Voci dalla guerra: Kyrylo Kucenko

Kyrylo Kucenko racconta del suo avventuroso viaggio per lasciare Luhans’k invasa dai russi e rifugiarsi a Leopoli (L’viv). Gli invasori hanno devastato indiscriminatamente gli edifici della popolazione civile, riducendola a una vita di stenti. Kyrylo è riuscito a mettersi in salvo con la famiglia, ma non è stata un’impresa facile.

Voci dalla guerra. Kyrylo Kucenko, abitante di Rubižne: “Tutte le case della nostra via sono distrutte”.

Kyrylo Kucenko racconta del suo avventuroso viaggio per lasciare Luhans’k invasa dai russi e rifugiarsi a Leopoli (L’viv). Gli invasori hanno devastato indiscriminatamente gli edifici della popolazione civile, riducendola a una vita di stenti. Kyrylo è riuscito a mettersi in salvo con la famiglia, ma non è stata un’impresa facile. La sua testimonianza è stata raccolta da Taras Vijčuk.

L’intervista è stata realizzata nell’ambito del progetto “Voci dalla guerra”, portato avanti dalla rete di Memorial col Gruppo di difesa dei diritti umani di Charkiv (KhPG o “Memorial Ucraina”).

Il video dell’intervista in lingua originale coi sottotitoli in italiano è disponibile nel canale YouTube di Memorial Italia. Riportiamo qui la trascrizione del testo.

Le traduzioni italiane sono a cura di Luisa Doplicher, Sara Polidoro, Claudia Zonghetti.

Taras Vijčuk

24.11.2022

Kyrylo Kucenko ha assistito ai combattimenti a Rubižne due volte: se nel 2014 la città era riuscita a resistere, nel 2022 i russi l’hanno rasa al suolo.

Foto di Kyrylo Kucenko a mezzo busto
Kyrylo Kucenko, Rubižne

Mi chiamo Kirilo Kucenko e vengo da Rubižne, regione di Luhans’k. Sono arrivato più di due mesi fa nella regione di L’viv e ora abito nel palazzo dei baroni Groedel, a Skole. Sono andato via perché hanno bombardato prima il nostro appartamento e poi la casa di mia nonna, e vivere senza luce, gas, acqua e cibo era diventato impossibile. Abbiamo lasciato Rubižne sotto le bombe, a fatica.

— Credeva che il 24 febbraio sarebbe iniziata la guerra?

— Seguivo le notizie e sapevo che due settimane prima dell’inizio della guerra una colonna di nostri carri armati aveva attraversato Varvarivka, vicino al nostro paesino. Dicevo a tutti che sarebbe successo qualcosa, ma nessuno ci credeva. Il primo giorno di guerra da noi non è capitato quasi niente. Verso il 5-6 marzo, invece, hanno occupato Varvarivka e si sono diretti verso Rubižne. La mia casa era nel quartiere n° 6, davanti a Varvarivka. Alle 11 di mattina del 7 marzo un missile ha centrato il mio palazzo. Io, la mia ragazza, mia madre e mia sorella eravamo riusciti a raggiungere la cantina. Eravamo appena scesi, che il missile ha colpito la casa. Nel giro di una mezz’ora circa era finito tutto. Sono salito, ho aperto la porta e ho visto la casa sottosopra e due buchi nel balcone. Il mio palazzo era l’ultimo, e il missile è arrivato dall’altro lato. Il palazzo vicino, invece, è stato centrato all’altezza del terzo piano e ci sono stati un sacco di morti. Alcuni finiti sotto le macerie, altri feriti. La protezione civile ha detto che c’erano delle persone bloccate in una cantina, non so se poi sono riusciti a salvarle. Il giorno dopo siamo andati da mia nonna, che ha una casa in comproprietà con altre tre persone. Abbiamo abitato lì: io, mia nonna, mio nonno, mia madre, il suo compagno e mia sorella. Dall’altra parte del muro ci stava la vicina: 91 anni. Quelli della Croce Rossa non riuscivano a portarle cibo e acqua, ma lei aveva comunque il gas. E finché ce l’ha avuto, andavamo noi a cucinare e a darle da mangiare. Poi verso il 16-17 marzo hanno bombardato la nostra via. Avevamo vicino un istituto tecnico dove si si erano installati i militari dell’esercito ucraino, e lo colpivano in continuazione. Vicino c’era anche il nuovo ufficio postale e un rifugio dove si nascondevano delle persone. Non i soldati, però.

I russi bombardavano tutto: il nostro quartiere, l’istituto coi militari e il nuovo ufficio postale. Poi i nostri soldati se ne sono andati un po’ più in là, ma i russi hanno comunque raso al suolo tutto il quartiere. All’inizio arrivavano sui carri armati, e anche se vedevano che non c’era nessuno, sparavano e distruggevano tutto lo stesso. Hanno iniziato colpendo il palazzo vicino: il tetto si è incendiato e poi è andata a fuoco la casa; abbiamo portato fuori tutto quello che abbiamo potuto. Avevamo la macchina. Siamo riusciti a farla partire anche senza le chiavi (loro non c’erano) e siamo fuggiti sotto le bombe. Poi siamo tornati, ma non abbiamo ritrovato né il palazzo, né le nostre cose. Due missili avevano centrato in pieno il palazzo.

Rubižne in macerie. Foto: Amministrazione civile-militare della regione di Luhans’k

— Come si sono svolti i combattimenti a Rubižne?

— Da un lato c’erano i nostri, dall’altro i russi, e noi in mezzo. Si accerchiavano a vicenda. I nostri hanno tenuto duro per parecchio e hanno difeso la città anche se per quasi due mesi si sono ritrovati praticamente sotto assedio alla periferia di Rubižne. Altro che combattere. Era tutto spianato dai missili.

Siamo poi andati al Palazzo delle Cultura di Pivdenne, dove avrebbero dovuto aprire un corridoio umanitario. Eravamo quasi arrivati, quando i russi si sono messi a sparare proprio in quella direzione, nonostante l’accordo. Hanno colpito il palazzo, ma non ci sono state vittime.

— Ha assistito alla distruzione di edifici civili?

— Tutte le case della nostra via, la Berestova, sono state distrutte: quella di mia nonna al civico 52 e quasi tutte le altre. La via è stata bombardata un sacco di volte, e i palazzi sono stati centrati tutti. La casa di mia nonna ha retto più delle altre. Quella dei vicini di fronte non aveva più il tetto, avevano centrato il palazzo due volte. All’inizio non bombardavano molto, era caduto giusto il recinto, poi invece dei colpi fortissimi hanno portato via le finestre e il tetto. Il quartiere accanto al parco, l’istituto tecnico e il parco stesso sono andati distrutti quasi completamente. Nel palazzo del nuovo ufficio postale avevano trovato rifugio delle persone e la protezione civile ci aveva installato dei generatori e stazioni di ricarica dei telefoni (finché il segnale ha tenuto). Lì prendevamo anche l’acqua, perché allontanarsi era molto rischioso. Una volta un missile è caduto davanti alla stazione degli autobus: c’erano diverse persone in fila a caricare i telefoni e a prendere l’acqua, e ci sono stati una ventina di morti. Non so che intenzioni avessero i russi, ma non credo che abbiano sbagliato la mira. I carri armati sanno che non ci sono soldati, e sparano dritto alle case.

 

“Una città industriale rasa al suolo, non vi è un palazzo rimasto intatto e molte case non possono essere ricostruite. I cortili delle case sono ora cimiteri. Prima della guerra qui ci vivevano più di 60 mila persone, si lavorava nelle fabbriche, nel settore pubblico, nelle piccole imprese”, ha affermato il responsabile militare per la regione di Luhans’k.

 

— Sa di altri crimini commessi dai russi nei confronti dei civili?

— Nella nostra via viveva anche mia nonna. Era con la nostra vicina Tasja quando un missile ha centrato la sua casa distruggendo il tetto e una scheggia le ha ferito il braccio. Mio nonno l’ha portata sotto i bombardamenti al pronto soccorso che era stato attrezzato nei pressi del nuovo ufficio postale per farle almeno fasciare il braccio e lavare la ferita, perché noi avevamo solo l’acqua ottenuta sciogliendo la neve. Lì le hanno dato da mangiare, c’erano tante persone e tante stanze. Avevano persino una televisione che non so come riusciva a prendere i canali ucraini. Non so come ci riuscissero. Devono aver fatto qualche magia per poter ascoltare le notizie, perché nessuno sapeva cosa stava succedendo e dove. Io, per esempio, ho uno zio che è ancora a Mariupol’ con tutta la famiglia. Casa loro è in piedi, ma intorno è tutto distrutto…

Rubižne in macerie. Foto: Amministrazione civile-militare della regione di Luhans’k

— Come vi procuravate il cibo durante l’occupazione?

—L’acqua al nuovo ufficio delle poste. Mangiavamo quello che avevamo in cantina, le conserve. Poi, con la città bombardata, sono cominciati i combattimenti in centro, davanti alla stazione degli autobus. Il negozio “Sim’ja” era stato raso al suolo, la roba era tutta in strada e siamo andati a prenderla. I vicini avevano qualcosa da mangiare, qualcos’altro si trovava. I vicini sapevano che avevamo un bimbo piccolo… Ha sette anni, ma sempre bambino è… e quindi ci portavano qualche mela, o altro. Io avevo delle sigarette e le scambiavo con farina e pane. Inizialmente con la farina, perché il pane non c’era. E mia mamma andava tutti i giorni a cucinare la minestra e qualche pagnotta sui falò. Poi abbiamo saputo che la nostra vicina aveva il gas. Non sapevamo come facesse ad averlo, ma abbiamo iniziato a cucinare da lei. Stare per strada era terrificante, ci fischiavano le pallottole sopra la testa, era un incubo!

Con Оleksandr, il compagno di mia madre, correvamo in centro a cercare da mangiare: qualcosa abbiamo trovato nel nostro appartamento, che era già stato bombardato, qualcos’altro da vicini e conoscenti. Cercavamo ovunque in città e poi e tornavamo indietro, girando lontano al parco. Avremmo fatto prima ad attraversarlo, ma sapevamo che lì c’erano i nostri soldati, e che se i russi cominciavano a sparare… Infatti poi hanno iniziato a bombardare quella zona e anche i quartieri vicini. Un missile ci è passato a una quindicina di metri. In un lampo io e Oleksandr siamo riusciti a nasconderci in un garage, abbiamo aspettato lì. Poi siamo corsi verso una casa e abbiamo aspettato un altro po’. Oleksandr non aveva mai fumato, ma in quel momento si è acceso una sigaretta. Poi siamo riusciti a raggiungere casa nostra sotto i colpi.

Negli ultimi tempi era difficile trovare del cibo, non c’era quasi più niente. Bollivamo lardo e cereali. Ci mettevamo cereali, pasta, cotiche o le ossa che avremmo dato ai cani. Cucinavamo questo perché non avevamo più niente.

— Come siete riusciti a lasciare i territori occupati?

— Vivevamo a Pivdenne, una frazione di Rubižne. Un giorno ci scrisse una ragazza che era andata nell’Ucraina occidentale qualche tempo prima: ci diceva che era arrivata a Skole. Quasi tutti i giorni c’erano dei corridoi umanitari, da Pivdenne. Io e mio nonno ci siamo preparati. Preparati è una parola grossa: abbiamo preso un po’ d’acqua e un paio di mele, non avevamo altro. Coi vestiti che avevamo addosso… Non ne avevamo altri, ce li hanno dati qui. Ce ne siamo partiti in bicicletta. Mentre io aspettavo l’autobus del corridoio umanitario, lui è andato a salutare una prozia che viveva lì vicino. Non c’era segnale, i telefoni non andavano, e non sapevamo chi tra i parenti era vivo o morto. Lei era viva, l’avevamo saputo. Mio nonno è andato da mia madre e mia nonna. Io sono partito da solo. Prima siamo arrivati a L’viv facendo vari cambi, e poi da L’viv fino a Skole. Dopo circa tre giorni è arrivata la mia prozia. Mia madre col compagno, mia sorella, mio fratello e la famiglia del compagno di mia madre coi nonni sono andati tutti a Dnipro.

— Qualche suo conoscente è rimasto a Rubižne?

— Quando sono arrivato mi sono messo a chiamare gli amici. Molti sono partiti, ma molti altri sono rimasti a Rubižne. Per un po’ c’è stato segnale, poi hanno distrutto l’ultima antenna che lo manteneva in qualche modo. Per un po’ si poteva andare nei campi a chiamare, ma ora proprio non si riesce più a prendere la linea. Il mio amico e sua madre sono andati a Kyiv, credo. Il suo patrigno li ha raggiunti qualche tempo dopo. Non sapevano dove fosse. Mi pare che lo avessero fatto prigioniero a Rubižne: lo hanno picchiato e interrogato: “Dove sono questi militari? Dove si trova questo e quell’altro?”. A un altro amico (non dirò come si chiama) hanno ammazzato il padre. Gli era finita una scheggia nel braccio. Avevano provato ad andarsene entrando in Russia, ma invano. Molti amici sono riusciti a passare per la Russia: non avevano scelta. Alcuni erano rimasti senza casa, altri senza cibo. Sono stati costretti a partire. Alcuni sono riusciti ad andarsene altrove in Ucraina. Un miracolo! Io ero più vicino al fronte ucraino, ma qualcuno è partito anche dopo la chiusura del corridoio umanitario, quando bombardavano davvero tanto. Anche prima bombardavano fitto, ma poi ancora di più. Dicevano che avevano iniziato a colpire le cisterne di sostanze chimiche. Da noi c’era stato qualcosa di simile, con del fumo rosa che usciva da alcune cisterne. Si arrivava in Ucraina attraversando boschi e campi.

Esplosione sul territorio o nei pressi dell’impianto chimico di “Zorja”, 9 aprile 2022

— Quali sono le differenze tra gli eventi del 2014 e il post-24 febbraio?

— Nel 2014 i russi volevano inondare Rubižne, avevano fatto esplodere il ponte sul Sivers’kyj Donec’, cercavano di arrivarci da entrambe le sponde, ma i nostri soldati hanno difeso la città. All’epoca avevano danneggiato diverse case, tra cui quella di un mio amico. Avevano centrato il tetto con un mortaio, ma il missile non era esploso. Aveva bucato il tetto ed era rimasta lì per tre mesi. Quando lui era salito a prendere qualcosa lo aveva visto e aveva chiamato la protezione civile. C’è stata qualche finestra rotta. So che anche nel 2014 c’era stata qualche vittima, ma in periferia soltanto. Grazie ai nostri soldati, all’epoca non erano riusciti a conquistare la città. Il ponte è stato riparato nel giro di sei mesi — un anno, e hanno messo dei posti di blocco. Altre città hanno subito danni maggiori.

Sjevjerodonec’k è la città più vicina a Rubižne. Nel 2014 la volevano conquistare perché ci sono delle industrie chimiche; da noi, invece, c’è la Zorja, che produceva esplosivi per l’edilizia. Se l’avessero colpita, dicevano, ci sarebbero state delle forti esplosioni. Neanche questo li ha fermati, ora. L’hanno bombardata, ma fortunatamente avevano già portato via quasi tutto. Comunque quando l’hanno colpita l’esplosione è stata forte.

— La popolazione russofona a Rubižne era perseguitata?

— A voler essere sinceri, l’ucrainizzazione era partita proprio nel 2014. Hanno smesso di insegnare il russo a scuola, o lo insegnavano come lingua straniera. Non c’erano scuole in lingua russa, ma l’ideologia regnava comunque sovrana: “Guardate che laggiù i nazisti di Bandera vi sbranano. Noi siamo Ucraina, ma non siamo quell’Ucraina lì”. Ci ammorbavano con queste storie. Nonostante l’ucrainizzazione, volevano dimostrare che anche la Russia era dalla parte del giusto. A Rubižne quasi tutti erano russofoni, quasi tutta la regione di Luhans’k è russofona, ma nessuno ci ha mai discriminato. Quando sono arrivato a L’viv inizialmente parlavo in russo. Nessuno mi ha mai detto niente. Ci hanno ospitato senza problemi, ci hanno dato da mangiare, un posto in cui stare, dei vestiti. Quando ho iniziato a lavorare qui parlavo russo. Quello che dicono sui media russi, la storia dei “nazisti di Bandera”, sono cavolate. Qui si sta molto meglio rispetto a dove stavamo noi: qui le persone sono gentili e ci aiutano.

 

 

 

Aiutaci a crescere

Condividi su:

Per sostenere Memorial Italia

Leggi anche:

Roma, 27 giugno 2025. Presentazione del report “La risposta delle autorità italiane agli episodi di repressione transnazionale” a cura di FIDU e IPHR.

A Roma venerdì 27 giugno alle 12:00 FIDU (Federazione Italiana Diritti Umani), come Memorial Italia partner della campagna People First, e IPHR (International Partnership for Human Rights) presentano presso il Senato della Repubblica (Sala Caduti di Nassiriya, piazza Madama 11) il report La risposta delle autorità italiane agli episodi di repressione transnazionale. Il report analizza la risposta delle autorità italiane di fronte ai casi di repressione transnazionale russa sul territorio italiano a partire da testimonianze dirette, criticità sistemiche e con proposte concrete per rafforzare gli strumenti di protezione per chi cerca rifugio in Italia. I giornalisti e gli ospiti devono accreditarsi scrivendo a segreteria@fidu.it. Sarà comunque possibile seguire l’evento online, in diretta streaming su webtv.senato.it e sul canale YouTube del Senato italiano. Martedì scorso Eleonora Mongelli, vicepresidente della Federazione Italiana Diritti Umani, e Nuvola Galliani, legal officer di International Partnership for Human Rights, hanno avuto modo di partecipare a un’audizione informale presso la commissione Esteri della Camera dei deputati in merito agli episodi di repressione transnazionale di dissidenti da parte dei regimi autoritari.

Leggi

25 giugno 2025. “La mia vita nel Gulag” di Anna Szyszko-Grzywacz. Presentazione on line.

Mercoledì 25 giugno 2025 alle 18:30 l’associazione Ponte atlantico, nell’ambito dei Mercoledì dei riformisti, ospita la presentazione del volume La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 di Anna Szyszko-Grzywacz, ultima pubblicazione della collana Narrare la memoria, curata da Memorial Italia per Guerini e Associati Edizioni. La presentazione si svolgerà on line sulla piattaforma Teams. È possibile partecipare utilizzando il link https://bit.ly/municipio1mercoledi. Nell’estate del 1939 Anna Szyszko ha 16 anni, vive in Polonia e vuole iscriversi a una scuola professionale con la sua migliore amica. Ma l’invasione dell’Armata Rossa stravolgerà la sua vita per sempre. Attiva come staffetta di collegamento nell’esercito clandestino polacco, verrà arrestata e deportata nel famigerato gulag siberiano di Vorkuta, oltre il Circolo polare artico, nella zona più fredda d’Europa. Vi rimarrà per undici anni resistendo, con incredibile spirito di resilienza, al freddo, alla fame, alle malattie, alla fatica del lavoro in miniera, al rischio continuo di violenza sessuale. Fino alla morte di Stalin che nel 1956 porterà a un’attenuazione delle persecuzioni e al progressivo smantellamento di quelle strutture infernali. Trentotto anni dopo i fatti la nostra Barbara Grzywacz, figlia di Anna, ha raccolto le sue memorie.

Leggi

Giugno 2025. People First in Italia: l’appello della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022.

Al termine di una quattro giorni di incontri istituzionali e pubblici Memorial Italia esprime soddisfazione e gratitudine nei confronti dei numerosi interlocutori con i quali ha avuto modo di confrontarsi tra l’8 e l’11 giugno 2025 come parte della delegazione dei Premi Nobel per la pace 2022 in Italia, costituita da Oleg Orlov (Memorial, Russia), Oleksandra Romantsova (Center for Civil Liberties, Ucraina) e Leonid Sudalenka (Viasna. Human Rights in Belarus, Belarus), accompagnati da Giulia De Florio e Andrea Gullotta, presidente e vicepresidente di Memorial Italia. La delegazione ha presentato la campagna People First, proposta e sostenuta da più di quaranta associazioni ucraine, russe e internazionali, tra le quali Memorial Italia e la Federazione Italiana Diritti Umani, il cui obiettivo è richiedere di inserire al tavolo delle trattative di pace tra Russia e Ucraina la questione della liberazione di tutte le persone incarcerate o deportate dopo il 24 febbraio 2022. Dopo gli incontri milanesi di domenica 8 giugno che prevedevano la tavola rotonda I confini dell’impero di Putin al Festival di Radio Popolare e un incontro con l’Associazione dei russi liberi, a Roma la delegazione dei Premi Nobel ha partecipato a eventi strategici mirati a chiedere all’Italia di sostenere la campagna People First. Il 9 giugno si è tenuto presso la Farnesina un incontro con la Direzione generale per gli Affari politici e di sicurezza nel quale Orlov, Romantsova e Sudalenka, dopo aver esposto alcuni degli aspetti più gravi delle numerose crisi legate al mancato rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa, in Ucraina e nella Belarus, hanno illustrato la campagna People First. I funzionari del ministero presenti all’incontro hanno esposto i numerosi interventi dell’Italia all’ONU, al Consiglio d’Europa e in altre sedi a sostegno dell’Ucraina e delle società civili russe, ucraine e bielorusse e assicurato il costante impegno dell’Italia e del proprio governo in difesa dei diritti umani nel mondo e in particolare nei paesi dove operano le tre ONG. Il 10 giugno Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno tenuto un’audizione presso la Commissione Affari esteri e comunitari della Camera dei deputati sul tema della liberazione delle persone incarcerate o deportate dall’inizio del conflitto russo-ucraino, cui è seguito un incontro con Benedetto Della Vedova, attualmente membro della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati. Nel marzo del 2022 Della Vedova, all’epoca sottosegretario agli Esteri, aveva avuto modo di parlare telefonicamente con Oleg Orlov nel corso delle perquisizioni condotte nella sede di Memorial a Mosca, esprimendo solidarietà a nome del governo italiano. Nell’occasione si è intrattenuto con la delegazione per approfondire le questioni legate al sostegno italiano e internazionale agli attivisti dei tre paesi. Nel pomeriggio Orlov, Romantsova e Sudalenka hanno animato l’incontro Putin’s Russia and the war against Ukraine: Insights from Human Rights Activists presso l’Istituto Affari Internazionali. A seguire la delegazione è stata ricevuta presso la Camera dei deputati dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein insieme alla capogruppo del PD alla Camera dei deputati Chiara Braga, al responsabile Esteri, Europa, Cooperazione internazionale del PD Giuseppe Provenzano e alla vicepresidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati Lia Quartapelle. Elly Schlein ha ribadito l’impegno del proprio partito a sostegno dell’Ucraina e contro i regimi russo e bielorusso e ha discusso con gli attivisti una serie di iniziative istituzionali volte a rafforzare il sostegno dell’Italia alla campagna People First. Nella mattinata dell’11 giugno la delegazione ha partecipato all’udienza generale del Santo Padre Papa Leone XIV in piazza San Pietro e nel pomeriggio ha tenuto un’audizione presso le Commissioni riunite Affari esteri e difesa e Diritti umani del Senato della Repubblica, intrattenendosi al termine con alcuni senatori, tra i quali Cinzia Pellegrino (FDI) e Filippo Sensi (PD), per approfondire le questioni emerse nel corso dell’audizione. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato agli incontri e tutti i giornalisti che hanno voluto dare spazio e risonanza all’iniziativa. Corriere della Sera (Irene Soave): Il Nobel dissidente Oleg Orlov: «L’Ucraina è stata disponibile, Mosca mente anche sui detenuti. Un dialogo però è possibile» | Corriere.it. Il Giornale (Angelo Allegri): ll premio Nobel Orlov: “Cedere adesso a Putin aiuta solo gli estremisti del regime russo” – il Giornale. Tg1 (Enrico Bona): Il dissidente Oleg Orlov: “Migliaia di civili ucraini detenuti in Russia in condizioni spaventose”. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Orlov. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Romantsova. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): La visione della pace di Sudalenka. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov sullo scambio mediato da Biden. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su negoziati prigionieri. Sky tg24 Mondo (Pamela Foti): Orlov su diaspora. Gr1, Rai Radio1, ore 08:00 (Carla Frogheri): Intervista a Oleg Orlov sulla campagna “People First” (dal minuto 10.30). Rai Radio1 (Carla Frogheri): Radio anch’io | Proteste pro-migranti negli USA. Il conflitto in Ucraina | Rai Radio 1 | RaiPlay Sound (dal minuto 34.50). L’Avvenire (Raffaella Chiodo Karpinsky): Orlov: «Il bavaglio a Memorial non riesce a zittirci dall’estero». Adnkronos (Simona Poidomani): “In Russia torture sistematiche su dissidenti e ucraini”, la denuncia di Oleg Orlov. Radio Radicale (Francesco De Leo): Intervista a Oleg Petrovic Orlov, biologo, politico e attivista russo, impegnato nei movimenti per i diritti umani post-sovietici in Russia, tra i fondatori e co-presidente del consiglio direttivo del Memorial Human Rights Center, associazione premiata ne (12.06.2025). Il Manifesto (Sabato Angieri): «Putin è imperialista, ma i russi vogliono la fine della guerra» | il manifesto. Vita (Alexander Bayanov): Il Nobel per la pace Orlov: «Sono tanti i russi che non vogliono la guerra, ma non possono dirlo» – Vita.it. L’Europeista (Marco Setaccioli): “In Russia regime fascista, ma la gente ormai vuole solo pace”, intervista al Premio Nobel Oleg Orlov – L’Europeista. L’Avvenire (Raffaella Chiodo Karpinsky): Ucraina, l’appello dei tre Nobel: «Ancora possibile la via della pace».

Leggi