Ucraina. Insorgere per la democrazia di Simone Attilio Bellezza

Tra cronaca e storia la prima ricostruzione di un processo di democratizzazione che esige compimento.

Titolo: Ucraina. Insorgere per la demcrazia

Autore: Simone Attilio Bellezza

Casa Editrice: Editrice La scuola

Pagine: 90

Tra cronaca e storia la prima ricostruzione di un processo di democratizzazione che esige compimento.
La fine dell’Unione Sovietica, la rivoluzione arancione, il regime di Janukovic, le proteste di Majdan, il rischio di una guerra civile. Una trama di differenze culturali e linguistiche interrogate nella loro profondità.
“La nazione è una comunità immaginata”: questa è la sola prospettiva entro cui leggere i recenti avvenimenti, L’insurrezione, le elezioni, il nuovo contesto politico. Disegnando le tappe di questo processo l’autore riflette sull’attualità nella consapevolezza di un’Europa sempre troppo fragile. Il libro, scritto da un esperto di storia dell’Europa orientale (Università di Trento), nonché tra i soci dell’Associazione italiana di studi ucraini, aiuta a capire come funzionano  i gruppi degli oligarchi e le vere ragioni della protesta in corso. Lo fa  descrivendo  come funzionasse il regime di potere istituito dalla presidenza Kucma, come la rivoluzione arancione abbia rappresentato la nascita di una coscienza civile nella vita politica ucraina, come Janukovyc abbia tentato di instaurare una dittatura e come sia stato  sconfitto da una rivoluzione che era nazionale ma non nazionalista. Infine in queste pagine si racconta come la Russia , invasa la Crimea stia cercando di destabilizzare l’intera democrazia ucraina con i guerriglieri nelle regioni orientali. Insomma la società civile ucraina sulle barricate e un originale approccio al conflitto che- è la tesi di Bellezza- non è fra ucrainofoni e russofoni.

 

Introduzione
Sentirsi ucraini

Dieci anni fa, quando mi recai per la prima volta in Ucraina, andai a trovare una coppia di amici di Charkiv, Irina e Sergej, che avevo conosciuto in Italia dove erano venuti ad affinare la loro conoscenza dell’italiano. Charkiv (o Char’kov, alla russa), nell’est del Paese, è la seconda città dell’Ucraina sia per popolazione sia per ricchezza (ruolo che contende a Dnipropetrovs’k) ed è stata capitale della repubblica sovietica dal 1917 al 1935. La lingua assolutamente dominante è il russo, tanto che alla lezione di italiano che fui invitato a seguire, quando dissi un paio di parole in ucraino, fui accolto da un’ovazione di stupore. Nel maggio del 2004 l’argomento che teneva banco in ogni discussione pubblica era la partecipazione dell’Ucraina al concorso Eurovision con la cantante Ruslana Lyžyčko. Alla cena per il compleanno del padre di Sergej l’opinione generale era che un’eventuale vittoria di Ruslana avrebbe comportato il definitivo ingresso dell’Ucraina in Europa.

A parte la sopravvalutazione di un concorso canoro al tempo poco conosciuto in Italia, mi colpì l’entusiasmo patriottico nei confronti di una cantante che, seppure in una versione “nazional-popolare”, era l’emblema della cultura ucraina delle regioni occidentali. Da italiano abituato a vivere in un Paese con una sola lingua e una sola religione assolutamente maggioritarie, non riuscivo a capire questo entusiasmo da parte di persone che non avevo mai sentito pronunciare una parola in ucraino. La madre di Sergej mi spiegò che, seppure non parlassero mai ucraino, lo capivano perfettamente e dichiarò che si sentivano ucraini al 100%. Messa alle strette dalle mie domande, mi disse che non si sentiva russa: certo la grande letteratura da Dostoevskij a Majakovskij le apparteneva, ma da più di 10 anni gli ucraini erano diventati qualcosa di diverso e non si sentivano affatto russi. Irina aggiunse di aver fatto tutte le scuole in ucraino, lingua che del resto usava al lavoro come giornalista radiofonica.

Tornato a Kyïv mi capitò di assistere a una scena ancora più inusuale: a una cena a casa del mio padrone di casa la conversazione si svolgeva in tre lingue diverse, ucraino, russo e bielorusso. Ognuno parlava la lingua che preferiva e tutti capivano tutti. Questo mescolamento era per loro assolutamente normale e lo divenne anche per me (almeno per le prime due lingue) nella cerchia dei miei amici ucraini.

Ho narrato questi episodi perché, apprestandomi ad affrontare la storia recente che ha portato all’attuale stato di guerra nell’est dell’Ucraina, la prima cosa che mi premeva sottolineare è che certe divisioni grossolane su base linguistica o religiosa per individuare una nazione non sono possibili nel caso ucraino. La nazione è, come ci ha insegnato Benedict Anderson, una comunità immaginata (nota bene: non immaginaria), ovvero l’elemento dirimente è il senso di appartenenza che i membri sentono nei confronti della comunità, più che una conseguenza del possesso di certi caratteri (come parlare una certa lingua) considerati tipici di una certa nazione.

Ci aiuterà pensare all’Ucraina come alla Svizzera: una nazione alla quale sentono di appartenere persone che parlano lingue differenti. Differentemente dalla Svizzera, che non ha da temere invasioni da Italia, Francia o Germania, l’Ucraina ha raggiunto l’indipendenza solo nel 1991 e la Russia non ha mai smesso di considerarla come una regione provvisoriamente separatasi più che come uno Stato indipendente. Le relazioni fra ucraini e russi sono assai complesse a causa sia dell’imperialismo russo sia dell’intricata politica delle nazionalità sovietica. Per provare a capire cosa stia succedendo oggi in Ucraina è quindi necessario volgere lo sguardo all’indietro, per cogliere i fatti nella loro profondità storica: è ciò che cercheremo di fare nel primo capitolo. Successivamente, nel secondo capitolo, tracceremo le tappe della incerta democratizzazione ucraina nel primo decennio di indipendenza, cercando di capire quali siano state le origini della celeberrima “rivoluzione arancione”. Questa sarà l’oggetto di tutto il terzo capitolo, che mostrerà anche le ragioni che hanno portato al sostanziale fallimento di questo progetto politico.

Nel quarto capitolo si esamineranno le ragioni dello scontento popolare nell’Ucraina di Viktor Janukovyč e i fatti che portarono alla sua fuga, il cosiddetto Euromajdan. Infine, nel quinto capitolo, si esaminerà la nascita del conflitto in Crimea e nelle regioni orientali, cercando di fare qualche ipotesi su possibili futuri sviluppi.

Recensione al libro sul Corriere della Sera del 30 ottobre 2014

 

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2 luglio 2025. Risposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale all’interrogazione della deputata Lia Quartapelle in merito al caso di Ruslan Sidiki.

Il 2 luglio 2025 il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha risposto all’interrogazione presentata il 20 dicembre 2024 dalla deputata del Partito Democratico Lia Quartapelle a proposito del trentaseienne prigioniero politico Ruslan Sidiki, doppia cittadinanza, russa e italiana, attualmente condannato nella Federazione Russa a ventinove anni di reclusione. Di Ruslan Sidiki abbiamo già avuto modo di parlare. Interrogazione della deputata Lia Quartapelle Ruslan Sidiki, 36 anni, è un cittadino con doppia cittadinanza italiana e russa;il signor Sidiki ha rivendicato la responsabilità per le esplosioni avvenute nella base aerea militare di Djagilevo il 20 luglio 2023, e per un sabotaggio alla linea ferroviaria nella regione di Rjazan’, che ha causato il deragliamento di un treno merci, alcuni mesi dopo. Non sono stati riportati decessi e l’obiettivo dichiarato da Sidiki era quello di danneggiare infrastrutture militari;il signor Sidiki è detenuto in carcere dal 1 dicembre 2023. Il 27 novembre 2024 il tribunale di Mosca ha prorogato la sua detenzione cautelare di ulteriori tre mesi, portandola a un totale di 15 mesi. Viene accusato di compiere un atto terroristico, ma Ruslan lo nega ritenendolo soltanto un atto di sabotaggio;secondo una testimonianza raccolta dal media indipendente russo Mediazona, dopo l’arresto il signor Sidiki sarebbe stato sottoposto a reiterate torture fisiche e psicologiche, tra cui percosse, scosse elettriche tramite dispositivi come telefoni da campo e taser, minacce di mutilazioni genitali e stupro, nonché pressioni psicologiche, al fine di estorcergli confessioni e informazioni. Le torture sarebbero avvenute in più fasi: durante l’interrogatorio iniziale, nei trasferimenti e nei giorni successivi all’arresto;l’avvocato del signor Sidiki ha presentato mesi fa una denuncia per torture al presidente del comitato investigativo russo, senza ricevere alcuna risposta ufficiale. Si ritiene che le torture siano cessate grazie alla tutela dell’avvocato, il quale, tuttavia, opera grazie a raccolte fondi volontarie che potrebbero terminare, mettendo a rischio la difesa legale del signor Sidiki;le autorità russe impediscono alle istituzioni italiane di visitare e assistere il signor Sidiki, in quanto risulta entrato in Russia con il passaporto russo e quindi considerato esclusivamente cittadino russo –:quali iniziative siano state adottate, o si intenda adottare, per garantire che il signor Ruslan Sidiki, cittadino italiano, riceva un processo equo, venendo tutelato da violazioni dei diritti umani durante la detenzione;se il Governo abbia chiesto chiarimenti alle autorità russe in merito alle accuse di tortura denunciate dal signor Sidiki e quali risposte siano state ottenute. Risposta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale segue sin dal principio il caso del signor Ruslan Sidiki, doppio cittadino italo-russo, benché non sia mai pervenuta alcuna comunicazione ufficiale dalle Autorità russe in merito al suo arresto.Il signor Sidiki fu fermato presso l’aeroporto di Vnukovo, a Mosca, a fine novembre 2023 in quanto sospettato di aver fatto esplodere l’11 novembre 2023 un treno merci nella regione di Rjazan’, circa 200 chilometri a sud della capitale. Il Consolato generale a Mosca, appresa la notizia da fonti stampa russe nella mattinata del 1 dicembre 2023, si attivò prontamente per le opportune verifiche sul caso.Il signor Sidiki risulta residente a Rjazan’ a seguito del trasferimento, nel 2008, dal comune di Siracusa. È in possesso di un passaporto italiano dal 2012 e rinnovato, da ultimo, nel 2022.Da fonti stampa russe si è appreso che il signor Sidiki si sarebbe dichiarato colpevole durante l’interrogatorio e sarebbero stati aperti a suo carico due procedimenti penali per terrorismo e acquisizione illegale e trasferimento di esplosivi. Gli sarebbero stati imputati il concorso in un attacco con droni all’aeroporto militare di Djagilevo il 20 luglio 2023 e il deragliamento a mezzo esplosivi di un convoglio ferroviario l’11 novembre dello stesso anno.Nel corso delle azioni investigative, al signor Sidiki sarebbero stati sequestrati componenti per la fabbricazione di esplosivi e ordigni esplosivi, mezzi di comunicazione e supporti elettronici contenenti foto e video delle azioni commesse.L’11 dicembre 2023 sono state riformulate le accuse a carico del connazionale. 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