La scoperta di Sandormoch, luogo di esecuzione di 6241 persone, non sarebbe potuta avvenire se un poliziotto russo non avesse rinvenuto un documento in cui figurava la firma del padre.
Mentre lavorava negli archivi Ivan Čuchin scoprì la firma del padre su una lista d’esecuzione dell’NKVD del 1937, un fatto che lo lasciò sgomento. La famiglia infatti era al corrente soltanto della sua partecipazione nella Guerra d’Inverno e nella grande Guerra Patriottica, nelle quali fu ripetutamente ferito e per le quali ricevette riconoscimenti e medaglie. Successivamente il padre di Ivan Čuchin prestò servizio nell’’estremo nord.
Negli anni 90 Ivan Čuchin divenne il presidente di Memorial in Karelia, e nel 1993 fu eletto nel collegio elettorale della regione. Durante il mandato si prodigò per l’apertura degli archivi dell’NKVD e la declassificazione dei relativi documenti, che infine gli permise di indagare i destini delle vittime delle repressioni politiche disperse in Karelia. Infine conobbe Jurij Dmitriev.
L’11 maggio 1997 Ivan Čuchin morì in un incidente stradale. Il suo lavoro passò dunque nelle mani di Jurij Dmitriev che insieme a Irina Flige e Veniamin Iofe il 1 luglio dello stesso anno scoprirono la fossa comune di Sandormoch, uno dei luoghi di sepoltura delle vittime del grande terrore (staliniano). Poco dopo gli archivi statali furono nuovamente chiusi e Jurij Dmitriev perseguito per le sue ricerche.
Nel 2019 Irina Flige pubblica il saggio “Sandormoch. Drammaturgia dei significati”, una delle opere più importanti sulla storia del luogo e sulla conservazione della memoria delle vittime delle repressioni sovietiche. L’opera determinò l’espulsione della studiosa dal comitato presidenziale.
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