Aleksandr Solženicyn, L’uomo nuovo. Tre racconti

A cura di Sergio Rapetti Milano, Editoriale Jaca Book, 2013

A cura di Sergio Rapetti

Editoriale Jaca Book, 2013. 128 pagine

Dopo l’esordio nel 1962 con Una giornata di Ivan Denisovi e altri racconti che l’avrebbero reso famoso nel mondo, il grande scrittore e premio Nobel russo Aleksandr Solženicyn si è dedicato a romanzi e cicli narrativi sempre più imponenti, da Il primo cerchio e Divisione cancro a Arcipelago Gulag e La Ruota Rossa. Completata quest’ultima fatica, decenni di ricerche e migliaia di pagine scritte, dopo il rientro in Russia dal forzato esilio, ha voluto tornare, negli anni 1992-1998 alla «forma breve» rivelatasi a lui così congeniale ed efficace. Sono otto racconti, sotto il comune titolo di Dvučastnye rasskazy (Racconti bipartiti).
Se in La Ruota Rossa Solženicyn ricostruisce per grandi squarci temporali i prodromi e le cause dell’epocale rivolgimento dell’Ottobre 1917, nei primi tre di otto racconti che qui presentiamo mostra il «dopo», e i fili scompigliati che egli riannoda, sono quelli delle esistenze parallele, o che comunque si intersecano o si richiamano, di concreti uomini e donne che hanno vissuto e subito la fatale svolta storica.
Gli anni sono i Venti e Trenta del Novecento, i protagonisti sono i giovani sul cui entusiasmo e dedizione si dovrebbe edificare il Mondo nuovo e l’Uomo nuovo preconizzati dalla Dottrina e dalla Propaganda.

Il primo racconto narra la vicenda del professore severo e dell’allievo negato per gli studi il quale ha fatto strada nel nuovo assetto politico-poliziesco e, dall’alto del suo piccolo potere, riuscirà a costringere il docente a venire meno al proprio dovere educativo, fino a farsi delatore di colleghi e amici.

Il secondo è il racconto delle vite e del dolore offeso di due giovani donne, unite dallo stesso nome. Nasten’ka, che narra, per la prima, quanto sia distruttivo d’ogni valore la supina accettazione di una società conformistica e violenta cui ci si uniforma per sopravvivere e ottenere qualche vantaggio materiale, e per l’altra, l’eroismo e l’abnegazione di un’insegnante di lettere che cerca, nonostante la grossolanità ideologica dei nuovi programmi educativi, di fecondare di contenuti estetici, morali ed eterni le nuove forme di vita e cultura: lei continuerà su questa strada pur sapendo di essere votata alla sconfitta.

E uno sconfitto senza speranza è il protagonista del terzo racconto: un: ragazzo contadino figlio di kulaki deportati che dal campo di lavoro forzato dove sta morendo di fame rivolge al «grande scrittore» una richiesta di aiuto concreto. Lo scrittore di regime, «ingegnere di anime» senz’anima, si limita ad apprezzare della lettera la spontanea freschezza della parlata popolare e si ripromette di utilizzarne qualche spunto nel suo lavoro: di quella vicenda estrema a interessarlo è unicamente la «trovata linguistica ».

Il motivo centrale dei racconti è il valore delle scelte che in momenti cruciali ogni uomo e donna concreti sono chiamati a compiere : esso non è mai irrilevante per la loro vita e ha importanza anche per la vita e il destino della propria comunità e del proprio Paese. L’esigenza di vivere secondo verità e coscienza, la avvertano o meno i personaggi di questi racconti, è sempre presente anche se sottesa. I loro drammi e le loro scelte – suggerisce in questi suoi ultimi «annali» il poderoso Cronachista del secolo russo – sono universali.

 

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