Voci dalla guerra. Patrick Loveless, volontario dagli USA

Patrick Loveless è arrivato a Buča subito dopo la liberazione: ha aiutato a smistare i cadaveri nell’obitorio locale, ha visto e provato sulla sua pelle le conseguenze delle azioni dei russi. Quelle immagini l’hanno colpito così tanto da non poterle dimenticare.

Voci dalla guerra. Patrick Loveless, volontario dagli USA: “Non avevo mai visto niente di simile”.

Il nome di Buča è diventato uno dei simboli della guerra in Ucraina, e sembra che ormai si siano esaurite le parole per commentare l’orrore. Eppure, malgrado se ne sia parlato molto, l’immaginazione viene ancora tristemente superata dalla realtà. Lo dimostra la testimonianza di Patrick Loveless, un volontario proveniente dall’Arkansas che ha prestato aiuto nell’obitorio di Buča.

Andrij Didenko l’ha intervistato per il progetto “Voci dalla guerra”, portato avanti dalla rete di Memorial col Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (KhPG o “Memorial Ucraina”).

Il video dell’intervista in lingua originale coi sottotitoli in italiano è disponibile nel canale YouTube di Memorial Italia. Riportiamo qui la trascrizione del testo.

Le traduzioni italiane sono a cura di Emanuela Bonacorsi, Francesca Lazzarin, Giulia Sorrentino e altri collaboratori di Memorial Italia.

Un volontario americano nell’obitorio di Buča

Patrick Loveless è arrivato a Buča subito dopo la liberazione: ha aiutato a smistare i cadaveri nell’obitorio locale, ha visto e provato sulla sua pelle le conseguenze delle azioni dei russi. Quelle immagini l’hanno colpito così tanto da non poterle dimenticare.

Sono Darrell Patrick Loveless, vengo dall’Arkansas, USA. L’anno scorso ero qui, a Buča, in aprile, subito dopo la ritirata dei russi dalla città. Lavoravo all’obitorio con la polizia ucraina e il dipartimento di investigazione criminale della Gendarmerie francese, e ho visto con i miei occhi le atrocità compiute dai russi. È stata molto dura. Il mio lavoro consisteva nello scaricare i corpi non identificati dagli autocarri che li portavano qui. Li trasferivamo in una tenda, dove i medici francesi e ucraini eseguivano le autopsie. Con i miei occhi ho visto i danni provocati dai soldati russi che avevano occupato la città. I metodi diversi che avevano usato per uccidere e torturare le persone. I segni delle corde sulle mani legate. Ferite d’arma da fuoco, da schegge. I russi avevano piazzato molte mine dappertutto: nei parchi giochi, nelle chiese, nelle strade, ovunque passasse la gente, ovunque potessero colpire qualcuno.

All’obitorio arrivavano centinaia di corpi. È stata veramente dura. Venivano le famiglie.

Molte persone non riuscivamo a identificarle: erano rimaste all’aperto così tanto che era impossibile riconoscerle. Tra i francesi c’erano esperti di analisi del DNA. Prelevavano campioni di DNA per dare un nome ai cadaveri. Ci arrivavano circa 14 corpi al giorno, più 200-300 corpi che erano già negli autocarri e nei camion frigo.

La gente veniva uccisa e sepolta negli orti. Abbiamo visto quelle sepolture. Io ho parlato con alcuni famigliari. Il marito di Ljudmyla è stato ucciso da un cecchino russo soltanto perché si trovava in strada. È stato terribile. È forse una delle cose più difficili che abbia mai dovuto fare. Io sono un veterano negli USA, ho visto vittime di guerra, i danni collaterali e tutto quello che succede in guerra. Ma una cosa del genere non l’avevo mai vista prima. L’enorme quantità di persone uccise. È stato un eccidio.

Aprile 2022. Medici legali riesumano corpi a Buča, fonte: Depositphotos

Sono rimasto qui più di un mese. Lavoravamo 12-14 ore al giorno per stabilire come avevano ucciso quelle persone, che tipo di munizioni avevano usato, ecc. Le vittime che ho visto erano soprattutto donne, anziani e bambini. Erano pochissimi gli uomini in età da reclutamento. È stato terribile. Non c’era nessun motivo per uccidere questa gente. Le ferite erano perlopiù colpi di arma da fuoco alla testa. Sembravano esecuzioni sommarie. Non come quando si viene feriti casualmente perché ci si ritrova in strada in mezzo ai combattimenti. Si trattava di esecuzioni, omicidi e torture. Moltissime lesioni sul corpo. Persone bruciate vive. Semplicemente annientate. Come se le avessero cosparse di benzina e bruciate.

Alcuni tecnici che lavoravano per la Gendarmerie mi hanno detto che prelevavano campioni di residui di esplosivo per determinarne il tipo e il luogo di produzione. Per tentare di stabilire se la maggioranza delle munizioni estratte dai corpi delle vittime era di fabbricazione russa. Munizioni russe di soldati russi.

È passato un anno. Continuo a vedere in sogno quelle persone. Tutto questo mi ha cambiato per sempre. Forse la cosa più difficile che mi è toccato fare in vita mia è stata aiutare i famigliari a salire sui camion frigo per poter controllare i sacchi con i corpi e scoprire se i loro cari erano lì.

Fosse comuni. Erano davvero insostenibili. È passato un anno ma il dolore non sparisce.

Io e mia moglie Sarah ci siamo trasferiti in Ucraina qualche settimana fa: vogliamo ottenere lo status di residenti, rimanere nel paese e sostenerlo in ogni modo. Attualmente insegno inglese alla MAUP di Kyïv. Lavoro con allievi di scuola elementare e media, insegno inglese. Mia moglie è una psicologa, ora frequenta un master. Al momento lavora online per un’azienda americana. Abbiamo deciso di vivere in Ucraina. Mi sento legato a Buča e ai suoi abitanti. È una bellissima città. Ora abbiamo un appartamento, qui a Buča.

Sono stato in molti posti e tuttora sento l’odore della morte nell’aria. Sento ancora l’odore di bruciato, anche se è già passato un anno. So che non c’è più, ma non mi esce dalla mente. Quello che ho visto a Buča l’anno scorso mi rimarrà per sempre nella memoria. Non avevo mai visto niente di simile. Chi ha compiuto quei delitti, i soldati russi che erano qui, devono essere chiamati a risponderne. Vladimir Putin deve essere chiamato a risponderne. Perché tutto dipende da lui. Lui è il comandante supremo delle Forze armate russe, lui ha la stessa responsabilità di qualunque altra persona che si trovava qui.

Come ho già detto, ci siamo trasferiti a Buča. Amo Buča.

Gli ucraini sono le persone più forti che abbia mai conosciuto in vita mia. La loro forza mi dà forza.

Operano alla grande sui campi di battaglia, sento che qualcosa mi richiama qui. Voglio sostenere l’Ucraina e sostenere Buča con tutti i mezzi possibili: insegnando inglese, partecipando ai combattimenti, collaborando alla ricostruzione, portando medicinali al fronte. Farò di tutto per aiutare l’Ucraina. Per questo sono qui. Sono felice di poter essere qui, mettere radici insieme a mia moglie e fare dell’Ucraina la nostra casa. Gloria all’Ucraina!

Darrell Patrick Loveless, volontario americano

Non capita a molti nella vita di lavorare fino a 14 ore al giorno per identificare vittime di stragi. È una cosa che non sarebbe mai dovuta succedere. Ma tutto ciò che ho visto conferma al 100% che l’esercito russo ha ucciso moltissimi civili pacifici. Come ho già detto, erano anziani, donne, ragazze di 14 anni. Una volta mi è toccato estrarre da un sacco per cadaveri una ragazza di 14 anni. Era quasi irriconoscibile in viso. È stato duro mettere sul tavolo una ragazza così giovane e osservare mentre le dissezionavano il corpo. Una cosa del genere non la si dimentica mai. La vita le è stata strappata troppo presto, ma su quel tavolo ne ho viste tante di persone: bambini, giovani, adulti. Con le tracce evidenti delle brutalità, delle torture, delle ferite d’arma da fuoco e delle mine che i russi hanno disseminato a caso ovunque, pure nei parchi giochi per bambini.

 

La gente muore mettendo il piede su mine piazzate nei parchi giochi. È una cosa che non deve mai capitare.

Molti canali di informazione e molti russi dicono che è tutta una montatura. Non è una montatura. Li ho visti con i miei occhi. Non so dire quanti cadaveri ho visto perché ho perso il conto. Ci arrivavano tutti i giorni. Gente comune. Gente dai 65 agli 85 anni che, ovviamente, non rappresentava nessuna minaccia, ma che è stata uccisa a casa propria dall’esercito russo. Le prove sono state documentate dalla Gendarmerie Nationale francese e dalla Polizia di Stato ucraina. Hanno documentato tutto. Si è trattato di un eccidio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Milano, 17 dicembre 2024. A che punto è la notte? Tavola rotonda di Memorial Italia.

A Milano, martedì 17 dicembre dalle 11:00 alle 13:00 presso il Laboratorio Fondazione Mondadori, via Marco Formentini 10 si svolgerà la tavola rotonda di Memorial Italia A che punto è la notte?. L’ingresso è libero. Intervengono Claudia Bettiol, Francesco Brusa, Marco Buttino, Riccardo M. Cucciolla e Anna Zafesova. Modera Simone A. Bellezza. A quasi tre anni dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina è importante fare il punto della situazione e provare a capire le dinamiche in corso, gli scenari possibili, le conseguenze profonde che questo conflitto, iniziato dieci anni fa, ha provocato in Europa e nel mondo. Per farlo abbiamo deciso di organizzare una tavola rotonda con specialiste e specialisti dello scenario est-europeo alla vigilia di quelli che si profilano come grandi cambiamenti. Si parlerà e discuterà di Ucraina, Belarus’ e Russia, ma anche di spazio post-sovietico e diritti umani nell’arena contemporanea globale per sfatare miti, porre le giuste domande e provare a ragionare in maniera lucida su temi complessi.

Leggi

Aleksej Gorinov. L’ultima dichiarazione del 29 novembre 2024.

Il 29 novembre 2024 il tribunale militare di Vladimir ha emesso la sentenza del nuovo procedimento penale contro Aleksej Gorinov, consigliere municipale di Mosca, che è stato condannato a tre anni di reclusione in colonia penale di massima sicurezza per “giustificazione del terrorismo”. La condanna va ad aggiungersi ai sette anni già comminati nel 2022 per “fake news sull’esercito”. Foto di copertina: Dar’ja Kornilova. Foto: SOTAvision. BASTA UCCIDERE. FERMIAMO LA GUERRA. Aleksej Gorinov è avvocato e attivista e dal 2017 consigliere municipale presso il distretto Krasnosel’skij di Mosca. Nei primi anni Novanta era deputato per il partito Russia Democratica, ma nel 1993, durante la crisi costituzionale e il duro confronto tra il presidente El’cin e il Soviet supremo, decide di lasciare la politica. Negli ultimi vent’anni Gorinov ha lavorato come avvocato d’impresa e della pubblica amministrazione in ambito civile e ha fornito assistenza legale agli attivisti tratti in arresto durante le manifestazioni politiche. È fra gli ideatori della veglia-memoriale continua, con fiori e fotografie, sul ponte Moskvoreckij, luogo dell’omicidio di Boris Nemcov. Il 15 marzo 2022, durante un’assemblea ordinaria del Consiglio di zona del distretto Krasnosel’skij, Gorinov deplora pubblicamente l’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe esortando “la società civile a fare ogni possibile sforzo per fermare la guerra”. Il 26 aprile viene arrestato ex art. 207.3 del Codice penale russo, noto anche come “legge sulle fake news”. Il tribunale del distretto Meščanskij ritiene che ci siano le prove che Gorinov abbia “diffuso informazioni deliberatamente false su quanto compiuto dalle Forze armate russe”, con le aggravanti di essere “in una posizione ufficiale e per motivi d’odio e ostilità”. Gorinov è il primo cittadino russo a ricevere una pena detentiva per essersi espresso contro la guerra. Già in occasione dell’ultima udienza del primo processo Aleksej Gorinov ha avuto modo, come prevede il sistema giudiziario russo, di pronunciare un’“ultima dichiarazione” (poslednee slovo), in altre parole la possibilità di prendere la parola per sostenere la propria innocenza o corroborare la linea difensiva scelta dall’avvocato/a, cui abbiamo avuto modo di dare voce grazie a Paolo Pignocchi e al progetto Proteggi le mie parole. Venerdì scorso, in occasione dell’ultima udienza del secondo processo ai suoi danni, Aleksej Gorinov ha pronunciato una seconda “ultima dichiarazione” che traduciamo in italiano. Sono stato per tutta la vita uno strenuo oppositore di aggressioni, violenza e guerre, e ho consacrato la mia vita esclusivamente ad attività di pace come la scienza, l’insegnamento, la pubblica istruzione e l’attività amministrativa e sociale in veste di deputato, difensore dei diritti umani, membro di commissioni elettorali e osservatore e supervisore del processo elettorale stesso. Mai avrei pensato di vivere abbastanza per constatare un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese e della sua politica estera, un periodo in cui tanti cittadini favorevoli alla pace e contrari alla guerra – in un numero che ormai è di qualche migliaio – vengono accusati di calunnia ai danni delle Forze armate e di giustificazione del terrorismo, e per questo vengono processati. Ci avviamo a concludere il terzo anno di guerra, il terzo anno di vittime e distruzione, di privazioni e sofferenze per milioni di persone cui, in territorio europeo, non si assisteva dai tempi della Seconda guerra mondiale. E non possiamo tacere. Ancora alla fine dello scorso aprile, il nostro ex ministro della difesa ha annunciato che le perdite della parte ucraina nel conflitto armato in corso ammontavano a 500.000 persone. Guardatelo, quel numero, e pensateci! Quali perdite, invece, ha subito la Russia, che secondo le fonti ufficiali avanza con successo costante per tutto il fronte? Continuiamo a non saperlo. E soprattutto, chi ne risponderà, poi? E a che pro succede tutto questo? Il nostro governo e coloro che lo sostengono nelle sue aspirazioni militariste hanno fortemente voluto questa guerra, che ora è arrivata anche nei nostri territori. Una cosa mi verrebbe da chiedere: vi pare che la nostra vita sia migliorata? Sono questi il benessere e la sicurezza che auspicate per il nostro Paese e per la sua gente? Oppure non l’avevate previsto, nei vostri calcoli, un simile sviluppo della situazione? A oggi, però, le risposte a queste domande non si pongono a chi ha deciso questa guerra e continua a uccidere, a chi ne fa propaganda e assume mercenari per combatterla, ma a noi, cittadini comuni della Russia che alziamo la voce contro la guerra e per la pace. Una risposta che paghiamo con la nostra libertà se non, alcuni, con la vita. Appartengo alla generazione ormai uscente di persone con genitori che hanno partecipato alla Seconda guerra mondiale e, alcuni, le sono sopravvissuti con tutte le difficoltà del caso. La loro generazione, ormai passata, ci ha lasciato in eredità il compito di preservare la pace a ogni costo, come quanto di più prezioso abbiamo noi che abitiamo su questa Terra. Noi, invece, abbiamo snobbato le loro richieste e abbiamo spregiato la memoria di quelle persone e delle vittime della guerra suddetta. La mia colpa, in quanto cittadino del mio Paese, è di avere permesso questa guerra e di non essere riuscito a fermarla. Vi chiedo di prenderne atto, nel verdetto. Tuttavia, vorrei che la mia colpa e la mia responsabilità fossero condivise anche da chi questa guerra l’ha iniziata, vi ha partecipato e la sostiene, e da chi perseguita coloro che si battono per la pace. Continuo a vivere con la speranza che un giorno questo avverrà. Nel frattempo, chiedo perdono al popolo ucraino e ai miei concittadini che per questa guerra hanno sofferto. Nel processo in cui sono stato accusato e giudicato per avere detto espressamente che era necessario porre fine alla guerra, ho già dato piena voce alle mie considerazioni su questa vile impresa umana. Posso solo aggiungere che la violenza, l’aggressione generano solo altra violenza di ritorno, e nulla più. Questa è la vera causa delle nostre disgrazie, delle nostre sofferenze, di perdite senza senso di vite umane, della distruzione di infrastrutture civili e industriali, di case e abitazioni. Fermiamo questo massacro cruento che non serve né

Leggi

Roma, 5 dicembre 2024. Memorial Italia a Più libri più liberi.

Memorial Italia partecipa a Roma all’edizione 2024 di Più libri più liberi con la presentazione di Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società, opposizione, ultimo volume della collana curata per Viella Editrice. Il regime putiniano e il nazionalismo russo: giovedì 5 dicembre alle 18:00 presso la Nuvola, Roma EUR, in sala Elettra, saranno presentati i volumi, pubblicati da Viella Editrice, Il nazionalismo russo. Spazio postsovietico e guerra all’Ucraina, a cura di Andrea Graziosi e Francesca Lomastro, e Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione, a cura dei nostri Riccardo Mario Cucciolla e Niccolò Pianciola. Intervengono Riccardo Mario Cucciolla, Francesca Gori, Andrea Graziosi, Andrea Romano. Coordina Carolina De Stefano. Il volume Le trasformazioni della Russia putiniana. Stato, società e opposizione esplora l’evoluzione della società e del potere in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina e offre un’analisi della complessa interazione tra apparati dello stato, opposizione e società civile. I saggi analizzano la deriva totalitaria del regime putiniano studiandone le istituzioni e la relazione tra stato e società, evidenziando come tendenze demografiche, rifugiati ucraini, politiche nataliste e migratorie abbiano ridefinito gli equilibri sociali del paese. Inoltre, pongono l’attenzione sulla società civile russa e sulle sfide che oppositori, artisti, accademici, minoranze e difensori dei diritti umani affrontano sia in un contesto sempre più repressivo in patria, sia nell’emigrazione. I saggi compresi nel volume sono di Sergej Abašin, Alexander Baunov, Simone A. Bellezza, Alain Blum, Bill Bowring, Riccardo Mario Cucciolla, Marcello Flores, Vladimir Gel’man, Lev Gudkov, Andrea Gullotta, Andrej Jakovlev, Irina Kuznetsova, Alberto Masoero, Niccolò Pianciola, Giovanni Savino, Irina Ščerbakova, Sergej Zacharov.

Leggi