatto saltare per assicurarmi che non ci fossero treni passeggeri. Per maggiore sicurezza, ho controllato visivamente il tutto prima dell’esplosione. Se non mi importasse della vita altrui, avrei potuto far deragliare il treno senza un mio intervento diretto. Non ho avuto nulla a che fare con chi ha tentato di fabbricare, poi, un nuovo ordigno esplosivo per far deragliare un altro treno. L’esplosione dell’11 novembre 2023 aveva già suscitato molto clamore ed ero perfettamente consapevole che le misure di sicurezza sarebbero state rafforzate. Inoltre, avevo già la morte di mia nonna a cui pensare. Con la popolazione russa ho rapporti neutrali. Dal 2014 ho con loro alcune divergenze su certi fatti, ma non è, per me, un motivo sufficiente per odiare qualcuno. L’impossibilità di influenzare pacificamente le azioni di chi ci governa, così come il tribunale che attende coloro che non condividono la politica dello Stato inducono alcuni a lasciare il Paese e altri a restare e a passare all’azione. Indipendentemente dalla gravità del reato, l’uso della tortura durante gli interrogatori è inaccettabile in qualunque caso, se diciamo di vivere in uno Stato di diritto. Torturare con scariche elettriche e picchiare una persona legata sono atti riprovevoli in massimo grado, la cui responsabilità ricade non solo su chi ha applicato metodi in questione, ma anche su chi è consapevole che essi vengono usati, non li contrasta e, anzi, è complice nel tenerli nascosti. Concludo recitandovi un frammento di una poesia di Nestor Machno: Che ci seppelliscano anche subito: ciò che davvero siamo non diverrà Oblio, risorgerà al momento dovuto e vincerà. Ne sono certo, io. * Aleksandr Ivanovič Bogatyrëv, camionista presso la Avargard s.r.l.. Il 23/07/2023 trasportava erba falciata da un campo vicino al villaggio di Tjuševo, regione di Rjazan’. Uscendo su una strada sterrata vicino al campo, centrò con una ruota un drone esplosivo. Che scoppiò. Bogatyrëv non rimase ferito. ** Sergej Aleksandrovič Tarabuchin, assistente macchinista dello stesso treno. A seguito dello scoppio del finestrino, ha riportato graffi al viso e a un braccio. *** Dmitrij Nikolaevič Unšakov, macchinista del treno merci n. 2018, che l’11 novembre 2023 era ripartito dalla stazione di Rybnaja. Si trovava nella cabina di guida al momento dell’esplosione sui binari. A seguito dell’esplosione ha riportato escoriazioni alla mano.

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