Aprile 2013. Mosca, caccia agli “agenti stranieri”.

Mosca, caccia agli “agenti stranieri”. Prove di normalizzazione. A cura di Maria Ferretti per Limes (aprile 2013). Alla fine di marzo, il Cremlino ha scatenato una violenta campagna contro quel che resta, nel tredicesimo anno del regime di Putin, della società civile russa: le ONG che operano nel settore civile, qualificate di “agenti stranieri” per il solo fatto di ricevere finanziamenti dall’estero, che sono peraltro vitali per qualsivoglia associazione desideri salvaguardare la propria indipendenza nella Russia post-comunista. Secondo una legge approvata lo scorso anno dalla Duma unanime su iniziativa del partito del Presidente, Russia unita, tutte le associazioni attive in campo “politico” – e basta anche solo influenzare l’opinione pubblica per esser definite tali, con ampi margini di discrezionalità – si dovevano iscrivere su un apposita lista, il registro degli “agenti stranieri” (sic!), di modo da esser sottoposte a sorveglianza speciale. A novembre, quando la legge è entrata in vigore, tutte le ONG hanno rifiutato di ottemperare al provvedimento, giudicato “amorale” e “contrario al diritto”, come si legge nella dichiarazione di Memorial, una delle principali associazioni indipendenti. Accettare significava infatti riconoscere di essere degli agenti stranieri, longa manus di potenze estere, potenzialmente nemiche. Significava quindi autodenunciarsi, ammettere di propria volontà di essere dei traditori in pectoris, e questo nel momento in cui alla fine dell’anno una nuova legge sul tradimento di Stato dilatava i limiti del reato di modo da potervi far rientrare di tutto, compresa la partecipazione a attività internazionali per la difesa dei diritti, lasciando un totale arbitrio al potere. Il rifiuto non era stato gradito al Cremlino, che tuttavia in un primo tempo ha nicchiato. Nella notte in cui il provvedimento è entrato in vigore, però, solerti – e ignoti – difensori dell’onore russo sono andati a imbrattare le mura della sede di Memorial, impegnata in attività particolarmente sgradite alle autorità, e cioè da un lato la battaglia per la memoria storica, contro tutti i tentativi oggi assai in voga di “riabilitare” Stalin e, dall’altro, nella difesa dei diritti (sono fra i più attivi in Cecenia), con scritte da far accapponare la pelle, come “qui stanno gli agenti stranieri”. La denuncia di Memorial è rimasta naturalmente senz’esito. E per un po’ sembrava quasi che le acque si fossero chetate. A metà febbraio, però, Putin è tornato alla carica. Alla riunione dei vertici del FSB, i servizi eredi del KGB, ha ricordato che la legge sugli “agenti stranieri” va applicata, perché ogni “ingerenza” negli affari interni della Russia è “inaccettabile”. A buon intenditor poche parole. Ai primi marzo la Procura ha avviato in sordina le prime “ispezioni” di verifica, quasi volesse saggiare il terreno con organizzazioni minori. Poi il 21, a sorpresa, una brigata di “ispettori” – agenti del fisco, della Procura e del Ministero della Giustizia – ha bussato alle porte di Memorial, senza peraltro un chiaro mandato, ragion per cui l’associazione ha richiesto ufficialmente chiarimenti. Poi è stata la volta di Amnesty International, della Lega per i diritti dell’uomo, del Gruppo moscovita di Helsinki, nonché delle associazioni Per diritti dell’uomo, Agora e Golos (Voce) e via dicendo. Diverse centinaia di associazioni sono state coinvolte, sia a Mosca e Pietroburgo che nelle province. Allertati dall’esperienza di Memorial, molte associazioni hanno rifiutato di far entrare gli ispettori, come è successo alla sezione pietroburghese dello stesso Memorial. In assenza di istruzioni precise, gli ispettori hanno fatto prova di una certa creatività. A volte si sono fatti accompagnare dagli uomini del FSB, i diretti interessati; a volte dai pompieri, col pretesto di controllare lo stato della rete elettrica, altre dagli ispettori della Sanità. Oltre alla documentazione finanziaria e fiscale – peraltro già ampiamente depositati, come previsto dalla puntigliosa legislazione russa –, hanno chiesto, a seconda dei casi, ora il mansionario del personale, dal portinaio alle segretarie, ora tutti i protocolli delle riunioni degli organi dirigenti, programmi di convegni e così via. Insomma, si sono sbizzarriti. Inceppando in qualche disgraziato incidente di percorso, naturalmente. A Samara, per esempio, è finita nel mirino dei controllori l’Alliance française, storica istituzione per la diffusione della lingua e della cultura d’oltralpe, sospettata di “propaganda”. A Pietroburgo, lo zelo degli ispettori ha portato a sequestrare i computer della Fondazione Adenauer, suscitando l’immediata reazione del governo tedesco. Francia, Germania e Stati Uniti, che hanno qualificato l’operazione di “caccia alle streghe”, hanno convocato gli ambasciatori russi e attendono spiegazioni; il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, non ha esitato ad affermare che si tratta di un attacco generale alla società civile russa. Davanti alla malaparata, Mosca ha cercato di minimizzare: Putin si è affrettato a rassicurare che si tratta solo di operazioni di routine. Memorial, che tra l’altro è stato candidato al premio Nobel per la pace da alcuni europarlamentari, polacchi e tedeschi, si è rivolto alla corte europea, seguito da altre organizzazioni. Dura anche la critica di Gorbačev, che ha sottolineato la necessità, per la Russia, di una nuova perestrojka. Secondo le migliori tradizioni sovietiche, l’ondata di “controlli”, di chiaro carattere intimidatorio, è stata accompagnata da una violenta campagna propagandistica diffamatoria. La rete televisiva NTV, proprietà del Gazprom e principale macchina del fango russa, ha cercato di intrufolarsi con gli ispettori nelle associazioni inquisite, da cui è stata cacciata spesso solo con l’intervento della polizia. Il che non le ha impedito di mandare in onda quotidianamente martellanti reportages imbevuti di nazionalismo sugli “agenti stranieri” che, al soldo di potenze ostili, minano la sovranità della Russia e danneggiano gli interessi nazionali. Una propaganda che penetra tanto più facilmente perché rianima, sia pur in un contesto diverso, vecchi stereotipi sovietici, ancora ben radicati negli immaginari collettivi. L’operazione lanciata dal Cremlino contro le ONG si iscrive nell’inasprimento del regime russo seguito al ritorno di Putin alla carica presidenziale, che era stata preceduta da un’ondata di manifestazioni di protesta, in particolare contro brogli e manipolazioni elettorali. Benché l’entità della protesta fosse piuttosto limitata, è stata sufficiente a suscitare, anche qui secondo le migliori tradizioni, la paura del gruppo dirigente russo, alimentata dal fantasma delle rivoluzioni arancioni di qualche anno fa… Continua a leggere Aprile 2013. Mosca, caccia agli “agenti stranieri”.

Aleksander Daniel sull' "ispezione" alla sede di Memoral di San Pietroburgo

On 27 March 2013 a ‘mobile group’ of inspectors arrived at the office of the Memorial Research and Information Centre in St. Petersburg. Aleksandr Daniel, who witnessed the inspection, shares his impressions. “They came. They divided into small groups (in the view of several TV cameras). They handed over a list of documents that they insist on receiving. They made out a protocol about our refusal to let them ‘inspect the premises’. All the negotiations are being conducted exclusively by the lawyer Ivan Pavlov, who arrived here early in the morning as the lawyer acting for the Memorial Research Center. The beauty of the thing is that Ivan’s organization (the Foundation for Freedom of Information) is also being inspected. And the inspectors in both cases are the same people. I’m sure they were pleased to see the face of Ivan again, one that they know so well 🙂 There were five officials: from the prosecutor’s office, from the tax inspectorate, two police officers (one apparently from the ‘anti-extremism’ squad, the other dealing with computer piracy), and a fire inspector. <…> You can find two documents on the website: one is a list of documents that must be handed to the prosecutor’s office by 29 March (that is, by the day after tomorrow) and the protocol concerning (our) refusal to allow (them) access to inspect the premises.” Assistant prosecutor of Krasnogvardeiskaya  district D.V.Dolgov with lawyer Ivan Pavlov Lawyers Ivan Pavlov and Evgeny Smirnov in the presence of journalists and asisistant prosecutor D.V.Dolgov draw up a commentary  on the official protocol of the prosecutors’ inspection of the Memorial Research and Information Centre.   fonte: http://hro.rightsinrussia.info/archive/ngos/inspections/st-petersburg/memorial

Intervista a Svetlana Gannuskina sull' "ispezione" a Memorial di Mosca

Svetlana Gannushkina: We at Civic Assistance were visited by officials from the prosecutor’s office together with representatives of the tax authorities, the Ministry of Justice and the Federal Migration Service. And the Ministry of the Interior. In total, there were six people: three from the prosecutor’s office and one each from the Ministry of Justice and the Tax Service – and one from the Moscow Federal Migration Service (FMS) who, for some reason, went to the Olympic Village instead of to Olympic Prospekt, which explains why he was very late late. He was a thoroughly awful man, who came into the premises, greeted no-one, and went to check the documents of all ‘non-Russians.’ Moreover, those were the very words he said, “Now I will check the documents of all the non-Russians.” I asked him to come into my office, but he refused. He saw a man sitting behind a desk and began to check his documents. This was our translator – an Afghan. The FMS official rushed towards him, demanding that he produce his passport. He was overjoyed on hearing that he did not have a passport with him, and said, “Here’s someone who has no documents!” He did not, at first, really want to speak to me at all, to explain what he was going to do and on what basis. He later we managed with great difficulty to get him to understand that the passport of a citizen of Afghanistan who has refugee status is stored at the offices of the Federal Migration Service. He did not know. Yes, an official of the FMS did not know this. And he began to insist that this does not happen. Then he was also shown the refugee certificate issued by the FMS which states that this was a receipt for the passport, with a signature. He then asked to phone another FMS official, the one who had issued the certificate to the Afghan. In general, with great difficulty we managed to persuade him that this was sufficient. All the while, the FMS official behaved very aggressively, and this was evident from his intonation. By this time I had rung the Moscow FMS and spoke to the man’s boss. When his boss asked to speak to him, he would not take the phone, and did not believe it was his boss on the line. “Why should I pick up someone else’s phone?” I said to her, “He does not want to speak to you.” She said, “OK, we’ll do it another way.” After a while, his mobile rang – apparently it was his immediate superior. After this his arrogance somewhat subsided, and he asked if we had any other foreign workers there. I said that yes, we have an Arabic translator. I then remembered that we have a Ukrainian citizen in our employ. He went to meet him. The Ukrainian citizen had a temporary residence permit. The FMS chap asked, “And a work permit?” I said, “Work permits were abolished this year for those who have temporary residence permits.” He asked, “Who told you that?” I replied, “You know, the law told me. It’s an amendment to the law.” This was something else that the FMS official did not know. Such is the level of this man… fonte: http://hro.rightsinrussia.info/archive/ngos/inspections/moscow/gannushkina

Baruzzi Riccardo

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z Cognome: Baruzzi Nome: Riccardo Figlio di: Enzo Data dell’arrivo in URSS: Nato nel 1906 a Trie Percorso professionale/politico in URSS: Imbianchino, cittadino sovietico, non iscritto al partito Condanna: Mobilitato il 7 dicembre 1942 dall’RVK di Urzum della regione di Kirov perché di nazionalità italiana e inviato nella colonia dell’NKVD di Čeljabinsk (15° e 6° battaglione di lavoro), dove rimane fino al 25 luglio 1946 Fonti archivistiche: Gosudarstvennyj archiv Čeljabinskoj oblasti, l.d. n. 34119  

Bartolozzi Augusto

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z Cognome: Bartolozzi Nome: Augusto Figlio di: Emilio Pseudonimo: Gino Gardoni Luogo e data di nascita: Nato a San Casciano Val di Pesa (FI) il 3 novembre 1899. Origine sociale e percorso politico prima dell’arrivo in URSS: Figlio di un commerciante,nel 1914 si iscrive alla sezione giovanile del Partito socialista a Firenze, nel 1921 diventa membro del PCI. Dal 1920 al 1922 lavora come dirigente sindacale a Trento e collabora con il giornale l’”Unità”. Tra il 1921 e il 1926 viene denunciato e arrestato numerose volte per attività comunista. Tra il 1926 e il 1927 il Comitato Centrale del PCI decide di inviarlo in Francia, dove lavora fra gli emigrati politici. Tubercolotico, è inviato a curarsi in URSS e nel maggio 1928 giunge a Mosca come emigrato politico. Data dell’arrivo in URSS: 1928. Percorso professionale/politico in URSS: Giunto in URSS si stabilisce inizialmente in un sanatorio della Crimea per curare la tubercolosi. Viene trasferito poi a Mosca dove studia alla MLŠ. Nel 1929 si iscrive al VKP(b) e diventa insegnante della scuola. Prende la cittadinanza sovietica. In seguito viene inviato a svolgere lavoro di partito a Char’kov, dove lavora anche in una fabbrica di trattori. Vi rimane sino al 1935, anno in cui torna a Mosca, dove lavora al Profintern e come istruttore al Consiglio Centrale dei Sindacati. Data, luogo e motivi dell’arresto: Arrestato il 16 marzo 1938 a Mosca con l’accusa di spionaggio, è detenuto nel carcere della Taganka. Condanna: Condannato a 8 anni di lager il 26 maggio 1938 dall’OSO dell’NKVD in base all’art. 58-6. Inviato al Severo-Vostočnyj lager. Data, luogo e causa della morte: Muore il 16 novembre 1938 al Severo-Vostočnyj lager. Riabilitazione: Riabilitato il 14 luglio 1956. Fonti archivistiche: GARF f.10035,op.1 d.P-23952; RGASPI f.513 op.2 d.69; Archiv Glavnoj Voennoj Prokuratury ; ACS CPC, busta 376; FIG APC 1921-1943 fasc.1517; FIG Fondo Robotti  

Barone Ermakova Emilia

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z  Cognome: Barone Ermakova Nome: Emilia Figlio di: Spiridone Luogo e data di nascita: Nata a Kerč’ nel 1925. Percorso professionale/politico in URSS: casalinga. Condanna: Deportato con la famiglia in Kazachstan il 29 gennaio 1942, perché di nazionalità italiana. Il 3 marzo raggiunge il villaggio di Erofeevka, provincia di Kalinin, regione di Akmola, dove si stabilisce. Liberazione: Nel dicembre 1999 si trasferisce dal Kazachstan a Majkop, dalla figlia. Fonti archivistiche: Gosudarstvennyj archiv Celinogradksoj oblasti, Alekseevskij filial, archivnaja spravka   

Barone Di Fonzo Graziella

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z Cognome: Barone Di Fonzo Nome: Graziella Figlio di: Pietro Luogo e data di nascita: Nata a Kerč’ Percorso professionale/politico in URSS: Vive a Kerč’ Condanna: Deportata con la famiglia in Kazachstan nel 1942, perché di nazionalità italiana Fonti archivistiche: Testimonianza di Margherita Le Conte  

Barone Spiridone

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z  Cognome: Barone Nome: Spiridone Figlio di: Carlo Luogo e data di nascita: Nato a Taman’, nel distretto di Krasnodar, nel 1889. Percorso professionale/politico in URSS: Operaio alla fabbrica metallurgica Vojkov di Kerč’. Condanna: Deportato con la famiglia in Kazachstan il 29 gennaio 1942, perché di nazionalità italiana. Il 3 marzo raggiunge il villaggio di Erofeevka, provincia di Kalinin, regione di Akmola, dove si stabilisce. Data, luogo e causa della morte: Muore il 23 marzo 1943 in Kazachstan. Fonti archivistiche: Gosudarstvennyj archiv Celinogradskoj oblasti, Alekseevskij filial, archivnaja spravka   

Barone Rosa

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z Cognome: Barone Nome: Rosa Figlio di: Sergio Luogo e data di nascita: Nata a Kerch’ nel 1889. Condanna: Deportato con la famiglia in Kazachstan nel gennaio-febbraio 1942 Fonti archivistiche: Su testimonianza di Margherita Le Conte